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L’Utopirla
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Le utopie politiche impiegano di solito decenni a mostrare la loro falsità e i loro esiti contrari alle attese che hanno suscitato; le loro «contraddizioni interne», come dicono i politologi, in forza delle quali esse finiscono per cadere, dopo aver sparso rovine totalitarie . L’utopismo di Grillo-Casaleggio ci sta mettendo pochissimo. Ricordiamola in breve, con citazioni grillesche: «Nel MoVimento c’è un solo e unico riferimento: il cittadino. Nessuno sopra di lui, nessuno sotto di lui». L’utopia paritaria totale. Aboliti i «quadri intermedi», che Grillo chiama «la peste» . «Ognuno vale uno». Democrazia non solo diretta – senza deleghe, senza delegati e rappresentanti – ma continua e permanente: grazie alla Rete, ognuno voterà continuamente su tutto, senza poteri intermedi (definiti «zavorre»). Anzi, ancora di più: una democrazia senza procedure, che si presume liberata in quanto operante nel completo vuoto normativo.

Grillo ha rievocato di quando Casaleggio «venne a parlarmi di come la Rete avrebbe cambiato il mondo: aziende democratiche, persone al centro di ogni processo, soppresse tutte le intermediazioni economiche e politiche». Tutto semplice, tutto trasparente, nulla che non sia alla portata dell’uomo medio con fedina penale punita e buona connessione ad internet.

Come ogni utopia, anche questa è imperialista. Casaleggio, nel suo video «Gaia il futuro della politica» prevede una guerra dal 2020 al 2040. Opporrà «il mondo libero» (dove il web è libero), alle potenze che invece esercitano il controllo di stato sulla Rete: Russia, Cina, arabi e musulmani vari.

Tale guerra sarà condotta con armi batteriologiche, preferite da Casaleggio perché in qualche modo pacifiste-ecologiche (niente F-35 con i loro scarichi!) e più efficaci allo scopo di ridurre la popolazione mondiale ad 1 miliardo di esseri viventi: uno sterminio che il grillino è pronto ad accettare senza deflettere, in quanto necessario per la decrescita felice. E perché presume di non essere fra i morti: accade, all’eroe dei videogiochi.

La guerra immaginata da Casaleggio sarà vinta dal «mondo libero» – inteso come il mondo della democrazia diretta – e da quel momento ogni cittadino sarà collegato in rete. Ognuno potrà diventare presidente mondiale, e sarà controllato in tempo reale da tutti gli altri elettori. Partiti, ideologie e religioni scompariranno, e il mondo finalmente unito – Nuovo Ordine Mondiale – su cui governerà Gaia, ossia tutti e nessuno al tempo stesso. O, se vogliamo, l’umanità (o quel che ne resta) ridotta però ad una sola dimensione; essendo scomparse religioni, ideologie, partiti (e anche tradizioni, diversità di esperienze individuali o familiari, particolarità nazionali e costumanze di ogni genere) ognuno sarà un blip sulla Rete.

Liberi di essere blip. Del tutto intercambiabili e senza identità, che quella momentanea di «esprimere» il proprio voto.

È la palingenesi sognata da uno che crede che la realtà si riduca a quella parte che conosce lui; e siccome non sa niente oltre il suo mestiere di gestore di blog, vuol ridurre il mondo umano ad un blog planetario. Non sa niente di come la politica s’è organizzata nei secoli, niente di storia; niente di istituzioni, e di come si formano; nulla di religioni; niente di economia, ossia di come si produce realmente nel mondo reale; ovviamente non ha mai visto una fabbrica, non sa che il grano si coltiva e si le bestie si allevano, in modo diverso che un click sul mouse; né ha la minima idea del sistema dei trasporti globali, non ha il minimo sospetto della complesse interazioni fra tutti i fattori reali nel mondo reale (fra cui il fatto che la religione, anche residuale, ha influenza sulla politica, l’alimentazione, la produzione). Sa solo come si gestisce un blog, e gli pare che il mondo sarebbe molto migliore e più facile da controllare, se fosse tutto un blog planetario. Basta il click sul mouse. È come se un idraulico utopista pretendesse di ridurre la società agli acquedotti, agli allacci, ai rubinetti e alle fogne. Anzi peggio, perché queste sono cose almeno concrete e materiali che rispondono a necessità reali; il web è, nel migliore dei casi, un canale di informazione – e in pari misura di disinformazione, luogo di una pseudo-vita ridotta a chiacchiericcio (pardon, «comunicazione»).

