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Se sia lecito parlare dei castighi di Dio
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Il male non consiste tanto nel venire punito quanto nell’essere degno di punizione (Dionigi l’Areopagita)

Che cos’è il castigo

Il castigo è una pena o un male che la creatura razionale subisce per una colpa commessa. In breve il castigo è un male (malum poenae), che deriva da un altro male (malum culpae).

Dalla Rivelazione sappiamo che Dio aveva creato l’uomo in uno stato di felicità tale che, se egli non avesse peccato o fatto il male, non avrebbe sofferto nessuna pena (Gen., III, 8 ss.). In séguito al peccato originale, però, il male è entrato nel mondo sotto forma di colpa e di pena.

Il castigo o pena è 1°) “concomitante” quando deriva naturalmente e immediatamente dalla colpa e l’accompagna, per esempio il rimorso di coscienza o la perdita della grazia e dell’onore; 2°) “inflitta” quando è imposta dal giudice (Dio o uomo) in rapporto alla colpa commessa. Inoltre la pena inflitta può essere a) “medicinale”, secondo che il giudice la infligge per portare il colpevole dalla ribellione al pentimento, oppure b) “vendicativa[1], se è inflitta come riparazione e mantenimento dell’ordine violato (per esempio, l’assassino deve essere punito per riparare l’ordine morale e giuridico che ha infranto e per mantenere la tranquillità dell’ordine sociale).

Dal punto di vista teologico la pena inflitta da Dio a chi muore ostinato nella colpa grave è l’inferno[2], che si divide in “pena del danno”, ossia la mancanza della visione di Dio e in “pena del senso”, che è la pena fisica e positiva del fuoco.

Il castigo di Dio nella S. Scrittura

Nell’Antico Testamento il castigo di Dio è rivelato formalmente: “Se farà il male lo castigherò” (2 Sam., VII, 14). “Dio castiga e usa misericordia” (Tob., XIII, 2); “Il Signore vi castiga per i vostri peccati” (Tob., XIII, 5); “Castigando il suo peccato Signore tu correggi l’uomo” (Sal., XXXIX, 12); “Signore eri per loro un Dio paziente, pur castigando i loro peccati” (Sal., XCIX, 8); “Dio castigò i re per causa loro” (Sal., CV, 14); “Tu castighi poco alla volta i colpevoli” (Sap., XII, 2); “Il Signore castiga coloro che gli stanno vicino” (Giuditta, VIII, 27); “Con quanta attenzione hai castigato i tuoi figli” (Sap., XII, 21); “Ti castigherò secondo giustizia” (Ger., XXX, 11).

Nel Nuovo Testamento si legge: “Lo castigherò se farà il male” (1 Cor., XVII, 13); “Il Signore riprende e castiga coloro che ama” (Ap., III, 19); “Ogni albero sterile sarà gettato nel fuoco” (Mt., III, 10); “Il castigo di Dio incombe su di lui” (Gv., III, 13); “Dio non risparmiò gli angeli ribelli” (2 Pt., II, 4); “Il diavolo fu gettato nello stagno di fuoco” (Ap., XX, 9).

Il castigo di Dio nella teologia

San Tommaso d’Aquino spiega innanzi tutto che Dio è l’Autore del male come pena (S. Th., I, q. 49, a. 2, in corpore) e non della colpa (malum culpae). Poi insegna (S. Th., I-II, q. 87, aa. 1-8) che nel concetto di legge è inclusa la necessità di una pena dovuta alla colpa: “il peccato rende l’uomo reo di castigo o pena” (a. 1, ad 2). L’Angelico cita Dionigi l’Areopagita (De Divinis Nominibus, cap. IV, lect. 18): “Gli angeli che castigano i peccatori non sono cattivi. Perciò il male non consiste tanto nel venire punito quanto nell’essere degno di punizione”. Ecco perché “tra gli effetti diretti del peccato non vi è tanto la pena quanto la necessità di subirla” (a. 1, ad 2).

In breve secondo l’Angelico l’obbligo di essere castigato (reatus poenae) deve essere necessariamente soddisfatto poiché lo esige la Giustizia divina. Dio non sarebbe Dio se l’ordine da Lui stabilito non ricevesse questa tutela infallibile (S. Th., I-II, q. 87, a. 6, in corpore).

Conclusione

Padre Giovanni Cavalcoli recentemente è stato espulso da “Radio Maria” dietro ordine di Francesco I perché aveva risposto ad un ascoltatore che certe colpe particolarmente gravi possono attirare i castighi di Dio, il che è perfettamente conforme alla Rivelazione divina e alla sana ragione. Ma Francesco I vuol sentir parlare solo di Misericordia e non di Giustizia, salvo agire con rigore estremo nei confronti di coloro che osano ancora affermare, con la sana dottrina, che la Giustizia senza la Misericordia è crudeltà (come quella usata da papa Bergoglio nei confronti di p. Cavalcoli) e la Misericordia senza la Giustizia è bonacceria e non Bontà.

San Tommaso d’Aquino insegna che a Dio compete alleviare il male altrui, cioè la Misericordia effettiva nel senso che le perfezioni date da Dio agli enti creati ne tolgono o diminuiscono i difetti (S. Th., I, q. 21, a. 3). Inoltre in tutte le opere di Dio c’è Giustizia perché Egli fa ciò che conviene all’ordine delle cose con Sapienza e Bontà. Anzi la Sua Bontà sorpassa talmente l’esigenza dell’ordine e della proporzione delle cose, le quali non possono esigere nulla da Dio, di modo che in Dio con la Giustizia c’è sempre anche la Misericordia che ne è il fondamento (ivi, a. 4).

Perciò voler parlare solo di Misericordia senza Giustizia significa avere un falso concetto di Dio e delle virtù di Misericordia e di Giustizia.

d. Curzio Nitoglia



1] La pena è vendicativa quando si infligge a qualcuno che ha perpetrato un male un altro male fisico per mantenere l’ordine giuridico e morale o per il castigo e la punizione del malfattore (cfr. S. Th., II-II, q. 80).

2] Cfr. Lc., III, 7; Lc., V, 29; Lc., X, 15; Lc., XII, 5; Lc., XVIII, 9; Lc., XIX, 1; Mt., V, 21; Mt, XI, 23; Mt., XIII, 47; Mt., XV, 24; Mt., XXII, 1; Mt., XXIV, 51; Mt., XXV, 1; Simbolo Quicumque, DB, 40; Concilio Lateranense IV, DB, 429; Benedetto XII, Costituzione dogmatica Benedictus Deus, DB, 530; S. Th., Supplemento, q. 97 ss.


 
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