>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
farabutti_550.jpg
Barroso, ed altri farabutti
Stampa
  Text size
Nel 2005, suscitò un qualche scandalo (non sui media italiani, taciturni come sempre) il fatto che Josè Manuel Barroso, il presidente della Commissione Europea, fosse andato in vacanza sul colossale yacht di Spiros Latsis. Latsis è l’uomo più ricco della Grecia, armatore, moghul dei media e banchiere privato: è padrone infatti della ellenico-multinazionale Eurobank. Strapiena ovviamente di titoli del debito pubblico greco: 12 miliardi di euro, a quanto pare.

Ora, è venuto il sospetto che la colossale operazione da 750 miliardi che passa sotto il nome di  «salvataggio della Grecia», e che sta per far annegare tutti gli altri Stati europei, sia in realtà stato il salvataggio della banca di Latsis. Concepito da Latsis e dai suoi ospiti sul suo yacht: fra cui brillano, oltre a Barroso, il principe Carlo d’Inghilterra, l’ex re di Grecia Costantino (che oggi è un dipendente di lusso di Latsis), nonchè l’attuale capo del governo socialista, Papandreu.

Wilhelm Hankel
   Wilhelm Hankel
L’accusa è stata ventilata sul primo canale tedesco ARD nel suo programma d’inchiesta di prima serata, Tagesthemen. «C’è il sospetto che il salvataggio sia stato concepito in Grecia, o almeno suggerito dalla Grecia;  la banca di Latsis è la maggiore beneficiaria dello schema», ha detto lì il professor Wilhelm Hankel, docente di Economia all’università di Francoforte e da sempre critico della moneta euro. Ed ha dato un indizio preciso: nel 2009, la Eurobank di Latsis ha cambiato sede, spostandosi dalla Svizzera in Lussemburgo. «Se ti sposti da un Paese non-euro come la Svizzera in un Paese che ha l’euro come moneta, ti è più facile beneficiare della montagna di quattrini del salvataggio».

Giusto per contribuire alla stabilità dei «mercati» Wolfgang Muncahu, uno degli ideologi primarii del liberismo sul Financial Times, si pone pubblicamente il quesito: «L’Eurozona è insolvente?»

Wolfgang Muncahu
   Wolfgang Muncahu
Trattandosi di un farabutto però competente, vale la pena di tradurlo: non basta, esordisce Munchau, far riferimento al rapporto tra debito (pubblico) e prodotto interno lordo degli Stati dell’eurozona; bisogna tener conto – nel valutare il peso del debito – che «la più grossa parte del debito è contingente, ed è fatta dalle varie garanzie che gli Stati europei hanno esteso in questi ultimi due anni. Quei governi hanno garantito tutti i passivi dei loro interi settori bancari. Hanno garantito tutti i depositi bancari fino a una certa cifra. Hanno garantito il debito greco per i prossimi tre anni, e poi esteso la garanzia all’intera zona euro... e queste garanzie dovranno essere forse raddoppiate. Qual è la misura del problema?».

Eccola: «Ho rapporti credibili che dipingono la situazione delle Landesbanken tedesche ancor peggiore delle stime ufficiali. L’anno scorso circolò una stima in Germania, secondo cui nello scenario peggiore si sarebbero dovuti cancellare 800 miliardi di euro (di crediti inesigibili) nella regione – circa un terzo del Pil annuale tedesco. Se aggiungiamo questa cifra al debito pubblico tedesco, si può arrivare a concludere che è la Grecia a dover salvare la Germania, anzichè il contrario... ci si chiede se la zona euro sia davvero in grado di emettere tanto massicce garanzie».

La conclusione implicita è: i governi dicono che i vostri depositi bancari sono garantiti (ossia non li perderete se la banca fallisce), ma non sono in grado di mantenere la promessa. Magari è il caso di seguire il consiglio implicito di Munchau, e ritirare i propri soldi dalle banche. Del resto, che cosa vi danno?

L’altro giorno il solito bancario di Intesa mi ha detto: perchè lascia 30 mila euro sul conto corrente? Faccia un certificato di deposito, così lucra un interesse. L’interesse, per tener fermo il mio denaro per tre mesi, è un ricco 0,45%. Certo un ritiro di massa non farebbe bene a Intesa. Ma d’altra parte, il piccolo risparmiatore un giorno si stuferà di lasciarsi fregare così.

