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Il “miracolo” di Padre Lombardi
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È raro che sorgano grandi predicatori, che di solito compaiono in momenti drammatici della storia. Oggi come ieri il potere costituito diffida di chi trascina le folle con la parola. Per l’opinione corrente questi personaggi sono populisti. Con l’attuale fantasia giuridica il populismo forse diventerà un reato.

Ai giorni nostri i discorsi si sono trasformati in arringhe rivolte ad un pubblico di simpatizzanti. Arringhe che sono un susseguirsi di slogan. Per la gioia degli operatori televisivi basta riportare quelli più significativi da inserire nei telegiornali. Così il modesto pensiero del personaggio è ampiamente comunicato ad un pubblico annoiato, che ha già una molto bassa considerazione per la politica.

La Chiesa ha avuto grandi predicatori, ma oggi anche la Chiesa non pare gradirli. Anni fa mi è accaduto di ascoltare un sacerdote che aveva le qualità del bravo oratore. Riascoltato l’anno dopo, ebbi la spiacevole sensazione che nel frattempo fosse stato zittito. Negli anni del dopoguerra c’è stato un grandissimo oratore che predicò per il ritorno ad una fede sincera, ma anche lui alla fine venne zittito. Si chiamava Padre Riccardo Lombardi. Il comunismo ateo e nemico dichiarato dei preti fu il suo principale bersaglio. Oggi alcuni pensano che si trovò dalla parte sbagliata perché fu il principale artefice della vittoria elettorale della Democrazia Cristiana il 18 aprile del 1948.

Ora quegli anni dell’immediato dopoguerra sono stati dimenticati, come non fossero mai esistiti nella storia recente. Già la storia, un argomento fuori moda, inghiottito dalla cronaca dei fatti del giorno, cronaca assordante ed accecante, strumento del potere sovranazionale. Quelli furono anni tragici, in cui l’odio continuava a mietere vittime, ma in quel tumulto di passioni si mettevano le basi per rifondare l’Italia. Da allora sono passati 65 anni che hanno visto mutare radicalmente le condizioni di vita, a causa della Scienza applicata, dalle nuove medicine alle nuove macchine che ci circondano, ci assistono, ci accompagnano dalla culla alla tomba.

La rivoluzione industriale, che ebbe inizio in Inghilterra con le macchine a vapore e con le macchine tessili nel 1760, ha assunto aspetti via via più pervasivi sino alla rivoluzione elettronica, iniziata un decennio dopo la seconda guerra Mondiale. Anche questa ultima rivoluzione industriale ha causato mutamenti nella struttura sociale e negli equilibri internazionali, mutamenti profondi che sono in atto e che quindi è difficile descrivere.

L’impatto maggiore si è avuto in agricoltura, dove la produttività è cresciuta enormemente. Nel 1961 in Italia gli addetti all’industria superarono gli addetti all’agricoltura, questi nel 2010 scenderanno al 3%, con una produzione agroalimentare in continua crescita.

La società a cui si rivolgeva Padre Lombardi era quindi un popolo di agricoltori, con un ben radicato senso della famiglia e della fede. La gente possedeva una cultura profonda, autonoma, poco influenzata dai giornali e dai mass media.

Oggi il passato viene citato raramente, e sempre con un senso di fastidio. Si vive nel presente, come si conviene ad un popolo che non deve e non può pensare e non può scegliere il suo stile di vita. Questa è stata una grande vittoria delle organizzazioni sovranazionali nella propaganda e nella persuasione di massa, con il controllo ferreo dell’ informazione nei paesi soggetti allo strapotere statunitense. Allora ai popoli occidentali veniva concessa l’illusione di essere liberi. La tecnica offriva all’oratore solo il sostegno della radio e soprattutto degli altoparlanti nelle piazze. Ma erano strumenti che lo stesso oratore poteva controllare. Non esisteva ancora il potere sovranazionale dell’informazione, anche se CIA e KGB, su sponde opposte, stavano creando le loro reti di notizie sotto controllo politico.

Il gesuita Riccardo Lombardi, riuscì nell’impresa di trascinare nelle piazze decine di migliaia di persone di diverse idee politiche, accumunate improvvisamente dal bisogno di ascoltare colui che verrà chiamato il microfono di Dio. Nelle piazze ebbe più seguito dei dittatori e dei loro epigoni appena scomparsi. Nella Stalingrado d’Italia: Sesto San Giovanni, per correre ad ascoltarlo la gente si organizzò con trasporti su autocarri, non c’erano altri mezzi. A causa del successo, che Padre Lombardi otteneva anche tra i comunisti, da ambienti del vertice del PCI, arrivarono minacce di morte e, suo malgrado, egli dovette girare con la scorta della polizia.

Quasi ogni giorno vediamo in televisione il direttore della sala stampa del Vaticano, Padre Federico Lombardi, che cerca di raccontare al meglio le vicende del papato. Padre Federico è il nipote di Padre Riccardo Lombardi di cui non si parla più, forse proprio perché fu un profeta inascoltato, molto, troppo scomodo, perché poi i risultati ottenuti da chi scelse di allontanarlo e ridurlo al silenzio, sono palesi e drammaticamente negativi.

Prima di tutto attingo ai miei ricordi personali. Quando Riccardo Lombardi venne a parlare a Pesaro, non ricordo bene se prima o immediatamente dopo le elezioni politiche del 1948, giunse preceduto dalla fama di grande comunicatore. Avevo tredici anni. Padre Lombardi parlò da un palco eretto alla rotonda vicino al mare, al termine del grande viale della Repubblica. La gente era arrivata dai paesi vicini. Ad ascoltarlo credo ci siano state circa sessantamila persone. Allora Pesaro non arrivava a cinquantamila anime. La suggestione delle sue parole era enorme. Mai ho ascoltato nulla di simile. Non concedeva nulla alla demagogia. Non cercava di ingraziarsi il pubblico. Parlava di Dio come se lo stesso vedendo.

Della storia di Padre Lombardi (1) parlerò qui solo del suo impegno a partire dagli anni del dopoguerra: nel 1946 e poi soprattutto nel 1948, quando la giovane Repubblica italiana affrontò le prime elezioni politiche. Padre Lombardi ebbe una funzione cruciale nella vittoria della Democrazia Cristiana. Fu sua l’idea di collegare via radio le piazze di diverse città per arrivare ad un numero sempre maggiore di ascoltatori. Quando poi cominciò a fare i suoi discorsi dalla radioil successo fu immediato. Nel ’48 prese forma la serie più famosa delle predicazioni di Lombardi, la così detta “Crociata della Bontà”, in cui veniva annunciato, ad un'Italia stremata dalla guerra e profondamente dilaniata e divisa, l’amore e la riconciliazione come presupposti per voltare pagina e costruire una nuova civiltà, fondata su Cristo.

Alla conclusione della Crociata, nel 1949 Lombardi, pronunziò, a mezzanotte, un discorso radiofonico, che fu ascoltato in tutte le chiese e le piazze del Lazio, con più di 800.000 ascoltatori. Alla conclusione dell’Anno Santo del 1950 Padre Lombardi per ben 17 sere, predicò in tutto il Paese la “Crociata per un Mondo Migliore” attraverso la radio italiana. Ma oggi pare impossibile ascoltare la registrazione di quei discorsi.