Per Casaleggio, il mondo reale è «analogico», il che (per un softwarista) è sinonimo di vecchio, superato e destinato ad essere soppiantato dal mondo «digitale». Nemmeno si rende conto che nel web, l’utopia che vuole imporre è già realizzata, ed è «facile» proprio non coinvolge le persone reali ma solo il loro aspetto digitale. Nel web effettivamente e di già «siamo tutti uguali e possiamo dire tutto», senza sforzo né lotta. Finché s’intende qualcuno non ci toglie il collegamento o l’elettricità, o anche solo impone qualche forma di pagamento per l’accesso in rete: allora il mondo reale, con le sue gerarchie di potere reali e magari brutali, irromperà. E noi manco potremo strillare...

È poi istruttivo vedere come la povera mente del Casaleggio, quando decide di spaziare senza freni nei suoi sogni più anticonformisti, e nel suo imperialismo militarista-pacifista-ecologico, non riesce a concepire altro che una versione liofilizzata dell’americanismo: lui sta con l’Occidente, e crede, il poveretto, che l’Occidente sia il luogo dove il web non è controllato dai governi. Vuole il Governo mondiale dell’Occidente. Casaleggio vittima inerme della propaganda neocon, di cui produce una versione sub-prime. Lo scontro di civiltà in piccolo formato digitale, senza più contenuti di civiltà. O meglio, senza contenuto alcuno. Tranne la «libertà», schematica ed astratta, secondo lui negata dai soliti nemici dell’America.

Beppe Grillo, in una recente intervista al Time, ha aggiunto all’utopia una pennellata di «sinistra» totalitaria agghiacciante : «Il nostro non è un progetto politico. È una visione del mondo. Non si tratta di sostituire una classe politica con un’altra. Noi vogliamo il 100 % del parlamento, non il 20 o il 30%. Quando il movimento arriva al 100%, quando i cittadini diventano lo Stato, il movimento non avrà più necessità di esistere. Lo scopo è di estinguerci».

Anche Lenin, quando prese il potere e instaurò la dittatura del proletariato, con l’annesso terrore proletario, credeva di preparare il «deperimento» dello Stato; una volta realizzato il comunismo reale – come aveva profetizzato Marx – lo Stato si sarebbe auto-estinto, per svanire oniricamente nel regno della libertà senza più conflitti. Per il momento occorreva rafforzarlo ed usarlo «senza limiti legali» contro il nemico di classe; una volta eliminato il nemico di classe, la borghesia, la società senza classi – dove il 100% avrebbe appartenuto ad una sola classe, senza proprietà privata – avrebbe reso superfluo lo Stato e le sue coercizioni; esso sarebbe caduto da sé come la pelle di un serpente a primavera.

Sappiamo com’è andata a finire. Il fatto ridicolmente triste è che Beppe Grillo riprenda persino alla lettera i termini dell’utopia marxista-leninista senza nemmeno sapere di ripetere vecchi spropositi ideologici dépassé e rovinosi; ridicoli e tristi scherzi dell’ignoranza e della incultura – del resto ovvia in un comico. Vuole in parlamento il 10%, e crede di non volere il potere; vuole con ciò che sia «il popolo», non più diviso da conflitti, a decidere: l’unanimità coinciderà allora con la «vera» libertà.

Grillo ha distribuito ai suoi un saggio di Simone Weil «contro i partiti politici», critica profonda e lancinante di un’intellettuale animata da alta moralità, ma difficile da applicare nei fatti; Grillo l’ha presa come ricetta applicabile alla lettera, senza sfumature né riflessione. Dunque abolizione dei partiti. Non ci saranno più partiti ma solo «la società civile» al 100 per 100 che parla «in prima persona»; i gruppi spontanei si affacceranno alla rete e diranno le loro esigenze, senza mediazioni né filtri né deleghe.

Un referendum permanente, su qualunque tema politico, condotto attraverso la rete. Strano che il duo Casaleggio-Grillo non si accorga che i loro stessi tentativi già attuati in rete sono un fallimento: a selezionare i candidati sul web sono stati in 20-30 mila, mentre a votare fra Bersani e Renzi di persona, sono andati 3 milioni. Ovviamente nemmeno si rendono conto che, se davvero il loro sistema utopico diventasse la procedura per governare, decisioni gravissime sarebbero prese da 25 mila assidui frequentatori, la «democrazia diretta» da loro sognata diventa una oligarchia ristrettissima con estrema facilità. Patologia che Casaleggio e Grillo vogliono aggravare, in quanto propongono di tenere referendum attuativi di leggi (non solo confermativi) senza quorum: davvero, decisioni se uscire o no dall’euro, possono essere prese da 3 mila persone. Una lobby qualunque, anche minima, potrà storcere il timone del governo là dove ha il suo interesse particolare.

Resta da chiedersi chi e come deciderà che un dato gruppo che si affaccia sulla scena pubblica per affermare un interesse particolare, sia un legittimo pezzo di «società civile», oppure un «partito», quindi da vietare e bandire. Qualcosa mi dice che la decisione spetterà a Casaleggio & Grillo.

Non che insinui che i due sono dei furboni in malafede. Al contrario, alla loro utopia ci credono, e cercano di applicarla integralmente e sinceramente; il che in qualche modo è peggio. Sono dei fanatici, che poi entrano nella più vasta categoria degli stupidi. E al governo «meglio i malvagi agli stupidi, perché i primi a volte si riposano».

La loro buona fede – e stupidità – s’è appalesata alla prima occasione, quando il folto gruppo di parlamentari grilloidi ha dovuto prendere una decisione reale e non utopica: al Senato, astenersi facendo andare alla presidenza Schifani, oppure votare Grasso, proposto dal PD. Subito, i due utopisti sono inciampati nella loro stessa utopia. L’ordine era: votare scheda bianca. Alcuni grillini siciliani hanno votato Grasso. E allora Grillo vuole espellerli. Perché? «Hanno firmato il regolamento», dice, secondo cui «le decisioni si prendono a maggioranza e la minoranza si adegua». Ma allora non è più democrazia diretta e senza mediazioni, tutta dal basso: c’è almeno la mediazione della maggioranza, e del regolamento.

E perché poi devono obbedire al regolamento interno, grillini che non vogliono adeguarsi ai regolamenti delle camere? Alle formalità dell’aula e della repubblica? Che disprezzano ogni formalità del «gioco democratico»? Non riconoscono agli altri partiti nemmeno il diritto ad esistere. Figurarsi un regolamento. Oppure l’unico gioco democratico che ammettono come legittimo è quello che praticano loro? Ancora una volta, la vasta utopia di democrazia totale finisce in setta totalitaria.

Decisamente, tutto diventa più difficile che sul web. Grillo ha voluto il «mandato imperativo» per i suoi. Lui detesta che i parlamentari non abbiano l’obbligo di mandato, e siano liberi rispetto agli elettori che li hanno votati. Apparentemente, è una bellissima idea contro trasformisti e voltagabbana.

Piace anche a me, perché sono un reazionario. Basta sapere che il mandato imperativo era la norma nell’Ancien Régime, quando Sua Maestà convocava le assemblee per ceti e classi sociali (gli «Stati»). Una sola volta il mandato imperativo fu sperimentato a «sinistra» dalla Comune di Parigi nel 1871: una dittatura democratica rossa, dove – come proclamò il Comitato centrale – «I membri dell’assemblea, incessantemente controllati, sorvegliati, discussi per le loro opinioni, sono revocabili, responsabili e tenuti a rendere conto»: sembrano parole di Grillo. Insomma anche prima del web, l’utopia grillesca fu già provata. Non fu un gran successo. Questo esperimento di governo dal basso durò 3 mesi: dal 18 marzo al 28 maggio 1871. Da allora, nessun’altra forma di Stato pluralistico prevede il mandato imperativo.

«Uno vale uno»: principio inviolabile dell’utopia. Grillini eletti, ma soprattutto elettori e commentatori sul web, sul blog di Casaleggio, hanno ritorto a Grillo: «Anche tu sei uno e vali uno». Perché vuoi comandare? Adesso «noi» rispondiamo agli elettori…

«Trasparenza»: infatti s’è visto. Quando si riunisce il gruppo parlamentare grillino, viene accesa una webcam che diffonde la discussione in rete. Ma appena s’è trattato di discutere se votare Grasso o no, e si sentivano gli urli da fuori, la webcam è stata spenta. Trasparenza va’ bene, ma solo quando non c’è conflitto. Proprio come nei regimi totalitari. Ossia quando il Movimento avrà il 100%: come lo Stato sovietico, il cui deperimento nel regno della libertà fu rimandato a data futura.

Prima: democrazia ultra-diretta, tutta dal basso; poi: due controllori inviati dall’alto per «gestire l’informazione», ossia nascondere che ci sono disaccordi interni. Dei delegati-poliziotti, neppure votati alle elezioni: non c’è male come democrazia totale dal basso.

Grillo fa fatica a guidare il suo gruppo parlamentare (anzi due) restando fuori dal parlamento. Ovvio. Doveva farsi eleggere. Perché non l’ha fatto? Lo sapete: avendo avuto una condanna per quel lontano incidente d’auto, non è eleggibile per le regole che ha dato egli stesso: solo fedine penali pulite. E poi, lui vuol essere solo «l’altoparlante», e allora non si capisce a che titolo comanda... Sembra uno di quei marinai della domenica che si imbrogliano nelle loro cime, e spenzolano dalla sartia legati come salami.

La democrazia diretta (e «in diretta») sul web ha scatenato i pro e i contro: elettori del M5S si sono spaccati ed hanno insultato ben bene questo e quel deputato, «traditori» e fedeli ed anche il Leader. Come sa chiunque tenga un sito (anche noi), i commenti che arrivano sono un diavolìo di urla e strida, per lo più di pancia e rigurgiti di bile: è semplicemente impossibile, avendo suscitato quei lemuri digitali, rimetterli nella bottiglia. La «spontaneità» degli impulsi primari dilaga senza freno, con effetti paralizzanti. È la dimostrazione che la democrazia sul web è persino peggio della demokràtia partitica: impossibile tenere una linea, impossibile farsi riconoscere come leader in modo stabile, e imporre una direttiva: si è « incessantemente controllati, sorvegliati, discussi per le loro opinioni, sono revocabili, responsabili e tenuti a rendere conto», come voleva la Comune di Parigi nel 1871, e Beppe Grillo Casaleggio nel 2013. Senza pensare che le vittime potevano essere loro.

Non essendo in Parlamento, Grillo non ha valutato bene la situazione mentre si svolgeva. Ha mantenuto una direttiva troppo rigida in base all’utopia – non votare per nessuno degli altri – quando la situazione consigliava un minimo di flessibilità. Dopotutto, il contributo di alcuni (pochissimi) senatorini grilleschi all’elezione di Grasso come presidente, è un fatterello; e se si trattava di evitare Schifani, avevano ragione loro, nel senso che hanno interpretato bene la logica del Movimento. Le urla di Grillo, le minacce di espulsione dei «traditori», hanno tramutato il fatterello in un incidente di prima grandezza; s’è potuto parlare di «spaccatura» nel M5S, alcuni «traditori» sono usciti allo scoperto , di fatto sfidando il leader non-leader. A questo punto Grillo ha fatto marcia indietro, non senza prima censurare duemila commenti di protesta contro di lui. Il non-leader ha dovuto cambiare idea – dando una zappata alla propria leadership. Ancor peggio, adottando una spiegazione di comodo: il Pdl e il PD, in inciucio permanente, hanno teso una trappola agli ingenui senatorini...

Ma lasciamo la parola al Beppe, dal suo blog: «tutta la cosa è stata decisa a tavolino dal pdl e pdmenoelle. I due gemelli dell’inciucio sapevano perfettamente che Schifani non sarebbe stato eletto. (...). I giochi erano già fatti per mettere in difficoltà il MoVimento 5 Stelle. Qualcuno, anche in buona fede, ci è cascato. Lo schema si ripeterà in futuro. Berlusconi proporrà persone irricevibili, il pdmenoelle delle foglie di fico. Il M5S non deve cadere in queste trappole».

Ora, questa analisi è semplicemente falsa. Del resto, è un errore voluto, in cui cadono periodicamente tutti gli ideologi utopisti totalitari: negli anni ’20, quando i socialisti europei lottavano per impedire la salita al potere dei fascismi, Stalin ordinò a tutti i partiti comunisti di bollarli col termine «socialfascisti»: per insinuare, in realtà «quelli» sono collusi con la reazione e con la destra borghese, la loro lotta è una foglia di fico sull’inciucio. Poco dopo Stalin faceva coi nazisti l’accordo Ribbentrop-Molotov, il socialfascismo realizzato. Ma se lo faceva lui, era bello e vero.

Che ci sia un inciucio deciso a tavolino fra Bersani e Berlusconi, è di una falsità così evidente da essere ridicola. Certo, Berlusconi vorrebbe ad ogni costo fare un governissimo, per salvare la propria ghirba dai processi; ma è altrettanto chiaro che Bersani non vuole e non può accordarsi con il Caimano: sarebbe il suicidio suo e del suo partito.

Ma questo è proprio il disegno di Grillo, il motivo per cui «i suoi» non dovrebbero votare; obbligare gli altri a mettere su un governissimo, spinti dall’emergenza economica e sociale, per poi continuare a gridare all’inciucio e a proporre la sua come la sola parte pulita. Un desiderio, più che un disegno. Una voglia così trasparente, che persino a Bersani è facile contrastarla. Moltiplicando le seduzioni verso singoli grillini, attraendoli con candidati sempre più «nuovi», sempre più comicamente «società civile» – Saviano ad esempio – e con proposte sempre più osées di «tagli alla corruzione», eccetera.

Di fronte a queste lusinghe, la tattica che Grillo impone ai suoi è mero immobilismo; aspetta che la situazione finanziaria dello Stato si aggravi a tal punto, da rendere indispensabile il governissimo, il governo-inciucio. Ma più l’attesa si prolunga, e più il suo immobilismo appare inetto e pericoloso agli elettori; e lui, il demente che porta il paese alla rovina e fa’ crescere i disoccupati.

Un paio di esempi: i suoi continuano a ripetere che vogliono guidare commissioni di spesa, che vogliono nominare loro questori, per «controllare i conti». Benissimo, ma Bersani ha una tale maggioranza alla camera, che può fare le nomine che vuole, senza esaudire i desideri degli utopici grillini; quelle nomine, le darà solo in cambio di un appoggio per il suo governo. Così si fa alle Camere: i compromessi, il do ut des. Ciò che l’Utopirla chiama «inciucio», rendendosi così impossibile ogni posizione di potere reale. Ancora una volta, il Grande Timoniere s’è involtolato nelle sue gomene.

Altro esempio. L’Utopia non vuol dare nessuna fiducia. Non ha fiducia in nessuno degli altri. Benissimo. Quindi, non ci sarà governo, chissà per quanto. E proprio nei giorni scorsi, l’Europa ha consentito allo «slargo» dell’austerità a cui aspirava il Bersani: in pratica, la Merkel concede all’Italia di emettere buoni del Tesoro come mezzi di pagamento dei fornitori degli enti pubblici, e questi nuovi debiti non saranno addizionati nel debito pubblico italiano. È una boccata d’ossigeno di cui l’economia del nostro paese, che sta affogando, ha bisogno urgentissimo. Piccolo particolare: per attuare questo «slargo» al patto di stabilità, si richiede un decreto governativo. E per tale decreto, occorre ci sia un governo; un governo vero, non uno ridotto alla «ordinaria amministrazione» come quello di Monti (con tanti saluti all’idea di «prorogatio» dell’altro «intellettuale» grillesco, quel docente genovese di cui non ricordo il nome).

Dunque ci vuole un governo vero. Ossia, ci vuole un voto di fiducia di una maggioranza. Grillo ordina di non dare il voto di fiducia. Milioni di italiani e di aziende aspettano quel decreto, e siccome non arriva, cominciano a essere gettati sul lastrico e a fallire. Di chi sarà la colpa? Del M5S. E quanti parlamentari grilleschi saranno tentati di rompere le righe?

Comincio a preoccuparmi per Grillo. Personalmente. Quando avrà perso il suo partito, potrà tornare a guadagnarsi la vita facendo il comico? Temo che non farà più ridere nessuno.

Le utopie ci mettono di solito dei decenni a dimostrare la loro falsità e irrealizzabilità. L’utopia di Grillo ci ha messo pochi mesi: da una parte, è un segno che è più inetta (leggi: idiota) delle altre. Dall’altra, è che Grillo e Casaleggio hanno troppa fretta di realizzarla: i veri utopisti badavano «prima» a prendere il potere, e solo dopo cominciavano a creare l’Uomo Nuovo delle loro chimere, avendo a disposizione la forza pubblica, KGB e Gulag. Grillo-Casaleggio lo hanno fatto prima di avere il potere. Errore imperdonabile. Che si unisce a quello che i dittatori totalitari commettevano quando al potere erano saldissimi: se l’utopia non funziona, non è colpa dell’utopia che è perfetta, ma del popolo che non la applica bene, per egoismo. In questo caso, colpa dei grillini eletti, fra cui si annidano «traditori»: Stalin li chiamava così. Ma aveva il potere, e poteva eliminarli. Grillo no.

Farà ancora ridere, quando tornerà a fare il comico?


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