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Chi ha incastrato Eliot Spitzer
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Eliot Spitzer è il governatore di New York che ha dovuto dimettersi per lo «scandalo a luci rosse», come ha titolato Repubblica. «Squillo d’alto bordo» a «5.500 dollari l’ora», scoperta delle porcate con «intercettazioni», tutti gli ingredienti del giornalismo-spazzatura al loro posto. Duro attacco moralistico del New York Times e del Wall Street Journal. I repubblicani che hanno minacciato l’impeachment, se il porcello non si dimetteva.

Ciò che i giornali non hanno detto è il motivo dello scandalo che è stato abbattuto su Spitzer. Il motivo l’aveva rivelato lo stesso Sptizer, in un intervento da lui firmato sul Washington Post apparso il 14 febbraio scorso, ossia un mese prima dello scandalo (1). L’articolo di Spitzer  (che è stato attorney general, ossia procuratore dello Stato di New York) parlava dell’altro scandalo, quello dei mutui subprime; più precisamente, della banche e di altre istituzioni finanziarie che avevano creato la bolla, offrendo mutui a povera gente che non era in grado di pagarli. «Predatory lenders», ossia «prestatori da preda», li aveva definiti Spitzer.

Il titolo del suo articolo però diceva di peggio: «Predatory lender’s partner in crime», ossia: «Il complice nel delitto dei prestatori da preda». Il sottotitolo: «Come l’amministrazione Bush ha impedito agli Stati di intervenire per aiutare i consumatori».

«Anni fa», esordiva Spitzer, «l’attorney general [cioè lui stesso] si accorse della marcata crescita di pratiche disoneste da parte dei prestatori da preda. Spiegavano le condizioni dei mutui in modo ingannevole, concedendo prestiti senza riguardo alla capacità dei debitori di ripagarli, facendo prestiti con ratei bugiardamente bassi per invogliare, che poi crescevano astronomicamente col tempo, confezionando i prestiti con spese e commissioni non dichiarate, e anche pagando mazzette. Ci accorgemmo che queste pratiche avevano effetti devastanti sugli acquirenti di case. La natura diffusa di queste pratiche minacciava, se non controllata, gli stessi mercati finanziari. I prestatori da preda, era chiaro, stavano preparando una crisi nazionale».

«Come attorney general di New York, io ed altri colleghi di 49 Stati unimmo gli sforzi per colmare il vuoto legislativo delle norme federali al proposito. Insieme ed individualmente, attorneys di questi Stati, appartenenti ad entrambi i partiti, avviammo cause o transazioni con molti prestatori subprime coinvolti in queste pratiche predatorie per indebitare. Molte Camere degli Stati, compresa quella di New York, vararono leggi intese a stroncare queste pratiche».

«Che cosa ha fatto l’amministrazione Bush in risposta? Ha forse preso iniziative per bloccare questa truffa enorme? Come sanno a loro spese centinaia di migliaia di americani minacciati di pignoramento, la risposta è un sonoro no. Non solo l’amministrazione Bush non ha fatto niente per proteggere i consumatori; s’è impegnata in una campagna, di un’aggressività senza precedenti, per impedire agli Stati di proteggere i loro abitanti dalle pratiche disoneste su cui il governo federale chiudeva gli occhi».

Lo ha fatto, spiegava Spitzer, utilizzando un poco noto ente, l’Office of the Comptroller of the Currency (OCC). Un ente nato durante la guerra civile (1861) per controllare la regolarità fiscale delle banche. Da 140 anni l’OCC controlla i bilanci delle banche per assicurare che siano in pareggio contabile. Ma dal 2003, l’OCC, invocando un articolo della Legge Nazionale Bancaria del 1863, ha emanato una disposizione che vieta agli Stati di varare leggi contro i prestatori da preda, con la scusa che la materia era di competenza federale. Le leggi messe in funzione dagli Stati per proteggere i debitori incauti sono così state rese nulle e inefficaci.

Contro questa disposizione si sono ribellati 50 Stati. «Ma l’opposizione di 50 Stati non ha dissuaso l’amministrazione Bush dal suo scopo: proteggere le banche», scrive Spitzer. E racconta che quando lui, come attorney general di New York, ha cercato di avviare una causa contro un gruppo di banche per pratiche disoneste, l’OCC (cioè il governo) lo ha querelato per bloccare la sua iniziativa.

Naturalmente, i difensori delle banche predatrici ripetevano che le leggi degli Stati finivano per negare l’accesso al credito ai cittadini poveri, quei cittadini che Spitzer e gli altri procuratori stavano cercando di proteggere dal futuro immancabile sequestro.

«La catastrofe è ancora in corso», concludeva Spitzer, «ma quando la situazione sarà più chiara, il governo sarà giudicato come un complice consapevole e deliberato di prestatori che sono arrivati a punti inconcepibili per la loro sete di profitto».

Così scriveva Spitzer un mese prima di essere incastrato nella storia di squillo. La storia può parere incredibile agli ingenui. Anzitutto, perché le banche dovevano correre ad indebitare gente che - come sapevano benissimo - non avrebbe mai potuto pagare i ratei dei mutui? Non rovinavano se stesse, concedendo mutui con larghezza insensata a disoccupati o precari, gente con passati di insolvenze?

Infatti una volta era così: la banche stavano ben attente a chi concedevano mutui. Ma ciò avveniva quando i mutui restavano aperti nei libri contabili delle banche, che dovevano aspettare la restituzione del capitale più interessi per dieci o vent’anni. Oggi, i prestatori da preda hanno trovato il modo di rifilare il rischio su altri: con la «securitisation» o cartolarizzazione, i mutui degli insolventi sono stati impacchettati e confezionati come «obbligazioni», vendute poi a destra e a manca con un «rating» alto concesso dalle agenzie. Ciò consente alle banche la più allegra irresponsabilità: le insolvenze non se le accollano loro, se le accolla chi ha comprato i subprime bonds.

Sui tassi inizialmente bassi per invogliare, c’è da fare un altro discorso: solo la causa prima della catastrofe. La famiglia Smith si fa convincere dai predatori a comprare una casa accendendo un mutuo da 200 mila dollari. I predatori li hanno invogliati spiegando loro: pagherete solo il 4% nei primi due anni; poi pagherete qualcosina di più, ma nel frattempo la casa avrà tanto aumentato il suo valore - 300 mila, 400 mila dollari - che l’affare sarà comunque conveniente; inoltre, vi faremo un nuovo mutuo, di nuovo a tasso basso biennale, sul nuovo valore; conviene a noi, conviene a voi.

La famiglia Smith comincia dunque a pagare un rateo mensile di 955 dollari, che è pari al 25% cento del suo reddito. Solo che due anni dopo la casa non vale 200 mila, né 300 mila dollari, ma 150 mila, perché la bolla è scoppiata. E la banca pretende adesso un rateo del 9%, pari a 1.609 dollari più le «commissioni» a recupero, dicono, degli sconti fatti due anni prima: ormai, gli Smith pagano il 45-50% del loro reddito mensile per una casa che vale meno del debito che hanno contratto per acquistarla. Finiscono per cessare i pagamenti ed affrontare il sequestro. Vanno ad abitare nel SUV (che si sono comprati a credito).

Sono queste le «pratiche predatorie» di cui parlava Spitzer, e da cui cercava di difendere i debitori. Come avrete notato, gli Smith dell’esempio non sono dei poveracci totali: è gente che guadagna sui 40 mila dollari all’anno, magari grazie a due o più stipendi. Di fatto, il 73% dei negri e degli ispanici con questo reddito (alto) sono oggi coinvolti in questo tipo di mutui, contro il 17% dei bianchi. Perché sono più stupidi?

No, perché le attenzioni e le promesse fraudolente delle banche predatrici si sono rivolte prima di tutto a queste categorie, più indifese sul piano legale. Andare in tribunale con la pelle scura, se si è debitore, è un guaio in più. Spitzer aveva denunciato, in febbraio, che le pratiche fraudolente erano state appoggiate dal governo Bush. E ha minacciato. Ma qualcun altro l’ha intercettato - con una inchiesta federale - l’ha incastrato con le prostitute d’alto bordo, e ha spifferato il tutto sui giornali (2).

Mentre lui doveva dimettersi dopo un’umiliante pubblica ammissione («Una caduta degna di Shakespeare», titola il Wall Street Journal esultante), Ben Bernanke regalava 200 miliardi di dollari dei contribuenti alle banche predatrici, causa della rovina d’America. Certo Spitzer è stato tradito dal suo costoso vizietto (quale scopata vale 5 mila dollari?), ma almeno spendeva in puttane i soldi suoi. In una società più giusta, l’impeachment dovrebbe essere minacciato a qualcun altro.



1) Eliot Spitzer, «Predatory lender’s partners in crime», Washington Post, 14 febbraio 2008.
2) Chan Akya, «Hallmarks of a ‘hit job’ ordered from the very top: Forget Spitzer, fire Bernanke», GlobalResearch, 14 marzo 2008.


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