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La vaccinazione con i feti abortiti è moralmente lecita?
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Prima Parte

Le Quattro Ipotesi di “Corrispondenza Romana”

Il 23 dicembre 2020 Corrispondenza Romana ha pubblicato un articolo intitolato “Possiamo vaccinarci?”, in cui l’Autore (don Alfredo Morselli) si pone la domanda sulla liceità morale della vaccinazione anti-COVID-19, iniettata tramite un siero, in cui sarebbero[1] presenti cellule di feti abortiti o linee cellulari di feti abortiti.

Egli risolve il problema dopo aver enunciato una serie di definizioni e distinzioni, in materia di teologia morale, che possono essere riassunte in quattro punti o ipotesi:

1) La medicina e la morale

Ammesso che il vaccino anti-COVID-19 sia efficace e non pericoloso, ma è la medicina che deve dare una risposta, allora ci si pone il problema morale della liceità del suddetto vaccino; siccome l’Autore non è un medico non può risolvere il quesito, però lo dà per scontato e ammette l’efficacia e sicurezza del vaccino anti-COVID-19.

2) Non vi è cooperazione formale

Ammessa l’efficacia del vaccino contro il COVID-19 (che si dà per scontata), secondo l’Autore non vi sarebbe - moralmente parlando - una cooperazione formale (attiva o positiva) con chi ha causato l’aborto (la madre e il chirurgo) o con le ditte farmaceutiche, che producono il siero vaccinale contenente feti abortiti o almeno linee cellulari di feti abortiti; infatti, secondo l’articolo, il paziente che chiede di essere vaccinato, vorrebbe solo il siero vaccinale e non l’aborto (che è voluto e causato soltanto dalla madre assieme al chirurgo) e non vorrebbe neppure la produzione dei vaccini, che è voluta e prodotta solo dalle ditte farmaceutiche, ma il vaccinando chiederebbe e vorrebbe liberamente solamente di ricevere il siero vaccinale iniettato nel suo corpo (cooperazione materiale, passiva o negativa).

3) Si tratta di cooperazione materiale e remota

Secondo l’Autore, il fatto di chiedere di ricevere il vaccino anti-COVID-19 contenente feti abortiti, sarebbe soltanto una cooperazione materiale, remota e non prossima con l’aborto, poiché l’aborto sarebbe “remoto”, ossia “lontano” dall’azione di iniettare il vaccino nel paziente, che vorrebbe soltanto evitare di ammalarsi di COVID-19.

L’Autore fa anche un esempio: chi si fa vaccinare è paragonabile al tecnico che fabbrica degli strumenti chirurgici, i quali potrebbero essere utilizzati per operazioni al cuore come pure per procurare l’aborto; quindi coopererebbe all’azione dell’aborto, che sta all’origine del siero vaccinale, solo materialmente e remotamente proprio come chi ha fabbricato gli strumenti chirurgici.

4) Liceità morale del vaccino anti-COVID-19

Perciò, ricevendo il vaccino anti-COVID-19, non si compirebbe un’azione moralmente cattiva, perché essa, ossia l’aborto, è già avvenuta ed è stata procurata (formalmente e positivamente) dalla madre e dal chirurgo, non da chi vuol ricevere (passivamente e materialmente) un siero contenente feti abortiti; inoltre, l’Autore, fa un altro esempio: vaccinarsi è equiparabile a fare l’autopsia su feti abortiti. La conclusione è che l’atto di chiedere il vaccino anti-COVID-19 non è intrinsecamente immorale, poiché è solo una cooperazione materiale e remota a un atto immorale (aborto volontario e diretto).

*

Seconda Parte: Le Risposte

Premessa

Feti abortiti volontariamente o linee di cellule fetali di aborto spontaneo?

Alcuni medici sostengono non essere certo (ma solo probabile o almeno possibile) che, nel vaccino anti-COVID-19, vi siano cellule fetali di aborti procurati; ma vi sarebbero solo linee di cellule di un feto abortito spontaneamente negli anni Sessanta del secolo scorso.

Quest’asserzione è stata contestata dalla dottoressa Debi Vinnedge, Executive Director dell’associazione Children of God for Life che prova incontrovertibilmente come l’industria farmaceutica sia continuamente alla ricerca di materiale biologico proveniente da aborti per creare nuovi vaccini[2].

Per Don Morselli sarebbe comunque lecito ricevere il vaccino, poiché non vi sarebbe nessuna cooperazione (attiva, positiva e formale) all’aborto procurato. Egli sostiene che anche se nei vaccini vi fossero cellule di feti abortiti in maniera volontaria, applicando la dottrina del “volontario indiretto” o della “causa con duplice effetto”, sarebbe egualmente lecito farsi vaccinare con una cooperazione materiale remota e indiretta al peccato formale altrui (madre e chirurgo cooperanti attivamente all’aborto procurato).

