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Haider: come Barschel, come Moelleman
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La Stampa di Torino ha così commentato la morte di Haider:

I primi l’hanno scritto sui bigliettini lasciati, insieme ai fiori e ai ceri, nell’atrio del Palazzo del Land Carinzia, a Klagenfurt: «Haider come Lady D», «Haider come James Dean». Poi sono arrivati i siti antisemiti: «Haider è stato assassinato», «Questa è la soluzione finale della questione austriaca», «Dopo il suo successo elettorale, parlare di casualità è solo da stolti». Il complotto, dunque. L’attentato. Per mano degli sloveni, dice qualcuno. Per odio alla destra estrema, dicono altri. La costruzione del mito è cominciata.

Ovviamente, le frasi riferite ai «siti antisemiti» sono la solita ripresa (senza citazione diretta, come si usa in quegli ambienti) del nostro articolo «Assassinato Haider» secondo cui la morte di Haider non è stato un incidente. Poichè la Stampa è proprietà della famiglia più debosciata d’Italia ma ancora potente e ben collegata a K**tz, si può temere che la sua «segnalazione» sia il mirino al laser che indica un bersaglio.

Vediamo dunque alcuni particolari del cosiddetto incidente, come li ha segnalati sul sito Rumormillnews un commentatore («Farsight») che conosceva personalmente il defunto.

Haider aveva portato a casa il suo autista, a Klagenfurt, l’aveva lasciato libero, e si era messo alla guida da solo: una rara «opportunità» per un attentato, dato che di solito come governatore è a bordo dell’auto di servizio, guidata dall’autista di servizio.

Si è detto che la velocità era eccessiva, 142 kmh in una zona dove c’è il limite a 70. Ma va tenuto presente che l’auto, una Phaeton da 240 HP, è capace di 237 chilometri orari, ha 4 ruote motrici, 12 airbarg, cambio automatico, Tiptronic e tutti i più moderni apparati di «allarme di prossimità» e ABS. Era una vettura con tre mesi di vita.

La strada: a tre corsie con senso unico, senza la possibilità di incontrare traffico in direzione opposta. All’una di notte, completamente libera, e quasi rettilinea. E tuttavia, dopo aver sorpassato l’auto di una donna (mai nominata), questa vettura a 4 ruote motrici esce di strada e si rovescia per tre volte. Pare questa la donna che ha telefonato al pronto soccorso per segnalare l’incidente, alle 1:08.

La dottoressa d’emergenza giunta sul posto pare che abbia tentato una trasfuzione, dunque Haider era vivo, benchè «mostrasse gravi ferite alla testa, al torace, spina dorsale fratturata e braccio sinistro quasi completamente strappato».

In seguito il dotto Thomas Koperna, direttore dell’ospedale LKH di Klagenfurt dove è stato portato, ha dichiarato alla stampa che Haider «è morto immediatamente». L’autopsia non ha avuto luogo a Klagenfurt, bensì a Gratz - fatto alquanto sospetto, che può spiegarsi anche con la ricerca di un perito compiacente.

Sospetto anche il dottor Gottfried Kranz, il procuratore che si occupa del caso, e che ha dichiarato: «Ogni speculazione su altre cause dell’incidente sono pertanto nulle». Ciò ricorda da vicino la famosa frase che George Bush  pronunciò l’11 settembre: «Non saranno tollerate maligne teorie del complotto...».

Il sito Rumormillnews attira l’attenzione sulla foto del relitto: la potente auto presenta un foro circolare sul tetto, in corrispondenza con la testa del guidatore. Ma soprattutto: le due portiere sinistre sono volate via (come se qualcosa fosse esploso «dall’interno»?), e i bulloni delle due ruote del lato sinistro sembrano scomparsi.

Lo stesso sito fa notare che Haider è morto lo stesso giorno (11 ottobre) in cui fu ucciso, 21 anni prima, Uwe Barschel.