Da segnalare infine una lettera aperta inviata al Corriere della Sera il 21 maggio: autorevoli voci «contro il populismo economico». Essa recita:

«Caro Direttore, nei momenti di grande incertezza, il ruolo dell’informazione è assai delicato (...)
Additare untori e alimentare spauracchi (come è stato fatto nelle ultime settimane) suscita gli istinti peggiori, confonde la cause della crisi, nasconde le responsabilità vere. Per questo motivo, oggi la stampa indipendente ha innanzi a sé una missione davvero cruciale. Per assolverla appieno, nell’interesse del lettore e dell’elettore, riteniamo importante richiamare l’attenzione su alcuni dati di realtà.

1) La crisi ha aperto un nuovo capitolo. Dai debiti delle istituzioni finanziarie, ai debiti sovrani. Dalle banche agli Stati. O forse è semplicemente ritornata alla sua origine, agli atti e alle omissioni di governi e autorità di regolazione che hanno provocato la crisi o creato le condizioni per il suo insorgere. L’evidenza di questo nesso causale non esclude ovviamente che ci possano essere stati dei comportamenti illegali in senso proprio, o eticamente inaccettabili, dai quali ricavare indicazioni di regole diverse per il futuro. Ma individuare, e perseguire, abusi e illeciti non può e non deve evitare di comprendere le cause, per correggerle. Il mercato non è un ente che abbia un domicilio o un indirizzo postale. E’ l’insieme di un vastissimo numero di transazioni, in ciascuna delle quali ci sono sempre due parti: chi compra e chi vende. E’ registrando questo incredibile numero di contratti e di scambi che il mercato veicola e trasmette segnali. E’ un processo di apprendimento collettivo.
Ci sono, e ci saranno sempre, asimmetrie informative. Contribuire ad attenuarle ed eliminarle significa migliorare l’efficienza del mercato e renderlo più trasparente. Sostenere che sia il mercato e non chi ne abusa, a produrre opacità e instabilità, è una mistificazione.

2) Interpretare il mercato come altro da questo, significa precludersi la possibilità di beneficiare del modo in cui esso crea conoscenza. I mercati non giocano a risiko: immaginare complotti, focalizzare l’attenzione su cene segrete e congiure di oscure forze del male, non aiuta la comprensione dei fenomeni. Troppo spesso la stampa dedica un’attenzione spropositata a spiare la vita degli operatori di mercato. Scegliere di guardare dal buco della serratura, anziché badare alla sostanza dei segnali di mercato, focalizzare l’attenzione sui vizi degli scommettitori, anziché cercare di capire perché le loro scommesse vanno o meno a segno, tradisce il sostanziale arretramento della cultura economica del nostro Paese e, soprattutto, non è buona informazione. Non aiuta a capire: serve solo a trovare nemici.

3) Innanzi a una crisi della portata di quella che stiamo vivendo, riteniamo che ci sia spazio per il dibattito. Perché i segnali di mercato vanno interpretati, e per questo è necessario che le diverse tesi si incontrino e, se del caso, si scontrino anche. La differenza di opinioni e vedute arricchisce e migliora la comprensione. Tuttavia, come sappiamo tutti per esperienza, la libertà di opinione è una costruzione sempre fragile. Rendendo più costoso il finanziarsi, i mercati segnalano che gli Stati hanno i conti fuori controllo. E’ comprensibile che i governi vogliano rendere più arduo e costoso il segnalarlo, applicando ai mercati il silenziatore della ‘Tobin tax’ o istituendo nuove agenzie di rating pubbliche, oppure financo accusando i credit default swap di essere al servizio di potenze ostili. I segnali del mercato vengono delegittimati come espressione di improprie, scorrette e immorali ondate di speculazione. Ma la libera stampa dovrebbe battere sulla responsabilità e le menzogne di chi ha accumulato i debiti pubblici, non aiutare a mascherarle attaccando chi le mette alla corda.