Le prediche si svolsero per tutta l’Italia, anche via radio. Vennero concentrate nel periodo tra le due elezioni: per la Costituente nel 1946, e quelle politiche del 1948. La conclusione avvenne la notte del 7 dicembre 1948, con la Santa Messa celebrata da Papa Pio XII nella sua cappella privata, commentata da Lombardi stesso e trasmessa dalla Radio Vaticana. Ad essa si collegarono tutte le Chiese d’Italia e simultaneamente migliaia di sacerdoti celebrarono la Messa in contemporanea con il Papa. Delle moltitudini che seguirono quella celebrazione si calcola che almeno 10 milioni di persone ricevettero i sacramenti della confessione e della comunione. L'influenza, che Lombardi esercitò in quel periodo cosi difficile per l’Italia e per la Chiesa, fu un evento anche politico di vaste proporzioni. A partire dal 1946, quando il movimento attorno a Lombardi cresceva a dismisura, ci si rese conto che non era più sufficiente che fosse solo lui a predicare. Pio XII diede il consenso di affiancargli Padre Virginio Rotondi, gesuita e don Giuseppe Casali, diocesano. A questi si aggiunsero più tardi Padre Piantoni, saveriano; Padre Angelo Sapa, scolopita; Padre Sinaldi, domenicano; Padre Giampaolo Paludet, francescano; Padre Rossetti, cordimariano. Si sarebbero poi aggregati anche alcuni collaboratori laici, tra cui Enrico Medi, professore di fisica atomica all’Università di Roma e in seguito deputato del Parlamento italiano. Più tardi, iniziò l’integrazione di religiose di diverse congregazioni e di laici, anche sposati. Padre Lombardi fu ben felice che altri lo affiancassero, ma nessuno di costoro ebbe il suo carisma, anche se tutti cercarono di imitarne lo stile.

Dall’Italia la predicazione del “microfono di Dio” si trasferì all’estero: a Vienna, in Germania, a Parigi, negli Stati Uniti e in molti Paesi dell’America Latina. A questo punto il movimento che Lombardi stava ‘innescando’ assunse dimensioni mondiali.

Con la morte di Pio XII, Lombardi vide diminuire la sua influenza. Infatti, con i suoi discorsi di riforma della Chiesa, Lombardi ne aveva dette abbastanza da procurarsi numerosi avversari dentro gli ambienti della curia romana. Il libro che egli scrisse nel 1961 “Concilio: per una riforma nella carità” scatenò le più dure reazioni: tra queste ci fu un articolo di condanna pubblicato sull’Osservatore Romano l’11 gennaio 1962. Giovanni XXIII si preoccupò di chiudere al più presto la polemica temendo che ne potessero risentire i lavori del Concilio. Per placare i toni del confronto Lombardi decise di non diffondere il libro. Questa scelta lo ferì molto. Dopo che per la riforma della Chiesa aveva speso tutte le sue energie, per Lombardi fu un momento di grande amarezza. Il silenzio che gli venne imposto sembrò essere un atto di condanna, ma in seguito fu considerato come l’ unica soluzione che avrebbe permesso la sopravvivenza del Movimento per un Mondo Migliore. Si pensò che proprio spegnendo i riflettori su Lombardi, Giovanni XXIII avesse sottratto il Movimento al rischio di crollare sotto i colpi dei nemici all’interno della Chiesa. Comunque fu l’inizio di un periodo molto amaro per il gesuita, che si vide costretto a ridimensionare il suo servizio dentro la Chiesa, ma anche a subire le reazioni più dure di chi lo accusava di essere un visionario malato di protagonismo.

Padre Lombardi credeva in quello che diceva e quindi voleva dare seguito ai contenuti delle sue prediche. Il suo forte anticomunismolo aveva messo prima in urto con De Gasperi quando, in occasione delle elezioni amministrative del ’52, papa Pio XII chiese l’alleanza con i partiti di destra e con i monarchici. Una linea politica che De Gasperi rifiutò nettamente, rifiuto che frutterà la nascita dell’Uomo Qualunque, un movimento che prese voti proprio dall’ elettorato moderato della DC. In seguito anche i rapporti con il Santo Padre divennero critici: Padre Lombardi sognava una Chiesa diversa, più aperta ed anche più sincera, ma i tempi non erano maturi e quando lo saranno la Chiesa sarà molto indebolita.

L’anticomunismo di Padre Lombardi era rispettato persino dalla base del PCI, perché egli parlava ispirato da una fede profonda ed assolutamente sincera. Non era altrettanto bene accetto da chi meditava di fare un accordo con i comunisti. L’accordo ci fu, ma i risultati con gli anni si rivelarono disastrosi, perché nel frattempo il comunismo, trasformato in una galassia di movimenti di sinistra, perse una ad una le sue poche qualità e finì per ridursi a sostenere il degrado morale e spirituale della società.

Nei primi anni del dopoguerra la Chiesa Cattolica aveva un prestigio enorme e la gente riempiva le chiese. A Pesaro il santuario della Madonna delle Grazie per alcuni anni fu inagibile perché danneggiato dalle bombe. Vicino esisteva una chiesetta che apparteneva allo stesso santuario. Questa chiesetta era sempre piena di gente che si metteva in coda per entrare. Restaurato il santuario, la chiesetta venne demolita per far posto al solito palazzo in vetro e cemento. È incredibile il fatto che oggi il parlamento europeo non abbia voluto riconoscere le radici cristiane dell’Europa e si stia a cianciare invece di radici giudeo-cristiane, quando allora gli ebrei sopravvissuti manifestavano la loro sincera riconoscenza alla Chiesa ed agli istituti religiosi che li avevano salvati sfidando la rappresaglia dei tedeschi. Oggi sono gli ebrei a prevalere sul cattolicesimo, che vogliono ridurre al ruolo di ente socialmente utile.

Padre Lombardi si dedicò in seguito interamente alla costruzione del “Movimento per un Mondo Migliore”, uno spazio aperto a tutti, religiosi di ogni ordine e laici in una unione spirituale e con vocazione missionaria. Ma anche questo non piacerà troppo alle gerarchie ecclesiastiche. Quando l’11 ottobre del ’62, si aprirà il Concilio Vaticano II, Padre Lombardi, che su incarico di Pio XII anni prima aveva preparato un documento preliminare al Concilio, non verrà neanche convocato. La Chiesa, come chiedeva Padre Lombardi, arriverà molto più tardi ad un confronto con le altre religioni, ma ci arriverà costretta, indebolita, per aver subìto una crisi profonda a cui grandi papi come Paolo VI, Wojtyla e Ratzinger non riusciranno ad opporre rimedi efficaci.

Lombardi sperò infine in Paolo VI, ma anche questa volta le sue idee vennero giudicate eccentriche, forse eccessive. Cominciò così il “periodo oscuro” di Padre Lombardi, con una profonda depressione, che segnerà i suoi ultimi anni, illuminati solo dall’incontro tardivo con Giovanni Paolo II. Dopo la sua morte, nel 1979, la Chiesa si aprirà ed inizierà il confronto con le maggiori religioni mondiali, ma sarà un’apertura condotta in condizioni di debolezza perché da molti anni il consenso verso la Chiesa Cattolica si era attenuato. Il “Movimento per un Mondo Migliore”, voluto da Lombardi, verrà riconosciuto solo come Associazione privata di fedeli.

Attentato a Togliatti – Il partito comunista deve rinunciare alle armi

Nello stesso anno delle elezioni, il 1948, Togliatti subì un attentato che scatenò la rivolta dei comunisti, che nell’occasione esibirono le armi di cui disponevano. Raccontando ciò che ho visto, ricordo che a Pesaro i ragazzi della celere piazzarono le mitragliatrici in mezzo alle strade di accesso al centro storico. Di questo particolare ho un ricordo preciso perché i chiodi per fissare sulla strada vicino a casa il treppiede della mitragliatrice, non penetravano nell’asfalto, sotto cui c’era una lastra di cemento. Pesaro era ed è rossa. La sede della polizia venne abbandonata perché, essendo in centro, era indifendibile. A cose finite le armi vennero sequestrate ed esposte riempiendo in un salone della caserma dell’ esercito. Tra queste c’era anche un cannone anticarro.

Questo era il clima in cui predicava Padre Lombardi che, non si deve dimenticare, si rivolgeva a gente commossa ma ben armata. Non erano discorsi da salotto i suoi, il suo non era un cristianesimo per circoli culturali.

