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«Cura Di Bella, l'Asl rimborsi». Un giudice riapre la polemica
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Un magistrato accoglie la richiesta di madre e figlia malate di tumore al seno. La controversa terapia sarà coperta dalla mutua: "Su di loro è stata efficace"

Arriva dal tribunale di Foggia una sentenza importante a favore del metodo Di Bella. Due donne, entrambe alle prese con una recidiva da tumore al seno, sono riuscite a fermare il cancro grazie alla terapia messa a punto dal professor Luigi Di Bella.

Prima di pronunciarsi, il giudice Mario De Simone ha nominato un perito d'ufficio, il Ctu.

Le pazienti avranno diritto al rimborso della cura dalla Asl di Foggia perché, su di loro, il metodo Di Bella «si è rivelato efficace e insostituibile, essendo fallite le prescrizioni terapeutiche offerte dalla medicina ufficiale». Ribadisce il giudice che «una terapia farmacologica è indispensabile se è efficace ed è insostituibile se, per le particolari condizioni del soggetto, gli altri farmaci del prontuario dovessero risultare incompatibili o concretamente inefficaci». Non solo. Per la prima volta è stato posto l'accento sul risparmio. La cura Di Bella «risponde al principio dell'economicità poiché i farmaci di questa terapia hanno un costo inferiore rispetto a quelli del circuito oncologico ufficiale».

Le due donne, madre e figlia, 65 e 37 anni, hanno condiviso lo stesso male a distanza di pochi mesi l'una dall'altra. Un tumore al seno dei peggiori. Sono quelli che si oppongono alle cure e si sparigliano nel corpo come biglie impazzite. A pochi anni dall'intervento, dalla radio e dalla chemioterapia, si contavano già le metastasi. Fegato, polmoni, spina dorsale, diaframma. Secondo la classificazione del manuale di oncologia medica (Masson) dell'oncologo Gianni Bonadonna, per i tumori come questi, al quarto stadio, non esiste farmaco. Solo cure palliative. Le donne, prima la figlia e poi la madre, non hanno più voluto ripetere le chemioterapie. «Non avevo speranza, ma ero decisa a non soffrire a vuoto - racconta la giovane, madre di tre bambini piccoli - Mi sono rivolta al figlio del professore, Giuseppe Di Bella. Ho seguito la cura in maniera scrupolosa. Devo dire che già dopo 18 mesi ho registrato i primi miglioramenti. Dopo due anni e mezzo le metastasi erano completamente scomparse, avevo solo una piccola cicatrice al fegato. Durante una visita di controllo, allo Ieo di Milano, l'oncologa stentava a credere ai miei esami e a un certo punto ha alzato la voce dicendo «che questo non è il modo di curare i tumori e che il cancro prima o poi tornerà». Io sono scoppiata a piangere. Ma posso dire di essermi consolata poi, rileggendo i miei referti...».

Soddisfatto l'avvocato delle pazienti, Gianluca Ottaviano: «Concedendo il rimborso di tutte le medicine, anche di quelle non comprese nel prontuario, il giudice ha disapplicato la classificazione di Aifa. È una vittoria della coscienza, non solo del diritto, perché le donne malate non avevano alternative avendo già provato tutte le terapie possibili. Cosa avrebbero potuto fare a quel punto? Soltanto attenuare i dolori in attesa della morte».

La sentenza ripercorre la bocciatura della sperimentazione del metodo Di Bella nel 1998 ma precisa anche che «l'efficacia terapeutica di un farmaco e la sua insostituibilità può essere sempre provata nel caso concreto (criterio dell'efficacia terapeutica)». Si precisa che per dimostrare l'insostituibilità della terapia Di Bella occorre provare «l'effettivo miglioramento della malattia sotto il profilo curativo e non soltanto palliativo».

QUI per scaricare la sentenza in pdf

Fonte >  Giornale.it


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