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Il «feroce Salamino»
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E’ arrivato col suo stuolo di cavalieri, amazzoni, divise, tende, pennacchi e mezza quintalata di Corani: eccolo qui il terrore dell’Occidente, il conquistatore dell’Europa, con quegli occhialoni neri da play-boy un po’ sfatto, quel volto gonfio da pugile suonato, con un turbante che assomiglia assai più ad una benda male avvolta, che al copricapo di un principe guerriero.

E’ bastato questo spettacolo da circo Barnum, questo satrapo da medio e mezzo Oriente, che si è proposto persino come agente matrimoniale a favore dei propri compaesani, a suscitare le indignate proteste dei benpensanti d’Occidente, a smuovere la tiepide vestali di non si sa bene quale decomposta identità, magari pure cristiana.

Sono bastate 200 o 500 ragazze (poco importa), reclutate da chissà quale agenzia di studentesse, tutte generose nell’esibizione di italiche beltà, nonostante le raccomandazioni a mantenersi sobrie e coperte, a scandalizzare le prefiche di casa nostra.

Pensate: ci sono state persino tre conversioni all’islam, ma le cronache non narrano (ancora!) di guarigioni miracolose. E questa è già una notizia.

Non ce l’ho con Muhammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī, che recita da anni oramai il suo copione con consumato mestiere: da giovane speranza della rivoluzione araba, novello Nasser, paladino dei popoli sfruttati, campione dell’anti-imperialismo, teorico (improbabile) del socialismo islamico a caricatura di se stesso dopo che le bombe americane rischiarono di mandarlo al Creatore, vi spedirono dolorosamente uno dei suoi figli e segnarono irreversibilmente la fine dell’idilliaco rapporto col suo fratello di rivoluzione Jallud.

Da allora dopo i due SCUD sparati e mai arrivati a Lampedusa, la periodica richiesta di risarcimento per i danni conseguenti al colonialismo italiano, il ricatto dei barconi carichi di profughi lanciati (con miglior fortuna dei missili) verso Lampedusa, anche lui ha lasciato perdere la rivoluzione, la causa palestinese, il sostegno al terrorismo, la lotta al sionismo e tutte quelle mattane giovanili con cui si era messo in testa di creare gli Stati Uniti d’Africa e si è dato agli affari: miglior compare del Cavaliere nella odiata nazione coloniale, che rivendicava con orgoglio la «quarta sponda che già fu di Roma», non poteva trovarlo. Pecunia non olet, dicevano i Romani, che evidentemente in Cirenaica questo almeno sembrano averlo insegnato.

Abbandonate le divise grigioverdi, il leggiadro Colonnello le ha sostituite con altre più variopinte (pare disegnate da lui stesso), che sembrano prese a prestito da qualche caudillo centroamericano di fine ottocento o con tuniche sgargianti e kitsch, degne dei peggiori film di Hollywood. E dei copioni da film c’è in questa visita teletrasmessa (quasi si trattasse di un evento epocale) tutta la volgare stravaganza pseudobeduina, i suoi cavalieri berberi, il fatto di dormire nella tenda, l’ostentazione di una identità di cartapesta, che lungi dall’essere realmente araba e mussulmana sembra creata apposta per il pubblico dell’Occidente, così ignorante riguardo all’Islam e così desideroso di avere un Islam grottesco creato a misura dei propri pregiudizi. E certo anche per instupidire i sudditi della Jahmaria circa il fatto che la Libia ha ottenuto soddisfazione dagli odiati nemici colonialisti.

E tutti lì e qui a suonare la grancassa, e tutti (Rosy Bindi in testa) istupiditi da questa gigantesca messa in scena, tutti indignati e quindi parte attiva del copione, senza nessuno che faccia le pernacchie, che gridi che qui tutto è falso, tutto immaginario, a partire da quello che più scandalizza ed intriga i benpensanti di casa nostra: quelle guardie del corpo femminili, proprio in un Paese islamico (figuriamoci!), quelle guerriere inguainate in improbabili mimetiche, quelle Rambe che evocano nell’immaginario maschile chissà quali torbidi e irriferibili pensieri.

Fatte apposta per l’Occidente, vistose e truccate come tante Lara Croft, vestite e marziali solo per essere spogliate dall’immaginazione di chi le guarda, perfette  per essere invidiate assai più dai satrapi de noartri, che da quelli veri che se ne possono permettere, acquistandole a bizzeffe in Occidente con l’offerta di qualche ciondolo d’oro o di vacanze di yacht da sogno e senza scandalo di nessuno.

Nulla di strano che il colonnello libico abbia con la stessa logica voluto incontrare qualche centinaio delle nostre giovanotte e che queste siano accorse, al modico prezzo si dice di 80 euro o giù di lì ad ascoltare le sue parole con la speranza magari di essere riprese proprio per questo in TV.

Ci sarà pure stata qualche lodevole eccezione forse, ma il materiale umano era reclutato e reclutabile con le stesse modalità con cui si fanno le comparsate televisive: appalto ad un’agenzia specializzata, qualche decina di euro per il disturbo. In cambio: apparire ed essere all’evento, avere due fotogrammi di TG, entrare nel giro giusto e poi chissà, magari, passare a qualche reality RAI o Mediaset che sia.

Il colonnello si è interessato alle donne: peraltro sono orami le uniche presenze dell’Occidente. Ha giocato a fare il profeta ed il califfo, a corteggiarle ed ammonirle, a sedurle ed umiliarle. Le ragazze d’Occidente da tempo ci hanno fatto l’abitudine, anzi per lo più se devono recitare la parte ci stanno, purchè le paghino: in fondo per molte di loro quella da Gheddafi altro non era che una delle molte prestazione di agenzia.

Il modello ha illustri precedenti ed è la logica conseguenza di una cultura che ha fatto dell’autodeterminazione del corpo della donna uno slogan: spiace per le femministe-moraliste, ma che lo facciano per Gheddafi, o per una ricarica di telefonino, o per qualche giorno di ferie ai tropici o per un calendario da camionisti o per qualche film d’autore questa è solo una delle molte forme dell’ autodeterminazione del corpo delle donne.

Quando la consapevolezza del corpo non si coniuga con la sua vocazione, ma con l’esercizio di diritti, il titolare dei diritti fa della sua proprietà ciò che vuole, anche se scandalizza chi - come le consunte e obsolete femministe/moraliste - su quei diritti ci vuole costituire la propria rendita politica o ideologica. Spiace, ma se il corpo è mio, lo gestisco io, non sono queste ragazze ad essere incoerenti, sono le tardone veterofemministe che adesso non hanno titolo per invocare la morale. Le escort (o pre-escort) sono figlie legittime della loro rivoluzione sessuale.

E siccome l’autocoscienza del corpo è - senza giri di parole - la libertà di darla a chi si vuole, capisco la soddisfazione del fidanzato di Rea Beko, 27 anni, una delle tre ragazze che si sarebbe convertita all’Islam e che pare fino ad allora avrebbe avuto comportamenti disinvolti: «Finalmente ti sei coperta - le avrebbe detto - prima per strada ti guardavano tutti...». La battuta - vedremo - è parte del copione, ma è stata scritta perché dice una verità.(www.corriere.it/cronache/10_agosto_30/caccia-Cosi-mi-sono-convertita)

Peraltro questa è la cultura che proprio i moralisti di casa nostra hanno seminato: in una società di massa e dell’immagine la pratica dell’autocoscienza del proprio corpo che altro scopo finale avrebbe? Quello di mangiare vegetariano, quella di approfondire il processo di concettualizzazione in sociologia del linguaggio o le modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio nel diritto privato? Via, di cosa stiamo parlando!

La cultura liberale e libertaria ha come punto di caduta di massa la pratica libertina e nessuno come Berlusconi l’ha capito e ne è interprete coerente. Anche il Cavaliere è solo un beneficiario dell’autodeterminazione del corpo femminile, con l’attenuante della prodigalità nei rapporti sinallagmatici. Nessuno le obbliga, la danno sperando - ciondolini a parte - di entrare nella grande famiglia di Mediaset, dopo essere passate per il lettone.

Berlusconi prima di vincere nelle urne ha vinto nelle teste delle persone, soprattutto delle donne: il sogno delle bimbe non è forse di fare le veline? E quello delle nonne non è di fare le velone?

Gettato Dio nella spazzatura come anticaglia, non conta più essere per lEternità, basta apparire per un attimo in TV.

Le escort di Villa Grazioli sono solo qualche passo (e qualche cachet) più avanti delle studentesse (non tutte, per carità, ma molte sì) che sono andate ad omaggiare Muhammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī: la speranza di una comparsata, 80 euro a prestazione, qualche foto o il nome su un giornale e poi chissa...

La prova? Rea Beko, la ragazza che si è convertita. E’ falsa, è parte del copione.

Per gli smemorati e i fradici gazzettieri che hanno trovato il modo di riempire con queste pruderie le vuote colonne dei loro codini giornali, per i politici e le Rose Bindi che squittiscono contro l’ennesima degradazione che le donne avrebbero subito dalla politica (estera questa volta) del governo Berlusconi, per gli innumerevoli imbecilli che non sanno riconoscere la realtà dalla scena, ricordo che questo di Gheddafi è ormai noioso remake: nel 2009 accadde a Cortina, le ragazze erano meno, costavano solo 60 euro l’una e furono scaricate dai pulmini della società Hostessweb. Anche allora il colonnello invitò le presenti alla conversione, anche allora ci fu una ragazza che annunciò di essersi convertita all’Islam: anche allora si chiamava - guarda un po’! - Rea Beko, origini albanesi, per l’occasione non studentessa, ma mediatrice finanziaria… (www.corriere.it/cronache/09_novembre_16/geddafi_hostess)

Chiaro? Toccherebbe ai giornalisti del Corriere o di Repubblica fare le pernacchie, smascherare la farsa, non a questo sito. E’ il reality che conquista la Libia: dove Balbo aveva fallito, la strategia alla puttanesca del Cavaliere vince. Se lo meritano. Il materialismo presenta il conto. Business is business. Gheddafi è rispetto al Cavaliere come le veterofemministe rispetto alle escort: solo un po’ arretrato, roba da 60-80 euro a botta: Ma si farà, si farà!

Altro che Europa in pericolo, altro che Cristianità da salvare! Se Silvio è il Salame, questo è il feroce salamino.

Domenico Savino




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