>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
Cina: lotta di potere. La solita
Stampa
  Text size
All’alba del 20 marzo, a Pechino, forze militari hanno rapidamente occupato i crocicchi che portano al quartiere di Zhongnanhai, il compound di lusso dove vive la nomenklatura del Partito, nuova versione della millenaria «Città Proibita» imperiale. Poliziotti in borghese e in uniforme, armati, hanno posizionato transenne metalliche, le televisioni smettono di trasmettere, tranne quella ufficiale, per qualche ora. Immediatamente su Sina Weibo (dove appaiono microblog, qualcosa di mezzo fra Twitter e Facebook) corrono voci di golpe, di due gruppi di potere contrapposti che hanno mobilitato ciascuno le «proprie» forze armate, di arresti nei salotti buoni; poi anche Weibo viene silenziato, ma solo per venti minuti. Nel pomeriggio, la situazione di emergenza sembrava rientrata. (Coup in Beijing, Says Chinese Internet Rumor Mill)

Wen Jiabao e Hu Jintao
  Wen Jiabao e Hu Jintao
Non c’è dubbio che la faccenda, golpe tentato o golpe sventato che sia, ha a che fare con l’improvvisa caduta in disgrazia dell’astro ascendente, il potentissimo Bo Xilai, decaduto dal posto di capo del Partito e governatore di fatto nella megalopoli industriale di Chongqing, disgrazia annunciata dal premier in carica Wen Jiabao – insolitamente – in una conferenza stampa e subito dopo, il 15 marzo, da un secco comunicato dell’agenzia Xinhua che il 15 marzo: «il compagno Bo Xilai non ricopre più la carica di segretario del Comitato di Chongqing del PCC (Partito Comunista Cinese)», e ciò per «decisione centrale». L’aggettivo «centrale» sta per Comitato Centrale del PCC, dunque non il governo. Il che può significare che Wen Jiabao (governo) e Hu Jintao (capo supremo del PCC) sono uniti contro Bo Xilai, che fino a ieri sembrava sul punto di essere cooptato nel Comitato Operativo del Politburo, il ristrettissimo gruppo di nove membri che comanda su tutto. Invece secondo le ultime voci, Bo Xilai, dopo i movimenti di truppe segnalati, è agli arresti domiciliari.

Il 6 febbraio scorso il capo della Polizia di Chongqing, di nome Wang Lijun, è stato bloccato mentre cercava di entrare nel consolato USA a Chengdu per chiedervi asilo politico. Si tratterebbe dunque di un uomo di Bo e suo protetto. Ma è stata autorizzata la versione secondo cui Wang stava fuggendo proprio da Bo, che lo aveva rimosso per coprire una indagine poliziesca che lo riguardava. Questa sembra la causa immediata della disgrazia. Ma è la figura e l’ideologia di Bo Xilai ad essere evidentemente sotto accusa.

«Figlio di papà» nato benissimo nella nomenklatura – è figlio di Bo Ybo, uno degli «Otto Anziani» che diressero il PC gestendo il dopo-Mao, protetto dal precedente capo del Partito Jang Zemin, ossia della fazione favorevole al business e alla crescita economica – è stato ministro del Commercio, posto dal quale ha favorito gli investimenti stranieri; in più, è disinvolto e alla mano coi giornalisti, coltiva uno stile «americano», il che è una novità nella galleria delle cere che gestiscono il Partito.

Bo Xilai e Wang Lijun
  Bo Xilai e Wang Lijun
Ma una volta a Chongqing, questo personaggio lancia una serie di campagne per ravvivare gli «ideali marxisti del compagno Mao Tse Tung». La TV locale si riempie di programmi rivoluzionari e canzoni del tempo che fu; Bo fa arrivare «messaggini rossi» ai 13 milioni di cellulari della zona, con citazioni tratte dal Libretto Rosso di Mao. Nella sua città, eleva nuove statue a Mao. Nel 2011, ordina una «campagna per le canzoni rosse», obbligando ogni distretto, dipartimento pubblico, università, scuole e anche ditte commerciali e stazioni radio e TV a cantare «canti rossi» esaltanti i successi del PC cinese. Di più: invita gli studenti ad andare a lavorare nelle campagne, suscitando echi e sinistri ricordi della fase più terribile della Rivoluzione Culturale, quando professori e intellettuali furono obbligati a lavorare la terra. Gli stessi genitori di Bo furono internati in campi di lavoro dalle Guardie Rosse nel 1966, e sua madre è morta per le percosse subite nel lager; ma si dice che lui stesso, ventenne (è nato nel 1947) sia stato una guardia rossa.

