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L’accoglienza secondo San Tommaso d’Aquino
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Introduzione

San Tommaso d’Aquino nella I-II della Somma Teologica (q. 98-105) studia la Legge del Vecchio Testamento. Egli distingue tre tipi di precetti: 1°) i precetti morali (q. 100), che appartengono alla Legge naturale e durano per sempre; 2°) i precetti cerimoniali (q. 101), che riguardano il culto divino del Vecchio Testamento e terminano completamente con la nascita del sacerdozio della Nuova ed Eterna Alleanza, della quale essi sono un’ombra e una prefigura; 3°) i precetti legali o giudiziali, che riguardano la giustizia nei rapporti degli uomini tra di loro e che anch’essi nel loro insieme vengono rimpiazzati dalla Nuova ed Eterna Alleanza, tranne qualche loro principio, che essendo una specificazione del Decalogo permane ancor oggi vero, giusto e attuale ed è stato ripreso e perfezionato dalla Nuova Alleanza (q. 105).

La legge giudiziale

La Legge giudiziale dell’Antico Testamento (S. Th., I-II, q. 104, a. 1, in corpore) è uno sviluppo del Decalogo riguardante l’ambito civile e criminale, per cui alcuni precetti di essa conservano ancor oggi il loro valore giuridico e legale. Essa legifera sui rapporti degli uomini tra di loro, sui loro doveri e contiene dei precetti giusti.

Quindi anche se rimpiazzata e perfezionata dal Nuovo Testamento la Legge giudiziale dell’Antico Testamento mantiene alcuni precetti di giustizia e verità e, perciò, può aiutarci a risolvere il problema dell’accoglienza indiscriminata di tutti i profughi che sbarcano sulle nostre coste.

San Tommaso e l’accoglienza

Parlando dell’accoglienza dei forestieri l’Angelico fa delle considerazioni che oggi, con l’immigrazione di centinaia di migliaia di musulmani nel nostro Paese (si parla di cinque milioni di islamici residenti in Italia), risultano ancora attuali e ci possono insegnare qualcosa di buono.

L’Angelico nella Somma Teologica (I-II, q. 105, a. 3) spiega che “con gli stranieri ci possono essere due tipi di rapporto: l’uno di pace, l’altro di guerra” (in corpore).

Egli porta l’esempio degli ebrei che nella Vecchia Alleanza avevano tre occasioni per vivere in modo pacifico con gli stranieri: 1°) quando gli stranieri passavano nel loro territorio come viandanti; 2°) quando gli stranieri emigravano nella Terra santa per abitarvi come forestieri; in questi due casi la Legge giudiziale imponeva precetti di misericordia: “Non affliggere lo straniero”[1] e “Non darai molestia allo straniero”[2]; 3°) quando degli stranieri volevano passare totalmente nella collettività degli ebrei, nel loro rito e nella loro religione.

In questo terzo caso si procedeva con ordine. Innanzi tutto non li si accoglieva subito come compatrioti e correligionari. Aristotele insegnava che “si possono considerare come cittadini solo quelli che iniziarono ad essere presenti nella Nazione ospitante a partire dal loro nonno” (Politica, libro III, capitolo 1, lezione 1).

Questo terzo punto è quello che più ci interessa. Infatti accogliendo gli stranieri e non avendo essi ancora un forte amore del bene pubblico della Nazione che li ospita, potrebbero nuocere alla Nazione. Perciò sono considerati come cittadini integrati solo gli stranieri di terza generazione, ossia insediati nella Nazione a partire dal nonno.

Attualità di alcuni princìpi giudiziali dell’Antico Testamento

Questa è una delle parti ancora attuali della Legge giudiziale, che ci può chiarire le idee sull’accoglienza dei musulmani, i quali sbarcano a frotte in Italia e vi si insediano.

Accogliere milioni di musulmani che non vogliono integrarsi potrebbe nuocere alla Nazione. Il cardinal Biffi nel 1999 disse che se l’Europa non fosse ridiventata cristiana sarebbe stata islamizzata.

In questo caso gli insegnamenti dell’Angelico ci consiglierebbero di non accogliere gli immigrati subito come compatrioti e specialmente correligionari, anche perché oggi essi sono molto fermi nell’osservanza della religione islamica e non hanno nessuna voglia di integrarsi (con delle eccezioni che confermano la regola) nella cultura e religione nostra, ma anzi le detestano e vorrebbero distruggerle.

Purtroppo gli uomini di Chiesa pensano e agiscono in maniera diametralmente opposta ai consigli dati da S. Tommaso.