Allora la linea ufficiale del partito comunista era quella espressa nel Congresso del dicembre 1945: la «democrazia progressiva». L’espressione appariva abbastanza sfuggente. I comunisti non avevano in programma di abrogare apertamente le libertà politiche e civili, ma chiedevano riforme sociali drastiche, con una partecipazione popolare obbligatoria, tutte riforme preliminari alla creazione di uno Stato socialista sul modello sovietico. In vari testi si affermava infatti che la forma più avanzata di democrazia era rappresentata proprio dall’Unione Sovietica. Nello stesso congresso i delegati si erano presentati armati. Il rapporto di polizia sull’evento parlava della impossibilità da parte delle forze dell’ordine di intervenire, e specificava: «Si notano elementi in uniforme con fazzoletto rosso e gradi, armati, che farebbero parte della “polizia del popolo”».

Il Partito Comunista Italiano non rinunciava assolutamente all’idea di una conquista militare del potere, come riconosciuto dalla stessa ex dirigente del Partito Comunista Miriam Mafai.(da Luciano Atticciati – (2))

Che cosa era cambiato nell’animo degli italiani con il crollo del fascismo

Cerchiamo di richiamare alla memoria i fatti di quegli anni. Gli storici si sono affrettati a riconoscere la fine del fascismo nell’assenza di reazioni dopo che il re Vittorio Emanuele III fece arrestare Mussolini. Non ci furono tumulti, la gente rimase in silenzio, anche se aveva ascoltato ed approvato pochi giorni prima i discorsi infuocati di Mussolini.

In realtà le cose sono molto più complesse. Il fascismo era riuscito ad apparire come la conclusione del Risorgimento. La prima guerra mondiale, era stata la nostra quarta guerra di indipendenza. Dopo la vittoria italiana la Chiesa si decise finalmente ad abbandonare l’Austria, che aveva sempre visto come il suo principale sostegno, ma che nel frattempo era uscita di scena come potenza militare. Firmò finalmente il Concordato con l’Italia, lasciando che fosse Mussolini a ricavarne i maggiori vantaggi politici. Il Duce del fascismo in quegli anni divenne arbitro ed artefice unico della storia italiana. La gente lo osannava, gli oppositori politici avevano perso argomenti contro i lui.

Mussolini non fu un Cromwell nella politica italiana, ma piuttosto un Masaniello, anche se di maggior levatura, tuttavia destinato a finire nello stesso modo. Mussolini lasciò un vuoto che gli italiani non poterono certo colmare riempiendosi di antifascismo. Per il fascismo sin dagli anni del consenso gli inglesi prepararono un tranello, che sarebbe stato ripetuto con la Polonia per indurla a sfidare la Germania. Gli inglesi indussero il Negus a tenere atteggiamenti aggressivi contro l’Italia. Per incoraggiarlo gli fornirono armi di ogni genere, anche armi moderne come il cannone a tiro rapido Bofors. Allo stesso modo nel 1938 avrebbero dichiarato di appoggiare la Polonia, contro una Germania che si pensava fosse ancora debole. Gli inglesi avevano capito che il tempo lavorava a favore di Hitler, che si rafforzava politicamente e militarmente. Anche Mussolini faceva progressi ed il tempo lavorava a suo favore. Bisognava distrarlo, fargli perdere tempo e soldi. Che cosa di meglio del miraggio di un posto in Africa? Mussolini sbrigativamente contro gli abissini usò i gas. Ma questo agli inglesi non interessava nulla. Gli italiani si sarebbero entusiasmati per avere un piccolo impero, per giunta indifendibile. Nel frattempo non avrebbero costruito nuovi aeroplani. E poi ci fu la Spagna, dove bisognava fermare i comunisti, per di più comunisti molto intraprendenti. L’Italia andava benissimo per fare un lavoro che le potenze occidentali politicamente non potevano permettersi. Nel frattempo di comunisti in Italia non c’era più neppure l’ombra.

Il comunismo italiano

I diretti interessati hanno sempre sostenuto che il comunismo in Italia è cosa molto diversa da quello sovietico al quale peraltro apertamente si ispirava.

Prendiamo una fetta di storia poco nota: i rapporti tra i polacchi del Generale Anders e i comunisti italiani. Da questi fatti si deduce che sin dal 1945, quando la guerra era appena terminata ed avevano inizio le vendette personali, camuffate da purghe politiche, i comunisti avevano un’organizzazione politica e militare efficiente ed in grado di confrontarsi non solo con gli italiani non comunisti, ma di contrastare le forze armate che avevano appena cacciato i tedeschi. Ma quello era veramente un partito comunista, marxista stalinista? Come era stato possibile diffondere il verbo del credo proletario in così poco tempo in regioni che all’inizio della guerra erano in maggioranza fasciste?

Viene il sospetto che il comunismo italiano fosse nato ripescando nella memoria del popolo, sino a risalire molto indietro nel tempo, sino alle rivolte contro i francesi, quando Bonaparte scese in Italia nel 1796. Nella storia italiana, dopo secoli, quella fu la prima occasione in cui gli italiani presero le armi e combatterono. Furono rivolte che nascevano dal rifiuto dell’ateismo giacobino, quindi come collegarle allo spirito ateo del socialismo e del comunismo, che in un certo senso sono eredi dei giacobini? È necessario seguire l’iter che portò ad un così radicale rovesciamento dell’opinione popolare. Lo stesso fascismo presso il popolo appariva ed era un movimento di ribellione anticlericale.

Intanto osserviamo che la storia ufficiale trascura il ruolo svolto dalle rivolte popolari contro i francesi e contro la distruzione della fede cristiana. La storia dimentica anche la resistenza al neonato stato sabaudo, che goffamente aveva finito per scimmiottare i modi e le idee dei francesi figli della Rivoluzione. La rivolta contro i francesi fu una vera guerra di popolo, contro chi voleva cancellare l’anima cristiana degli italiani e sostituirla con il nulla dell’ ateismo. Anche la guerra combattuta in seguito dai briganti del meridione contro le truppe del generale Cialdini, dopo l’annessione all’Italia piemontese, fu una guerra di popolo. Ma il popolo venne sempre sconfitto e non sarebbe potuto andare diversamente, poiché era impreparato alla guerra e non aveva un progetto alternativo a quello dei suoi nemici. Così quel popolo maturò la rabbia e l’odio contro i poteri che l’ avevano piegato. E tra questi poteri c’era anche la connivenza mascherata del clero, che ben presto si era piegato, dimostrando di non credere alla fede che predicava.

Il papato fece due errori fatali che gli inimicarono gli italiani ed in particolare le popolazioni dello stato pontificio. Prima per codardia cercò un compromesso con i francesi e con le loro idee anticristiane. Poi, dopo la restaurazione, dimenticò le sofferenze della popola-zione e ripristinò un governo più vessatorio e tirannico del precedente. Il papato era dominato dall’alto clero, strettamente legato alla nobiltà che orbitava attorno alle case regnanti ed impegnata solo a difendere i suoi privilegi. Successivamente non disdegnò simpatie verso la ricca borghesia nascente. Questi fatti, poi largamente dimenticati dalla storiografia sabauda, furono all’origine delle convinzioni anticlericali che si radicarono nelle regioni dell’Emilia e della Romagna, le stesse che qualche decennio prima avevano combattuto contro i francesi giacobini per difendere la fede cristiana.

Anche il Piemonte si cacciò in un brutto equivoco. La guerra spietata che i piemontesi ingaggiarono contro il brigantaggio meridionale si sovrappose e finì per apparire come una continuazione della guerra giacobina condotta dai francesi qualche decennio prima. Lo stato sabaudo divenne ostentatamente ateo ed anticlericale. Il papa Mastai Ferretti, Pio IX si prodigò sino all’ultimo giorno di vita per attirarsi l’odio dei romani e di molti italiani. Durante i funerali la sua bara rischiò di finire nel Tevere. Politicamente non si poteva fare di più per distruggere la Chiesa come istituzione sovranazionale e come stato con un dominio territoriale. Il fatto che poi la Chiesa si sia salvata, nonostante l’impegno di molta parte del clero per distruggerla, costituisce, a mio parere, una prova tangibile dell’intervento soprannaturale in suo soccorso.