Risposta alla “Prima Ipotesi”: la questione è medica non morale

a) La materia del vaccino anti-COVID-19

Per quanto riguarda la Prima Ipotesi (“ammesso che il vaccino anti-COVID-19 sia efficace e non pericoloso, è la medicina che deve dare una risposta”), si può ribattere che (quanto alla causa materiale del siero vaccinale) basterebbe leggere il “Foglietto illustrativo” del vaccino anti-COVID-19 stampato dalla ditta farmaceutica Pfizer-BioNTech[3] (pubblicato in traduzione italiana dall’Avvocato Edoardo Polacco di Roma nel suo sito[4]), nel quale è ammessa esplicitamente e chiaramente a) la non certezza dell’efficacia di detto siero vaccinale per immunizzare dal COVID-19; b) la probabile grave nocività per il corpo del vaccinato e della sua prole. In particolare si raccomanda “per le donne in età fertile, la gravidanza deve essere esclusa prima della vaccinazione. Inoltre alle donne in età fertile si consiglia di evitare la gravidanza per almeno 2 mesi dopo la seconda dose”; si precisa poi che “non è noto se il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 abbia un impatto sulla fertilità”. Questa possibile incidenza sulla fertilità pone un altro problema. Una giovane sposa, vaccinata, per “almeno 2 mesi” se non oltre, vedrebbe compromessa la propria capacità generativa? E stante l’incertezza circa gli effetti sul feto a seguito della vaccinazione dei genitori, è meglio prendere il SARS-CoV-2 o rischiare di avere figli abortiti o malati? Perciò, la ditta stessa che ha prodotto il vaccino ci ha avvertito della sua probabile non efficacia e nocività; per cui il problema sarebbe già risolto, da un punto di vista sanitario, con la sola lettura del “Bugiardino” del vaccino anti-COVID-19 Pfizer-BioNTech. Nella stessa linea vanno le recenti affermazioni di Soumya Swaminathan, Chief Scientist presso l’OMS che in una videoconferenza diffusa su Facebook[5], ha affermato: “Non credo che abbiamo le prove su nessuno dei vaccini per essere sicuri che impediranno alle persone di contrarre effettivamente l’infezione e quindi di essere in grado di trasmetterla”.

Ancora più nette le dichiarazioni di David Heymann, presidente del gruppo di consulenza strategica e tecnica dell’OMS per i rischi infettivi, secondo il quale, in un’intervista a The Guardian[6], nonostante l’avvio delle vaccinazioni, “il destino del virus è quello di diventare endemico; continuerà a mutare man mano che si riprodurrà nelle cellule umane”. Davanti a tali inquietanti dichiarazioni, se il vaccino anti-COVID-19, non solo non è efficace ma è pure nocivo, non è ragionevole assumerlo.

In secondo luogo, si può sostenere tranquillamente, come asseriscono molti medici e scienziati (Raoult, Scoglio, Montanari, Galli, Palù, Olivieri, Montagnier, Bacco, Zangrillo, De Donno, Bolgan, Amici, Petrella, Trevisan, Citro, Trinca, Tarro, eccetera…), che - pur se non fosse sicura la presenza di feti abortiti nei vaccini, ma sappiano con che tale presenza è certa in molti vaccini[7]- tuttavia, vi sono serie probabilità o almeno possibilità fondate che nella maggior parte dei vaccini si trovino cellule di feti abortiti, ossia vi è almeno un dubbio positivo[8] sulla loro presenza nel siero vaccinale.

Questa tesi scientifica della presenza di cellule di feti abortiti nei sieri vaccinali, oltre che da tre atti della PAV e dalla CdF, è stata espressa esplicitamente in un atto parlamentare della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana, approvata e trasmessa alla Presidenza dalla Commissione nella seduta del 7 febbraio 2018[9]. Inoltre è stata ammessa come certa e perciò contestata dal cardinale Burke (marzo 2019) e da sei vescovi (Viganò e Brennan individualmente; Lenga, Peta, Pujats, Schneider, Strickland, Tyler in un documento congiunto del 12 dicembre 2020[10]). Sul tema delicato degli embrioni destinati alla ricerca, la CdF ha chiarito i termini della questione nell’istruzione Dignitas personae del 2008 su alcune questioni di bioetica. Al numero 19 si precisa: “Sono chiaramente inaccettabili le proposte di usare tali embrioni per la ricerca o di destinarli a usi terapeutici, perché trattano gli embrioni come semplice materiale biologico e comportano la loro distruzione. La proposta di scongelare questi embrioni per la ricerca, di usarli senza riattivarli, come se fossero dei normali cadaveri, non è ammissibile”. E, avendo presente l’uso di linee cellulari di feti nella produzione di vaccini, l’istruzione al numero 34 ammonisce: «Occorre ricordare innanzitutto che la stessa valutazione morale dell’aborto “è da applicare anche alle recenti forme di intervento sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l’uccisione. È il caso della sperimentazione sugli embrioni, in crescente espansione nel campo della ricerca biomedica, che è legalmente ammessa in alcuni Stati […]. L’uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione, costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e a ogni persona”. Queste forme di sperimentazione costituiscono sempre un disordine morale grave».

Giova ricordare che già nell’Enciclica Evangelium vitae 63, citata tra virgolette dall’istruzione della CdF, nel 1995 Giovanni Paolo II aveva condannato con forza la sperimentazione sugli embrioni “pur mirando a scopi in sé legittimi”. È evidente l’accelerazione della PAV (gestione mons. Paglia dal 15 agosto 2016) che già nel 2017, alla luce di presunti “progressi della medicina e delle attuali condizioni di preparazione di alcuni vaccini”, riteneva che il documento della stessa PAV del 2005 circa la non liceità nell’uso di cellule fetali nella preparazione dei vaccini ma che già presentava una crepa nella giustificazione morale di vaccini prodotti con cellule fetali abortive[11], sarebbe stato “rivisto e aggiornato” come è effettivamente avvenuto a più riprese e in ultimo il 28 dicembre 2020 in un documento congiunto della CdF e della PAV in 20 punti[12].

