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Bizantinismi teologici su Papa Onorio I
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Dal Papa eretico a Francesco I

Il 30 dicembre 2015 lo storico Roberto De Mattei ha scritto nel suo sito: “Onorio I: il caso controverso di un Papa eretico”.

Avevo sempre saputo che Onorio aveva favorito l’eresia, ma non che fosse caduto in eresia formale.

Leggo, quindi, con molta attenzione l’interessante articolo del De Mattei, che un amico mi ha inviato. Egli cita il famosissimo Dictionnaire de Théologie Catholique (vol. VII, coll. 96-132, voce Honorius Ier a cura di Emile Amann).

Secondo il De Mattei Emile Amann, nell’articolo citato sopra, insegnerebbe che Onorio I non solo ha favorito l’eresia, ma le sue Lettere (sulla questione delle due volontà in Cristo) “sono indubbiamente atti del Magistero, ma del Magistero ordinario non infallibile [e in esso, ndr] vi possono essere errori e perfino, in casi eccezionali, formulazioni eretiche. Il Papa può cadere in eresia, però non potrà mai pronunciare un’eresia ex cathedra. Nel caso di Onorio […] no si può affermare che egli intendesse formulare una sentenza ex cathedra, definitiva e obbligante”.

Ho già affrontato su questo sito il caso del Papa eretico ed ho dovuto constatare come il De Mattei, presentando il libro di Arnaldo Xavier Da Silveira (Ipotesi teologica di un Papa eretico, Chieti, Solfanelli, 2016, tradotto da Calogero Cammarata), stravolge il pensiero del Da Silveira, scrivendo: “L’autore [Da Silveira] ritiene la sua tesi non solo intrinsecamente probabile, ma teologicamente certa” (p. 14), mentre  Da Silveira non ha mai affermato ciò nel suo libro, apparso in portoghese nel 1970, pubblicato in Francese nel 1973/1975, né tanto meno nella “Nota dell’Autore” alla traduzione italiana del libro scritta nel gennaio del 2016, in cui anzi il Da Silveira scrive: “Reputo che la quinta sentenza [esposta da S. Roberto Bellarmino e che il Da Silveira fa sua] può essere considerata solo teologicamente probabile. Di conseguenza, nell’ordine dell’azione concreta, mi sembra che a nessuno sia lecito optare per una determinata posizione, volendo imporla agli altri. […]. Invito gli specialisti della materia a ristudiare la questione, in modo che si possa arrivare ad una unanimità morale che permetta di qualificare una determinata sentenza come teologicamente certa” (p. 19).

L’articolo sopra citato di R. De Mattei su Onorio I è analogo alla sua “Presentazione” al libro del Da Silveira. Infatti mentre per De Mattei il Papa può cadere in eresia e Onorio è stato eretico, Emile Amann scrive: “Un Concilio legittimo [il VI Concilio ecumenico di Costantinopoli III, anno 680-681] ha condannato legittimamente Onorio I. Questo Concilio s’è sbagliato? Lo avrebbe certamente fatto se  avesse affrontato la questione di Onorio da un punto di vista esclusivamente dogmatico, ed avesse dato un giudizio dottrinale e motivato sull’insegnamento di Onorio. Poiché, come ho dimostrato sopra, il pensiero di papa Onorio era ortodosso nella sostanza (dans le fond orthodoxe) ed anche la sua espressione poteva, mettendovi un po’ di buona volontà, accordarsi con la terminologia che il Concilio avrebbe canonizzato. Ma, come ho fatto notare sopra, il Concilio si erigeva a giudice molto meno della teologia che della politica e dei personaggi che l’avevano rappresentata. […]. Ci si ricordi pure che la qualificazione di eretico, che oggi si applica a colui che persevera con pertinacia in una dottrina condannata dalla Chiesa, nel VI secolo si era estesa sino a minacciare di eresia tutti quelli che non avessero parlato e pensato come i teologi ufficiali di Bisanzio, qualunque fossero stati i loro meriti e la loro buona fede” (Dictionnaire de Théologie Catholique, cit., col. 119).  Per questo motivo  mi sembra che chiamare Onorio eretico oggi sia un bizantinismo teologico[1].

Emile Amann conclude il suo lungo e esaustivo articolo così: “Nelle sue due Lettere a Sergio papa Onorio ha propagato un insegnamento eretico nel senso esatto del termine come lo si intende oggi? Certamente no (Non, certainement). […]. Queste due Lettere contengono un certo numero di espressioni e di deduzioni spiacevoli (regrettables) atte a favorire lo svilupparsi di una dottrina eterodossa? Sì, il fatto è incontestabile” (cit., col. 122).

Quindi papa Onorio, imprudentemente e bonariamente, approvò e firmò l’Epistola di Sergio senza definirla né obbligare a crederla, anzi l’attenuò aggiungendo ad essa, in una seconda Lettera, l’espressione, tuttavia ancor troppo vaga, dell’esistenza in Cristo di “due nature (umana e divina) operanti secondo le loro diversità sostanziali” (Ep. Scripta dilectissimi filii ad eundem Sergium, anno 634, DS 488[2]), cioè affermò l’unità morale e non fisica delle due volontà in Cristo, nel Quale vi sono realmente due volontà (umana e divina) e quella umana è moralmente uniformata a quella divina.