Chi era Uwe Barschel? Anche lui un governatore: ministro-presidente dello Schleswig-Holstein dall’82 all’87 per la CDU. A 38 anni, grande carriera davanti. Poi, alle elezioni dell’87 (Barshel  e la CDU erano i grandi favoriti) uno scandalo a sopresa. L’addetto-stampa di Barschel, Reiner Pfeffer (j**) andò a Der Spiegel e raccontò che Barschel gli aveva ordinato di spiare il candidato principale dei socialdemocratici e avversario elettorale, Bjorn Engholm, onde fabbricare una serie di accuse contro. Fu un enorme scandalo, un Watergate tedesco; come conseguenza, la CDU perse le elezioni nella regione.

Il 18 settembre, cinque giorni dopo la sconfitta elettorale, continuò a negare l’accusa. «Vi dò la mia parola d’onore, ripeto la mia parola d’onore, che le accuse elevate contro di me sono infondata».

Infatti, solo nel 1993 Engholm ammetterà di aver versato a Pfeffer 40 mila marchi: la paga di Giuda. Una cifra del resto troppo modesta per spiegare questa azione con la sete di lucro. Nel 1997, un’inchiesta ammetterà che le prove contro Barschel erano infondate.

Troppo tardi.

Il 2 ottobre 1987, Barschel dà le dimissioni da presidente. L’11 ottobre, Uwe Barschel viene trovato morto a Ginevra, nella stanza 317 dell’Hotel Beau Rivage: è immerso nella vasca da bagno completamente vestito, dei pesi sul torace, in gola ha varie pillole di barbiturici e tranquillanti (fra cui il Lorazepam). Lo trovano due giornalisti di Stern a cui aveva dato appuntamento, forse per fare loro delle rivelazioni.

La libera stampa occidentale si affretta a dichiarare: si tratta di suicidio, il politico s’è affogato per la vergogna.

Victor Ostrovsky, già spia del Mossad , sostiene nel suo libro (in tedesco Geheimakte Mossad) che Barschel è stato soppresso da un kidon (squadra d’assassinio) perchè sapeva troppo dei traffici d’armi fra Israele e Iran, l’incredibile sfondo della vicenda americana Iran-Contra (dove agenti della CIA, in contatto con Bush-padre, paracadutavano ai «Contras» del Nicaragua armi che Israele aveva comprato dall’Iran: storia complicata, che necessiterebbe di un volume di spiegazioni).

Anche la famiglia di Barschel (che lasciò moglie e 4 figli) resta convinta che il suo caro è stato assassinato (1). La polizia, nella prima inchiesta, giunse alla conclusione che c’era un’altra persona nella stanza dell’albergo ginevrino con Braschel, al momento della sua morte; l’autopsia stabilì che sul cadavere era stata esercitata qualche forma di violenza. Tutta la storia è stata a poco a poco insabbiata e dimenticata.

Se vi capita di ricordarla, un consiglio: dite che Barschel s’è suicidato, altrimenti La Stampa vi chiama antisemiti.

Un identico caso di «suicidio» è avvenuto nel 2003: la vittima si chiamava Jurgen Moelleman. Politico di primo piano sulla scena tedesca - ha coperto vari ministeri, e nel 1993 è stato vice-cancelliere - ha scelto un modo bizzarro per darsi la morte: ex paracadutista militare, il 5 giugno 2003 s’è lasciato cadere durante un lancio sportivo. E’ accaduto nel cielo della città di Marl, in Westfalia.

Il punto è che, nel marzo precedente, Moelleman era stato espulso dal suo partito, di cui era presidente essendone stato co-fondatore negli anni ’70, il Partito Liberal-Democratico (FDP), per «antisemitismo».

Nei mesi precedenti, era accaduto che un membro dei Verdi tedeschi, Jamal Karsli, che è di origine siriana, aveva accusato Israele di usare «metodi nazisti» contro la popolazione palestinese. Karsli era stato espulso dal suo partito; Moelleman l’aveva accolto nel FDP, e l’aveva difeso pubblicamente. L’aveva difeso anche in un talk-show televisivo condotto da Michel Friedman, giornalista televisivo che è anche il vicepresidente del Consiglio ebraico germanico.

Accusato di fomentare sentimenti antisemiti, nel caldo del dibattito, aveva ritorto: «Nessuno crea più antisemitismo di Ariel Sharon; e di Herr Friedman, col suo stile arrogante e intollerante». Sono parole che un politico, specie tedesco, non può pronunciare impunemente.