b) Il fine del vaccino anti-COVID-19

Entriamo adesso nel merito del problema morale. Oltre alla causa materiale dei vaccini, su cui si sta disputando, occorre studiare anche la causa finale di essi e soprattutto del vaccino anti-COVID-19, che è stata presentata non solo dalla maggior parte degli scienziati (anche quelli favorevoli alle vaccinazioni), ma pure dai fautori della vaccinazione anti-COVID-19 (ad esempio Marco Antonio Attisani[13]) come atta a modificare il DNA e lo RNA umano, per cui il vaccino anti-COVID-19 non è in senso stretto un vero vaccino, ma piuttosto un modificatore della struttura genetica dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen. I, 27). Come non vedere in questo tentativo l’adulterazione dell’opera della creazione?[14]

Per agire prudenzialmente

In una questione ancora dibattuta dagli scienziati, che mettono almeno in dubbio la presenza di cellule provenienti da feti abortiti nei vaccini (o addirittura la ritengono probabile, se non addirittura certa come sufficientemente documentato) e ritengono che il vaccino anti-COVID-19 non sia sufficientemente sperimentato (poiché per la sperimentazione sono necessari almeno 7 anni, mentre l’attuale vaccino è stato sperimentato in soli tre mesi) e, dunque, probabilmente nocivo; occorrerebbe un po’ di prudenza e si dovrebbe procedere con i piedi di piombo, sia per la illeceità morale della cooperazione materiale diretta a un atto malvagio (aborto procurato), sia per gli effetti gravemente rovinosi per la salute del corpo, come pure per la probabile immissione di nano-particelle (Quantum Dots[15]) nel DNA umano, che modificherebbero il nostro genoma e ci renderebbero simili a dei robot eterodiretti, sopprimendo così le capacità raziocinative e il libero arbitrio che il Creatore ha dato all’uomo.

Recentemente persino il dottor Christian Perronne, capo del Dipartimento di malattie infettive e tropicali dell’ospedale di Garches in Francia e che è stato sempre schierato a favore delle campagne di vaccinazione, si è dichiarato contrario al vaccino anti-COVID-19, perché muta geneticamente la natura dell’uomo e non è stato sufficientemente sperimentato, per cui iniettarlo appena dopo tre mesi dalla sua produzione equivale a fare esperimenti su cavie umane, che non sono state informate sulla sua pericolosità[16].

“Seconda Ipotesi”: cooperazione materiale indiretta e remota

Secondo questa ipotesi - nel chiedere di essere vaccinati con siero contenente feti abortiti o linee cellulari contenenti feti abortiti - non vi sarebbe cooperazione formale (attiva e positiva), ma solo materiale (passiva e negativa) indiretta e remota, poiché il paziente che chiede di essere vaccinato, vorrebbe solo il siero vaccinale e non l’aborto (che è voluto e prodotto positivamente e formalmente soltanto dalla madre assieme al chirurgo) e non vorrebbe neppure la produzione dei vaccini, che è voluta e prodotta solo dalle ditte farmaceutiche, ma chiederebbe e vorrebbe liberamente solamente di ricevere (materialmente e negativamente o passivamente) il siero vaccinale iniettato nel suo corpo.

Risposta alla “Seconda Ipotesi”

La seconda obiezione non è pertinente; infatti, colui che chiede volontariamente di ricevere il vaccino anti-COVID-19, contenente linee cellulari di feti abortiti, per il fatto stesso richiede anche il feto abortito contenuto nel vaccino che senza queste cellule fetali non potrebbe sussistere; infatti alcuni scienziati spiegano che i sieri vaccinali per poter sussistere debbono contenere feti abortiti di tre mesi, derivati da aborto procurato e retribuito. Quindi non è solo la madre o il chirurgo a volere l’aborto, ma anche chi chiede il siero, che per essere efficace deve contenere feti abortiti. Inoltre, se è vero che sono le ditte farmaceutiche a produrre i vaccini, è altrettanto vero che il vaccinando vuol ricevere un siero contenente cellule abortive, necessarie all’efficacia dell’azione vaccinale.

La teologia morale, la “causa con doppio effetto” e il “volontario indiretto”

Per risolvere la questione se sia lecito o no farsi vaccinare, l’Autore dell’articolo applica la dottrina che si studia in teologia morale a) sull’azione con doppio effetto e b) sulla cooperazione solo materiale al peccato formale altrui.

In breve, l’Articolista di Corrispondenza Romana, sostiene che non è lecito fabbricare vaccini con feti abortiti espressamente per la confezione dei sieri vaccinali, ma afferma che è lecito farsi vaccinare con essi perché sarebbe cooperazione solo materiale (passiva, negativa) indiretta e remota (farsi vaccinare) al peccato formale (attivo, positivo) altrui (far abortire le donne per produrre vaccini con i feti abortiti).

Il problema a) della causa con due effetti e b) della cooperazione materiale al peccato formale altrui è il seguente:

a) Azione con doppio effetto

Se sia lecito a) porre un’azione, dalla quale si prevedono seguire due effetti: uno buono o almeno indifferente e l’altro cattivo e quindi b) cooperare solo materialmente all’eventuale peccato fatto da altri?

Eriberto Jone, (Compendio di teologia morale, Casale Monferrato, Marietti, VI edizione, 1964, n. 13) insegna che un’azione umana (vaccinazione), quanto alla sua causa (siero vaccinale), è moralmente imputabile, come buona o cattiva, “se si abbia avuto il potere di omettere la causa”; ora il vaccino anti-COVID-19 (causa) non è un farmaco salva-vita, ma servirebbe solo a immunizzare il vaccinato (effetto) dall’influenza chiamata COVID-19, che potrebbe sfociare in polmonite; quindi si potrebbe facilmente omettere la causa (siero vaccinale) che richiede la presenza di feti abortiti. Inoltre padre Jone aggiunge che “se l’effetto buono [immunizzazione dall’influenza, ndr] derivasse da quello cattivo [feto abortito contenuto nel siero del vaccino, ndr], allora quest’ultimo [feto abortito presente nel vaccino, ndr] sarebbe voluto precedentemente come mezzo, ma volere un mezzo cattivo [aborto, ndr], anche in vista di un fine buono [immunizzare la popolazione dal virus COVID-19, ndr], è proibito” (cit., n. 14).