C’è chi dice che il rinnovato marx-maoismo di Bo sia un atteggiamento opportunistico, volto ad avanzare nella nomenklatura nazionale. Ma altri sottolineano che la sua esperienza di lotta contro la corruzione e criminalità organizzata nella città – un’azione in cui ha avuto una mano pesantissima – l’abbia sinceramente convinto della necessià di recuperare l’ethos rivoluzionario. Altri fanno notare che ha restituito il minimo di assistenza sociale universale pubblica vigente durante il maoismo, e che ha costruito abitazioni per i poveri.

Sicuramente, vuole intercettare un reale disagio – evidentemente diffuso tra la popolazione – per l’iniquità sociale crescente creata dall’economia di mercato-senza-libertà e dall’arricchimento dei pochi a danno dei più. Fatto sta che questo scontento si configura come nostalgia del maoismo, un riflesso di ritorno al passato. È istruttivo notare che Bo Xilai, coi suoi atteggiamenti di maoista illuminato e populista, sembri cercare la popolarità: che non porta grandi vantaggi, in un regime dove le elezioni sono un rito vuoto partitico, e pare inutile fare appello ad un’opinione pubblica, che ufficialmente non deve esistere.

Ma forse non è alla gente comune (o non solo) che si rivolge Bo. Sembra che nella «nuova» generazione di giovani (sessantenni) che sta per succedere alla generazione dei padri oggi al potere (80 enni), e di cui lui è brillante esponente, questi marx-maoisti siano tanti. Forse troppi, tanto da minacciare le «riforme economiche» e le lucrose intraprese della nomenklatura, e certamente le posizioni acquisite dai caporioni 80 enni e dalle loro ampie ed avide famiglie.

È indicativo che, nella conferenza-stampa in cui ha annunciato la rimozione di Bo Xilai, il premier Wen Jabao abbia evocato la decisione storica presa dal Partito nel 1978, aggiungendo: «Abbiamo preso la decisione più grande, di attuare le riforme ed aprire la Cina, una decisione che è cruciale per il futuro e il destino della Cina». Non basta. Quando Wen Jabao ha detto anche: «Gli errori della Rivoluzione Culturale e del feudalesimo non sono stati completamente eliminati», tutti hanno pensato che aveva di mira la campagna «Cantiamo Inni Rossi» di Bo Xilai.

Fatto sta che, per la prima volta da decenni, nella nomenklatura è emerso un confronto che non è un mero scontro per il potere; è una lotta fra due linee ideologiche contapposte. Ed anche questo, nel contesto così clamorosamente mutato, è in qualche modo un ritorno al passato. Ai tempi in cui Mao dettava alle Guardie Rosse lo slogan «Criticare Confucio, criticare Lin Piao», dove Lin Piao era il capo della fazione che cercava di mettere tra parentesi i parossisimi rivoluzionari del Gran Capo.

Nella «decisione storica» del 1978 evocata da Wen Jabao, però, la Rivoluzione Culturale non è stata mai criticata né condannata, e men che meno è stata ridimensionata la figura di Mao, o criticati i suoi «errori». Il maoismo è ancora ufficialmente il nerbo ideologico del PCC, centro della sua dottrina (e auto-legittimazione). Su questo fondamento di roccia materialista si sono depositati gli strati delle «teorie» dei leader successivi: dalla lotta di classe di Mao al pragmatico «il gatto importa che prenda topi, non se è nero o bianco» di Deng Xsiao Ping, fino al la teoria dello «sviluppo scientifico» di Hu Jintao. Teorie contraddittorie, tutte divenute «dottrina del partito», senza revisione delle precedenti. Ne segue che i neo-maoisti possono reclamare di essere i più fedeli alla linea del Partito.