Seguì quella che Moellerman stesso definì «sei mesi di caccia all’uomo contro di me, per sbattermi fuori». Fuori da tutto: dal partito, dalla politica, dall’umanità.

Guido Westerwelle, segretario del FDP di cui Moelleman era membro da 33 anni e presidente da 18, cominciò col sbatterlo fuori dal partito. Ricco di famiglia, anni 57, padre di tre figli, ex-parà, brillante politico noto per la sua franchezza, Moelleman non si lasciò intimidire.

Sulla sua vicenda ha scritto un libro, Klartext («Parlar chiaro») in cui accusava Westerwelle - omosessuale dichiarato - di aver ceduto ai ricatti del Mossad. Il libro è un bestseller in Germania, ma quel parlar chiaro può nuocere gravemente alla salute.

Dopo la sua morte, la libera stampa ha descritto Moelleman come un uomo rovinato anche finanziariamente, bersaglio di inchieste sulle sue ricchezze, con le spalle al muro, ridotto a desiderare la morte.

«Ma questo non è il ritratto del Moelleman che conosco; io lo conosco come un combattivo», ha detto Hans Dietrich Genscher. E Genscher, già ministro degli Esteri della Germania federale, Moelleman lo conosceva bene. Nel 1982, furono loro due a guidare il partito liberal-democratico nell’alleanza con i Cristiano-Democratici, a formare quella maggioranza moderata di governo che portò al potere, come Cancelliere, Helmuth Kohl.

Del resto, era noto che Moelleman, espulso dal FDP, stava preparandosi a lanciare un partito tutto suo, e si proponeva di scrivere un altro libro con «parole chiare».

«Viviamo in tempi», aveva dichiarato, «che necessitano di parole chiare in politica interna ed estera... Non voglio più sprecare le mie energie a difendermi contro una strategia che mira a distruggermi».

E ancora: «Una cosa non farò mai: rinunciare a ciò a cui credo e al mio impegno verso ciò a cui credo. Per gli stessi scopi per cui mi sono battuto dentro l’FDP, ora mi batterò come democratico indipendente e indipendente parlamentare».

Invece, il 5 giugno 2003, qull’uomo pieno di progetti e con una battaglia tutta da sferrare s’è gettato nel vuoto. Paracadutista sportivo esperto, s’è lanciato ottavo in un gruppo di parà amatoriali da 13 mila piedi. Il nono e decimo parà, interrogati, hanno assicurato di aver visto il paracadute di Moelleman, sotto di loro, «aprirsi normalmente»: «Poi però di colpo abbiamo visto il suo paracadute staccarsi dal corpo di Moelleman» (2).

Qualcuno avrà tagliato le cinghie? Non pensatelo, sennò siete antisemiti.

Haider aveva appena rilasciato un’intervista ad una TV austriaca, dove - a proposito della crisi finanziaria - aveva detto che la «mafia bancaria» andava abolita e punita per aver venduto prodotti finanziari tossici a ignari risparmiatori.

Cosa che ha ripetuto in un’ìntervista giornalistica: «Coloro che hanno trattato da incoscienti il denaro altrui devono pagare. Abbiamo bisogno di controlli più severi, di cambiamenti nella legge penale e di un tribunale speciale per i delitti economici; questi hanno arraffato somme enormi, non sono poveri. Le loro responsabilità penali vanno stabilite, e loro vanno messi in prigione».

Secondo chi scrive, non c’è dubbio che Sion osserva con particolare cura politici tedeschi di un certo tipo: emergenti, energici e carismatici, non-conformisti come Moelleman o come Haider. Questa attenzione malevola dev’essere oggi a livello parossistico.

Il perchè l’ha spiegato Antonio Polito, il kippà messo a dirigere Il Riformista (la «sinistra moderata»). Egli paragona l’attuale implosione bancaria, che destabilizza la vita di milioni di europei e che ha origine nella finanza ebraica, ai fatali anni post-1929: «Anni in cui la crisi economica ha liberato le forze più oscure che si agitano nel petto degli uomini (...) i peggiori rigurgiti populisti, razzisti, xenofobi, fascisti e nazisti».