Per cercare di capire il comunismo italiano torniamo all’ultimo anno di guerra, quando i tedeschi erano stati appena cacciati. Il 14 maggio 1945, a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), i polacchi sfondarono la porta della sede dell’ANPI (Associazione Nazionale Par-tigiani d’Italia) prendendo a pugni chi stava all’interno. A guerra finita i partigiani si moltiplicarono e divennero una istituzione a cui era, ed è tutt’ora, obbligatorio rendere omaggio. I polacchi che avevano potuto combattere in Italia contro i tedeschi venivano dai campi di prigionia sotto Stalin, che li rilasciò per formare un contingente destinato al fronte italiano. Ma i polacchi odiavano i russi almeno quanto odiavano i tedeschi e forse anche di più. Vedere gli italiani che inneggiavano al comunismo e che parteggiavano per l’Armata Rossa li faceva arrabbiare molto. Si arrivò ad una serie di scontri armati tra polacchi e comunisti italiani. Ci furono morti e feriti da entrambe le parti. La tensione tra i soldati polacchi e le organizzazioni comuniste italiane proseguì fino all’autunno 1946, quando i polacchi con il generale Anders, lasciarono l’Italia per raggiungere l’Inghilterra. (da Giovanni Alberti)

Il comunismo ed il socialismo in Italia costituirono strutture organizzate molto forti. Le regioni rosse del Centro Italia (Liguria, Emilia, Toscana) ottennero di fatto dal governo nazionale una specie di secessione. Il comunismo italiano è sopravvissuto alla scomparsa del comunismo nel resto del mondo, rivelando un carattere autonomo, anche se autodistruttivo, nichilista, un carattere che una esteriorità giustizialista non riesce a coprire o giustificare. La sua inconsistenza ideologica viene colmata da ricorrenti persecuzioni scatenate contro gli avversari di turno, avversari che sono venuti dopo i tanti morti ammazzati nell’immediato dopoguerra nel triangolo rosso. Ma tutta l’area di sinistra si evidenzia come movimenti essenzialmente anarchici, che vivono contro un governo al quale sono pregiudizialmente ostili, ma incapaci di dar vita ad un sistema politico alternativo, concretamente realizzabile. Sembra che si perpetui l’amarezza, la rabbia e la disillusione ereditate sin dalle sconfitte della insorgenze, quando alla fine da cristiani divennero giacobini senza saperlo.

Un rapido riassunto storico degli anni del dopoguerra

Sino a che l’Unione Sovietica fu una potenza militare tale da fronteggiare quella statunitense, i comunisti italiani le hanno dimostrato un grande attaccamento. Tramontata la potenza sovietica, i comunisti hanno offerto il loro immutato servilismo agli americani. Questo atteggiamento disinvolto testimonia quanto in realtà fossero fragili le basi ideologiche dei comunisti italiani, che, con qualche buona ragione, avevano sempre sostenuto essere molto diversi dai sovietici. Il mutato atteggiamento della sinistra ebbe un’ influenza decisiva sulla politica italiana. Passate al servizio degli americani, le sinistre vennero legittimate a governare. Ma dovettero pagare un prezzo: la svendita del sistema economico statalizzato, dopo che il controllo sulle nostre forze armate era già stato ceduto subito dopo la fine della guerra. Per la sinistra di oggi, godereccia e borghese sino al midollo, la svendita delle partecipazioni statali fu un prezzo lieve. Forse neppure si accorse delle conseguenze. Il momento critico delle scelte politiche si svolse negli anni immediatamente dopo la fine della guerra. I comunisti controllavano molti gruppi partigiani, che tardavano a sciogliersi. Grazie ad una organizzazione ferrea, guidata da Mosca, con quadri dirigenti costituiti da elementi tornati dall’Unione Sovietica e da altri formati nella lotta partigiana, i comunisti erano ben decisi a prendere il potere in Italia. In una eventuale e non improbabile guerra civile, contrapposti alle forze di sinistra c’erano i partigiani bianchi e le forze di occupazione angloamericane. Almeno nella fase iniziale dello scontro, era da escludere un inter-vento diretto dell’armata rossa, anche se aveva distaccamenti in Austria, molto vicini ai nostri confini.

In forza del trattato di Yalta, che assegnava l’Italia all’Occidente, era ben difficile che l’Unione Sovietica sfidasse apertamente la minaccia della bomba atomica americana. Neppure la Jugoslavia, che era ancora legata all’Unione Sovietica, ben difficilmente sarebbe andata oltre qualche molestia al confine di Trieste. Tuttavia, come si è già detto, tutti stavano con le armi al piede in una situazione di tensione sia ai confini che all’interno.

Nell’immediato dopoguerra gli inglesi avrebbero voluto distruggere le nostre industrie rimaste ancora in piedi, come stavano facendo in Germania. Ma c’erano i partigiani, che erano armati e pronti a difendere le fabbriche. In questo frangente svolsero un ruolo positivo. E poi c’era Stalin, che aveva una certa benevolenza verso l’Italia. E’ per questo che salvammo le industrie dalla demolizione e Menichella ottenne di conservare l’IRI, mentre Mattei, che aveva l’appoggio dei partigiani bianchi, ottenne di salvare l’AGIP e creare poi l’ENI. Non esistevano ancora forze armate governative per consentire le demolizioni volute dagli inglesi, le cui prodezze con i bombardamenti delle città erano ben stampate nella memoria di tutti. Gli “alleati” ci fecero firmare un trattato di pace indecoroso con alcune clausole ancora oggi segrete. Ma non lo rispettammo, perché il problema principale per gli angloamericani fu poi quello di evitare che i comunisti prendessero il potere, con la protezione dell’armata rossa.

La nostra forza contrattuale cessò con la caduta del muro di Berlino. La stessa cosa si verificò con la Romania, dove sacrificarono Ceausescu e consorte, dopo che venne meno la possibilità di avvantaggiarsi della posizione di regione al confine dell’impero sovietico, come noi eravamo al confine di quello americano.

Da noi sacrificarono Craxi e i molti suicidati di “mani pulite”, tra cui Gardini, personaggio che avrebbe dato fastidio durante le previste future operazioni di saccheggio dell’Italia. Strano suicidio quello di Gardini, la cui testa “esplose” per un proiettile che non poteva essere sparato da una pistola.

Ciò che personalmente non posso perdonare alla sinistra italica è il fatto di aver buttato a mare per prima le nazionalizzazioni insieme a tutta la politica sociale, compresa l’edilizia popolare. Per anni ho dovuto sorbirmi le loro tirate contro l’industria privata alla quale lo Stato non avrebbe dovuto concedere nulla, neppure un minimo sostegno per la ricerca tecnologica. In realtà lo Stato concesse alle grandi industrie sostegni finanziari cospicui a fondo perduto. Questi sostegni in pratica cessarono solo con l’arrivo delle leggi europee. Oggi gli stessi, che dovrebbero rappresentare la sinistra, hanno l’impudenza di presentarsi come i più intransigenti sostenitori dell’economia liberista senza vincoli e di fatto senza regole.

Accusano il governo Berlusconi di non aver fatto nulla per aiutare le imprese a non fallire e dimenticano che i governi europei, obbligati a rispettare le regole liberiste imposte dall’Unione Europea, non dispongono di strumenti per intervenire contro la crisi, che semplicemente non era stata prevista negli statuti della Comunità europea. I Paesi maggiori: Francia, Germania e Inghilterra continuano a svolgere la loro politica nazionale, ma noi abbiamo in prima fila ancora le sinistre a fare il cane da guardia per il rispetto ad oltranza delle decisioni demenziali degli organismi europei. Il credo, che pone il mercato a supremo ed esclusivo regolatore di tutta l’economia, è stato da molta parte della nostra sinistra abbracciato senza nessuna critica, ma in periodo di crisi questo credo porta alla rovina certa. Appare chiaro che la sinistra italiana, che non può più chiamarsi comunista a causa dell’estinzione del comunismo internazionale, continua a svolgere un ruolo distruttivo delle realtà italiane, come eredità di una rabbia popolare la cui origine, come si è detto, risale addirittura alle insorgenze, vere guerre popolari, sconfitte da un potere esterno alla realtà italiana.