È chiaro che per l’Angelico si può permettere agli stranieri, che sono di passaggio nella Nazione (se sono pacifici e se si integrano nella cultura e nella religione del Paese che li accoglie), di restarvi.

Vim vi repellitur


Ma se sono ostili, come le orde di musulmani che invadono l’Italia in primis e l’Europa intera in secundis per conquistarle all’islam, allora vale la legittima difesa, che porta la Nazione invasa a respingere lo straniero, che è un ingiusto aggressore: “vim vi repellere licet / è lecito respingere la forza con la forza”.

Legislazione sulla guerra

La Legge giudiziale stabilisce anche precetti ragionevoli in rapporto alla guerra con gli stranieri. Il Deuteronomio (XX, 40) comanda che prima di attaccar guerra si offra la pace agli stranieri e di usare moderazione in caso di vittoria, risparmiando donne e bambini.

Risolvendo la seconda obiezione l’Angelico cita Aristotele (Politica, libro III, capitolo 3, lezione 4), il quale spiega che si può diventare cittadini di una Nazione in due maniere: a) in senso assoluto e totalmente, quando lo straniero di terza generazione si è integrato nella Nazione ed ha la capacità di partecipare alla vita pubblica di essa cercandone il bene comune; b) in senso relativo quanto agli stranieri che non sono in grado di trattare le cose che interessano la comunità e di cercarne il bene comune temporale.

Conclusione

Ora in Italia ci troviamo invasi da cinque milioni di maomettani che non si integrano né civilmente né religiosamente e non vogliono farlo anche perché l’Europa odierna offre loro uno spettacolo poco decente. E siccome l’islam è una religione conquistatrice con la spada e non col Corano non è difficile prevedere che un giorno anche l’Italia potrebbe fare la fine della Siria, dell’Iraq, della Tunisia e della Libia.

Purtroppo la debole Europa non è in grado di competere con l’islam aggressivo e combattente. Quindi periremo se Dio non fa un miracolo, come è successo a Lepanto nel 1570 e a Vienna nel 1681.

Il guaio è che sono soprattutto i Pastori della Chiesa cattolica a favorire l’accoglienza indiscriminata degli stranieri musulmani.

Che la Madonna santissima ci aiuti in questi tempi così tristi, che ci fanno pensare all’agonia di Gesù nell’orto del Getsemani.

Preghiera a Maria del l card. Alfredo Ottaviani

«Maria ai nostri tempi: la Società moderna è travagliata da una febbre di rinnovamento che fa paura ed è infestata da uomini che si prevalgono di tanta nostra sofferenza per costruirvi l’impero dei loro arbìtri, la tirannide dei loro vizi, il nido delle lussurie e delle rapine. Mai il male ha assunto caratteristiche tanto vaste e apocalittiche, mai abbiam conosciuto altrettanto pericolo. Da un’ora all’altra noi possiamo perdere non la vita soltanto, ma tutta la civiltà e ogni speranza. Sembra che anche a noi il Signore dica “non è ancor giunta la mia ora”, ma l’Immacolata, la Madre di Dio, la Vergine che è l’immagine e la tutela della Chiesa, Essa ci ha dato, già a Cana, la prova di saper e poter ottenere l’anticipo dell’ora di Dio. E noi abbiamo bisogno che quest’ora venga presto, venga anticipata, venga resa immediata, poiché quasi potremmo dire: “O Madre, noi non ne possiamo più!”. Per i nostri peccati noi meritiamo gli ultimi eccidi, le più spietate esecuzioni. Noi abbiamo cacciato il suo Figlio dalle scuole e dalle officine, dai campi e dalle città, dalle vie e dalle case. L’abbiam cacciato dalle stesse chiese, abbiamo preferito Barabba. È veramente l’ora di Barabba [...]. Con tutto ciò, fiduciosi in Maria, sentiamo che è l’ora di Gesù, l’ora della redenzione [...]. Dica Maria, come a Cana: “Non hanno più vino”; e lo dica con la stessa potenza d’intercessione e, se Egli esita, se si nega, vinca le sue esitazioni come vince, per materna pietà, le nostre indegnità. Sia Madre pietosa a noi, Madre imperiosa a Lui. Acceleri l’ora sua, che è l’ora nostra. Non ne possiamo più, o Maria. L’umana generazione perisce, se tu non ti muovi. Parla per noi, o silenziosa, parla per noi, o Maria!» [3].

d. Curzio Nitoglia



1] Esodo, XXII, 21.

2] Esodo, XXIII, 9.

3] A. Ottaviani, Il baluardo, EFFEDIEFFE, 2014.


 
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