Egli ne dà anche la ragione, scrivendo: “Se il fine di un’azione è gravemente peccaminoso, tutta l’azione è cattiva, indipendentemente dal caso che esso sia fine unico oppure che vi si congiungano altri fini, magari buoni […]; per conseguenza il fine non giustifica i mezzi” (E. Jone, cit., n. 43).

Insomma, i due effetti non debbono essere collegati tra di loro in modo che l’effetto buono nasca da quello cattivo, poiché non si può fare il male per ottenere il bene, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi; ora senza feti abortiti (mezzo) non si ottiene il vaccino e la prevenzione dal COVID-19 (fine); quindi, l’effetto presunto buono (prevenzione dal COVID-19) viene direttamente da quello cattivo (liquido vaccinale fatto con feti abortiti). Anche questa condizione, da sola, rende l’atto moralmente cattivo (cfr. F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, 1955, Volontario indiretto; rist., Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2015).

Giuseppe Mausbach (Teologia morale, Alba, Edizioni Paoline, 1956, vol. I, p. 311) spiega: “L’atto oggettivamente cattivo, rimane cattivo, anche quando le circostanze e il fine sono buoni”. Questa dottrina è anche insegnata da S. Agostino (Contra mendac., n. 8) e da S. Tommaso d’Aquino (S. Th., I-II, q. 88, a. 6, ad. 3). Infine, la Rivelazione divina, in San Paolo, insegna di “non fare il male perché ne nascano i beni” (Rom., III, 8).

Il Mausbach, trattando del volontario indiretto, scrive: “Affinché un volontario indiretto sia imputato come moralmente cattivo è necessario che l’agente possa impedire l’effetto cattivo [la vaccinazione ricevuta con siero contenente feti abortiti, ndr]. Eccezionalmente si può porre un atto, anche se si prevedono effetti cattivi, solo se si verificano le seguenti premesse: l’atto deve essere buono o almeno indifferente, se è cattivo, è proibito come peccato; l’effetto buono [immunità, ndr] deve procedere direttamente dalla causa buona e non dall’effetto cattivo [feto abortito nel siero vaccinale, ndr]; infatti se l’effetto cattivo [feto abortito nel vaccino, ndr] è anteriore e da esso derivi l’effetto buono [immunità, ndr], l’atto non è lecito, perché il fine buono non giustifica i mezzi cattivi” (cit., p. 313).

Insomma, la teologia morale (cfr. S. Th., I-II, qq. 6-21) insegna che un atto volontario indiretto o in causa è moralmente cattivo, se l’agente prevede almeno confusamente l’effetto cattivo dall’atto buono o indifferente. Ad esempio, se bevo alcolici prevedo che mi ubriacherò e che bestemmierò; ora nonostante ciò bevo egualmente e bestemmio anche se stordito senza avere piena avvertenza e deliberato consenso nell’atto di bestemmiare; quindi, la bestemmia è stata voluta in causa o indirettamente e quindi ho peccato gravemente.

Tuttavia, i moralisti aggiungono che ciò può essere eccezionalmente lecito, solo purché si verifichino quattro condizioni: 1°) l’atto deve essere buono in sé, ma se è cattivo è sempre proibito come peccaminoso; 2°) il soggetto operante deve mirare all’effetto buono e non a quello cattivo, ossia deve avere un’intenzione moralmente buona e l’effetto cattivo non deve essere voluto o previsto direttamente, ma solo permesso indirettamente; 3°) i due effetti non debbono essere collegati tra di loro in modo che l’effetto buono (fine) nasca da quello cattivo (mezzo), poiché non si può fare il male per ottenere il bene, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi; 4°) vi deve essere una ragione grave, giusta e proporzionata per permettere e non volere l’effetto cattivo.

b) Cooperazione materiale al peccato formale altrui

Giuseppe Mausbach, (Teologia morale, cit., I vol., p. 425), specifica e spiega i termini impiegati, parlando di cooperazione positiva e negativa al peccato altrui, scrivendo che “la cooperazione positiva [formale, attiva, ndr] al peccato altrui è illecita in sé”.

“La cooperazione negativa [materiale, passiva, ndr] di fronte al peccato altrui non è in sé una vera e propria cooperazione, ossia non vuol dire agire assieme al peccatore. Infatti non si agisce positivamente [attivamente, formalmente, ndr]; ora il non agire non stabilisce nessuna causalità e non comporta nessuna colpa in ciò che gli altri compiono; tuttavia se fosse omissione di fare qualcosa quando si dovrebbe agire o parlare, allora è un peccato di omissione”.

Inoltre: “La cooperazione formale al peccato, [quando si partecipa - attivamente, positivamente - all’azione altrui, ndr], è sempre illecita. La cooperazione puramente materiale (quando si dà solo un aiuto passivo, fisico all’azione altrui) può essere lecita, solo se si verificano le regole del volontario indiretto o della permissione di effetti cattivi da un atto moralmente lecito” (G. Mausbach, cit., p. 427).