Le espressioni di Onorio erano ambivalenti e quindi l’interpretazione eterodossa di una sola volontà fisica e divina in Cristo era possibile. Il Papa parlava del Verbo Incarnato in cui sussistono due nature, ma lasciava intendere - pur non scrivendolo positivamente ed esplicitamente - che vi potesse essere in Lui una sola volontà. Tuttavia Onorio non scrisse apertamente di una sola volontà divina reale e fisica, ma lasciava capire che in Cristo vi fosse una volontà umana “morale”, ossia subordinata e uniformata “moralmente” a quella fisica divina.

La Chiesa cattolica orientale (con i suoi Vescovi e teologi bizantini) lesse la frase di Onorio in senso eretico, mentre quella latina (S. Massimo di Torino) lesse la sua Epistola in senso ortodosso: una volontà umana fisica e reale subordinata moralmente a quella fisica divina in Cristo. Papa Giovanni IV (640-642) scrisse nel 641 la famosa Apologia pro Honorio Papa, in cui difese spassionatamente Onorio che non era formalmente eretico, ma non aveva condannato con decisione l’errore di Sergio e il monotelismo avendo, così, favorito l’eresia[3]. Infatti implicitamente Onorio ammetteva l’esistenza di un agire e di una volontà (fisica o reale) umana in Cristo.

Papa S. Martino I (649-655) in un Concilio romano particolare, riunito in Laterano nel 649, aveva definito la dottrina delle due volontà e della duplice azione in Cristo. Nel III Concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681) papa S. Agatone (678-681) il 28 marzo del 681 definì che in Cristo vi sono due volontà e due azioni (la divina e l’umana) e condannò papa Onorio per aver aderito imprudentemente all’eresia (DB 262 ss. / DS 550 ss.) senza specificare se si trattasse di eresia materiale o formale. Ma nel Decreto di ratifica del III Concilio ecumenico Costantinopolitano VI papa S. Leone II (682-683) specificò il 3 luglio 683 (DB 289 ss. / DS 561 ss.) i limiti della condanna di Onorio, che “non illuminò la Chiesa apostolica con la dottrina della Tradizione apostolica, ma permise che la Chiesa immacolata fosse macchiata da tradimento” (DS 563). Onorio, quindi, si era macchiato di eresia materiale ed aveva favorito l’eresia.

Vale a dire Onorio non era stato positivamente o formalmente eretico, ma vittima dei raggiri di Sergio, cui imprudentemente e negligentemente aveva acconsentito senza impegnarsi nella difesa della dottrina cattolica ortodossa e così aveva favorito o non impedito l’eresia. Perciò S. Leone II condannò Onorio più per la sua negligenza che per una consapevole eterodossia.

Inoltre Onorio non aveva definito né obbligato a credere la tesi di una sola azione in Cristo contenuta nell’ambigua Dichiarazione dell’Epistola di Sergio a lui inviata. Quindi Onorio non aveva voluto essere assistito infallibilmente in tale atto, ma aveva utilizzato una forma di “Magistero ordinario autentico e non infallibile[4]. Perciò egli aveva potuto sbagliare, anche se per ingenuità e mancanza di fortezza, ma senza infrangere il dogma (definito poi dal Concilio Vaticano I) della infallibilità pontificia, come invece sostennero i protestanti nel XVI secolo, la setta dei “vecchi cattolici” nel secolo XIX e qualche sedevacantista totale o millenarista gioachimita oggi[5]. In breve Onorio aveva favorito l’eresia peccando, così, gravemente, ma non era stato eretico.

Questo dimostra 1°) che il Papa nel Magistero non infallibile può eccezionalmente errare (com’è successo nel Concilio pastorale Vaticano II, il quale non ha voluto definire dogmaticamente, e nelle due Lettere a Sergio di Onorio I); 2°) che esiste un Magistero infallibile solo a quattro condizioni: se il Papa a) parla come Pastore universale; b) in materia di fede e di morale; c) definisce una dottrina; d) da credersi obbligatoriamente, ovvero sotto pena di dannazione; 3°) che non sempre il Papa è infallibile in ogni suo insegnamento ed infine 4°) che, se il Papa erra nel magistero non infallibile, non inficia l’infallibilità pontificia, la quale sussiste solo alle suddette quattro condizioni.

Come saggiamente scrive il professor Antonio Sennis, “è difficilissimo e non utile definire con certezza le reali intenzioni di Onorio” (AA. VV., Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 1° vol., voce Onorio I, a cura di Antonio Sennis, p. 589).

