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Come Mosca contrasta la nota Lobby
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Il negoziato in corso fra Mosca e Teheran riguarderebbe un baratto. Di misura grandiosa: l’Iran consegnerebbe alla Russia mezzo milione di barili al giorno e in cambio sarebbe pagato con prodotti, merci e forniture che non può comprare sui mercati mondiali a causa delle sanzioni imposte dagli USA e dai suoi satelliti atlantisti per la nota questione del nucleare iraniano: sanzioni ordinate, come tutti sanno, dallo Stato ebraico. Per dare un’idea delle dimensioni di un simile baratto, basti dire che con questo l’Iran aumenterebbe le sue esportazioni di greggio del 50%. Meno evidenti i vantaggi per la Russia, altro grande Paese petrolifero di cui l’Iran, sotto questo aspetto, è un concorrente; anche se, va detto, ai prezzi correnti del greggio, sarebbero 1,5 miliardi di dollari al mese di beni industriali russi che partirebbero per l’Iran, 17 miliardi di dollari annui.

La spiegazione viene dal seguito del comunicato russo: «Tale accordo commerciale avverrebbe al di fuori del quadro dei negoziati futuri di Ginevra sulla limitazione del programma nucleare in cambio dell’allentamento della morsa che stringe la repubblica islamica».

La diplomazia russa è ben consapevole della frenetica pressione della lobby sul Congresso USA in questi giorni per far fallire l’incipiente trattativa (ancora poco più che una mano tesa) fra Obama e Rohani: questo offre una decisiva limitazione del programma nucleare civile, e quello allevia (un pochino) le sanzioni. Contro questa eventualità, i senatori sotto dominio ebraico stanno facendo passare una legge (Bill 1881) che recita: se Israele è «costretto a ricorrere all’azione militare per legittima autodifesa contro il programma militare nucleare iraniano», gli Stati Uniti «affiancheranno Israele fornendo (...) sostegno diplomatico, militare, ed economico al governo israeliano a difesa del suo territorio, del suo popolo e della sua esistenza».

Già il solo fraseggio, di così pronunciato carattere paranoide, rivela che il disegno di legge è stato scritto sotto dettatura di Netanyahu: dà per scontata la natura «militare» del programma iraniano (cosa che persino l’intelligence USA ha sempre smentito) e dunque, la «legittima» aggressione preventiva che Israele dovrà scatenare per eliminare questa «minaccia esistenziale».

Patrick Buchanan, il grande columnist, ha definito questo progetto di legge «un assegno in bianco per la guerra all’Iran», che «consegna la decisione della guerra a Bibi Netanyahu», il paranoico grave che dice: «questo è il 1938, l’Iran è la Germania», e vuole trascinare gli americani nella loro «quinta guerra in Medio Oriente in una generazione». (A Blank Check for War on Iran)

Barack Obama ha minacciato di porre il veto. Ma se il Bill 1881 viene firmato da 67 senatori, il veto presidenziale verrebbe invalidato. Le firme raccolte finora sono 59, e l’AIPAC (il braccio della Israeli Lobby che gestisce i senatori con il terrore e le promesse di rielezione) sta freneticamente premendo per strappare altre firme.

Mosca sta cercando di contrastare questo sforzo, che sta effettivamente aprendo il rischio di una guerra di grandi dimensioni. I politici giudeo-americani l’hanno capito benissimo ed hanno reagito. «Iniziativa imprudente e irresponsabile», ha definito l’ipotizzato accordo commerciale Eliot Engel, membro della Commissione Esteri della Camera dei rappresentanti, democratico (dunque in teoria, per Obama), ma soprattutto J noto sostenitore di «Gerusalemme una e indivisibile».

Gary Samore
  Gary Samore
«Un segnale molto negativo, se i russi mettono in atto questo accordo prima che ci sia una risoluzione finale sul nucleare», ha deplorato Gary Samore, un docente di Harvard, ebreo, che è stato responsabile del «controllo delle armi di distruzione di massa» presso il presidente Obama fino all’anno scorso, ma soprattutto è presidente di un gruppo di pressione chiamato «United Against Nuclear Iran» , che è un’emanazione del Mossad, dato che Meir Dagan, ex capo del Mossad, ne è stato membro dal 2000 al 2011. Questo il tipo di personaggi che, non bastando loro dominare Washington, vogliono anche ingerirsi degli accordi commerciali che Mosca stringe con Paesi esteri. Ritenendo, evidentemente, che Mosca ha l’obbligo di adeguarsi alle sanzioni da costoro decretate, e a cui l’Occidente servilmente obbedisce.

Il ministro degli esteri USA John Kerry si è appena lasciato insultare da un ministro israeliano, Moshe Ya’alon (Affari Militari), irritato per i patetici tentativi di Kerry di spingere Sion ad un micro-processo-di-pace che consenta ai palestinesi di creare un loro Bantustan nei Territori Occupati: quei territori dove invece Israele ha appena annunciato che intende costruire altri 800 case per i suoi «coloni», oltreché s’intende altre 1076 abitazioni a Gerusalemme Est, occupata altrettanto illegalmente. «Ossessivo, messianico» (senti chi parla), ha definito Ya’alon il povero Kerry, invitandolo a levarsi dai piedi. (Israeli Defense Minister: Kerry is 'Obsessive,' 'Messianic')

Evidentemente, si ritiene in Sion che tutti gli altri governanti goy possano essere brutalizzati, sputacchiati e intimiditi del pari – anche al Cremlino.

Di fronte alla viltà e al collaborazionismo degli Stati occidentali, è consolante constatare che è sono le opinioni pubbliche – almeno quelle qualificate – a rifiutare la complicità con i crimini sionisti. Il movimento internazionale BDS (Boycott, Divestment and Sanctions) che invita a rifiutare di «finanziare l’occupazione dei Territori», sta avendo sempre più importanti adesioni.


Un manifesto in Svezia che invita a boicottare Israele. Non lo vedremo in Italia
 
 


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Abbiamo già riferito che, nel dicembre scorso, s’è unita al boicottaggio delle istituzioni universitarie giudaiche l’American Studies Association, l’organizzazione storica di scienziati, studiosi e docenti per gli scambi interdisciplinari in USA, che conta 5 mila membri di alto livello culturale. Adesso si apprende che anche il secondo fondo-pensione olandese, PGGM (è una fondazione non-profit fra lavoratori e datori di lavoro) ha annunciato di disinvestire dalle cinque principali banche israeliane in cui aveva posto capitali; decisione che fa male, dato che il PGGM gestisce 130 miliardi di euro, ed ha due milioni di aderenti.

Il ministro degli esteri giudaico, il noto Avigdor Liberman, ha convocato l’ambasciatore olandese chiedendogli, da padrone , «spiegazioni» sull’azione della PGGM: ovviamente senza tener conto che si tratta di associazione privata, in cui il governo non ha titolo né legittimità d’intervento. Già nel 2012 fondi pensione olandesi e svedesi hanno disinvestito dalla Elbit Systems, primario produttore israeliano di armamenti, droni, avionica ed elettronica dei carri armati – quindi complice di primo piano dei crimini sionisti – con cui invece l’aviazione militare italiana ha stretto lucrosi (per loro) contratti di fornitura.

Non stupirebbe, nei prossimi giorni, vedere le Pussy Riots o le Femen a seno nudo mobilitate contro queste associazioni, come si fa a Mosca.




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