Poi il Mausbach (cit., p. 428) spiega che la cooperazione è materiale quando si dà soltanto un aiuto pratico, passivo o fisico al peccato, che non è voluto, né partecipato attivamente. Inoltre, nella cooperazione materiale, l’azione del cooperatore non è diretta secondo la sua natura al peccato altrui; anzi è sfruttata dal peccatore contro la volontà del cooperante materiale, spesso a sua insaputa, come pura azione fisica, materiale, passiva. Per esempio, un assassino va a comprare un fucile da caccia col quale vuole uccidere qualcuno, a insaputa di colui che lo vende.

Invece, la cooperazione è formale quando il peccato altrui è conosciuto e partecipato attivamente, positivamente. Per esempio, colui che sacrifica agli idoli, partecipando attivamente all’atto idolatrico altrui (“finis operis”, ove termina oggettivamente l’azione o l’operato; per esempio fare l’elemosina o partecipare a un culto idolatrico), anche se interiormente lo aborrisce (“finis operantis”, lo scopo soggettivo che l’agente si propone di ottenere, ponendo oggettivamente tale azione; ad esempio, farsi lodare dagli uomini o da Dio per avere fatto l’elemosina), pecca; così pure chi assiste attivamente, positivamente e formalmente come l’infermiere all’operazione chirurgica abortiva (“finis operis” o fine oggettivo), anche se non è d’accordo interiormente (“finis operantis” o fine soggettivo), pecca.

La cooperazione formale, diretta o positiva al peccato altrui è sempre illecita in sé; la cooperazione materiale, indiretta e negativa può essere lecita a determinate condizioni. Infatti, essa non è un’azione in senso stretto, ma un comportamento negativo (silenzio, tolleranza) di fronte al peccato altrui; ora, il non agire non stabilisce alcuna causalità e non comporta alcuna colpa nel male che altri compiono. Essa tuttavia è un’omissione; dunque se vi è un dovere di agire e di parlare allora l’omissione diventa peccato. Essa è lecita solo se si verificano le regole del volontario indiretto o in causa o sulla permissione di effetti cattivi in un atto moralmente buono.

Il volontario indiretto o in causa sussiste quando una cosa non è voluta in sé, ma si permette solo che avvenga; tuttavia se si vuole qualcosa come mezzo al fine (ad esempio l’aborto del feto per curare la madre o per fabbricare un vaccino) l’azione non è lecita.

Nel caso in cui l’effetto del volontario in causa sia cattivo, esso viene imputato all’agente, se egli lo ha previsto almeno in confuso (per esempio, Noè che non conosceva per nulla gli effetti del vino, non fu colpevole della sua ubriacatura) e se si abbia avuto il potere di omettere la causa (se mi bloccano con la forza e mi fanno bere con la violenza una bottiglia di grappa non sono colpevole dell’ubriacatura; così se mi iniettano il vaccino anti-COVID-19, con un TSO, non ne sono responsabile moralmente).

I moralisti spiegano che nella cooperazione materiale (passiva, fisica) l’azione non è diretta al peccato altrui, ma l’azione del cooperante (farsi vaccinare) è sfruttata dal peccatore (fabbricare vaccini con feti abortiti) all’insaputa del cooperante, come pura azione fisica senza alcun consenso morale. Per esempio, vendo un coltello a Tizio che con esso ucciderà Caio, senza che io lo avessi previsto; mi faccio vaccinare senza sapere che il vaccino contiene feti abortiti.

Diverso è il caso della cooperazione formale, ma solo implicita, ossia che non è voluta interiormente, però la si presta fisicamente ed esteriormente anche se l’atto è intrinsecamente cattivo. Per esempio, l’infermiere che collabora fisicamente col medico a un aborto, anche se non lo approva moralmente e interiormente, pecca; inoltre, chi sacrifica esteriormente agli idoli, anche se interiormente aborrisce l’idolatria, pecca; infatti, non è mai permesso commettere qualcosa che è peccaminoso in sé, anche se interiormente si dissente. Perciò, non si può applicare la causa a doppio effetto alla vaccinazione anti-COVID-19.

“Quarta Ipotesi”: cooperazione materiale remota

Secondo l’Autore dell’articolo apparso su Corrispondenza Romana (23 dicembre 2020), infine, nel caso del vaccinando, si tratterebbe di cooperazione materiale, remota e non prossima, poiché l’aborto è “remoto”, ossia “lontano” dall’azione di iniettare il vaccino nel paziente, che vuole soltanto evitare di ammalarsi di COVID-19.

Inoltre, il vaccinando sarebbe paragonabile al tecnico che fabbrica strumenti per operazioni chirurgiche, le quali potrebbero essere applicate al cuore, al fegato, all’appendicite (tutte cose lecite) come pure all’aborto (illecito in sé, ma col quale il tecnico non avrebbe nessun rapporto di causalità prossima).

Risposta alla “Quarta Ipotesi”: cooperazione materiale e prossima

Innanzitutto, se è giusto parlare di cooperazione materiale e non formale; non è, invece, corretto dire che essa è solo remota poiché il vaccinando chiederebbe, sì, di ricevere, in maniera prossima, solo una iniezione vaccinale e non chiederebbe di procurare un aborto; tuttavia, il vaccinando chiede in concreto, essendogli però noto, di ricevere un siero contenente feti abortiti o cellule abortive. Quindi, la cooperazione è materiale ma prossima; infatti, il feto abortito deve essere necessariamente presente nel siero vaccinale per renderlo efficace.