Padre Lombardi ed il Concilio Vaticano II

Dopo questo quadro succinto della realtà italiana e del contesto internazionale in cui si collocava, torniamo alle vicende di Padre Lombardi. Già nel novembre 1965, durante un ritiro, predicando ad un folto gruppo di padri conciliari della IV e ultima sessione del Concilio Vaticano II, Lombardi presentava, tra i frutti auspicabili e pertinenti del Concilio, la proclamazione conciliare del dogma della fraternità universale (3). Il discorso potete ascoltarlo qui di seguito:



Questa esortazione non fu bene accetta, anzi rinfocolò le incomprensioni, gli attacchi continui che gli erano portati da esponenti dell’apparato ecclesiastico centrale. Vennero criticate anche le sue conferenze ai vescovi. Come si è detto l’ostilità della Curia fu all’origine di una grave forma di depressione psichica, in cui cadde Padre Lombardi a partire dal 1967 e dalla quale egli riemerse dopo circa un anno talmente sconvolto da riconoscere maturo per lui il tempo del “lavoro silenzioso”.

Come si è detto Padre Lombardi aveva goduto dell’appoggio incondizionato di Pio XII, il Papa che seppe condurre la Chiesa nell’inferno della Seconda Guerra Mondiale. Ma, scomparso Pio XII, riaffiorarono gli interessi di gruppi religiosi potenti, che cercavano in vario modo di trovare un modus vivendi con il comunismo. Questa scelta, in se nobile e giusta, in realtà mascherava anche il desiderio di alcuni per avere mano libera nel fare affari, ovvero raggiungere quel benessere, che, dopo la guerra, si stava diffondendo come un nuovo stile di vita. Uno stile di vita dove i grandi ideali lentamente si corromperanno.

Perché la predicazione di Padre Lombardi era destinata a non avere uno sbocco politico concreto – Il rapporto sbagliato con la Scienza

La risposta parte da molto lontano. Il cristianesimo non può trovare la sua giusta collocazione nella società sino a quando non chiarisce il suo rapporto con la Scienza, sino a quando non è in grado di fare una proposta concreta circa il proprio ruolo nella società di oggi. Questa affermazione potrebbe apparire destituita di ogni fondamento per la maggior parte degli esperti di dottrina cristiana. Il guaio è che gli storici, i letterati e tutti gli altri dediti a settori umanistici non hanno la minima percezione dei legami strutturali tra l’ economia, l’industria e la Scienza applicata. Negli ultimi decenni poi, anche presso i pianificatori dello sviluppo, si è diffusa la convinzione che siano l’economia e la finanza i veri motori del progresso. Così viene mascherato e dimenticato il ruolo primario svolto dalla Scienza applicata sin dal nascere dell’industrializzazione.

L’atteggiamento critico ed ostile verso la Scienza causò alla Chiesa una serie di sconfitte. Alla fine del lungo scontro la Chiesa ha dovuto accettare un ruolo subordinato rispetto alla Scienza. E questo è un altro errore, che tuttavia almeno ha il merito di chiudere la serie di errori precedenti, in cui contro la Scienza veniva formulata una condanna assurda.

Ma dove si annida l’errore iniziale? L’errore è nel non aver voluto accettare l’idea che la Scienza sia nata proprio dallo spirito del cristianesimo, che è la religione dell’amore ma anche la religione della verità. Nulla ci autorizza a fermarci alle verità della fede, ma dobbiamo comprendere anche le verità del mondo fisico, le verità di tutto ciò che ci circonda e che tutto è opera di Dio.

Il guaio è che conquistare quelle verità non è solo una crescita della pura conoscenza ma anche crescita di potere sul mondo fisico. E il potere fa inorgoglire e rischia di dare ebbrezza e stordimento da far dimenticare che il creatore di tutto è Dio. La Chiesa si è affrettata a denunciare questo pericolo sin da subito, appena si formavano le prime riflessioni sulla natura e sui misteri del mondo fisico. Ma la denuncia era dettata anche dalla volontà di conservare alla Chiesa il controllo della cultura e del pensiero, di cui aveva il monopolio. Cultura e pensiero che erano stati chiusi in una gabbia di dogmi molto rigidi. Quindi la condanna a priori era priva di solide basi razionali e si tradusse in un progressivo discredito per la Chiesa, che ha condannato, ha represso, così che la Scienza crescendo è diventata uno strumento nelle mani dei nemici della fede e della trascendenza. La Scienza per alcuni secoli divenne il principale strumento di propaganda dell’ateismo e della secolarizzazione. Questo spinse la Chiesa ad una opposizione sempre più rigida sino a che alla fine venne travolta.

Le conseguenze di questa scelta, che ha origine dalla fine del medioevo, furono di enorme gravità. L’ostilità ideologica, che si sviluppò all’interno dello stesso mondo cristiano, scoppiò a causa dell’ostacolo che la Chiesa creava nel cammino verso il dominio della natura, verso il miglioramento della vita. L’Illuminismo nacque come scienza dei lumi contrapposta all’oscurantismo della religione cristiana. La Chiesa Cattolica rispose a questa offensiva paralizzandosi e paralizzando qualsiasi innovazione. Le Chiese protestanti furono più flessibili ed subirono una minore ostilità da parte dei movimenti rivoluzionari. Ma alla fine anche esse furono travolte.

Anche se Padre Lombardi si limitò nelle sue predicazioni alla sfera morale e non entrò nel problema del rapporto con la Scienza, la Chiesa continuò ad emarginarlo come aveva condannato tutti coloro che prima di lui avevano cercato di assegnare un ruolo fondamentale alla fede cristiana dentro il mondo reale, fatto non solo di sacrifici, di duro lavoro e di aspirazione alla vita eterna, ma anche di esaltazione per i progressi della tecnica e della conoscenza. Padre Pio non si limitò a fare i miracoli, ma fece costruire un grande ospedale dove la Scienza medica potesse anch’essa fare i suoi miracoli. Eppure la Chiesa continuò a pretendere di essere considerata arbitra nelle contese tra le nazioni. Solo il papato avrebbe posseduto, in contrapposizione al liberalismo e al socialismo le soluzioni di carattere universale valide per tutti i problemi sociali. Sino all’enciclica Centesimus annus (1991), celebrando il centenario della Rerum novarum, Giovanni Paolo II sostiene che la dottrina sociale della Chiesa offre le soluzioni più idonee a tutti i problemi dell’età contem-poranea e che ancora oggi non ci sarebbe vera soluzione della questione sociale fuori dal Vangelo. (4)

Il mondo moderno nasce con i progressi della Scienza e della Tecnica e costituisce un fatto unico nella storia dell’umanità. Se vogliamo trovare qualche cosa di simile dobbiamo citare ciò che si verificò fra il 5000 ed il 3000 AC, quando avvenne un fondamentale processo di evoluzione: la prima rivoluzione dei mezzi di produzione, la rivoluzione agraria, durante la quale alcune popolazioni da nomadi diventarono sedentarie, dedicandosi all'agricoltura e all'allevamento. Vennero addomesticati il bue, la capra, l’asino e la pecora, e si misero a coltura il frumento e l'orzo, seguiti dalla vite e dall’ulivo. Questa rivoluzione agraria, alle soglie della modernità, venne ripresa e perfezionata nei monasteri cristiani sino a qualche secolo dopo l’anno mille.

Ma che cosa ha determinato i progressi della Scienza e della Tecnica?

Nel mondo esistevano, come in India ed in Cina, strutture sociali ben più progredite di quelle dei popoli europei cristiani. Perché quei progressi sono sorti proprio presso i popoli europei? Non può essere un fatto fortuito che quei popoli europei fossero portatori della fede cristiana. Dentro il mondo cristiano furono i popoli che scelsero la Scienza applicata ad emergere. Mentre al contrario quelli che la ignorarono perirono. Si pensi alla scomparsa della grande civiltà bizantina, che fece della Scienza un mondo chiuso ed autoreferenziale, si pensi a Venezia, che disponeva di grandi capitali, grande cultura e di solide strutture statali. Dopo la battaglia di Lepanto cessò qualsiasi forma di innovazione. Al contrario l’Inghilterra fece del progresso della Scienza e delle sue applicazioni il perno della sua forza. Anche la Francia prima e la Germania poi entrarono nella competizione sul terreno delle applicazioni della Scienza. Gli Stati Uniti assegnarono alla Scienza applicata un ruolo fondamentale sin dall’inizio della loro storia. L’Italia arrivò buona ultima ma ebbe grandi successi. Da qualche decennio, affogando nelle chiacchiere, ha deciso di uscire.

