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La «Costituzione più Bella del Mondo»? È la tedesca
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La data a lungo rimandata ormai è qui: in settimana, la Corte Costituzionale tedesca si riunisce a Karlsruhe per emanare una sentenza che può essere fatale per l’euro, per l’eurozona o per Italia e Spagna, secondo come sarà modulata.

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Lo ricorda sul Telegraph l’ottimo Ambrose Evans-Pritchard che ha intervistato il giurista germanico Udo di Fabio, che fino all’anno scorso è stato membro della Corte tedesca specializzato sull’euro, il quale ha scritto: «Nella misura in cui la Banca Centrale Europea continua ad agire “ultra vires” (oltre il suo mandato: in Germania s’insegna ancora il latino, ndr) , e queste violazioni sono prolungate e gravi, la Corte deve decidere se la Germania può, in base alla sua costituzione, restare un membro della unione monetaria».

Se la posizione dell’ex membro Di Fabio è condivisa da 5 degli 8 togati di Karlsruhe, sarebbe una dichiarazione di illegalità del macchinario di salvataggio della moneta unica messo in atto da Mario Draghi, precisamente lo ESM (European Stability Mechanism) da 500 miliardi di euro di fondi di salvataggio, usati per comprare tonnellate di titoli di debito pubblico italiano e spagnolo, o l’Outright Monetary Transactions (OMT) che un anno fa ha calmato la crescita stratosferica dello spread sui nostri Bot e Btp, e sui bonos ispanici, calmando i «mercati» (di fatto scavalcati) e riducendo il rischio di una frattura nell’eurozona.

Secondo 37 mila cittadini tedeschi, fra cui esponenti politici, docenti universitari ed economisti euroscettici, che hanno presentato denuncia alla Corte, la BCE ha superato il suo mandato finanziando i deficit di Stati fallimentari.

Di Fabio, in un suo discorso alla Fondazione Tedesca delle Imprese Familiari, ha spiegato che la Corte non ha gli strumenti «procedurali» per obbligare la BCE a cambiare strada; può però emettere una «dichiarazione» con sapore di ultimatum: se la BCE insiste a comprare buoni del tesoro del Club Med, allora la Corte ha il potere di vietare alla Bundesbank, la Banca Centrale tedesca, di contribuire al salvataggio. Sarebbe la fine dell’euro, con (l’auspicabile) uscita della Germania.

La Bundesbank, con il suo capo Jens Weidmann, non aspetta altro. Weidmann già a dicembre ha inviato alla corte di Karlsruhe una relazione che accusa Draghi, e la sua promessa di fare «tutto il necessario», come una violazione dell’indipendenza della BCE e dei principii fondamentali su cui è stata fondata la Banca. La quale, ha scritto testualmente Weidmann, «non ha il mandato legale per mantenere l’attuale composizione della unione monetaria».

Ma lo farà la Corte di Karlsruhe? Lo stesso Di Fabio ha ammesso che gli otto giudici non premeranno «il pulsante d’uscita», perché sono «a favore dell’integrazione»; ma può bloccare l’acquisto di buoni del tesoro di Spagna e Italia ed altri «periferici», il che otterrebbe lo stesso risultato: di colpo lo spread risalirebbe alle stelle, la crisi dell’eurozona si arroventerebbe all’istante e Italia e Spagna, costrette a mendicare fondi ai «liberi mercati», tornerebbero ad essere in virtuale bancarotta, e sullo scivolo d’uscita dall’euro: uscita caotica, disordinata e catastrofica. È solo l’OMT che ci tiene nell’euro, a prezzo della nostra miseria crescente collettiva.

Questo atteggiamento rivela l’ambiguità fondamentale che cova nella superpotenza germanica: tentata di uscire dall’euro, ma dandone la colpa agli altri; e ben conscia che è il solo Paese a godere i vantaggi dell’euro, finché non sia chiamata a pagare il conto della perdita di competitività, e del conseguente declino, che ha inflitto ai Paesi periferici.