I tentativi di stravolgere il pensiero dei teologi (Da Silveira e Amann), che vengono fatti oggi, ci confermano quanto sia difficile restare obiettivi di fronte alla crisi che investe l’ambiente cattolico nel nostro tempo e quanto sia pericoloso arrogarsi il ruolo che spetta al Magistero della Chiesa e alla “Prima Sede”, la quale essendo “Prima” non può essere giudicata da nessuno altrimenti sarebbe non più “Prima”, ma “Seconda” a colui che la giudica e ritiene il Papa eretico deposto, ossia non più Papa.

Oggi, di fronte al cataclisma spirituale del Concilio Vaticano II e del post-concilio (specialmente con papa Francesco I) vi sono due errori (per eccesso e difetto) da evitare.

Il primo errore per eccesso sostiene che occorre obbedire sempre  a tutto ciò che la Gerarchia fa e dice, anche solo pastoralmente e non dogmaticamente[6]. Per cui S. Paolo avrebbe sbagliato a “resistere in faccia a S. Pietro” e S. Agatone, S. Leone II e Giovanni IV avrebbero errato nel condannare l’arrendevolezza che favoriva l’eresia (e non l’eresia formale) di papa Onorio e si scusa completamente l’errore materiale di Onorio I. Ma ciò è contrario alla divina Rivelazione e ai pronunciamenti dogmatici del Magistero papale.

Il secondo errore per difetto asserisce che la Gerarchia è sempre infallibile e quindi è impensabile che sbagli e che si possa non seguirla semper et ubique, perinde ac cadaver. Per questo secondo errore sarebbe più riprovevole il comportamento di S. Paolo che quello di S. Pietro riguardo ai giudaizzanti, e più riprovevole quello di Agatone, Leone II e Giovanni IV che quello di Onorio I. Ma la S. Scrittura, la Tradizione e il Magistero smentiscono anche questa posizione.

I casi di Cefa e Onorio non devono farci perdere né il rispetto nei confronti del Papa, della Prima Sede, del Magistero (quando è Magistero e non esortazione o esternazione di opinioni personali del Pontefice come dottore privato) puramente autentico e non definitorio o obbligante della Chiesa né la fede in quello infallibile, come non devono neppure farci fare del Magistero anche non-infallibile un Assoluto e una specie di divina Rivelazione.

d. Curzio Nitoglia



1) Mons. Umberto Benigni, infatti, scrive: «il bizantinismo [di Sergio I patriarca di Costantinopoli] per il quale il sì non è mai un sì, ma un “ni” o un “so”» lo spinse a scrivere una prima Epistola nel 634 in cui non menzionava uno o due modi di operazione in Cristo, ma si contentava di affermare che un Solo Verbo divino è soggetto di tutte le operazioni umane e divine del Dio/uomo (U. Benigni, Storia sociale della Chiesa, Milano, Vallardi, 1922, vol. III, pp. 436-437).

2) In questa seconda Epistola il testo originale latino di Onorio è andato smarrito, si possiede solo la traduzione in greco e una ritraduzione postuma in latino del 680 (AA. VV., Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 1° vol., pp. 585-590, voce Onorio I, a cura di Antonio Sennis).

3) M. Greschat – E. Guerriero, Il grande libro dei Papi, Cinisello Balsamo, S. Paolo, 1994, 1° vol., pp. 121-125, AA. VV. I Papi, Milano, Tea, 1993, pp. 34-37.

4) Cfr. Enciclopedia dei Papi, cit., Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 1° vol., pp. 585-590, voce Onorio I, a cura di Antonio Sennis.

5) Il sedevacantismo si divide in: 1°) totale (p. Saenz Arriaga s. j.), secondo il quale il Papa (da Giovanni XXIII ad oggi) è eretico e quindi non è Papa; 2°) mitigato (p. Guérard des Lauriers, o. p.), secondo cui il Papa da Paolo VI ad oggi, non avendo la volontà oggettiva di fare il bene della Chiesa, non è Papa in atto o formalmente, ma lo resta in potenza o materialmente. Il millenarismo gioachimita, dopo la crisi conciliare e post-conciliare e specialmente con il Pontificato di Francesco I, ha rialzato la testa e sostiene che il Papa è eretico, quindi non è Papa ed è rimpiazzato dai Profeti, i quali dirigono la Chiesa spirituale della terza era dello Spirito Santo, che ha rimpiazzato la Chiesa gerarchica della seconda era del Verbo Incarnato. Il millenarismo sia radicale che mitigato è stato condannato dalla Chiesa (DB, 423; Decreto del S. Uffizio, 21 giugno 1944, in AAS, n. 36, 1944, p. 212). Cfr. A. Piolanti, Dizionario di Teologia Dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 268-270, voce Millenarismo.

6) Cfr. Cardinal J. Ratzinger, Discorso alla Conferenza Episcopale Cilena, Santiago del Cile, 13 luglio 1988, in “Il Sabato”, n.° 31, 30 luglio-5 agosto 1988: «Il Concilio Vaticano II si è imposto di non definire nessun dogma, ma ha scelto deliberatamente di restare ad un livello modesto, come semplice Concilio puramente pastorale».


 
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