Pare che la Chiesa si sia ostinata a non vedere proprio ciò che era nato tra le mura dei suoi monasteri. Eppure molti studiosi (5) hanno dimostrato che la Scienza moderna è nata dalla Scolastica e dal pensiero filosofico cristiano. Ostinata a non vedere a tal punto che quando nel Concilio Vaticano II si è trattato di descrivere, definire la natura, l’essenza del mondo moderno, ne sono uscite affermazioni monche ed incomplete, criticate dallo stesso papa Benedetto XVI, che, nelle vesti del Cardinale Ratzinger aveva contribuito alla loro stesura. Le critiche del papa Benedetto XVI al Concilio Vaticano II sono raccontate da Paolo Pasqualucci (6) partendo dall’enciclica Gaudium et spes, la celebre Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (De Ecclesia in mundo huius temporis):

«Tra i francesi si mise sempre più in primo piano il tema del rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno, ovvero il lavoro sul cosiddetto “Schema XIII”, dal quale poi è nata la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Qui veniva toccato il punto della vera aspettativa del concilio. La Chiesa, che ancora in epoca barocca aveva, in senso lato, plasmato il mondo, a partire dal XIX secolo era entrata in modo sempre più evidente in un rapporto negativo con l’età moderna, solo allora pienamente iniziata. Le cose dovevano rimanere così? La Chiesa non poteva compiere un passo positivo nei tempi nuovi?»

In realtà Chiesa era entrata in contrasto con la società civile molto prima, nel XVIII secolo.

«Dietro l’espressione vaga “mondo di oggi” [huius temporis] vi è la questione del rapporto con l’età moderna. Per chiarirla sarebbe stato necessario definire meglio ciò che era essenziale e costitutivo dell’età moderna. Questo non è riuscito nello “Schema XIII”.Sebbene la Costituzione pastorale esprima molte cose importanti per la comprensione del “mondo” e dia rilevanti contributi sulla questione dell’etica cristiana, su questo punto non è riuscita a offrire un chiarimento sostanziale».

Dunque:nel giudizio del Papa la Gaudium et spes (GS) non è riuscita a definire bene il proprio oggetto ossia a darci un concetto valido di “mondo contemporaneo”.Lo “Schema XIII” dal quale è nata, elaborato soprattutto dall’episcopato francese, era evidentemente carente e le sue manchevolezze si sono mantenute nella Costituzione.Se ben mi ricordo, non fu l’allora cardinale Ratzinger a sottolineare, diversi anni fa, che la GS rappresentava una sorta di “Controsillabo”, dal momento che essa aveva voluto chiudere l’epoca dello scontro frontale con il “mondo” (per l’appunto esemplificata da ultimo nel Sillabo di Pio IX, 1865) per aprire quella della comprensione e del dialogo? Ma se ora, nelle parole stesse di Papa Ratzinger la GS viene giudicata manchevole proprio perché “non è riuscita a offrire un chiarimento sostanziale” per ciò che riguarda il concetto stesso di “mondo”, della modernità, il supposto suo valore di “controsillabo” a cosa si riduce? Non viene ad azzerarsi del tutto? …

È vero che il Romano Pontefice attribuisce alla GS il merito di aver espresso “molte cose importanti per la comprensione del “mondo” e di aver dato “rilevanti contributi sulla questione dell’etica cristiana”.Tuttavia, non dice quali siano state queste “cose importanti” e quali “i rilevanti contributi”.In ogni caso tali lodi, rivolte ad aspetti importanti ma parziali del testo conciliare, nulla tolgono alla sua critica, che a me non sembra di poco momento. Il rilievo è assai pesante, se si guarda alla sostanza, al di là della forma pacata e distaccata tipica dello stile di Benedetto XVI.Questa critica ci dice, in parole povere: “La GS non ha saputo chiarire il proprio oggetto, non ha saputo darci un concetto soddisfacente di mondo moderno”. Come a dire: è mancata al suo scopo.

Il cristianesimo e il mondo – Francesco Bacone

Da quando si è presentata al cristianesimo la necessità di rapportarsi con l’ambiente naturale, è stato sollevato il problema di come interpretarlo. Nel pensiero pagano, che precedette il cristianesimo, questo problema era sconosciuto. I romani erano molto pragmatici e aggredivano la natura piegandola ai loro progetti senza alcuna remora filosofica o religiosa. Per il cristianesimo era diverso: Dio era l’unico creatore della Terra e di tutto l’ Uni-verso. La natura rispecchiava la mano di Dio che l’aveva creata oppure era lo spazio in cui il demonio poteva agire a suo piacimento? Il mondo classico vedeva nella natura una sorta di panteismo evanescente, in cui gli alberi, le montagne, i fiumi nascondevano una folla di divinità minori. Lo spirito pragmatico dei romani non si era certo fermato a contemplare questa natura brulicante di una labile vita di misteriosi esseri immaginari. Nella mitologia nordica saranno elfi alati ed orribili demoni.

Ma il cristianesimo doveva rifiutare queste credenze. Con cosa poteva sostituirle?

Fu la grande scoperta di San Francesco quella di dare un volto amico e sacro alla natura: frate sole, sorella luna e persino sorella morte. Ma già dentro i conventi si era cominciato a costruire nuove macchine per l’agricoltura, per la tessitura, per la lavorazione delle pietre; si erano cercati e trovati nuovi farmaci. Forse Il primo che parlò di scienza della natura nell’ambito della fede cristiana, fu il francescano Francesco Bacone (7). Per questa ragione il sospetto di stregoneria lo perseguitò durante tutta la vita. La benevolenza e l’interessamento del papa Clemente IV finì piuttosto per nuocergli invece che giovargli.

Il cristianesimo non fu la prima religione della verità. Ci fu una religione più antica, quella di Zarathustra, con la quale il cristianesimo ha un legame sia pure tenue: i Magi, sacerdoti della religione di Zarathustra, che si recarono a visitare Gesù durante la primissima infanzia. La religione di Zarathustra oggi è ancora praticata solo da poche migliaia di seguaci.

I peccati che non vengono perdonati

Nei Vangeli esistono riferimenti espliciti al culto della Verità: Parlando dei peccati che non possono essere perdonati, i tre Evangelisti Matteo, Marco e Luca, quasi con le stesse parole, affermano che solo la bestemmia contro lo Spirito Santo è il peccato che non può essere perdonato:

Matteo (Mt.12,31) “Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro”.

Marco (Mc.3,28): “In verità io vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna”.

Ed infine Luca (Lc.12,10-12): “Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato.

Non risulta che, in tempi recenti, la predicazione delle Chiese cristiane si sia soffermata molto su queste parole. Si tratta di una concordanza tra i Vangeli che non ammette dubbi circa l’esistenza di questo punto nella tradizione sin dagli inizi del Cristianesimo. Lo Spirito Santo è lo spirito di Verità, è fatto di Verità, esso è il depositario del segreto di tutto l’ Universo visibile e del mondo invisibile. Negare o ignorare la Verità significa peccare contro lo Spirito Santo.

Quando Cristo dichiarò lo scopo della Sua missione, durante il processo innanzi a Pilato, disse: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimo-nianza alla Verità. Chiunque è della Verità, ascolta la mia voce" (Gv. 18, 36). A questa affermazione Pilato, figlio del pensiero greco-romano, senza aspettare risposta, disse,: "Che cosa è la Verità?" (Gv. 18, 38). Per Cristo è implicito che esiste una sola Verità.

Il culto della Verità divenne la radice della Scienza, che è cresciuta sulle stesse basi del cristianesimo. Una Scienza libera anche di negare Dio, ma che non può mai negare il suo stesso fondamento, che è radicato nella concezione sacra della Verità. Oggi la Scienza è l'unico elemento che realmente unifica tutti i popoli della Terra. Si potrebbe dire: l'unica forma di "religione" universale, l'unica fabbrica di certezze (abusate), l'unica fonte di miracoli materiali, ai quali non possiamo sottrarci. La Scienza stessa, per sua natura destinata a rinnovare continuamente i suoi contenuti, raggiunge sempre nuove “verità”, che quindi necessariamente sono provvisorie, mai definitive, ma sempre uniche.

Sono passati quasi mille anni da quando è nata la Scienza, da cui è derivata la Scienza applicata: la Tecnica, che domina il mondo moderno. La Chiesa non ha del tutto compreso che la Scienza è frutto del cristianesimo e che la diffidenza e l’ostilità verso la Scienza erano del tutto ingiustificate. La Chiesa è dovuta arrivare ad essere quasi distrutta prima che cominciasse a capire che la Scienza non era opera del demonio, ma che era diventata ostile alla fede cristiana perché la Chiesa l’aveva osteggiata. I nemici della Chiesa avevano potuto utilizzare la Scienza contro la fede religiosa. La Chiesa osteggiò la Scienza ignorandone le scoperte.

Questa ignoranza contribuì alla sconfitta della Chiesa, mentre le popolazioni cattoliche, che si erano ribellate, venivano massacrate in nome del progresso contro l’oscurantismo religioso.