Polito (ma chi lo pagherà, lui e il suo giornaletto?) invita alla vigilanza antifascista, mentre implode il capitalismo Goldman Sachs, contro «il solidificarsi di un sentimento popolare che individua nelle demo-plutocrazie la colpa dei mali, nell’establishment dei banchieri e degli uomini d’affari quel demonio che l’arte di Weimar dipingeva con tanta grottesca efficacia mentre covava l’uovo del serpente nazista».

E ancora: «Il mondo che verrà non avrà mutui a tassi bassi, carte di credito per tutti, accesso facile a internet e TV satellitare (questa poi... come lo sa?). E allora, potete star sicui che ci saranno molti più fascisti. Del resto il nostro dibattito politico già trabocca di pensiero autoritario (...) Il ministro del Tesoro ci ha avvisato che il suo motto è Dio Patria e Famiglia...» (3).

Dunque il mirino al laser di Politi «illumina» Tremonti.

Perchè, senza ombra di dubbio, l’analisi di Politi riecheggia quella che viene fatta in queste settimane dalla nota lobby, e dalle sue filiali e dalle sue forze oscure di assassinio: il crollo del capitalismo terminale rischia di segnare il ritorno di politiche nazionali. L’attacco preventivo, l’assassinio di possibili leader serve a salvare la «democrazia». La libertà d’espressione va soppressa, la «democrazia» ha sempre più bisogno di censura.

Anche qui, il modello è stato dato dagli Stati Uniti. Basta ricordare la fine di Huey Long, governatore della Louisiana negli anni dal 1928 al ’32. Democratico, sostenne l’elezione di Roosevelt. Ma poi ne prese sempre più decisamente le distanze: aspro critico della Federal Reserve (la Banca Centrale privata), Long creò un suo programma dal nome significativo: «Share our Wealth», distribuiamo la ricchezza; che contemplava una sovratassa sulle ricchezze eccezionali, sia private sia delle grandi corporation, da redistribuire per vincere la povertà e il disordine conseguenti alla Grande Depressione. Si pensò che potesse vincere le future elezioni presidenziale.

Un ebreo di nome Carl Weiss gli sparò nel Campidoglio di Baton Rouge, la capitale della Louisiana. Morì due giorni dopo a 42 anni.




1) Nel suo The Other Side of Deception (New York 1994), Ostrovski spiega che Barschel fu attratto nell’Hotel Beau Rivage da una telefonata, fattagli da un tale Robert Oleff che parlava dalle Canarie, e che gli prometteva qualche genere di rivelazioni. All’appuntamento, il Cancelliere dello Schleswig-Holstein trovò invece una squadra di assassini professionali del Mossad: una volta ucciso, gli specialisti forzarono, con un tubo, manciate di barbiturici fin nello stomaco del cadavere.
In parte, la versione di Ostrovski è stata confermata da un articolo del Washington Post del gennaio 1995, basato sui risultati delle indagini di varie polizie - spagnola, svizzera e tedesca - attorno alla morte di Barschel. Gli investigatori svizzeri confermarono al giornale americano che le pasticche di barbiturici erano state messe nella gola di Barschel dopo il suo decesso. Ma nessun giornale, e nesuna polizia, ha chiarito i motivi per cui Barschel avrebbe dovuto essere »suicidato» da specialisti israeliani. Ostrovski invece ha la risposta: Barschel è stato giustiziato perché aveva rifiutato di consentire spedizioni di armi israeliane all’Iran dai porti dello Schleswig-Holstein. Eike Barschel, la sorella, ha raccontato che suo fratello era andato a Ginevra per incontrare un «misterioso informatore» che aveva promesso di fornirgli rivelazioni capaci di scagiornalo nello scandalo che lo aveva colpito. La moglie, Freya Barschel, ha raccontato di diverse telefonate che Uwe aveva ricevuto da un uomo non identificato, nei giorni precedenti il suo viaggio a Ginevra; dopo l’ultima, aveva confidato: «Per la prima volta nella mia vita ho paura».
2) Maurizio Blondet, «Lo strano suicidio di Jurgen Moelleman», Effedieffe, 16 giugno 2003.
3) Antonio Polito, «LA crisi americana e i fascistelli italiani», Il riformista, 13 ottobre 2008.


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