Zhou Yongkang
  Zhou Yongkang
Ora la caduta di Bo Xilai sembra aver travolto anche Zhou Yongkang: che non è solo uno dei nove membri del comitato permanente del Politburo, bensì è il capo del Political and Law Committee (PLC, Commissione degli affari politici e del diritto): il corpo che nell’apparato del Partito ha un enorme e temibile potere reale, controllando la Polizia normale, la Polizia armata, i tribunali, le procure d’accusa – tutto ciò che ha a che fare con la giustizia e la sua esecuzione. Il PLC è stato creato nell’‘89 per mascherare il ruolo diretto del Partito nell’attività giudiziaria, e dare una parvenza di legalità all’operato dei giudici. Da ente di poco peso, è diventato sempre più potente, e si è accaparrato sempre maggiori strumenti di potere, nella persecuzione del Falun Gong, l’innocua setta ginnastico-spiritualista cinese.

Zhou Yongkang è dunque il super-poliziotto della Cina, e non faceva mistero di volere che nella importante poltrona gli succedesse l’amico Bo Xilai, che s’era fatto notare come super-poliziotto della sua città. I due sono a quanto pare accusati di voler turbare la transizione di potere che avrà luogo quest’autunno, e che secondo i desideri degli ottantenni uscenti deve essere facile, piana, senza strappi. «Mantenere la stabilità», wen wei, è da dieci anni la parola d’ordine del Partito, e il PLC è stato lo strumento di questa «stabilità» con la forza repressiva, fra cui l’ultima legge varata dal Congresso del Popolo, che consente la detenzione senza accusa e senza avvertire la famiglie dell’arrestato. Anche questo, in fondo, un ritorno al passato; ma attuato dai «liberisti» e sedicenti «riformatori».

Per adesso, sembra abbiano vinto loro. Si parla di numerosi arresti fra i papaveri della fazione maoista, o indicati come tali. Zou è uno di questi. La moglie di Bo Xilai, la ricchissima signora Gu Kailai, è sotto inchiesta per corruzione insieme al marito e ad un gruppo di uomini d’affari vicini alla cosca perdente. Professori universitari promotori del «programma di patriottismo e socialismo» (marxista) sono stati sospesi dall’insegnamento. Vari blog neo-maoisti come «Utopia» (wuyouzhixiang, wyzxsx.com), Mao Zedong Flag Net (maoflag.net), and Red China (redchinacn.com) sono stati chiusi.

Come riporta l’agenzia Xinhua, è stata ordinata una «sessione di addestramento» ideologico a cui dovranno partecipare 3.300 segretari del PLC in tutta la nazione. Una replica delle sessioni di rieducazione di massa dei bei tempi andati, ma che apparentemente non sono ancora andati del tutto. Oggi, è un mezzo di imporre lealtà agli attuali capi, a cominciare da Hu Jintao.

«Avvenivano allo stesso modo le lotte di potere nella corte imperiale», ha scritto un blogger cinese: «Gli alti gradi della capitale dovevano fare la fila per fare atto di omaggio, seguiti dai generali e poi dai dignitari locali. Così i segretari locali del PLC dovranno andare a Pechino a fare atto di sottomissione. Poi la Commissione Centrale Disciplinare del Partito investigherà per rimuovere gli oppositori». (China Security Chief Zhou Yongkang Lost Power Struggle, Say Netizens)

Come allora, le lotte di potere saranno questioni di vita o di morte per i protagonisti? Sembra di rivedere il ricorrente contrasto fra mandarini tradizionalisti e gli eunuchi di corte «novatori», favorevoli all’impresa e all’apertura della Cina al vasto mondo.

Secondo molti blogger, comincia una «purga» di notevoli dimensioni dentro il Partito. Questo tipo di lotte comportano una introversione della politica cinese, un chiudersi nei suoi problemi interni. Se questa sia l’inizio della fase – anch’essa ricorrente – di rifiuto delle influenze straniere, con quel che ne è conseguito storicamente in rallentamento ed arretramento della cultura e dell’economia, lo diranno i prossimi mesi.



L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità