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Sulla deposizione del “Papa eretico” da parte del “Concilio imperfetto”
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Padre Michel-Louis Guérard des Lauriers

Cyrille Dounot nel suo libro già citato nei precedenti articoli[1] abborda, purtroppo solo en passant, la Tesi teologica elaborata da padre Guérard des Lauriers, il quale invece è stato  uno dei teorici più acuti della questione della perdita dell’Autorità papale.

Egli però non è voluto passare attraverso l’ipotesi del Papa eretico, ma ha seguìto una strada tutta sua, soprattutto metafisicamente fondata, originale, geniale e affascinante, che tuttavia sfocia nella vacanza non solo della Prima Sede Apostolica tra un Papa e l’altro, ma addirittura nella vacanza della Chiesa gerarchica a partire da Paolo  VI sino ad oggi e non si intravede quando questa “vacanza” potrà terminare.

In breve il vulnus della Tesi di padre Guérard è venuto alla luce dopo la morte di Paolo VI, che ha perseverato nell’adesione alla dottrina neomodernistica della Nouvelle Théologie e, secondo la “Tesi di Cassiciacum”, non è diventato Papa formalmente, ma è rimasto Papa solo materialmente o in potenza. Quindi con il 6 agosto del 1978 (morte di Paolo VI) ci si ritrova - ancor oggi a partire dal 1965 - con un Papato abitualmente, stabilmente e costantemente materiale, potenziale o virtuale.

Padre Michel-Louis Guérard des Lauriers (25 ottobre 1898 – 27 febbraio 1988) è stato un eminente teologo domenicano[2], che di fronte alla tragedia del Concilio Vaticano II (1962-1965) e del Novus Ordo Missae (1969) ha elaborato una “Tesi” detta di “Cassicìacum” (dal paese lombardo, oggi Cassiago, ove S. Agostino si ritirò per riflettere sulla sua vita e scrivere le sue Confessioni), secondo la quale almeno a partire dalla promulgazione di Dignitatis humanae (7 dicembre 1965) la Sede di Pietro sarebbe formalmente vacante. Ossia Paolo VI sarebbe stato Papa soltanto materialmente o in potenza, ma non formalmente o in atto[3].

Padre Guérard des Lauriers, abbandona pionieristicamente e genialmente la via del Papa eretico - seguìta da quasi tutti coloro che hanno  affrontato il problema dell’autorità ecclesiale dopo le innovazione del Concilio Vaticano II - la quale sfocia nel nulla di fatto, restando al livello di ipotesi speculativa - anche con le suddette suddivisioni dell’Abbé de Nantes e del dottor da Silveira -  per percorrere un altro cammino, fondato soprattutto su una tematica 1°) metafisica: Papato materiale/formale[4]; su una tematica 2°) morale: l’autorità che non persegue il bene comune dei suoi sudditi cessa di essere tale e su una tematica 3°) ecclesiologica, che estende al massimo e sin troppo (ben oltre la definizione del Concilio Vaticano I) la prerogativa dell’infallibilità pontificia, la quale sarebbe garantita, secondo il teologo domenicano, dal solo fatto di presentare una dottrina come “divinamente rivelata” o “fondata espressamente sulla autorità della Santa Scrittura”[5] (C. Dounot, La déposition du Pape hérétique, cit., p. 163).

La sua Tesi sostiene che 1°) il Papa per essere tale deve avere la volontà oggettiva, la quale si conosce a partire dagli atti che pone, di procurare il bene comune della Chiesa; ora Paolo VI ha posto degli atti che oggettivamente mostravano la sua volontà di non volere il bene comune della Chiesa; quindi egli non poteva essere l’Autorità suprema della Chiesa. Inoltre 2°) secondo la “Tesi di Cassiciacum” quando il Papa presenta una dottrina come “divinamente rivelata” è assistito infallibilmente da Dio; ora Paolo VI ha promulgato la Dichiarazione su “La Libertà religiosa” Dignitatis humanae (7 dicembre 1965), in cui presenta come “rivelata divinamente” la libertà di aderire anche alle false religioni, data la dignità assoluta della persona umana, che non viene persa neppure se essa aderisce all’errore e compie il male; ma ciò non è vero; quindi Paolo VI almeno dal 7 dicembre 1965 ha cessato di essere Papa. Tuttavia 3°) siccome il Papato non può venire totalmente meno e deve durare ininterrottamente nella persona dei Romani Pontefici sino alla fine del mondo, occorre operare la  distinzione tra Papa materiale o in potenza e Papa formale o in atto. Dunque Paolo VI è solo Papa in potenza, ma non è Papa in atto e questa potenzialità salverebbe la successione apostolica secondo la “Tesi di Cassiciacum”; egli avrebbe potuto diventare Papa in atto, passando dalla potenza all’attualità, se avesse abiurato il suo errore e la sua volontà di non perseguire il bene comune della Chiesa, ma è morto senza aver abiurato e dunque non è diventato mai Papa in atto né mai lo potrà essere. Se veramente fosse stato così il Papato sarebbe morto con Paolo VI, il che è impossibile.

Il teologo domenicano nella stesura della sua Tesi (cfr. Cahiers de Cassiciacum, Nizza, Association Saint-Herménégilde, 6 voll., 1979-1981[6]) dimostra la proposizione detta “minore”  di ogni suo sillogismo, che formalmente è corretto, ma materialmente non è conforme alla realtà almeno terminativamente: La Prima Sede abitualmente e costantemente vacante.

La distinzione tra materia/forma, potenza/atto non è una sua invenzione; essa corrisponde alla realtà, è stata elaborata da Aristotele, perfezionata da S. Tommaso d’Aquino con l’essere quale atto ultimo di ogni forma o essenza, canonizzata dal Magistero sin dal XIII secolo e specialmente al Concilio di Trento il quale l’ha applicata riguardo ai Sacramenti (materia, forma e ministro).

Tuttavia, se essa viene applicata al Papato, può funzionare solamente sino alla vigilia della morte di un solo Papa materiale, che potrebbe così diventare Papa formale, ma non oltre poiché dopo la morte egli resterebbe non-Papa in atto e non avrebbe più la capacità di diventarlo. Questo è il “tallone d’Achille” della “Tesi di Cassiciacum”, la quale cerca di evitare l’impasse dell’ipotesi del Papa  eretico deposto o deponendo, ma incappa in un’altra impasse: l’Apostolicità della Chiesa fondata sulla catena mai interrotta di Papi reali, concreti, in atto, per cui il Papato materiale o virtuale abitualmente perdurante non basta a salvare la continuità apostolica e la successione petrina. Infatti vi può essere un Papa materiale che deve ancora passare all’atto o diventare Papa formalmente, ma non può sussistere un Papato costantemente o abitualmente materiale.

Certamente di fronte a tanto sfacelo nell’ambiente ecclesiale a partire da Giovanni XXIII sino a papa Bergoglio, sorge spontanea la domanda: «Come può essere vero “Cristo in terra”, colui che bacia il corano; va in sinagoga a proclamare gli Ebrei “fratelli  maggiori” e poi anche “padri del Cristianesimo”; riunisce ogni decennio tutte le false religioni assieme all’unica vera in Assisi a partire dal 1986 sino al 2016; adora gli idoli amazzonici della fertilità in Vaticano  e li intronizza nel 2019 a San Pietro come Antioco IV Epifane aveva intronizzato nel Tempio di Gerusalemme (164 a. C.) la statua di Giove Olimpo, suscitando la reazione dei  Santi fratelli Maccabei…?».

Però con la “Tesi di Cassiciacum” si arriva a teorizzare la Vacanza del Papato (non del solo Papa, ma di tutta la Gerarchia ecclesiastica, dei Cardinali, dei Vescovi e dei Parroci a partire dal 1965 e la non sussistenza del Sacramento dell’Ordine sacerdotale ed episcopale a partire dal 1970) per sessanta anni, ritenendo la suddetta “Tesi” una “specificazione di un atto di Fede”.

La “Tesi di Cassiciacum” inizialmente potrebbe essere ben fondata metafisicamente ed ecclesiologicamente, ma solo sino alla vigilia della morte del primo Papa materiale, però essa terminativamente si dimostra debole soprattutto nelle conseguenze pratiche, storiche, giuridiche e canoniche. Infatti la Chiesa non è solo un’entità pneumatica, mistica, spirituale o “meta/fisica” (“metà/tà/physikà / al di là della realtà”), ma è un Corpo, una Società giuridica perfetta, composta da esseri umani battezzati e da una Gerarchia fatta di uomini reali e concreti, che vivono durante la storia umana, i quali si trovano a dover affrontare situazioni morali, pratiche e contingenti, non solo metafisiche, speculative e dogmatiche.

Padre Guérard sembra ridurre la Chiesa ad una formula metafisica, per cui essa diverrebbe una Società di enti di ragione, in cui si distingue e poi addirittura si fissa e si ipostatizza (per la durata di almeno 60 anni e di 6 Sommi Pontificati consecutivi) l’elemento materiale o potenziale da quello formale o attuale, arrivando così al Papato puramente materiale abituale e costante, il quale è inconciliabile con la costituzione della Chiesa come Gesù l’ha fondata e voluta.

San Roberto Bellarmino definisce la Chiesa: “La Società dei battezzati, che professano la stessa Fede, partecipano agli stessi Sacramenti e dipendono dai legittimi Pastori, i Vescovi, e specialmente dal Romano Pontefice”. Il Catechismo di San Pio X (12 ottobre 1912) riprende questa definizione al n. 105, inoltre al n. 110 insegna: “La Chiesa di Gesù Cristo è una, perché tutti i suoi membri ebbero, hanno ed avranno sempre […] il Romano Pontefice, successore di san Pietro, formando così tutti un sol Corpo, il Corpo Mistico di Gesù”. Pio XII ha esplicitato tale definizione parlando di “Corpo” giuridico e nello stesso tempo “Mistico” o soprannaturale (Enciclica Mystici Corporis Christi, 1943).

La Chiesa è divina o soprannaturale e spirituale quanto alla causa efficiente (Dio che l’ha fondata), alla causa finale (il Cielo cui conduce), i mezzi che forniscono la Grazia di cui Dio l’ha dotata (i Sacramenti), ma è umana quanto alla causa materiale, fedeli e Pastori che la compongono (i battezzati, i Sacerdoti, i Vescovi ed il Papa). Questi due elementi (umano e divino) della Chiesa non possono essere scissi in maniera abituale e permanente, ma debbono essere sempre uniti nella realtà, come il corpo e l’anima nell’uomo. Se si fa la distinzione tra la materia/corpo e la forma/anima, essa è un’astrazione logica o intellettuale e temporanea, ma nella realtà esiste l’ente realmente composto di materia e forma, le quali non possono essere separate per sempre, sotto pena di annichilare l’ente realmente esistente; come pure la Chiesa e il Papato reale, che sono composti di un elemento materiale e di un elemento formale: l’anima e il corpo della Chiesa, i quali non possono  essere disgiunti nella realtà e abitualmente o costantemente sotto pena di annichilare la Chiesa reale.

È di Fede rivelata che la Chiesa, fondata su Pietro e i suoi successori, durerà sino alla fine del mondo (“Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”, Mt., XXVIII, 20). È di Fede rivelata e definita che Cristo ha dato alla sua Chiesa una Gerarchia (Papa e Vescovi), che durerà sino alla fine della Chiesa (Conc. Trid., DB 966). I Protestanti, invece, riconoscono solo il “sacerdozio generale” di tutti i fedeli e negano l’Ordine Sacro e la Gerarchia ecclesiastica, ossia il Papato e l’Episcopato. Essi furono condannati come eretici dal Tridentino. Il Concilio Vaticano I definisce di Fede: “Cristo volle che nella sua Chiesa, sino alla fine del mondo, vi fossero Pastori e Maestri” (DB 1821), i quali sono i Vescovi successori degli Apostoli e sottomessi al Principe degli Apostoli, che è Pietro e ai suoi successori nella Sede Romana (DB 1828). Togli il “primo” gradino o il fondamento e tutto l’edificio crolla. Inoltre è di Fede che “Cristo ha stabilito Pietro PRIMO di tutti gli Apostoli e Capo visibile di tutta la Chiesa” (Conc. Vat. I, DB 1823), ma ciò che è virtuale non è visibile, è solo concepibile per astrazione intellettuale con la quale si separa intellettualmente o logicamente e temporaneamente la materia dalla forma, le quali nella realtà coesistono e formano un ente reale abitualmente esistente in atto. Quindi la Chiesa deve poggiare su Pietro e gli Apostoli ed i loro successori (Papa e Vescovi) sino alla fine del mondo allorché vi dovranno essere almeno alcuni Vescovi secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano I (quanto all’Ordine e alla Giurisdizione) ed un Papa primo e capo di tutti gli Apostoli (quanto all’Ordine e alla Giurisdizione).

La “Tesi di Cassiciacum”, ammette che debbano esservi sempre durante la storia della Chiesa almeno due Vescovi validamente consacrati, con Fede integra e Giurisdizione, ma nega implicitamente che debba esservi un Papa in atto, basta ad essa solo un Papa in potenza, anzi addirittura una serie di Papi in potenza che non passano mai all’atto per l’arco di oltre mezzo secolo.

Questa distinzione costantemente perdurante non è accettabile. Infatti come potrebbe poggiare la Chiesa su un Papa che non è ancora Papa in atto, ma che è un battezzato eletto dai Cardinali, il quale non ha ancora accettato l’elezione canonica e quindi non è Papa e non lo è mai diventato sino al giorno della sua morte? A fortiori come potrebbe sussistere la Chiesa non su una pietra, ma su un buco (o una mancanza di successione apostolica e petrina) reale, attuale, formale di oltre 50 anni? La Chiesa (come qualsiasi ente reale, visibile, concreto) non può poggiare e fondarsi sulla potenzialità, sul divenire e sull’ente logico o di ragione, ma solo sull’atto, sull’essere e sull’ente reale; altrimenti sarebbe una Chiesa potenziale, virtuale, logica, mentalmente astratta, metafisica ed in fieri. Gesù lo ha rivelato: “Tu sei PIETRO/ROCCIA e su questa PIETRA fonderò la mia Chiesa”.

Inoltre non è possibile che manchino assieme il Papa in atto, il Collegio cardinalizio capace di supplire il Papa defunto governando con autorità (una sorta di Collegio “vicario” del Vicario di Cristo[7]), e persino l’Episcopato universale avente giurisdizione in atto con ogni Vescovo nella sua Diocesi[8] (addirittura assieme pure al Sacerdozio che non sussisterebbe più a partire dal 1970), i quali mantengono così l’unità e l’esistenza della Chiesa, in attesa dell’elezione di un nuovo Papa. Altrimenti ci si troverebbe di fronte ad uno stato di “Chiesa vacante” - sia quanto  alla Giurisdizione che all’Ordine Sacro - esistente solo come un ente logico e non reale nell’intelletto del teologo e non nella realtà, più che a quello della sola “Sede papale vacante”.

L’Unità è una nota essenziale della Chiesa ed è essenzialmente concentrata nell’unico Capo visibile della Chiesa, il Pontefice Romano, al quale rimonta il principio della successione apostolica (o Apostolicità formale, la sola “apostolicità materiale” non basta come nota della Chiesa di Cristo). Quindi senza Pietro o Papa non sussiste la Chiesa, che è in comunione con Cristo tramite il Principe degli Apostoli[9].

Per cui tutto ciò che avviene fuori dell’unica catena ininterrotta di Pietro e dei suoi successori è fuori dell’Unità e Apostolicità formale della Chiesa[10] ed evidenzia lo staccarsi dei rami secchi dal tronco vitale della Chiesa di Cristo.

L’Apostolicità è, nella crisi che l’ambiente ecclesiale sta vivendo, la nota più utile e importante per capire cosa succede e porre rimedio a tanto male. Senza Apostoli non sussiste la Chiesa di Cristo, poiché Gesù stesso l’ha fondata su di loro. Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la “pietra” secondaria e subordinata a Cristo, chiamato da San Paolo e da san Pietro, “Roccia spirituale” (I Cor., X, 4-5), “Pietra angolare” e “Pietra d’inciampo” (Efes., II, 20; Rom., IX, 32; I Pt., II, 7), gli Apostoli sono slegati da Cristo. È allora assolutamente necessaria la presenza del Papa e non solo dei Vescovi in atto o in essere e non in potenza o in fieri. Infatti, se la Chiesa fosse in potenza o in divenire, non esisterebbe ancora nella realtà, ma solo nella mente dei teologi o logicamente (come il “Cristo cosmico” di Teilhard de Chardin, che è in continua evoluzione verso il “punto omega” o la divinità, ma non vi giunge mai[11]) ed inoltre Cristo non sarebbe con lei, come ha promesso, tutti i giorni dal Calvario sino alla fine del mondo, ma lo sarebbe ad intervalli, certe volte realmente, in atto o in essere e certe altre solo logicamente (dal 1965 sino ad oggi et ultra …), nella mente dei teologi, in potenza o in fieri[12]. Invece Cristo ha fondato la Sua Chiesa su un’unica catena ininterrotta di Papi in atto d’essere e non come enti di ragione o logici, i quali non sono reali, ma sono in divenire perpetuo o ad intermittenza: Pietro e gli Apostoli erano Papa e Vescovi reali, in atto e formalmente, non logicamente, mentalmente, in potenza, in fieri o solo virtualmente. Pietro è la ROCCIA su cui poggia la Chiesa e non è una virtualità su cui non può sussistere nulla di realmente esistente.

Perciò la Chiesa o il Papato materiale o in divenire, che da ben sei Papi non è passato all’atto ed ha interrotto l’unità e la successione apostolica formale da Pietro, è un Papato concepito dalla mente di un uomo, fosse anche un grande teologo (che, però, non è Cristo in terra né il Magistero ecclesiastico), ma non è la Chiesa voluta da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Non si può sostituire la “Tesi di Cassiciacum” al Magistero della Chiesa, che è l’unico Interprete autentico della divina Rivelazione (Tradizione e Scrittura).

I canonisti ed i teologi (al contrario della “Tesi di Cassiciacum”) definiscono, e quindi distinguono, 1°) il periodo limitato di Vacanza della Sede Apostolica, che va dalla morte di un Papa all’elezione del prossimo; 2°) dalla mancanza di Autorità o di Gerarchia nella Chiesa (“Sedevacantismo” mitigato o assoluto) illimitata (da Giovanni XXIII sino a Bergoglio ci si trova ancora in questo “stato di privazione”, che non può vedere una fine, non potendo più passare all’atto dopo la morte di Paolo VI …)[13].

Invece Gesù ha promesso alla Chiesa l’indefettibilità[14], dicendo: “Io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20) e “le porte dell’Inferno non prevarranno contro la Mia Chiesa” (Mt., XVI, 19).

Perciò la Sua Chiesa durerà sino alla fine del mondo, conservando 1°) la Gerarchia, poiché la Chiesa è gerarchica e monarchica per Volontà divina e tale resterà sino alla fine dei tempi; 2°) il Sacerdozio, in quanto senza Sacerdozio e Sacrificio non resta la Religione, come avvenne al Giudaismo postbiblico, dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70, che ha così cessato di essere una religione positiva in senso stretto, rimanendo un “popolo” con la sua etnicità e religiosità, ossia con la sua storia essenzialmente nazionale e accidentalmente religiosa[15].

Per quanto riguarda Benedetto XVI o peggio ancora Francesco, che dalla “Tesi di Cassicìacum” vengono considerati, il primo, una “comparsa di Papa[16] poiché non sarebbe Vescovo in quanto consacrato dopo il 1970 con il nuovo Pontificale di Paolo VI e il secondo un semplice battezzato, poiché ordinato (invalidamente) Sacerdote dopo il 1970; innanzitutto bisognerebbe dimostrare l’invalidità delle nuove Consacrazioni episcopali/sacerdotali; inoltre anche se potere di Ordine e potere di Giurisdizione sono realmente distinti tra loro, poiché l’Ordine viene conferito tramite l’apposito Sacramento, mentre la Giurisdizione viene concessa tramite la Missione canonica dal Papa (v. Pio XII, Mystici Corporis, 1943), tuttavia essi sono “in mutuo rapporto perché la Giurisdizione suppone l’Ordine e viceversa l’esercizio dell’Ordine è retto dalla Giurisdizione[17]. Quindi se Ratzinger non fosse Vescovo e Bergoglio neppure Sacerdote non sarebbero neppure in potenza prossima (ossia “materialmente”) a diventare Papa perché la Giurisdizione suppone l’Ordine[18] e non avendo essi l’Ordine dell’Episcopato o del Presbiterato (e non volendoli ricevere di nuovo sub condicione) non possono avere in potenza prossima idem la Giurisdizione sulla Chiesa Universale come Vescovo di Roma. Perciò essi non sarebbero materialmente Papa, ma solo “una comparsa di Papa” (come li definisce padre Guérard des Lauriers[19]), esattamente come l’attore Ugo Pagliai che nel Film “Sotto il cielo di Roma” rappresentava Pio XII non era neanche “Papa materialmente”, ma solo una “comparsa di Papa” rappresentante Eugenio Pacelli, ma se la Chiesa non può sussistere sulla potenzialità a fortiori non può essere fondata su una comparsa o su un attore.

Mi sembra chiaro che la “Sede Vacante ad ogni morte di Papa” sia essenzialmente distinta dal “Sedevacantismo” della “Tesi di Cassiciacum”, il quale distrugge l’essere reale in atto della Chiesa e ne crea una logica, virtuale, in potenza o in costante divenire, mentre il “Sedevacantismo totale” non  salva nulla, neppure la virtualità. Quindi bisogna dare atto a padre Guérard di aver cercato di salvare la sussistenza del Papato e della Chiesa con la distinzione del Papa materiale, il quale può diventare e DEVE divenire Papa formale, almeno prima di morire, ma Paolo VI non è diventato Papa in atto e il suo cadavere non è un Papa materiale.

Quindi bisogna ben distinguere: 1°) lo stato transeunte di “Sede vacante”, che va dalla morte di un Papa all’elezione di un altro, stato in cui permangono il Collegio cardinalizio capace di supplire il Papa defunto (una sorta di Collegio “vicario” del Vicario di Cristo) governando con autorità e l’Episcopato universale[20], mantenendo così l’Unità e la Continuità ininterrotta della serie dei Papi da S. Pietro sino alla fine del mondo e l’esistenza della Chiesa, in attesa dell’elezione di un nuovo Papa; e 2°) la “Chiesa abitualmente e costantemente vacante”, che è lo stato perdurante di privazione di un Papa in atto, del Collegio cardinalizio governante con Autorità vicaria e dell’Episcopato universale avente giurisdizione, stato che potrebbe materialmente durare solamente sino al passaggio in atto di un solo singolo Papa materiale, il quale convertendosi ante mortem diventa Papa formalmente, sotto pena di spezzare la continuità apostolica della catena ininterrotta di un Papa dopo l’altro da San Pietro sino alla fine del mondo.

Il “Sedevacantismo” prospettato dalla “Tesi di Cassiciacum”, dunque, è sostanzialmente diverso dalla Vacanza della Sede Apostolica ad ogni morte di Papa et non plus ultra. Infatti esso praticamente coincide con la “Chiesa vacante” e, perciò, incappa in questa difficoltà: se il Papa materiale morisse senza divenire Papa in atto o formalmente, allora la catena ininterrotta della serie di Papi si spezzerebbe e le porte degli Inferni avrebbero prevalso, essendo morta la Chiesa di Cristo fondata su Pietro e i suoi successori, passata dalla potenzialità alla corruzione o al nulla.

La nozione metafisica di “essere in potenza” (la quale è “capacità di diventare ente in atto”, quindi è distinta dal “nulla” o non-essere e dall’ “essere in atto”) è stata applicata da padre M. L. Guérard des Lauriers teologicamente ed acutamente al problema dell’Autorità: egli ha detto che un Papa può essere tale in atto (o formalmente) oppure solo in potenza (o materialmente)[21]. Cioè quando si elegge un Papa ed egli non ha ancora accettato l’elezione canonica è Papa solo in potenza prossima o materialmente, lo diventa in atto o formalmente quando accetta la sua elezione. Ogni uomo battezzato può essere eletto Papa e perciò egli è Papa in “potenza remota”; se viene eletto lo diviene in “potenza prossima” e se accetta l’elezione canonica diventa Papa “in atto” o formalmente (ricevendo la consacrazione sacerdotale ed episcopale), ma un cadavere è non-essere, non è più un uomo battezzato e non è in potenza a diventare alcunché tantomeno Papa.

Infatti “forma dat esse / la forma dà l’essere” (Aristotele e S. Tommaso). Ora un Papa senza “forma accidentale”[22] di Pontefice Romano è un Papa materiale e non esiste in atto, mancandogli l’essere, potrebbe esistere qualora ricevesse l’essere in atto, convertendosi dalle sue eresie, come il legno che non è sedia ma lo può divenire, però Paolo VI ha perseverato nel modernismo sino alla fine e – secondo la “Tesi di Cassiciacum” – non è mai diventato Papa esistente in atto. Quindi la Chiesa di Cristo ossia il “Corpo Mistico di Cristo”, fondata su Pietro e i suoi successori, sarebbe morta (separazione della forma/anima dalla materia/corpo) con Paolo VI (1979).

L’ente esistente esiste (ex-sistit, esce fuori dal nulla o dalla sua causa) quando la sua essenza, che è in potenza all’essere come atto ultimo, riceve l’essere in atto. Perciò se i Cardinali Montini, Luciani, Wojtyla, Ratzinger o Bergoglio non ricevono la forma o l’atto ultimo di essere, non esistono come Papi (Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco). Inoltre il Card. Montini o papa Paolo VI essendo morto non è più un uomo, ma un cadavere che non è soggetto né di Ordine sacro (Sacerdozio ed Episcopato), né di Giurisdizione (Papato e Vescovo di Roma). Il cadavere cade in polvere e diventa nulla, una volta separato dalla sua anima o forma prima e perciò non può ricevere l’essere o la forma/atto ultimo e non può esistere. Il soggetto dell’Ordine e della Giurisdizione è un uomo, maschio, vivo, battezzato.

Per cui, se il “Sedevacantismo” vuole essere logico, dovrebbe riconoscere che Montini non può più diventare Paolo VI in atto d’essere e non è più neppure Papa materiale, ma è un cadavere. Onde se Giovanni Paolo I si fosse convertito” dagli errori conciliari (come avrebbe desiderato la “Tesi di Cassiciacum”) non sarebbe stato il successore di Paolo VI, perché la catena ininterrotta dei Papi, da S. Pietro sino all’ultimo Papa vivente alla Fine del Mondo, si sarebbe spezzata con la morte di Montini e la Chiesa di Cristo sarebbe finita con la morte di Paolo VI. Ma tutto ciò è contro la Fede definita della Unità, Indefettibilità e Apostolicità della Chiesa.

Infatti, se il Papa materiale non accetta l’elezione, resta Papa in potenza prossima sino a che non muoia. Una volta morto è un cadavere e non è più un uomo battezzato, è nihil (o nulla), non è più potenza (o ens materialiter). Ora ex nihilo nihil fit (dal nulla non viene nulla). Quindi la Chiesa, secondo il “Sedevacantismo” della “Tesi di Cassiciacum”, sarebbe morta. Come il legno può diventare statua in atto, ma, se marcisce e diventa polvere, non è più in potenza remota (puro legno) né in potenza prossima (legno in lavorazione, che sta diventando una statua), così il cadavere non è in potenza (neppure remota) al Papato e non diverrà mai Papa in atto.

La Tesi del Papato materiale o in potenza ha avuto uno spessore filosofico e teologico iniziale notevole sino alla morte del primo Papa materiale, ma si è esaurita con la morte di Paolo VI ed è completamente superata con l’elezione di Benedetto XVI e di Francesco,  i quali vengono ritenuti, dalla medesima Tesi, non essere Vescovo e neppure Prete e quindi sarebbero solo “una comparsa” di Papa (Guérard des Lauriers). Ora “una comparsa” o un attore che rappresenta un Pontefice non è soggetto di Ordini sacri e di Giurisdizione (i Cardinali non eleggono un attore o uno che si presenti come Papa, ma scelgono un battezzato che accetti l’elezione canonica e la Consacrazione episcopale per diventare realmente Papa in atto) e non è neppure in potenza remota, capace di diventare Papa in potenza prossima e poi in atto. Secondo il “Sedevacantismo” il successore di Pio XII, dopo la morte del Papa materiale Paolo VI, che non è passato all’atto e non può più passarvi essendo defunto, non sarebbe più il successore formale di Pietro, ma sarebbe il Capo di una nuova “chiesa”, essenzialmente diversa da quella che ha fondato Gesù Cristo su Pietro, (Pietro/roccia esistente in atto) a fortiori non sarebbe il successore formale di Pietro il Pontefice eletto dopo Benedetto XVI, il quale è solo una “comparsa di Papa” e neppure un “Papa materiale”. Ma ciò è contrario alla Fede cattolica rivelata e definita, che insegna l’apostolicità formale ed ininterrotta dei Papi da S. Pietro sino alla fine del mondo.

Se i Pastori, “gerarchi” ecclesiali e spirituali (Papa e Vescovi), sono i successori formali di Cristo, di Pietro e degli Apostoli, sono la Chiesa di Cristo quale Cristo l’ha voluta; altrimenti sono il prodotto logico o mentale di una Tesi intellettuale elaborata in uno stato di “emergenza”. Ma non è il pensiero umano a creare la realtà anche in stato di estrema emergenza (coloro che stretti dall’emergenza dell’incendio si son gettati dalle “due Torri gemelle” l’11 settembre 2001 per sfuggire al fuoco, si sono  sfracellati purtroppo al suolo, anche se speravano in un atterraggio morbido dal 30° piano; infatti non sono i nostri desideri o pensieri che creano la realtà e 30 piani sono troppo alti per consentire un atterraggio morbido sull’asfalto, cosicché la realtà, ossia il duro asfalto e l’altezza di circa 80 metri, hanno avuto purtroppo la meglio sul desiderio comprensibilissimo di sfuggire alle fiamme), non è una Tesi teologica a fondare la vera Chiesa di Cristo. Tale “chiesa”, prodotto dell’intelletto umano ed essenzialmente diversa dalla Chiesa reale, gerarchica e visibile di Cristo, sarebbe piuttosto una “chiesa pneumatica” o un ente di ragione sostanzialmente diverso da un ente reale quale è la Chiesa di Cristo.

Il reale stato di emergenza o necessità in cui ci troviamo non ci autorizza a cambiare l’essenza della Chiesa (o a “buttarci” fuori di essa pensando di risolvere il problema), quale Cristo l’ha voluta e fondata; idealizzandone una logica, in fieri o in potenza o materiale, che non è ma diviene senza passare all’atto da oltre mezzo secolo e non può più passare all’atto poiché il primo Papa materiale (Montini), essendo morto non è più e non può passare dalla potenza all’atto: “ex nihilo nihil fit”. La Chiesa è stata, è e sarà in atto, non in divenire, proprio come Cristo è hodie, heri et in saecula, “semper idem” e non “semper in fieri”.

La successione apostolica vera è quella formale, alimentata dalla sua radice, che è la “Pietra”, Cristo, e il suo Vicario in terra, “Pietro”. S. Agostino insegna che una semplice successione materiale, non unita formalmente con la sua radice, sarebbe sterile[23]. Come un tralcio (Vescovi/Apostoli) che parte da rami recisi e secchi (Papa/primo e Principe degli Apostoli) non è vivo e fruttuoso. Togli il primo piano e crolla tutto l’edificio. Così una successione apostolica solamente materiale è una maceria crollata, morta e mortifera. È una “successione” o “protuberanza” storica, cronologica, materiale, potenziale, logica, ma non formalmente apostolica, viva e vivificante[24].

Fine Della Ottava Parte
Continua

don Curzio Nitoglia

 


[1] La déposition du Pape hérétique, Parigi, Mare & Martin, 2019, cap. 7, Paul VI hérétique? La déposition du Pape dans le discours traditionaliste, p. 157 e 163.

[2] Nel 1921 a 23 anni entrò alla Scuola Normale Superiore di Parigi e si addottorò in matematica, nel 1925 entrò nell’Ordine dei Predicatori, nel 1930 fu nominato Membro della Società Matematica di Francia, nel 1931 fu ordinato  Sacerdote a 33 anni, nel 1933 conseguì la Laurea o il “Lettorato” presso i Domenicani e venne nominato Professore al Saulchoir e poi alla Lateranense, nel 1979 compilò la sua “Tesi di Cassiciacum”, che venne pubblicata in 6 volumi tra il 1979 e il 1981.

[3] L’Abbé Georges de Nantes nel n. 188 della Rivista “Contre Reforme Catholique” (11 novembre 1964, p. 2) scrisse che il Papa può cadere in eresia e deve essere deposto, non dal Concilio, che è inferiore a lui, ma da lui stesso, in modo che dopo essere stato ammonito della sua eterodossia 1°) o cambia opinione, si corregge e pone fine al problema; 2°) oppure continua pertinacemente a sostenere l’eresia di cui è stato ammonito ed allora, ammettendo, praticamente ed implicitamente, di essere eretico deporrebbe se stesso.  In breve, egli aveva già introdotto nel 1964, pur seguendo la via del “Papa eretico”, una distinzione analoga (in cui la dissomiglianza supera la somiglianza) a quella del padre domenicano (1979-1981), ma la sua soluzione oggettivamente sfocia nell’utopia: Paolo VI che depone se stesso…  Anche il dottor Arnaldo  Xavier Vidigal da Silveira, nel 1970, aveva apportato una distinzione analoga, riallacciandosi all’ipotesi di San Roberto Bellarmino sul “Papa eretico e deposto ipso facto” (resa indebitamente da lui una “certezza teologica” ), senza giudizio canonico dell’Episcopato non abilitato a deporre il Romano Pontefice a lui superiore, secondo cui il Papa cadendo in eresia perderebbe ipso facto il Papato, senza dover ricorrere al giudizio giuridico e alla deposizione di esso da parte dell’Episcopato, ma anche qui si incappa nello scoglio di un’ipotesi che viene resa tesi certa e che presuppone l’evidenza della eresia del Papa da parte di tutta o quasi la Chiesa gerarchica e il suo decadere da Sommo Pontefice, per cui il Papa caduto in eresia, secondo il da Silveira, conserverebbe tuttavia la giurisdizione in maniera precaria, radicalmente o potenzialmente, nella misura in cui essa è necessaria per il bene comune della Chiesa. In tal caso sarebbe Gesù a mantenerlo nella sua giurisdizione pontificia e non la Chiesa, il Concilio imperfetto o l’Episcopato. Pure la distinzione del da Silveira somiglia (anche  se con alcune diversità) a quella di p. Guérard perché parla di “decadimento” o “perdita” dell’autorità papale da parte della persona fisica che è stata eletta, ma che essendo caduta in eresia, ha perso la forma accidentale di Papa mantenendo solo la materia o l’esistenza come persona fisica e privata senza più l’autorità papale (La Nouvelle Messe de Paul VI: Qu’en Pénser?, Chiré-en-Montreuil, DPF, 1975, p. 275-276).

[4] Il quale presuppone la conoscenza delle nozioni metafisiche aristotelico/tomistiche di materia/forma, potenza/atto, essenza/essere, divenire/essere.  Per capire la “Tesi di Cassiciacum” ed aderirvi occorre prima conoscere la vera definizione di materia e forma, potenza e atto, essenza ed essere. Infatti non si può capire tale “Tesi” se prima non si conosce la metafisica aristotelica, ossia: cos’è la materia, la forma, la potenza (remota e prossima), l’atto, il nulla, l’essere come atto ultimo di ogni perfezione e l’esistere, ma anche questa anomalia inficia la “Tesi di Cassiciacum” poiché la Chiesa è la Società dei battezzati e non un’accademia filosofica.

[5] Invece la Costituzione Pastor aeternus (DB, 1821-1840) del Concilio Vaticano I (18. VII. 1870) stabilisce quattro condizioni necessarie per l’infallibilità delle definizioni pontifice nel Magistero Straordinario o anche puramente Ordinario[5]. Essa insegna che il Papa è infallibile quando: «parla ex cathedra, cioè quando 1) adempiendo l’ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i Cristiani, 2) in virtù della sua suprema Autorità Apostolica, 3a) definisce una dottrina, che 3b) deve credersi da tutta la Chiesa, 4) riguardante la fede e i costumi». Come si vede padre Guérard riduce le quattro condizioni del Vaticano I al solo requisito che la proposizione insegnata sia presentata come contenuta nella Rivelazione, senza la definizione e l’obbligo di crederla.

[6] È possibile trovarla on line http://liguesaintamedee.ch/notre-position/these-de-cassiciacum , l’edizione cartacea è esaurita da parecchio tempo.

[7] Per quanto riguarda l’Apostolicità, essa è materiale se il Vescovo attuale o in questione discende cronologicamente in maniera ininterrotta dagli Apostoli, ma non riceve la Giurisdizione dal successore di Pietro, che è il Romano Pontefice, come i Vescovi scismatici detti “ortodossi”. L’Apostolicità, invece, è formale se il Vescovo attuale o in questione è successore degli Apostoli ma cum Petro et sub Petro, come i Vescovi cattolici, che ricevono la Giurisdizione dal Papa e riconosco il Primato di giurisdizione. Queste sono nozioni di semplice ecclesiologia e non riguardano direttamente la “Tesi di Cassiciacum”, ma servono per farla capire.

[8] La teoria della Chiesa che sussiste nei veri fedeli e Sacerdoti “tradizionalisti” è contraria all’Istituzione divina della Chiesa, diretta immancabilmente da un Episcopato monarchico sia nelle Diocesi (Vescovi), sia nella Chiesa universale (Papa). Inoltre i Vescovi senza il “Vescovo dei Vescovi”, ossia un Papa in atto sono “a-cefali”; ora un Corpo senza Capo è morto; perciò la “Tesi di Cassiciacum” non assicura la sussistenza della Gerarchia ecclesiastica, la quale è petrina ed episcopale per volontà divina, che ha voluto una Chiesa fondata su un Papa (successore di Pietro) e sui Vescovi (successori degli Apostoli) sottomessi al successore di Pietro.

[9] Cfr. B. Gherardini, La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011, pp. 77-78.

[10] S. Aug., Ep., LIII, 1, 2.

[11] Analogamente al “Cristo cosmico” di Teilhard, il “Papato materiale” della “Tesi di Cassiciacum” è - dopo la morte di Paolo VI - in continuo e perpetuo divenire senza poter mai arrivare all’essere (“punto omega”).

[12] Una “Chiesa” siffatta (“virtuale”) del “Papato materiale” sembrerebbe piuttosto speculare (da “destra” con il padre domenicano Guérard des Lauriers) alla “Chiesa cosmica” del “Cristo cosmico” in perpetua evoluzione (con il padre gesuita Teilhard de Chardin, da “sinistra”). Se quello di Teilhard è “un meta/Cristianesimo” (come lo chiamava lui) quello di padre Guérard è un “super” o un “ultra/Cristianesimo”, che si ridurrebbe ad una “tesi metafisica” (simile a quelle dei Manuali di Filosofia scolastica)  e non ad una Società fondata da Dio, ma composta di uomini reali, con pochi  Santi e molti peccatori.

[13] Durante il Conclave i Cardinali non possono emanare nuove Leggi, ma non debbono far scemare i diritti della Sede Apostolica, vigilando a mantenere in vita quelle esistenti (cfr. San Pio X, Vacante Sede Apostolica, 25 dicembre 1904; Pio XI, Quae divinitus, 26 marzo 1925; Pio XII, Vacantis Apostolicae Sedis, 8 dicembre 1945). Quindi, pur essendo morto il Papa, i Cardinali hanno ancora un certo potere nella Chiesa universale, come i Vescovi mantengono la Giurisdizione nelle loro Diocesi ed i Parroci nelle Parrocchie, facendo sussistere in atto la Chiesa universale e le Diocesi particolari. Mentre nel caso pratico del “Sedevacantismo” (anche mitigato, ossia la “Tesi di Cassiciacum”)  ci si trova in una vacanza totale (quanto all’elemento formale) del potere di Giurisdizione del Papa, dei Cardinali e dei Vescovi sparsi nel mondo (a partire dal 1958/1965) ed anche in uno stato di privazione del potere di Ordine (a partire dal 1970). Cioè la Chiesa gerarchica non esisterebbe più, quanto al potere di Giurisdizione, totalmente o almeno formalmente secondo la “Tesi di Cassicìacum”, essendo per questa Tesi l’Autorità pontificia - da Paolo VI sino alla sua morte  e dei suoi successori sino a papa Bergoglio - solo materiale o potenziale; ed inoltre l’Ordine Sacro del Sacerdozio e dell’Episcopato sarebbe scomparso a partire dal 1970 poiché è ritenuto invalido dal “Sedevacantismo”, se è conferito con il nuovo Sacramentario di Paolo VI del 1970.

[14] Dal latino “in” - “deficere”, non venir meno, non cessare.

[15] Cfr. C. Mazzella, De Religione et Ecclesia, Roma, 1892, n. 738.