Inoltre su Corrispondenza Romana del 22 aprile 2020 (otto mesi prima dell’articolo di don Morselli) è stato pubblicato un buon articolo del dottor Ragazzi dal titolo “Un vaccino anti-COVID-19 sviluppato su cellule di bambini abortiti?” nel quale, a fronte di una presunta cooperazione materiale “solo” remota all’aborto da parte del vaccinando, l’Articolista oppone giustamente l’obiezione che la giustificazione morale a ricevere un vaccino in quanto prodotto con cellule fetali solo decenni dopo gli aborti procurati (non spontanei)  inizialiequivarrebbe a dire che dopo vari passaggi di mano in mano una banconota falsa dovrebbe poter essere utilizzata come se fosse vera[17].

Volontario indiretto?

Stando così le cose non si può applicare il volontario indiretto (come invece propone l’articolo di don Alfredo Morselli) a questo caso, poiché l’effetto, presunto buono: l’immunizzazione dal COVID-19, verrebbe direttamente dall’effetto cattivo (siero contenente feti abortiti); dunque, non è lecito farsi vaccinare, sapendo che il vaccino contiene cellule fetali; certamente non significa commettere il crimine dell’aborto, ma vuol dire, pur sempre, cooperare materialmente in maniera diretta a esso, ricevendo la (presunta) immunizzazione da un aborto procurato, ossia l’effetto buono deriva direttamente da quello cattivo[18].

Non licet agire moralmente con un “dubbio positivo”

In caso di dubbio (se il vaccino contenga feti abortiti o solo linee cellulari abortive risalenti a un aborto spontaneo avvenuto negli anni Sessanta) occorre distinguere tra dubbio negativo (quando non si hanno ragioni né pro né contro una tesi o un giudizio) e dubbio positivo (quando si hanno eguali ragioni per le due parti della tesi); i moralisti[19] insegnano che non è moralmente lecito agire con un dubbio positivo. Ad esempio, se sto cacciando i merli e dubito positivamente, se dietro l’albero vi sia un merlo o un uomo (ossia ho almeno un ragionevole dubbio, che sia fondato oggettivamente) non posso sparare egualmente, sperando di uccidere un merlo, poiché accetterei la possibilità prossima o anche la probabilità di uccidere un uomo. Così nei vaccini anti-COVID-19, se il dubbio che contengano feti abortiti non è negativo (ossia senza nessun fondamento serio), ma è positivo (con un fondamento serio), allora l’azione è illecita moralmente; ora molti scienziati (indipendenti dalle cause farmaceutiche, le quali hanno enormi interessi economici nella vendita dei vaccini ma anche il dottor Van der Eb, dipendente di una ditta olandese proprietaria del brevetto di una linea cellulare derivante da aborti e audito dalla FDA nel 2002 come già riportato nella nota 3 nonché un documento del Charlotte Lozier Institute[20]) asseriscono, dopo serie prove scientifiche di laboratorio, che i vaccini contengono feti abortiti volontariamente; quindi è certo che il vaccino anti-COVID-19 contenga feti derivati da aborto, perciò, non è lecito chiedere di ricevere questo vaccino.

Infine, l’esempio del tecnico che fabbrica materialmente strumenti chirurgici operatori, i quali sono impiegati direttamente per tutte le operazioni chirurgiche (e, dunque, non è responsabile direttamente, se il chirurgo li impiega per procurare aborti) non è per nulla paragonabile a colui che chiede volontariamente, liberamente e scientemente di ricevere nel proprio corpo un siero, in cui i feti abortiti debbono essere direttamente presenti per l’efficacia stessa del vaccino, anche se l’aborto procurato è remoto o distante dalla fiala del vaccino iniettato; ciò che conta non è la vicinanza o lontananza (fisica o cronologica) tra aborto procurato e siero vaccinale, ma presenza o assenza di feto abortito nel vaccino iniettato, che di per sé rende illecito questo tipo di vaccinazione.

Appendice: non si dovrebbero pagare neppure le tasse?

Mi permetto di rispondere a un’obiezione, che non si trova in Corrispondenza Romana (23 dicembre 2020), ma che viene generalmente mossa dai difensori della liceità morale del vaccino anti-COVID-19, secondo cui chi rifiuta il vaccino contro il COVID-19 dovrebbe anche rifiutarsi di pagare le tasse, con parte delle quali lo Stato finanzia gli aborti negli ospedali; ora - rispondo - che c’è differenza tra pagare le tasse dalle quali potrebbe (ipotesi probabile ma non certa e comunque antecedente al verificarsi dell’evento) essere procurato l’aborto (c’è la materia grave ma non la piena avvertenza né il deliberato consenso da parte del contribuente che paga le tasse ma non vuole, né è certo preventivamente, che i suoi soldi possano essere utilizzati per l’aborto) e ricevere individualmente e consensualmente (materia grave + piena avvertenza + deliberato consenso = peccato mortale del vaccinato) il vaccino anti-COVID-19 realizzato certamente con cellule di feti abortiti (fatto certo perché successivo all’aborto). Nessuno domanda volontariamente di essere tassato, ma le tasse ci vengono “imposte”. Sarebbe lecito fare obiezione di coscienza (rifiutandosi di destinare parte delle proprie tasse per coprire le spese finalizzate all’aborto) negli Stati che finanziano l’aborto dopo averlo legalizzato; ma occorrerebbe che i tartassati venissero guidati dall’Autorità religiosa e dalla sanior pars populi per agire tutti assieme ed essere aiutati a non venir multati o imprigionati singolarmente. Però, l’Autorità religiosa (non la Chiesa Cattolica ma molti “uomini” della Gerarchia) tace o pubblica note[21] che ripugnano alla retta ragione e alla coscienza del vero cattolico. Infatti, pur citando interventi magisteriali a tutela della vita nascente sempre e comunque (Dignitas personae 34-35 almeno nella parte in cui richiama l’enciclica Evangelium vitae 63), li integra però con documenti della PAV[22] in palese contraddizione con precedenti dichiarazioni della stessa Accademia[23] e omette di riportare il seguente pronunciamento enunciato in Evangelium Vitae 62 che è un vera e propria pietra tombale alla liceità per un cattolico di ricevere vaccini prodotti con cellule fetali: «Con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi — che a varie riprese hanno condannato l’aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina — dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale».

d. Curzio Nitoglia



[1] Alcuni documenti della Pontificia Accademia per la Vita (d’ora in poi PAV) e della Congregazione per la dottrina della Fede (d’ora in poi CdF) ritengono certa, e non solo possibile, la presenza di feti abortiti nei vaccini. Per fugare ogni dubbio, basti citare PAV, Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule prevenienti da feti umani abortiti del 5 giugno 2005: «Fino ad oggi ci sono due linee cellulari umane diploidi, allestite originalmente (1964 e 1970) da tessuti di feti abortiti, che vengono usate per la preparazione di vaccini con virus vivi attenuati: la prima linea è la WI-38 (Winstar Institute 38), con fibroblasti diploidi di polmone umano, derivati da un feto femmina abortito perché la famiglia riteneva di avere già troppi figli (G. Svenet al., 1969), preparata e sviluppata da Leonard Hayflick nel 1964 (L. Hayflick, 1965; G. Svenet al., 1969), numero ATCC CCL-75. La WI-38 è stata usata per la preparazione dello storico vaccino RA 27/3 contro la rosolia (S. A. Plotkinet al., 1965). La seconda linea cellulare umana è la MRC-5 (Medical Research Council 5; polmone umano, embrionale; numero ATCC CCL-171), con fibroblasti di polmone umano provenienti da un feto maschio di 14 settimane abortito per “motivi psichiatrici” da una donna ventisettenne nel Regno Unito. La MRC-5 è stata preparata e sviluppata da J. P. Jacobs nel 1966 (J. P. Jacobset al., 1970) Sono state sviluppate altre linee cellulari umane per necessità farmaceutiche, ma non sono coinvolte nei vaccini attualmente disponibili.4 Oggi i vaccini che sono incriminati poiché usano linee cellulari umane, WI-38 e MRC-5, ottenute da feti abortiti sono i seguenti:

A) Vaccini attivi contro la rosolia6:

– i vaccini monovalenti contro la rosolia Meruvax® II (Merck) (U. S. A.), Rudivax® (Sanofi Pasteur, Fr.), e Ervevax® (RA 27/3)(GlaxoSmithKline, Belgio); – i vaccini combinati MR contro la rosolia e morbillo, commercializzati con il nome di M-R-VAX®II (Merck, U. S. A.) e Rudi-Rouvax® (AVP, Francia),

– il vaccino combinato contro rosolia e parotite commercializzato con il nome di Biavax®II (Merck, U. S. A.),

– il vaccino combinato MMR (measles, mumps, rubella) contro morbillo, parotite e rosolia, commercializzato con il nome di M-M-R® II (Merck, U. S. A.), R.O.R®, Trimovax® (Sanofi Pasteur, Fr.), e Priorix® (GlaxoSmithkline, Regno Unito).

B) Altri vaccini, anch’essi preparati usando linee cellulari umane da feti abortiti:

– due vaccini contro l’epatite A, uno prodotto da Merck (VAQTA), l’altro da Glaxo SmithKline (HAVRIX), entrambi preparati usando la MRC-5; – un vaccino contro la varicella, Varivax®, prodotto da Merck usando la WI-38 e la MRC-5.

– un vaccino contro la poliomielite, il vaccino con il virus di polio inattivato Poliovax® (AventisPasteur, Fr.) usando la MRC-5.

– un vaccino contro la rabbia, Imovax®, da Aventis-Pasteur, prelevato da cellule umane diploidi infettate, il ceppo MRC-5;

– un vaccino contro il vaiolo, ACAM 1000, preparato da Acambis usando la MRC-5, ancora in sperimentazione».

Nello specifico del vaccino anti-COVID-19, è certa la presenza di cellule fetali derivanti da aborto volontario e diretto come risulta dalla nota CdF e PAV, Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano del 28 dicembre 2020 che cita un documento del Charlotte Lozier Institute, Covid-19 Vaccine Candidates and Abortion-Derived Cell Lines, 3 December 2020, https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine-candidates-and-abortion-derived-cell-lines/

[2] Cfr. https://cogforlife.org/vaccines-abortions/: «Durante le udienze della FDA (Food and Drug Administration ndr) nel maggio 2002, il dottor Van der Eb di Crucell, NV, la società biomedica olandese che possiede i diritti brevettati sulla linea cellulare, ha spiegato in modo molto dettagliato di questo nuovo martire per l’industria farmaceutica: “Così ho isolato la retina da un feto, da un feto sano, per quanto si poteva vedere, di 18 settimane. Non c’era niente di speciale con una storia familiare o la gravidanza era del tutto normale fino alle 18 settimane, e si è rivelato essere un aborto socialmente indicato - abortus provocatus, ed era semplicemente perché la donna voleva sbarazzarsi del feto. La madre era completamente normale ... PER C6 era stato creato solo per la produzione farmaceutica di vettori di adenovirus e per lo standard dell'industria farmaceutica. Mi rendo conto che suona un po’ “commerciale” ma PER C6 è stato creato per quello scopo particolare. Inoltre, per quanto ne so, più di 50 aziende hanno preso la licenza per PER C6”».