Professor Raffaele Giovannelli




1) Una breve storia di Padre Lombardi. La svolta che avrebbe segnato per sempre la vita di Riccardo Lombardi avvenne tre anni dopo la sua ordinazione sacerdotale, a trent’anni, mentre viveva a Firenze il periodo di formazione pratica, posteriore al noviziato e alla ordinazione sacerdotale. Il prefetto degli studi della Gregoriana, P. Boyer, d’accordo con il Superiore Generale della Compagnia di Gesù, invitò P. Lombardi a sostituirlo in un ciclo di conferenze all’Università di Padova. L’8 marzo 1938 P. Lombardi iniziò le conferenze sul tema: “Il problema filosofico della religione rivelata”. Non si trattava di un tema di facile divulgazione eppure fu un successo al di là del prevedibile. Di lì a poco venne invitato a predicare in altre università, quando l’Italia era ancora in piena Seconda Guerra Mondiale: Bologna, Torino, Pisa, Venezia. La partecipazione era tale che chi vi assistette ricorda come gli uditori si aggrappavano alle finestre pur di trovare posto nell’ aula. Iniziava un'avventura unica, che si sarebbe trasformata in un vasto fenomeno sociale, culturale e religioso di dimensioni mondiali. Nel giro di qualche anno P. Lombardi era divenuto un fenomeno, passando dalle aule universitarie ai teatri, poi alle cattedrali, alle piazze e perfino agli stadi. Intanto a lui si univano altri collaboratori. La sua parola conquistava il cuore della gente perché coglieva le aspirazioni e gli aneliti di una coscienza collettiva in cerca di riconciliazione, di pace e unità, dopo la tragedia della guerra. Nella fase culminante delle predicazioni nelle piazze, di fronte a decine di migliaia di persone, Lombardi concludeva chiedendo ai presenti di mettersi in ginocchio come segno di penitenza ed espiazione collettiva per i delitti e gli orrori della guerra.
2) Luciano Atticciati “Il Partito Comunista Italiano negli anni del dopoguerra” - Il grande partito della Sinistra italiana seguiva ufficialmente una linea politica moderata e contempo-raneamente una linea favorevole alla lotta armata per l’instaurazione di uno Stato di tipo sovietico. «…. Al termine dell’insurrezione una nota della direzione di Pubblica Sicurezza affermava che erano stati sequestrati: «Cannoni, 28 – Mortai e lanciagranate, 202 – Mitragliatrici, 995 – Fucili mitragliatori, 6.200 – Fucili e moschetti da guerra, 27.123 – Pistole e rivoltelle, 9.945 – Bombe a mano, 49.460 – Esplosivi, Q/li 5,7». «Gli storici si sono chiesti se tali eventi facessero pensare ad una precisa volontà di conquista militare del potere. Molti sono arrivati alla conclusione che non si possa escludere tale scelta. Anche da parte del governo, dei prefetti, e di De Gasperi risultava chiaramente l’idea che i comunisti si stessero preparando all’insurrezione».
3) Giancarlo di Giovine e Marco Orlanducci, “Padre Riccardo Lombardi. Il microfono di Dio”, Servizio RAI andato in onda martedì 24 agosto 2010 alle 23.45
4) Daniele Menozzi, La Chiesa cattolica e la secolarizzazione, Einaudi, 1993.
5) Edward Grant, Le origini medioevali della scienza moderna, Einaudi, 2001 – The Foundation of Modern Science in the Middle Ages. Their Religious, Institutional and Intellectual Contextes, 1996 Cambridge University Press, Cambridge
6) Paolo Pasqualucci: Sulle recenti critiche di Benedetto XVI al Concilio Vaticano II18 novembre 2012
7) Ruggero Bacone fu una figura complessa: frate, mistico, alchimista, astrologo, gram-matico, costruttore di specchi ustori, naturalista e forse, secondo una tradizione non confermata, scopritore della polvere da sparo. Bacone è senz’altro la personalità di maggiore spicco tra i discepoli di Roberto Grossatesta, da cui trasse origine la grande scuola filosofica di Oxford. Grossatesta, vescovo di Lincoln vissuto tra il 1175 e il 1253, fu l’esponente principale di quel filone della filosofia platonico-agostiniana che va sotto il nome di "metafisica della Luce", un modello sorto dalla volontà di coniugare la teologia cristiana con la concezione neoplatonica della causalità intesa come "irradiazione" di Dio nel mondo. Una specie di Illuminismo cristiano ante litteram. Bacone nacque fra il 1210 e il 1220 in Inghilterra a Ilchester, nella contea di Somerset, e studiò a Oxford, dove venne a conoscenza delle dottrine di Roberto Grossatesta sulla luce e sull’illuminazione. Successivamente fu a Parigi sino al 1247; qui conobbe Alessandro di Hales , da lui criticato per la sua ignoranza in fisica e metafisica. Insegnò forse nella facoltà delle Arti, commentando opere di Aristotele. Nel 1247, tornò ad Oxford ed entrò in contatto con il francescano Adam Marsh, che vi insegnava teologia; poi é di nuovo a Parigi nel 1251, dove glossa il Secretum secretorum, un’opera di alchimia, che egli credeva di Aristotele, e, infine, é ancora ad Oxford. Verso il 1257 entra nell’ordine francescano, ma dopo il 1260 subisce le conseguenze del nuovo corso impresso all’ordine da Bonaventura e sancito nel Concilio di Narbona, che implicava il divieto agli appartenenti all’ordine di comunicare con estranei senza l’approvazione delle autorità: Bacone, infatti, avvertirà questa misura come un limite alla comunicazione del sapere. Nel 1264 un collaboratore del re di Francia Luigi IX: Guido Fulcodi, con il quale Bacone era già stato in contatto, diventa papa con il nome di Clemente IV. Il nuovo papa chiede a Bacone di inviargli la sua opera, volta a rinnovare il sapere e a superare le difficoltà che travagliano la cristianità all’interno e all’esterno, con la minaccia dei tartari e quella culturale dell’Islam. Bacone condivide con Adam Marsh il senso del pericolo di un avvento dell’Anticristo, che sarebbe stato un mago capace di approfittare delle discordie che attraversano il mondo cristiano e servirsi del potere della sapienza per trasformare ogni cosa in male. Questo deve essere combattuto con le armi del vero sapere; la crociata é una questione non solo militare, ma intellettuale e religiosa insieme. (La sapienza che diventa monopolio del male sembra prefigurare ciò che poi avvenne con l’Illuminismo). L’Islam, in particolare, deve essere combattuto e convertito con armi culturali; occorre impadronirsi della cultura araba, riconducendone gli elementi positivi al naturale alveo cristiano. Per questo, Bacone propugna lo studio della grammatica ebraica, greca, araba, caldea e di tutte le scienze. Egli condivide inoltre il cosiddetto oroscopo delle religioni, formulato dall’astrologo arabo Albumasar: gli astri nei loro movimenti influiscono necessariamente su tutto quanto accade sulla terra, e quindi, anche sulle religioni. Su questa base, anche Bacone legge nelle stelle il presagio di una imminente fine dell’Islam. Convinto della vittoria finale di Cristo, Bacone lavora in segreto al progetto di un’enciclopedia del sapere, componendo fra il 1266 e il 1268 una specie di ampio discorso preliminare a quello che egli chiama "scriptum principale" e che non sarà mai realizzato. Si tratta dell’Opus maius, compendiato nei più brevi Opus minus e opus tertium, che egli invia al papa. In esso confluiscono materiali e dottrine scientifiche e filosofiche, già elaborate da Bacone nei venti anni precedenti. Ma le speranze di Bacone di contribuire alla purificazione della cristianità mediante le scienze si dissolvono presto, poiché nel 1268 Clemente IV muore. Gli ultimi anni della vita di Bacone sono impegnati soprattutto a rielaborare scritti precedenti e, forse, tra il 1277 e il 1289, viene imprigionato per ordine dei suoi superiori e la diffusione dei suoi scritti viene vietata; le prove in merito però non sono del tutto sicure. E’ certo invece che nel 1292 Bacone compose la sua ultima opera, il "Compendium studii theologiae ". L’attività filosofica di Bacone é pervasa dal senso di una missione da compiere, nei confronti di eretici e infedeli, allo scopo di impedire l’avvento dell’Anticristo e di instaurare il regno di Dio in terra. Il sapere e la conoscenza sono gli strumenti fondamentali per raggiungere questo obiettivo. Si tratta allora di elaborare una nuova enciclopedia filosofica e scientifica per penetrare i segreti della natura ed operare la trasformazione della natura e dell’uomo. Occorre recuperare la sapienza rivelata originariamente da Dio ai patriarchi e ai profeti. Nell’Opus tertium, egli afferma che "piacque a Dio dare la sapienza a chi volle; infatti ogni sapienza proviene dal Signore; lui stesso la rivelò ai filosofi, sia infedeli che fedeli. Perciò essa é stata tramandata in primo luogo e principalmente e completamente in lingua ebraica. Poi fu rinnovata soprattutto per opera di Aristotele in lingua greca e infine soprattutto per opera di Avicenna in lingua araba. Ma non fu mai composta in lingua latina, bensì soltanto tradotta da lingue straniere". Per accedere a questi contenuti di sapere occorre dunque, innanzitutto lo studio di queste lingue, ma occorre anche rinnovare il sapere antico. Deve pertanto cessare ogni ostilità da parte cristiana nei confronti della Scienza, poiché questa é dotata del potere di trasformare la realtà ed é indistinguibile dalla sua finalità sacra. In questo progetto di ricostruzione della totalità del sapere, Bacone manifesta la convinzione, già espressa da Grossatesta, di un collegamento inscindibile fra tecnica, scienza empirica e le matematiche. Di questa connessione, Bacone trova un parallelo anche nell’attività di Pietro Peregrino di Maricourt. Viene così delineata una nuova figura di dotto, capace di congiungere nella sua attività il dominio della ragione e l’abilità delle mani (industria manuum). La tecnologia é per Bacone strumento essenziale, non solo per vincere militarmente gli infedeli, ma anche per allargare gli orizzonti del sapere e del potere della cristianità. In questa direzione egli costruisce il sogno avveniristico di una grandiosa sequenza di future invenzioni tecniche. Nel suo progetto enciclopedico, Bacone include anche scienze segrete della natura, come l’alchimia, ma esclude le false tecniche magiche, che pretendono di operare per miracolo ed agiscono per frode. Rispetto a queste, egli individua per contrasto la vera magia, la quale opera in conformità alle operazioni della natura e della tecnica, e può dare un contributo alla scienza. Il ricorso alla magia é anzi essenziale per il sapiente nel suo rapporto con il mondo degli incolti, i "simplices". Anche questi aspirano alla verità e sovente posseggono conoscenze che restano oscure ai sa-pienti, ma per diffondere il suo sapere ed educare il mondo dei semplici, il sapiente deve assumere la veste esterna del mago, ricoprire di un velo i principi della scienza e della tecnica e trasmetterne solo i risultati, in modo che anche gli incolti possano usarli bene sotto la guida dei sapienti e della Chiesa. Il sapere unitario, dato originariamente da un solo Dio all’intera umanità e tutto contenuto nella rivelazione, potrà così essere recuperato e, diffuso in vari modi e a tutti i livelli. Secondo Bacone, il cammino della scienza é ostacolato da errori. Le fonti di questi errori sono molteplici: l’esempio di altri dotti ai quali si conferisce un’autorità indebita, abitudini radicate, modi di pensare della moltitudine incolta, volontà deliberata di occultare la propria ignoranza e di esibire un sapere esclusivamente apparente. Così egli critica i maestri conosciuti a Parigi, dal francescano Alessandro di Hales al domenicano Alberto Magno. La prima garanzia del vero sapere non é più l’auctoritas, ciò che è stato detto in passato, poiché l’autorità non è di per sé in grado di giustificare se stessa; si tratta allora di definire i requisiti del vero sapere. Il sapere costituisce per Bacone un insieme unitario. L’enciclopedia delle scienze, che egli vorrebbe realizzare non é una somma di discipline accostate tra loro, come avviene nello Speculum maius del domenicano Vincenzo di Beauvais, precettore dei figli di san Luigi, re di Francia. Vincenzo definisce specchio tutto ciò che è degno di speculazione, ossia di ammirazione e imitazione. Include quindi le arti e le scienze sino alla teologia. Per Bacone, al contrario, ogni scienza é parte di un unico organismo. Le scienze fondamentali sono la matematica, la fisica e la morale. La matematica, secondo Bacone trascurata dai latini, é la "porta e la chiave" delle scienze, in quanto indaga le forme che costituiscono le strutture del mondo sensibile. L’ottica geometrica dà la chiave per lo studio dello spazio fisico e quindi di tutte le scienze della natura. Per queste é inoltre essenziale l’osservazione diretta dei fe-nomeni. Bacone distingue due modi fondamentali di conoscere: la dimostrazione, la quale parte da principi primi conosciuti intuitivamente per esperienza interiore dell’anima, e quella che lui chiama scienza sperimentale. Soltanto quest’ultima é in grado di condurre alla certezza piena, perché alla dimostrazione aggiunge la conferma dei fatti. Per sperimentale, Bacone intende la conoscenza che si fonda sull’esperienza diretta, non sull’esperimento nel senso moderno del termine, cioè come costituzione di condizioni artificiali per mettere alla prova un’ipotesi. L’esperienza, che dà la visione diretta delle verità, si distingue in esperienza esterna e interna: la prima è ottenuta mediante i 5 sensi, mentre la seconda é data dall’illuminazione proveniente da Dio. Se l’esperienza entra a costituire le varie scienze, la scienza sperimentale vera e propria ha anche campi propri di ricerca, definiti dalla sua capacità di penetrare nei segreti della natura, intervenire in essa, padroneggiarla e trasformarla. Tutte le scienze sono subordinate alla filosofia morale, perché lo scopo ultimo di tutta la sapienza è la conoscenza della salvezza per il genere umano. In questo obiettivo di salvezza, tutte le scienze non si dispongono gerarchicamente come tappe di un itinerario, alla maniera di Bonaventura, ma si saldano in un insieme unitario. In tal modo, il sapere potrà recuperare l’unità che esso possedeva nel momento della sua rivelazione originaria da parte di Dio a una sola umanità, non divisa da contrasti.


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