4) La grande e persistente volatilità dei mercati dopo il ‘tampone’ europeo alla crisi greca misura l’assai dubbia adeguatezza delle misure che verranno richieste a ciascuno Stato, della capacità di farle osservare anche in futuro, delle conseguenze che esse potranno avere sulla crescita. Ma è solo un bene, che il mercato abbia reso finalmente tangibile il rischio elevato del debito sovrano. I costi, gli squilibri, le tasse degli Stati europei minacciano non solo la crescita ma la stessa stabilità di molti Paesi europei. I dati economici erano lì a dimostrarlo da tempo. Ma finché a leggerli erano politici ed economisti, era facile ignorarli. La crisi greca ha reso indilazionabile la necessità di scoprire il bluff continentale.

5) Di questo epocale problema dovremmo preoccuparci e occuparci. Gridare all’untore non farà che rallentare una discussione necessaria, renderà solo più costosa e drammatica una transizione non facile, che richiederà l’individuazione delle condizioni per tornare al rigore fiscale e monetario indispensabile per crescere. Esse non sono certo quelle di creare una grave deflazione europea e globale.
Tutto ciò chiama a un ruolo molto impegnativo le classi dirigenti e le élite intellettuali del Paese, come gli strumenti di comunicazione di cui essi possono avvalersi. Perché le migliori soluzioni nascono innanzitutto dalle parole adeguate con cui si spiegano i problemi» (Da Il Corriere della Sera, 21 maggio 2010).

Ecco cosa ci insegnano gli autorevoli: «Il mercato finanziario è un processo di apprendimento collettivo». Noi malfidenti e ignoranti credevamo che fosse una giungla dove Goldman Sachs, Soros e compagni manipolano i prezzi con gigantesche leve, allo scopo di estrarre  profitti indebiti dall’economia reale, e di pagarsi dei bonus titanici?

Spiros Latsis
   Spiros Latsis
No, il mercato ha il compito di educarci. Di rendere noi, cittadini qualunque, più morali. Soros e la banda Goldman sono, anzitutto, dei pedagoghi. E trasparenti, per giunta.

E’ cattivo, e addolora i mercati-educatori, «focalizzare l’attenzione su cene segrete», come quella che l’8 febbraio scorso, nella banca d’affari di lusso Monnes, Crespi & Hut, a Manhattan, riunì a fianco di Georges Soros un gruppo di fondi speculativi da preda (fra cui SAC Capital Advisor e Brigade Capital), per decidere quanto segue: unire le forze per attaccare il debito greco e l’euro, usando una «leva» finanziaria di 20 a 1, con strumenti creativi.

A darne notizia fu il Wall Street Journal (di Murdoch o Marduk), non certo per disinteressato piacere dello scoop: era il messaggio agli Stati. Vi siete indebitati troppo per salvare noi e le banche? Adesso attacchiamo voi.

Adesso gli autorevoli firmatari della lettera aperta al Corriere intimano: non spiate dalla serratura Soros e i suoi compari, non parlate dei loro vizi...
Gli autorevoli giudicano malissimo la Tobin tax (un silenziatore dei mercati), e assolvono i Credit Default  Swaps. Condanano invece gli Stati che si sono indebitati troppo: la crisi, dai suprime in poi, è tutta colpa loro. I mercati sono innocenti, i governi sono colpevoli. Adesso devono tornare al rigore fiscale e monetario – ossia dissanguare i loro popoli a forza di tributi – altro che fare i populisti.

I firmatari della lettera delirante sono:  Franco De Benedetti, Oscar Giannino, Antonio Martino, Alberto Mingardi, Roberto Perotti, Nicola Rossi, Paolo Savona, Vito Tanzi.

Il senatore De Benedetti almeno ci guadagna dal «mercato», essendo stato messo dal fratello Carlo nei consigli delle sue finanziarie, anzitutto nella CIR. Gli altri, economisti e giornalisti, sono disinteressati sacerdoti del dogma. Il senatore De Benedetti con Alberto Mingardi conduce una rubrica educativa, «Blue-liberal in red», sulla tv RED, che se non sbaglio è la TV di D’Alema.

Sono tutti nella stessa barca. O nello stesso yacht.



La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.   
 

Home  >  Economia                                                                                 Back to top
  

 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità