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I tecnici bung-bunga
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Viene da rimpiangere Frattini. Dico davvero: mai, nemmeno quella nullità, avrebbe fatto quel che ha fatto Terzi di Sant’Agata come ministro degli esteri del «governo tecnico» provocando il disastro diplomatico con l’india, rifiutandosi di consegnare i marò violando la parola data nazionale, e poi rimangiandosi tutto e rimandando i marò; ed entrambe le «decisioni» senza spiegazioni e, a quanto si apprende, senza avvertire il Quirinale, né la nostra intelligence, né l’ambasciatore a Delhi che s’è trovato ostaggio.

Mi scuso e riscuso con Grillo, con Casaleggio, con i grillini. Non hanno esperienza! Ma questo Terzi di Sant’Agata è un diplomatico di carriera da decenni, ambasciatore in sedi primarie come all’Onu e a Washington, gonfio di decorazioni della nostra repubblica; di esperienza ne ha a quintali, e guardate cosa riesce a combinare: come un bambinello. Un Crimi, al posto suo, si sarebbe comportato meglio. Per non parlare della Boldrini, che a suo petto è un gigante della diplomazia. Monti l’aveva scelto come «tecnico»: ma tecnico di che, prego? Già nell’ambasciata a New York questo Terzi aveva dato una prova ripugnante della sua abiezione. Precisamente questa: aveva abbandonato la moglie per una giovane amante, e organizzava i ricevimenti ufficiali in ambasciata presentando l’amante come sua compagna (mentre la moglie, esempio di italica dignità, tempestava di lettere le ambasciate estere contro «quella puttana» che gli aveva portato via «quello stronzo»). Ai ricevimenti italioti si andava con imbarazzo; un imbarazzo che non sfiorava Terzi, né gli faceva perdere un grammo della sua stolida arroganza e convinzione di superiorità, con cui accompagna da sempre la sua deficienza mentale e morale.

Terzi con moglie
  Terzi con compagna
Come si vede, il bunga-bunga non è una anomalia specifica di Berlusconi. È il sistema: anche nella carriera diplomatica. Il comportamento odioso di Terzi era ben noto ma – come avviene nella magistratura, e di fatto il tutta l’alta dirigenza – nessuno lo ha chiamato a rispondere, nessuno lo ha degradato, mandato a fare l’ambasciatore in Burkina, o meglio ancora licenziato. Accade qui che tutte le caste parassitarie hanno la loro «autonomia», la loro «auto-promozione» ed inamovibilità assicurata, a dispetto della loro incompetenza comprovata e rovinosa; e guai a criticarle, a giudicarle.

Ma che dico Berlusconi; dobbiamo le scuse a Tremonti, a Brunetta, a chiunque di loro s’è occupato prima di economia del «tecnico che ci ha fatto tornare rispettabili in Europa». Mario Monti, con a fianco il «tecnico» Grilli, «Per ripianare i debiti dello stato con le imprese, ha promesso di sbloccare 20 miliardi nella seconda metà del 2013 e ulteriori 20 miliardi nel corso del 2014». Prima stronca l’Italia che produce a suon di tasse spogliatrici, affonda l’intero settore immobiliare, perseguita le aziende fino a farle chiudere, dichiara che non si possono spendere nemmeno 260 milioni di euro per gli esodati; e mo’, sgancia 20 miliardi, anzi ne aggiunge altri 20, siori e siore mi voglio rovinare, venghino siore!

È lo stesso Mario Monti che già il 30 dicembre 20111 affermava: Missione Compiuta, perché aveva disciplinato i taxisti e rimaneggiato l’articolo 18. Lo stesso Mario Monti che ancora tre mesi fa negava un centesimo in più ad imprese e comuni virtuosi, diceva che «la disoccupazione non è colpa del governo», perché «Il governo non poteva agire diversamente nell’affrontare la crisi». E adesso libera 20 miliardi più 20? E’ lo stesso Mario Monti che dava del cialtrone al Cavaliere perché prometteva il rimborso del’IMU, secondo lui impossibile. E ora ritiene possibile sganciare 40 miliardi.

Ancora tre giorni prima di questo suo annuncio, Monti aveva lasciato che il suo ministro Passera (altri tecnico: buono anche lui) annunciasse come un gran regalo ai fornitori privati del settore pubblico, che aspettano 70 miliardi di pagamenti arretrati, di averlo « liberato dal vincolo 3 milioni di euro» per pagare quegli arretrati; ossia lo 0,004% sul credito totale stimato. E mica erano soldi veri; erano «certificazioni» che i creitori potevano farsi scontare dalle banche, come cambiali. Tre milioni, ed ora di colpo 40 miliardi. E dove li trova? aumentando il debito pubblico, ovvio. L’Europa ce lo consente. Ma il governo monti non ha così dimostrato la propria incompetenza e superficialità totale? Non poteva farselo consentire prima dall’Europa, data la sua «credibilità»?

Macché: secondo lui, i 20 miliardi che promette di smollare significano che «l’austerità paga, l’austerità funziona». Come faccia di bronzo, è veramente un esperto. Perché naturalmente anche questo non è che uno degli annunci a vuoto di cui Monti è specialista. Ricordiamoci che nell’inverno 2011, dopo tre mesi di governo, già annunciava «Missione compiuta» (aveva disciplinato i taxisti), e che non ci sarebbero state altre manovre...

Ciò che impressiona è che questo fallimento non induca ad accettare la realtà: questo Paese non sa governarsi. Questo Paese non ha classe dirigente con un minimo di capacità.

Monti passava per il meglio che avevamo; veniva dalla Bocconi (capirai), era stato Commissario europeo «rispettato a Bruxelles» (fischia!), esponente di peso del Bilderberg, Trilateral, Goldman Sachs (miei cojoni!, dicono a Trastevere). E non solo: nominato da Napolitano, ha potuto scegliersi i ministri «tecnici» come ha voluto, senza guardare in faccia a nessuno. Ha scelto nelle università migliori, ha scelto «the best and the brightest» come dicono gli inglesi; ha scremato i «kalòi k’agathoi», come diceva Platone. Ebbene, chi ha trovato? Una Fornero che ha rovinato definitivamente il mondo del lavoro, gettato sul lastrico qualche milione di dignitosi lavoratori del privato, e si dà pure come voto «un sette». Una idiota subnormale, notevole solo per il fatto che si crede bella e intelligente, e per una spocchia sesquipedale. Un ministro degli esteri Bunga-Bunga che fa’ venire nostalgia di Frattini. Un Passera, un Profumo, un Giarda che nulla hanno fatto se non sparire nelle nebbie della vacuità, cui appartengono e da cui non dovevano mai essere tratti fuori. E che mi dite di Ornaghi, ministro alle attività culturali? Non se ne è avuto notizia. Di Paola; alla Difesa, lasciamo perdere; mister F-35. Ed Enzo Moavero, ai rapporti europei? Complimenti, supertecnico lecca-Merkel.

Il fatto è che, con questo ministero di tecnici, s’è raschiato il fondo del barile del personale pubblico disponibile. I migliori di tutti, dovevano essere. I più puliti ed esperti. E dunque, qui non resta più nessuno capace minimamente di governare; nemmeno a parlare di capacità di attuare le riforme epocali che sono indispensabili ed urgenti.

Si sono rivelati dei dilettanti di un livello tale, da fare rimpiangere la Gelmini e la Prestigiacomo. Provare nostalgia per Giovanardi e Micciché. Sentire profondo rispetto per Castelli. Per non parlare di Tremonti, di Brunetta due titani del pensiero...al confronto con questi velleitari. Da dover chiedere scusa a Casaleggio per averlo sbertucciato, e Grillo e ai grillini perché «non hanno esperienza».

Il fenomeno di tecnici che alla prova dei fatti si dimostrano dei dilettanti (cinici ed arroganti per giunta) peggio dei dilettanteschi ministeri berlusconiani, infarciti di nani e ballerine, pone il problema-base.

«Come ricostruire una classe dirigente marcia?».

È il problema più censurato. Fa comodo a tutti avere dei dilettanti al timone: fa comodo perfino ai giornali e ai giornalisti, che avrebbero tutto da perdere se in questo Paese si lasciassero emergere, che so, giornalisti competenti ed onesti...

Ma come fare, poi?

Come ho già avuto occasione di ricordare, bisogna avere il coraggio di fare come Ataturk quando volle rammodernare la Turchia e riformare la burocrazia ex-ottomana: adottò le leggi e le normative della Germania, mandò i burocrati e i dirigenti pubblici ad imparare come si lavorava là sotto il Kaiser. Bisogna che facciamo lo stesso. Gettare la nostra sedicente «classe dirigente», i nostri «tecnici» strapagati, e rimetterci, come Paese, a scuola dagli europei. Non c’è altro modo. Altrimenti, Terzi un giorno o l’altro ci fa entrare in guerra senza saperlo.


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