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Mosca di un internet!
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Ma tutta la sfacciata propaganda antirussa alla Riotta-ricotta, alla fine, conviene ai suoi entusiastici e intruppati propalatori?
Certamente, come ha constatato a proprie spese CNN, tra gli utilizzatori dell’internet non rende.
Fiera del proprio battage antirusso estremo di questi giorni, l’importantissimo network statunitense che ha minimizzato i massacri georgiani di Ckhinvali (Tskhinvali secondo la traslitterazione inglese), e ha servito a centinaia di milioni di telespettatori nel mondo la retorica del dittatore di Tbilisi e delle sue deliranti menzogne direttamente in inglese (la vittoria a portata di mano, l’abbattimento di un centinaio di aerei russi, il bombardamento russo della capitale georgiana, stragi di civili causate dai russi, Russia Paese di sotto-civilizzati sanguinari, ecc., ecc.), ha pensato bene di lanciare sul proprio sito web una votazione fra i lettori: l’operazione militare russa è per il mantenimento della pace, o è piuttosto un’aggressione?

Beh, il 92% dei 32.528 partecipanti ha votato: è per il mantenimento della pace.
Naturalmente, l’emittente si è affrettata a far sparire la pagina dal web, ancor prima che Google la indicizzasse e ne realizzasse una copia cache.
Ma ne abbiamo qui le eloquenti tracce:
http://digg.com/politics/92_of_CNN_readers_Russia_s_actions_in_Georgia_justified

Molto divertenti i commenti di questo blog statunitense, come: «Io e i miei amici, gli americani, non abbiamo alcun dubbio che la Russia protegga secondo giustizia i propri cittadini. La Georgia ha attaccato a tradimento l’Ossezia del Sud. Che ora la Georgia ne paghi le conseguenze. E il nostro presidente, Bush, vuole tirarsi fuori dall’aver aiutato la Georgia. Mentre tutti sanno che gli aerei americani hanno aiutato a trasferire i georgiani dall’Iraq alla Georgia».

O ancora: «Ma certo che Saakhashvilli è un assassino. Quando il parlamento russo avvisava molti Paesi della possibile aggressione georgiana, nessuno gli ha dato retta. Adesso soltanto la Russia può intervenire per la pace e fermare il fascismo in Georgia, e probabilmente in molti altri Paesi (che tra l’altro sta soffrendo una tremenda crisi economica)».
O ancora: «Buffo, ma il sondaggio lì non c’è più. Probabilmente perché non si tratta della ‘verità’ che si aspettava CNN».

Gli utilizzatori di internet rappresentano una percentuale ancora piccola della popolazione alfabetizzata.
Generalmente hanno una discreta cultura, ad esempio conoscono una o più lingue straniere.
Hanno così un facile accesso a più fonti, diverse e diversificate, rispetto alla maggioranza che deve sorbirsi l’informazione mainstream della TV e dei periodici cartacei, in Occidente controllata da pochi blocchi di potere multinazionali.
Innanzitutto gli internetnauti possono confrontare tra loro le tesi dei mezzi d’informazione di massa di provenienza diversa, e già da questo rilevare eventuali ed interessanti discrepanze o omologazioni.

Nel caso della guerra russo-georgiana si sono accorti che tutti i media occidentali si muovevano sincronizzati nel dare la massima rilevanza alle fonti - assai dubbie, fin dall’inizio - del regime georgiano, e nel mettere in cattiva luce non soltanto e non tanto la Russia, quanto l’attuale capo del governo Vladimir Putin, a sua volta oggetto di una campagna denigratoria da molti anni, più irritante per la popolazione russa che per il Cremlino; hanno potuto ascoltare le tesi della stampa russa, nonché i racconti dei giornalisti realmente sul terreno, e dei profughi scampati.
Poco conta che dopo la crisi, risolta con la vittoria russa, qualche testata torni timidamente al suo ruolo critico per non sprofondare nel ridicolo l’intero sistema (si vedano ad esempio gli ultimi numeri di The Times).

In secondo luogo gli utilizzatori di internet possono discutere facilmente con altre persone in tutto il mondo, persino sulla scena dell’evento, di quello che sta accadendo.
E’ quello che è avvenuto e sta avvenendo con testimoni oculari dall’Ossezia del Sud e dalla Georgia.
Ciò aiuta l’analisi e la riflessione su molti pretesi «fatti» riportati dai media di massa.
E’ su internet, ad esempio, che ci accorgiamo che le foto Reuters lanciate in tutto il mondo per denunciare presunte uccisioni russe, sono state realizzate con attori, a meno che non si ammetta che la zona abbonderebbe misteriosamente di gemelli omozigoti .
La nostra stampa ha lasciato passare la smentita di alcuni turisti e tecnici italiani, riguardo ai pretesi bombardamenti di Tbilisi annunciati da Saakashvili e riportati dai broadcast europei e americani, ma ha poi provveduto a non tornarci più su.
Su internet quell’informazione non solo è stata diffusa, analizzata e verificata, ma soprattutto è stata ricordata.

Perché - terzo punto - internet ha anche una memoria, una memoria che il flusso mediatico della cosiddetta informazione non ha, e attivamente cerca di non far avere ai suoi fruitori.
La notizia «non conforme» viene depotenziata dall’utilizzo di titoli che sostengono il contrario di quel che la notizia indica, da un taglio malizioso, dall’uso di immagini fuori contesto («Può non tradurre?» chiedeva Himmler all’interprete mentre seguiva un cinegiornale russo sull’invasione tedesca, prima di usarlo per accusare la Russia di aggressione), ma sopra ogni cosa, dal silenzio a seguire.
Se una bugia ripetuta mille volte diventa una mezza verità, la verità taciuta viene ridotta a una mezza bugia.

E’ il caso, nella nostra vicenda, del massacro di Ckhinvali (una mezza notizia), della richiesta russa dell’intervento ONU (una notizia minima) e dell’opposizione di USA e Gran Bretagna (una non notizia) alla quale seguì la decisione di Medvedev di inviare le proprie truppe in Ossezia.
Notizia del tutto fantasma, infine, le denunce russe dei mesi precedenti riguardo all’ammassarsi di truppe georgiane al confine dell’Ossezia del Sud e dei bombardamenti georgiani con l’uso di droni di fabbricazione israeliana.
Tutto ciò, su internet, è reperibile con discreta facilità.
Naturalmente un mezzo così potente è facilmente soggetto a divenire un’arma a doppio taglio, e a propalare con estrema rapidità bufale, avvelenamenti, falsità.
Se nella guerra dei media ciò non è ancora avvenuto è solo perché i numeri dei fruitori di internet è ancora relativamente basso.

Certamente, insomma, la propaganda di massa paga: se qualche decina di migliaia di smanettoni del PC raggiunge posizioni diverse, chi se ne frega?

Internet è una mosca ronzante per il potere che manipola milioni di persone.
E quando crescerà significativamente da un punto di visto democratico-politico, cioè diventerà anch’esso un mezzo di comunicazione di massa, verrà opportunamente invaso, regolamentato, controllato, e soprattutto uniformato nelle sue differenze che riflettono le preziose differenze tra gli uomini.
I mezzi ci sono, senza andare troppo lontano alle poche macchine che gestiscono il flusso mondiale della rete, si pensi al potere pressoché monopolistico di Google.
Quel tempo è probabilmente assai vicino, e se CNN per ora scappa, è solo perché ha imparato la lezione.

Stefano Serafini


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