Sebbene abbiamo dimostrato che le ragioni originali degli aborti sono soggette a speculazioni, l’intento del donatore non è in realtà rilevante né nella ricerca sulle cellule staminali embrionali (ESCR) né nei vaccini derivati dall'aborto. In entrambi i casi, tuttavia, l’intento del ricercatore e abortista è abbastanza calcolato e abbastanza chiaro: entrambi non erano solo omicidi premeditati, ma entrambi erano stati compiuti con il pieno intento di commercializzare e trarre profitto dalla distruzione della vita umana. E nel caso degli aborti, ognuno di essi è stato eseguito con piena consapevolezza in anticipo che il feto sarebbe stato utilizzato non solo per una sorta di ricerca futura, ma per l’intento specifico di creare vaccini.

[7] Cfr. le dichiarazioni della dottoressa Debi Vinnedge in http://www.renovatio21.com/vaccini-aborti-cosmetici-parlano-i-children-of-god-for-life/ : “I vaccini contenenti materiale fetale abortito negli Stati Uniti e in Canada sono: MMR, Varivax (varicella) Zostavax (fuoco di Sant’Antonio), Polio, Rabbia, Epatite-A (4 di questi), Vaiolo ed Ebola. Poi ci sono alcuni vaccini che si combinano con quanto sopra, come un morbillo-rosolia, parotite-rosolia, MMR + varicella (4 di questi), epatite-A + B, epatite-A più tifoidea, combinazioni di poliomielite come Pentacel, Quadracel, Infanrix-IPV-HiB. Inoltre ci sono molti altri medicinali che usano materiale fetale abortito come Adenovirus 4,7, Pulmozyme, Procrit, Epoetin alfa, Epogen, Aranesp, Darbepoetin alfa, Abciximab, rhFV1, Nuwiq, Eloctate, G-CSF (per le gravi infezioni)”.

[8] Il dubbio positivo consiste nell’incertezza tra due tesi opposte: per esempio, “presenza/assenza di feti nei vaccini”, per cui si sospende il giudizio e non si assente né all’una né all’altra.

[11] Cfr. PAV, Riflessioni etiche sui vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti, 5 giugno 2005: “Per quanto riguarda le malattie contro le quali non ci sono ancora vaccini alternativi, disponibili, eticamente accettabili, è doveroso astenersi dall’usare questi vaccini solo se ciò può essere fatto senza far correre dei rischi di salute significativi ai bambini e, indirettamente, alla popolazione in generale. Tuttavia, se questi fossero esposti a pericoli di salute notevoli, possono essere usati provvisoriamente anche i vaccini con problemi morali. La ragione morale è che il dovere di evitare la cooperazione materiale passiva non obbliga se c’è grave incomodo. In più, ci troviamo, in tale caso, una ragione proporzionata per accettare l’uso di questi vaccini in presenza del pericolo di favorire la diffusione dell’agente patologico, a causa dell’assenza di vaccinazione dei bambini. Questo è particolarmente vero, nel caso della vaccinazione contro la rosolia”.

[13] Cfr. https://www.nogeoingegneria.com/effetti/salute/nanorobot; si possono ascoltare su You Tube tre conferenze (8. IX. 2019; 6. VIII. 2019; 27. VI. 2020) del dr. Marco Antonio Attisani, in cui parla di intelligenza artificiale e di robotizzazione dell’uomo, mediante nano-particelle immesse nel DNA umano e dirette dal 5G. dichiarazioni simili sono state fatte anche da Vittorio Colao (Il Foglio, 31 ottobre 2020, Il mondo di ieri non esisterà più).

[14] Per rendersene conto si noti il tenore di alcuni passaggi del documento congiunto CdF e PAV, Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano del 29 dicembre 2020: «Dobbiamo assicurarci che le cure immediate per le crisi diventino passi fondamentali per una società più giusta. Intraprendere le azioni immediatamente necessarie per rispondere alla pandemia, avendo in mente anche i suoi effetti sul lungo periodo, è importante perché possa aver luogo una “guarigione” globale e rigenerativa […] rendendoci tutti disponibili a una vera e propria conversione…i vaccini, affinché «possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti …».

[18] Cfr. l’Enciclica Evangelium vitae 63 e l’Istruzione Dignitas personae 34-35.

[19] Cfr. F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, I ed., 1955; ristampa, Proceno (Viterbo), Effedieffe, 2015; B. Merkelbach, Summa Theologiae Moralis, I ed., Parigi, 1932-1933, 3 voll.; H. Noldin, Summa Theologiae Moralis, I ed. 1899-1900, Verona, 3 voll.; D. Prummer, Manuale Theologiae Moralis, I ed., 1915, Barcellona, 3 voll.; E. Jone, Compendio di teologia Morale, Roma, 1951.

[20] Cfr. il documento del Charlotte Lozier Institute, Covid-19 Vaccine Candidates and Abortion-Derived Cell Lines, 3 December 2020, in https://lozierinstitute.org/update-covid-19-vaccine-candidates-and-abortion-derived-cell-lines/ citato nella nota 7 della nota https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/12/29/0697/01628.html pubblicata il 28 dicembre 2020.

[21]CdF, Sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-COVID-19, del 21.12.2020. https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/12/21/0681/01591.html

[23] Il pronunciamento Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti del 5 giugno 2005, sebbene citato in altri documenti, non è più reperibile online né sul sito della PAV né su quello del Vaticano.

 
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