[16] «Una tale perpetuazione [della gerarchia puramente materiale, ndr] non è, ex se, impossibile. Essa richiede tuttavia delle consacrazioni episcopali certamente valide. E poiché il nuovo rito è dubbio, gli occupanti (della Sede Apostolica) ben presto non saranno più che delle “COMPARSE”» (M.-L. Guérard des Lauriers, in Il problema dell’Autorità e dell’episcopato nella Chiesa, Verrua Savoia - Torino, Centro Librario Sodalitium, 2005, p. 37). Come si vede padre Guérard aveva capito che il problema si sarebbe posto. Purtroppo è morto nel 1988 senza aver potuto rispondere alla questione che si era posta.

[17] A. Piolanti, I Sacramenti, Firenze, 1956; Id., Corpo Mistico e Sacramenti, Roma, 1955; A. Lanza – P. Palazzini, Sacramenti e vita sacramentale, Roma, 1957; L. Billot, De Ecclesia Christi, vol. I, tesi 15- 24, Roma, 1927; R. Zappelena, De Ecclesia, II ed., Roma, 1954; A. Ottaviani, Institutiones Iuris Publici Ecclesiastici, vol. I, Roma, 1936; A. Vellico, De Ecclesia, Roma, 1940; E. Ruffini, La Gerarchia della Chiesa, Roma, 1921; S. Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 39, a. 3.

[18] L’Ordine, invece,  può sussistere senza Giurisdizione, come nel caso di un Diacono, di un Sacerdote che non sia Parroco o di un Vescovo che ha dato le dimissioni.

[19] «Gli occupanti (della Sede Apostolica) ben presto non saranno più che delle “COMPARSE”» (M.-L. Guérard des Lauriers, in Il problema dell’Autorità e dell’episcopato nella Chiesa, Verrua Savoia - Torino, Centro Librario Sodalitium, 2005, p. 37).

[20] L’Episcopato è: 1°) monarchico (“uno solo è il Vescovo per ogni chiesa o  Diocesi”, S. Ignazio D’Antiochia , Philadel., IV, 1); 2°) per Volontà o Istituzione divina (S. Ign.D’Ant., Eph., II, 2; Id., Trall., XIII, 2; Id., Philadel., III, 2; Id., Smyrn., VIII, 1; Id., Eph., V, 3); 3°) come norma inderogabile (S. Ign., Philadelph., VII, 1: “Sine Episcopo nihil faciatis”). Infatti i Padri ecclesiastici dall’80 sino al 165 d. C. circa (da S. Ignazio di Antiochia, Ephes., I, 2; Damas di Magnesia, Magn., II, 1; Polibio di Tralle, Trall., I, 1; sino a Policarpo di Smirne, Ad Polyc., prologo) lo insegnano in maniera moralmente unanime, fondandosi sulla S. Scrittura (Act., XX, 28; Philip., I, 1; 1 Tim., III, 4; Tit., I, 7; 1 Petri, II, 25). Quindi tale verità è contenuta nelle due Fonti della Rivelazione (Tradizione e S. Scrittura) e proposta a credere dal Magistero (Conc. di Trento, sess., XXIII, c. 4, DB 960; Conc. Vat. I, sess. IV, c. 3, DB 1828; S. Pio X, Decreto Lamentabili, DB 2050 e 2147), il “Codice di Diritto Canonico” (can. 329, § 1) ne sancisce l’Istituzione divina. Perciò la chiesa diocesana e a maggior ragione la Chiesa universale non può essere governata dai Sacerdoti collegialmente e a fortiori dai fedeli, ma immancabilmente deve esservi il Vescovo con giurisdizione nella propria Diocesi e il Papa con giurisdizione in atto nella Chiesa universale e non “una comparsa di Papa” (S. Ignazio Martire, Ad Rom., cap. IX). La “comparsa” di Papa e due Vescovi in incognito, come vorrebbe la “Tesi di Cassicianum”, sono una Chiesa pneumatica e non visibile e quindi non sono la Chiesa di Cristo (cfr. A. VELLICO, De Ecclesia, Roma, 1940, pp. 229-242; Id., De episcopis iuxta doctrinam catholicam, Roma, ed. privata, 1937).

[21] Questa distinzione logica nel Papato tra l’elemento materiale o potenziale e quello formale o attuale era già stata elaborata da San Roberto Bellarmino; come pure i teologi e canonisti trattando del Matrimonio hanno comunemente spiegato - grazie alla distinzione tra materia e forma - che se un uomo si sposa senza avere la volontà di contrarre un vero matrimonio (l’unione indissolubile di un uomo con una donna per la procreazione), non è veramente sposato in atto o formalmente. Tuttavia se si converte e decide di contrarre un vero matrimonio, allora non deve risposarsi di nuovo davanti ad un parroco, ma il suo vecchio “matrimonio” solo materiale o potenziale passa ipso facto all’atto  e diventa vero matrimonio formale.  Però se il coniuge che ha posto l’impedimento a contrarre un vero matrimonio in atto, muore prima di convertirsi, non può più passare dalla potenza all’atto, essendo un cadavere (“ex nihilo nihil fit”) e non più un uomo in atto, che è sposo in potenza, ossia che ha la  capacità reale di contrarre un vero matrimonio e quindi l’altro coniuge non è sposo/a in potenza, ma è realmente vedovo/a e può tranquillamente passare a nuove nozze.

[22] La “forma sostanziale” è quella he dà l’essere primo alla materia, così l’anima al corpo; la “forma accidentale” è quella che dà alla materia l’essere tale o tale altro; per esempio, l’uomo che può acquistare la “forma accidentale” di dottore, Papa, musicista, obeso, magro, giovane o vecchio, ma prima il suo corpo deve aver ricevuto l’anima o  “forma sostanziale”, che lo fa essere uomo, solo poi può diventare dottore o Papa: se non è uomo vivente in atto non può ricevere la laurea o l’elezione papale.

[23] Psalmus contra partem Donati, PL 43, 30.

[24] S. Aug., Ep. 223, 3. Cfr. B. Gheradini, La Cattolica, cit., pp. 121-124.

 

 
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