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Bernanke: panico. O peggio
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Adesso molti analisti dicono che la Federal Reserve ha ceduto al panico tagliando i tassi di 0,75 in un colpo solo.

«La Fed inietta liquidità eccessiva in un sistema che passerà adesso ad unaltra bolla finanziaria», dice aspro Stephen Roach, il capo di Morgan Stanley Asia: «Eun modo pericoloso e irresponsabile di gestire la più grande economia del mondo».
Altri dicono: si premiano i giocatori d’azzardo della finanza creativa, che andrebbero invece puniti lasciandoli fallire.
Si provoca iper-inflazione.
Non si affronta il problema reale.

Ma vale la pena di sentire il parere opposto: «Coloro che levano queste accuse non capiscono la gravità della situazione», dice Ambrose Evans-Pritchard del Telegraph (1).
Cosa c’è di peggio dell’iper-inflazione e di un’altra bolla finanziaria globale?

Risposta: l’implosione del mercato dei Credit Default Swaps (CDS).
Un mercato di 2.400 miliardi di dollari (2,4 trilioni) che minaccia di far evaporare i titoli di debito municipali USA e i fondi pensione.
Questo rischio è diventato, da possibile, imminente.
Di qui l’azione di Bernanke, con tutti gli effetti collaterali del caso.

La Fed ha dovuto agire quando lagenzia di rating Fitch ha minacciato di ridurre il rating AAA ad una entità finanziaria chiamata AMBAC, il secondo grande «assicuratore di titoli di debito» (bond municipali fra gli altri), le cui azioni sono crollate del 70%.
Ciò profila il degrado anche per MBIA, il fratello più grande dell’AMBAC, che è nello stesso business di «assicuratore».
S’intende che qui non si tratta di una vera assicurazione, perché né AMBAC né MBIA hanno lontanamente i capitali necessari per coprire un’ondata di default nei titoli che essi «assicurano».
Di fatto, come dice LaRouche, le due agenzie pseudo-assicurative «noleggiano il loro rating AAA per dare lillusione che i titoli che assicurano sono solidi. Un trucco contabile» tipico della finanza creativa (2).
Dunque non è possibile lasciar crepare AMBAC e MBIA.
Perché se perdono il rating AAA, anche tutti i titoli privati, pubblici e semi-pubblici che fanno finta di «assicurare» vengono degradati come dubbi, di pari passo.
E ciò obbliga i fondi-pensione e istituzionali, a causa delle loro strette regole d’investimento,

a liberarsi di quei titoli.
Cioè a venderli su un mercato dove, in questi momenti, non troverebbero un solo compratore.
E provocando una cascata di vendite via via più rovinose.

Così al disastro dei mutui subprime si aggiunge una seconda potente leva negativa alla crisi del credito, con perdite incalcolabili che non si fermano più: fino a fallimenti bancari a catena.

Il pericolo non è scongiurato nemmeno dalla mega-iniezione di liquidità della FED.
Ma l’accelerazione maligna delle borse globali l’ha costretta ad agire subito, e forse dovrà iniettare ancora.

Come dimostra la risposta esitante e nervosa della speculazione globale al nuovo regalo

di Bernanke.
«Ma almeno», scrive Evans-Pritchard, «le autorità monetarie americane stanno affrontando il guaio che sono state loro a creare, fissando il credito ad un costo artificialmente basso e mantenendolo basso per anni ed anni, e non avendo regolamentato le banche, i derivati e il credito strutturato con un minimo di logica».

Ciò che sta tentando Bernanke è ricapitalizzare la speculazione.

Ovviamente, ciò è moralmente inqualificabile: dopo tanto inneggiare alla «mano invisibile del mercato», non si lascia che il mercato punisca gli speculatori, veri mascalzoni globali, distruggendoli con le loro costruzioni truffaldine, basate su piramidi di debiti accumulate l’una sull’altra.

Se lo meriterebbero.
Solo che trascinerebbero nella loro rovina i fondi pensioni e gli enti locali, le banche i depositanti, insomma tutti.
E, come ha detto Frederic Mishkin, uno dei governatori della FED, «non si possono castigare società intere per tenere il punto morale».


Detto in altro modo: Bernanke sta tentando di rimettere in moto il losco «carry trade».
Per anni la speculazione s’è indebitata in Giappone a tasso zero, e con qui soldi ha prestato in zone dove i tassi sono più alti.
La speranza è che ora i mascalzoni prendano a prestito a breve in USA dove i tassi sono competitivamente bassi, e a più lunga scadenza dove i tassi sono alti (Europa, per esempio, grazie a Trichet).
Con questo rinnovato «carry trade», si spera che le banche virtualmente fallite rimpinguino i loro bilanci; sotto la pioggia di denaro «come manna dal cielo», magari tornano i profitti e il ciclo riparte.

«A questo punto sarà possibile alla società regolare i conti con i suoi pagliacci finanziari del credito, ma adesso no», conclude Evans-Pritchard.

A dire il vero la speranza è vaga.
Punire i pagliacci e mettere redini alle loro follie, se il ciclo riparte, non sarà più all’ordine del giorno.
Ma per ora il rischio maggiore non è quello.


Ciò che può avvenire se l’ennesimo trucco della FED fallisce è persino difficile da pensare, scrive Doug  Noland, analista di Asia Times.
«Il sistema del credito oggi è in un incredibile disordine. Trilioni di titoli, che prima il mercato valutava in base alla fiducia nelle garanzie finanziarie sottostanti (le ‘assicurazioni’ attraverso ricoperture, ‘hedging’) oggi sono sospetti. I mercati illiquidi e discontinui hanno devastato le strategie dinamiche usate per ricoprire i vari rischi. Poche bolle speculative nella storia sono state così vulnerabili a fughe di massa. Nessuna è mai stata nemmeno lontanamente così gigantesca e globale. La speculazione crea un anello debole su tanti fronti diversi. La finanza è come sotto una sega circolare di strutture sottostanti deboli, di rischi non riconoscibili e di fragilità acute».


Poteva far qualcosa di diverso Bernanke?
Poteva, e forse dovrà farlo comunque: assumere su di sé (o sullo Stato, dunque sui contribuenti)

la garanzia delle obbligazioni sui bond municipali che le agenzie di «assicurazione» al tracollo non possono più dare, né far finta di dare.
E accollarsi anche l’assicurazione sui mutui, oggi più o meno garantite dallo Stato attraverso le due istituzioni semi-pubbliche, Fannie Mae e Freddie Mac.
Ma questo richiede tempo, e il tempo stringe.

 


Note
1) Ambrose Evans-Pritchard, «The Fed did not panic», Telegraph, 23 gennaio 2008.

2) La cosiddetta assicurazione si basa sulla ricopertura («hedging») con prodotti derivati. Per una spiegazione  più approfondita del meccanismo e dei suoi rischi, si veda Doug Nolan, «Daisy-chain», Asia Times, 23 gennaio 2008.


 
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