Evans-Pritchard ricorda giustamente che nel 2009, con una storica pronuncia, la Corte Costituzionale tedesca ha sancito la sovranità germanica sopra l’Unione Europea: l’ha fatto accettando sì il Trattato di Lisbona ossia ratificandolo nel proprio diritto nazionale, ma sancendo nello stesso tempo che sono gli Stati membri ad essere «Padroni dei Trattati», e non i trattati europei padroni degli Stati. Sono infatti i parlamenti democraticamente eletti la autorità legittima. Il che significa, per quanto riguarda la Germania, che essa ha il dovere di «rigettare ulteriori partecipazioni all’Unione Europea» se il macchinismo eurocratico mina e minaccia i poteri del Bundestag, il parlamento eletto. (Chi vuol saperne di più veda Karlsruhe Constitutional Judgment on the Lisbon Treaty)

Tutti gli altri Stati europei hanno accettato Lisbona senza questa condizione. La sola è stata la Germania, che da questo momento è diventata il solo Stato sovrano rimasto, e «padrone» della UE, visto che ha dichiarato la supremazia della sua Costituzione (Grundgesetz) sulle leggi europoidi che gli altri devono accettare, essendosi legati le mani.

È qualcosa che andrebbe continuamente ricordato ai nostri politici che giurano amore immutabile alla «Costituzione più bella del mondo», e l’hanno svenduta – e continuano a demolirla – assoggettandola all’eurocrazia che nessuno ha eletto, ed obbedendo a tutte le cervellotiche ingiunzioni dei Barroso, Rehn e comesischiamano.

Potevano almeno, i nostri politici tanto europeisti, far notare che la Germania, la sola ad accettare il trattato di Lisbona sub condicione, si era resa lo Stato «più uguale degli altri», e di fatto il padrone di tutti gli altri? E che la Unione Europea era divenuta la orwelliana «Fattoria degli animali», dove tutti sono uguali ma – appunto – i maiali un po’ di più? Potevano obiettare che questo era ormai un mostro giuridico, e difendere la Costituzione-più-bella-del mondo?

Potevano. Non l’hanno fatto. Sicché siamo appesi al filo della Corte di Karlsruhe, che deciderà il nostro destino.

Il peggio è che siamo appesi alla perdurante ambiguità tedesca, che ci vuole «dentro» l’euro ma in punizione perpetua, fino al giorno in cui deciderà che non le conviene più restarci. Già nel settembre scorso i suoi giudici costituzionali hanno ripetuto il loro «sì, ma però» con una sentenza dello scorso settembre : rigettò una richiesta di suoi cittadini che volevano far dichiarare illegale lo ESM di Draghi, ma nello stesso tempo hanno limitato la contribuzione tedesca allo ESM a 190 miliardi di euro. Vietò al Bundestag, il solo parlamento eletto e quindi democraticamente sovrano, di «accettare passività derivate da decisioni di altri Stati».

Una decisione di grande buonsenso giuridico, che tutti dovremmo invidiare : ma di fatto, ha silurato ogni speranza di emissione di eurobond, di messa in comune del debito e di unione di bilancio, ossia tutte le cose in cui vacuamente sperano i politicanti italioti.

A settembre la Corte di Karlsruhe ha sancito che il Bundestag non può alienare all’organismo UE i suoi poteri di tassare e spendere, perché con ciò minerebbe la democrazia tedesca. Il suo presidente Andreas Vosskuhle sentenziò, in quell’occasione, che la Germania ha raggiunto il limite dell’integrazione UE, e che ogni altro passo verso una più stretta integrazione richiederebbe «una nuova costituzione», che a sua volta dovrebbe essere approvata da referendum.

Decisamente, i nostri politicanti, quando esaltano la Costituzione più bella del mondo, dovrebbero precisare che non è quella di Benigni, ma intendono quella della Repubblica Federale Tedesca. Avessimo noi dei giudici costituzionali così...

BUONSENSO A LONDRA Il ministro alla Giustizia Chris Grayling , ha esplicitamente dichiarato «folli» le politiche sul lavoro messe in atto dalla Commissione Europea, che sta affondando milioni di posti di lavoro ed ogni prospettiva d crescita. «Molta gente importante a Bruxelles non vive nel mondo reale», ha detto il ministro britannico, «sono prigioniere di un dogma, secondo cui la sola soluzione ad ogni problema è ancor più regolazione europea». Questo, in un periodo di enorme disoccupazione di massa nella zona, rischia di scatenare estremismi di ogni sorta.

Ricordiamo: la disoccupazione è del 27% in Grecia, del 26,8 in Spagna, sta fulmineamente salendo agli stessi livelli in Italia (grazie al tecnico Monti che ha accelerato il collasso), dove la disoccupazione dei giovani è sul 38%; mentre in Gran Bretagna – che come fondamentali è messa male quanto la Spagna – è del 7,8%. Non occorre indovinare qual è la moneta che fa la differenza.

«La mancanza di credito è quella che impedisce la ripresa in Europa»: l’ha detto António Borges, un ex direttore europeo del Fondo Monetario Internazionale, attualmente docente di Economia a Lisbona: secondo Borges, litigare sull’austerità distoglie l’attenzione da un altro punto: le banche in rovina non fanno prestiti, perché non sono in grado di farli.

Il perché l’ha spiegato Klaas Knot, il presidente della Banca centrale Olandese. Sostanzialmente: A differenza degli Stati Uniti, l’Europa non ha voluto ricapitalizzare le sua grandi banche in seguito alla crisi finanziaria del 2007-09. Invece, i politici scommesso che la ripresa economica avrebbe sollevato la redditività delle istituzioni finanziarie, consentendo loro di aumentare le proprie riserve di capitale nel corso del tempo. È ormai chiaro che questa strategia è fallita. Per questo la zona euro è in una nuova recessione (aggravata da austerità imposta e – per l’Italia, iper-tassazione e parassitismo pubblico di massa). (Europe’s banks must be recapitalized)

Secondo Knot, le quotazioni depresse di molte banche segnalano quanto siano malate. In media, il valore di mercato rispetto al valore di libro delle banche europee ora è di circa 0,50. Questo indica che le banche hanno notevoli perdite occulte sui loro libri. Klaas Knot ha rilevato che il ripristino di bilanci delle banche è un requisito fondamentale per la ripresa economica. Per facilitare questo processo, ha detto, è essenziale per creare la trasparenza circa le perdite del settore bancario e di avere una risoluzione ordinata delle attività in perdita. Senza questo, le banche rimarranno restrittive nel fare nuovi prestiti.

Invece in Europa, i politici – in combutta con i capi delle grandi banche – hanno nascosto la rumenta sotto il tappeto: più precisamente, hanno sì fatto che le banche venissero ricapitalizzate, ma ciò non è avvenuto mediante l’emissione di nuove azioni, bensì versando il patrimonio. L’emissione di nuove azioni avrebbe fatto infatti perdere il controllo ai caporioni-azionisti che hanno nel libro-paga i politicanti; un pericolo che hanno voluto evitare ad ogni costo. Hanno dato alle banche soldi dei contribuenti, e Draghi (il capo dei capi) ha fornito l’enorme fiumana di soldi - il famoso trilione – alle banche, le quali però comprano Bot e Bund tedeschi («sicuri», ancorché a interessi sotto lo zero) anziché finanziare le imprese private.

Ne consegue che tutte le politiche «per il lavoro» del governo Letta – defiscalizzazione per le imprese che «assumono giovani» (le voglio vedere), miserabili detrazioni per chi compra cucine e rifà il bagno – sono pannicelli caldi. Tutto inutile finché le banche non fanno credito, sedute sulle loro perdite occultate per non perdere il potere. Il credit crunch non fa che aggravarsi, mentre le sofferenze bancarie non fanno che aumentare (+22% ad aprile!). E chi volete che assuma «i giovani» se la banca non gli fa i fidi? La soluzione è quella che indica il centro studi «Scenari Economici Feed», che mi limito a riportare:

«Ricapitalizzare il sistema bancario – Fare trasparenza sui bilanci delle banche, facendo emergere le perdite e passività reali nei bilanci. Ridurre il peso delle banche sul sistema finanziario, ed incentivata l’azione delle imprese a raccogliere fondi da emissioni obbligazionarie – Eliminare le demenziali tassazioni sulle transazioni finanziarie (la Tobin Tax, applicata in questo moment di denaro scarso e mercati fermi, è infatti semplicemente folle).



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