Infermità e redenzione
18 Novembre 2010
Un lettore, a proposito dell’articolo Regressione in vite passate, di Stefano Maria Chiari, commenta:
«Già, ma anche gli Apostoli, almeno quelli che chiesero se il ‘cieco nato’ aveva peccato ‘prima di nascere’, avevano in mente qualcosa di simile..., adombrando quindi l’ipotesi assurda che i Vangeli, in qualche modo, possano attestare una veridicità della reincarnazione».
Risponde Copertino:
Cristo guarisce il cieco nato
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I Vangeli, come l’intera Scrittura, devono essere letti in comunione con la Chiesa che veicola, solo Essa, lo Spirito Santo datore della Luce necessaria per capire la lettera. All’umiltà di rimanere, o rientrare, nella Chiesa (umiltà che Mittel non ha avuto né mostra di avere) al fine di evitare supponenze dettate soltanto dal proprio soggettivistico orgoglio esegetico, bisogna aggiungere anche qualche buona conoscenza storica dell’ambiente ebraico del tempo di Gesù.
Era, infatti, convinzione degli ebrei di quel tempo – anche degli ebrei dotti come quelli dei circoli farisaici e sinedriti – che le menomazioni fisiche fossero il frutto dei propri peccati personali o di quelli dei genitori e – si faccia attenzione! – che i bambini potevano peccare persino nel seno materno. Ossia prima della nascita.
Questo spiega la domanda degli Apostoli riguardo al cieco nato: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?» (Giovanni 9, 1).
Quel che però è più importante evidenziare è la risposta di Gesù: «Nè lui ha peccato né i suoi genitori...».
Cristo, nei riguardi di quel cieco, afferma che è nato così affinché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dopodiché lo guarisce miracolosamente, con gesto significativamente simbolico: fa del fango con la saliva (cosa che era proibita fare di sabato: ma Egli aveva più volte detto che è il sabato per l’uomo e non l’uomo per il sabato) e lo cosparge sugli occhi del cieco invitandolo a lavarsi con l’acqua della piscina di Siloe. L’acqua, come è noto, è simbolo della purificazione.
Con questo, Cristo ha voluto far intendere che, benché l’infermità congenita o meno, sia essa cecità o sordità o altro, non sia l’effetto automatico di peccati personali o genitoriali, non di meno sussiste un misterioso rapporto tra l’infermità spirituale prodotta dal peccato originale, fonte di tutti gli altri peccati, e le nostre infermità psico-fisiche. O meglio, che le nostre infermità psico-fisiche sono una delle conseguenze, insieme alla morte, del peccato originale.
L’Adamo primordiale non era soggetto né a malattie né a morte. La Redenzione purifica dal peccato originale e ridona, potenzialmente (l’attuazione del dono dipende dalla nostra risposta alla Grazia), lo stato primigenio.
Nella storia della mistica sono innumerevoli i casi non solo di miracoli di guarigione da malattie varie ma anche quelli di vera e propria immunità da esse.
Don Bosco e i suoi ragazzi
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Un esempio per tutti: durante l’epidemia di colera nella Torino ottocentesca di don Bosco, il santo sacerdote si rivolse al Signore chiedendogli cosa fare, se era giusto esporre i suoi ragazzi al rischio del contagio per soccorrere gli infermi. Il Signore gli parlò, durante un’estasi, e gli disse che se i suoi ragazzi si fossero mantenuti puri nel cuore, Egli li avrebbe preservati dal contagio nonostante il contatto diretto e quotidiano con i colerosi.
E così fu: i ragazzi di don Bosco si adoperarono, unici in una Torino desolata, nel soccorso ai malati. Nessuno di loro contrasse la malattia nonostante avessero quotidianamente abbracciato i malati per portarli negli ospedali, vissuto con loro a contatto continuo, mangiando e bevendo dalle loro stesse pietanze. La cosa ebbe anche dei risvolti inaspettatti.
Ammirato dall’eroismo dei ragazzi di don Bosco, il ministro liberale e massone (di cui non ricordo ora il nome) del governo sabaudo, che fino a quel momento aveva fatto rispettare fermamente le leggi antiecclesiali, che proibivano la costituzione e la presenza nel regno di Sardegna di ordini religiosi di qualsiasi genere, suggerì a don Bosco il cavillo giuridico mediante il quale fu evitato lo scioglimento della società dell’allegria (così si chiamava l’opera per ragazzi di don Bosco).
Luigi Copertino
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