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Mistero Boffo
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Il direttore Blondet è un signore, glissa, chiude per vomito e sogna di tornare a Lanzarote. E dice che non vuole parlare, per non essere accusato di spirito di vendetta personale essendo stato licenziato dal quotidiano Avvenire proprio da Boffo. Per chi non fosse a conoscenza della questione, rimando al sito di Sandro Magister che nel 2005 così scriveva: «Blondet è stato licenziato in tronco. E la goccia con cui ha fatto traboccare il vaso è stata laver scritto sul giornale on line effedieffe.com che “da un decennio il cardinale Camillo Ruini ha affidato l’intera costellazione dei media cattolici a un suo uomo (leggi: Dino Boffo, direttore di Avvenire e del TG di Sat 2000 - ndr) che è incapace di partecipare a un dibattito pubblico, di esprimere idee, di fare una qualunque battaglia culturale”» (1).

Io a Lanzarote non ci sono stato, non ho alle viste né di andarvi, né tampoco di ritornarvi, sono sfessato dal caldo metafisico di quest’estate torrida, dall’umido della pianura padana e dai dolori articolari: lavoro come un cane, dormo poco, mangio ancor meno e figuratevi con quale filosofia ho appreso la notizia. Di solito ho un  brutto carattere, in questi giorni pessimo. Parola mia, se non prendono provvedimenti, faccio la marcia su Roma: sponda oltretevere!

Perchè qui la cosa è gravissima! E la questione è una e una sola: il direttore de l’Avvenire, dottor Dino Boffo, è davvero omosessuale praticante? Se lo è, si dimetta subito, senza se e senza ma e con lui scompaiano, ritirati in qualche romitorio a pregare e a pentirsi monsignor Camillo Ruini, ex-presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e segretario generale della CEI, Dionigi Tettamanzi e tutti gli altri e alti prelati che in questi giorni si sono sbracciati in un gara di solidarietà, più rumorosa certo che in alcune circostanze in cui l’attaccato era magari il Papa e per questioni di natura ben diversa e, contrariamente a questa, nobile.

Da qualunque punto la si guardi questa vicenda è torbida e finirà male. Male per la Chiesa e malissimo per la CEI, i cui uomini più in vista hanno offerto la loro solidarietà a Boffo a priori, rischiando - se le accuse sono vere - di esporre la Chiesa alla più sconcia delle immoralità, all’accusa di ipocrisia, allo scandalo delle anime, specie delle più semplici. In tal modo la Chiesa finirebbe e finirà sotto scacco di tutte quelle lobby interne ed esterne che ne vorrebbero «aggiornare» la morale, specie sessuale, rendendola conforme a quella del mondo.

Perchè è chiaro che se Boffo fosse il direttore di un giornale qualsiasi, potrebbe essere e fare ciò che gli pare: se la vedrà col Padreterno e con la sua coscienza nel giorno del Giudizio. Ma siccome è il direttore del giornale dei vescovi, se è omosessuale non può e non deve stare lì ed i vescovi non possono e non debbono lasciarlo lì. Se egli avesse latenze omosessuali, ma la sua vita fosse ispirata alla castità ed alla continenza ed il suo lavoro fosse conforme, oltrechè alla deontologia professionale, ai dogmi della fede, della dottrina e della morale cattolica, passi: ma se egli pratica l’omosessualità e per giunta pubblicamente, non può stare seduto su quella poltrona.

E questo come atto di carità verso i molti che da ciò ne trarrebbero giusta ragione di scandalo. Come potrebbe infatti la Chiesa predicare la sua morale in campo sessuale, opporsi all’uso della sessualità al di fuori del matrimonio, condannare le famiglie di fatto, i matrimoni omosessuali, esortare i giovani alla castità ed alla purezza ed affidare al contempo l’intera costellazione dei media cattolici a un uomo che dovesse vivere una vita sessualmente disordinata?

Qui non è in gioco l’uso improprio degli orifizi propri ed altrui da parte di un Pinco Pallino qualsiasi! Qui è in gioco la credibilità stessa della Chiesa: perchè se la cosa fosse vera, che risposta potrebbe dare l’ultimo dei catechisti ad un ragazzo che obiettasse: «Ma smettetela una buona volta, se proprio voi avete il direttore del giornale dei vescovi che è gay!».

Il fatto è - se la cosa è vera - che qui è in gioco il destino di molte, moltissime anime, specie dei piccoli e dei semplici: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! E’ inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Matteo 18,6-7).

E lo scandalo più grande è che nessuno, dico nessuno degli alti prelati se ne è minimamente curato: ce ne fosse uno che abbia avuto il coraggio di dire che - se la cosa è vera - la Chiesa non potrà mai e poi mai restare immobile! Ce ne fosse uno che abbia chiesto conto al dottor Boffo dei propri comportamenti, invitandolo - se la cosa è vera - a pentirsi e ad andarsene! Come i più scafati tra i politici, costoro hanno parlato il linguaggio dei farisei, blaterato di privacy, evocato metodi mafiosi, gridato all’aggressione, senza mai entrare nel merito dell’unico problema vero, che è questo: è lecito e conveniente che un omosessuale dichiarato, che vive pubblicamente il proprio peccato e che pare abbia subìto una condanna proprio a causa di ciò, diriga il quotidiano dei vescovi italiani?

Non mi si obietti che il presidente del Consiglio fa di peggio e sta al suo posto. Il presidente del Consiglio è il capo del governo di uno Stato dichiaratamente laico e la missione di uno Stato laico non è la salvezza delle anime. Lo scandalo dei politici può farci infuriare, quello della Chiesa impedisce a molti la salvezza. Se viene usata la scure verso i preti pedofili, perché si dovrebbe tollerare - se è vera - la presunta pederastia del direttore del quotidiano dei vescovi?

Certo, tutto questo se la cosa è vera. Ma il fatto è che fin qui la difesa di Boffo non appare convincente. Si difende, parlando di «killeraggio giornalistico allo stato puro» e di barbarie, ma la sua smentita è debole.

Dice: «Evidentemente Il Giornale di Vittorio Feltri sa anche quello che io non so, e per avallarlo non si fa scrupoli di montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda».

A cosa si riferisce? Alle molestie? All’omosessualità? Al fatto di essere stato «attenzionato»?

Sembra che in realtà Boffo faccia riferimento ai fatti che lo hanno fatto condannare : «Al direttore del Giornale ora l’onere di spiegare perchè una vicenda di fastidi telefonici consumata nell’inverno del 2001, e della quale ero stato io la prima vittima, sia stata fatta diventare oggi il monstre che lui ha inqualificabilmente messo in campo. Nella tristezza della giornata, la consapevolezza che le gravi offese sferratemi da Vittorio Feltri faranno serena la mia vecchiaia».

Ovvero: lo citerò per danni, chiedendo un risarcimento miliardario.

Però nel frattempo pare sia stato lui ad aver pagato alla signora un cospicuo risarcimento (2) ed è certo lui ad avere patteggiato (3).

Non ci interessa tanto sapere la «vicenda dei fastidi telefonici», che pure non è cosa irrilevante, ma se essa è la conseguenza o meno di pratiche omosessuali del direttore del quotidiano dei vescovi. Perché in tutte le smentite che ci sono state, una io non ne ho sentita, che sia, chiara, rotonda roboante, una voce, una sola che dica: «Vittorio Feltri è un mascalzone, perché Dino Boffo non è un gay».

Invece nulla. L’interessato nel suo articolo su Avvenire è indignato mica perché gli hanno dato del pederasta, ma perché Feltri si sarebbe fidato di una informativa che non proviene dal fascicolo giudiziario! Ora essendo qui in gioco la morale e non il diritto, a me non frega nulla della provenienza dell’informativa, mi interessa sapere se quello che c’è scritto sopra - e cioè che il direttore del quotidiano dei vescovi sarebbe un omosessuale praticante con protezioni nelle alte sfere del clero romano - è vero o meno.

Quello che temo è che drammaticamente - e dico drammaticamente - tutto questo potrebbe essere vero. La notizia della presunta omosessualità di Dino Boffo è vecchia di quattro anni. Mario Adinolfi, noto esponente del PD, cattolico, parla esplicitamente di «rottura del muro di omertà sulle relazioni omosex del direttore di Avvenire», ma la notizia l’aveva data il 20 settembre 2005 nel suo blog (4).

Da allora non risulta nessuna querela contro Adinolfi da parte di Boffo. Perché?

Oggi che la notizia è rimbalzata su maggiori quotidiani, il direttore di Avvenire sibila obliquamente che l’ispiratore dello scoop di Feltri sia proprio l’esponente del PD: «Io ho passato gran parte dei miei quindici anni da direttore a incontrare persone che volevano fare il giornalista, a verificare i loro percorsi, a ragionare sulle loro ipotesi interpretative. Non tutti i contatti sono finiti bene (…) è capitato che qualcuno di essi sia tecnicamente finito male, nel senso che alla fine io abbia ritenuto (indovinando, sbagliando? Non lo so) che quel dato giovane collega, magari abile, non fosse tuttavia adeguato ad Avvenire. Ecco, permettimi un suggerimento: cerca in questi giorni di non fare del male al tuo giornale e ai tuoi lettori concedendo la ribalta a chi forse appare molto informato (si spiegherà anche lui in tribunale), ma potrebbe mirare soltanto a saldare qualche vecchio conto».

L’accostamento tra le parole di Boffo e Adinolfi non è una conclusione nostra, ma dello stesso esponente del PD, che non si è fatto pregare nel rispondere: «Parlava di me, ho collaborato con la pagina politica del suo giornale per tre anni e mezzo, senza contratto, e per primo sul mio blog ho scritto della sua condanna per molestie. Ma è tutto vero, altro che patacche o veline. Invece di parlare di attacchi disgustosi Boffo dovrebbe raccontarci la verità. La privacy per un uomo pubblico come lui non può diventare un paravento da ipocriti».

E poi ha rincarato la dose: «Feltri ha scritto di fatti incontrovertibili e ha rotto il muro di omertà sulle relazioni omosex del direttore di Avvenire. La sentenza di Terni è un fatto, una notizia che in qualsiasi Paese del mondo sarebbe finita immediatamente in prima pagina» (5).


Attendiamo di sapere se l’azione legale di Boffo si indirizzerà contro il solo Feltri ed il Giornale di Paolo Berlusconi o se, per dirla con le sue parole, a rendere serena la vecchiaia del direttore di Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, contribuiranno anche Adinolfi e le decine di siti e giornali che hanno riportato una notizia vecchia di 5 anni. L’ampiezza dello spettro dell’azione legale preannunciata da Boffo farà capire molte cose.

Io non anticipo sentenze di tribunali umani, tantopiù che da notizie filtrate col contagocce dal Tribunale di Terni potrebbe risultare un’altra verità. Certo questo malcelato riserbo non giova né a Boffo e al suo mistero, né alla CEI, cui chiediamo di fare chiarezza, poiché lo scandalo ha già raggiunto e superato il limite.

Al di là di ciò che decideranno i giudici, una cosa è certa: se - e ripeto se - l’omossessualità di Dino Boffo non verrà inequivocabilmente smentita anzitutto dall’interessato (che inspiegabilmente sul punto specifico è reticente ad una smentita netta ed inequivocabile!) e ufficialmente dalla CEI e ci si limiterà a nascondersi dietro il formalismo della dubbia autenticità di una informativa rispetto ad una sentenza di condanna correlata, senza che la voce di un solo vescovo si levi alta e forte per chiedere al dottor Boffo di farsi da parte, ebbene credo che a tutti i vescovi e i cardinali verrà chiesto conto da Dio del loro silenzio e dello scandalo che arrecheranno alle anime di molti. Le conseguenze di questa vicenda dureranno nel tempo.

Se dietro il «mistero Boffo» c’è la sostanza che paventiamo, non facciano costoro finta di non ricordare, non si rinchiudano nei loro palazzi, perché fin dentro le loro dimore risuonerà contro di loro la Parola di Dio, scritta nel libro del profeta Ezechiele: «Com’è vero che io vivo, - parla il Signore Dio - poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge - hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge - udite quindi, pastori, la parola del Signore: Dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: chiederò loro conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così i pastori non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto…».

Quanto all’anima del dottor Boffo, se sono vere le cose dette contro di lui, essa ci sta a cuore quanto quella di ognuno. Per lui - come per ognuno di noi - ci ammonisca e ci consoli ad un tempo la Parola che salva:

«Se io dico all’empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te. Ma se tu avrai ammonito l’empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità. Tu invece sarai salvo (…). Com’è vero ch’io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! (…) La giustizia del giusto non lo salva se pecca, e l’empio non cade per la sua iniquità se desiste dall’iniquità, come il giusto non potrà vivere per la sua giustizia se pecca. Se io dico al giusto: Vivrai, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette l’iniquità, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nella malvagità che egli ha commesso. Se dico all’empio: Morirai, ed egli desiste dalla sua iniquità e compie ciò che è retto e giusto, rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà; nessuno dei peccati che ha commessi sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà. Eppure, i figli del tuo popolo vanno dicendo: Il modo di agire del Signore non è retto. E’ invece il loro modo di agire che non è retto! Se il giusto desiste dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà. Se l’empio desiste dall’empietà e compie ciò che è retto e giusto, per questo vivrà».

Fuori la verità e la Verità vi, anzi ci farà liberi.

Domenico Savino


Occorre una precisazione:  Adinolfi, nel 2005, diede notizia del processo per molestie, ma con il titolo «Pare che». Le tendenze sessuali del direttore sono appunto «pare che», una «vox populi», che può esporre all’accusa di calunnia. Come ha scritto il Corriere, «la condanna per molestie, secondo quanto Boffo ha ripetuto anche in passato e sostiene ancora adesso, potrebbe essere diversa da come è stata presentata.

Verso la fine del 2000 il direttore di Avvenire avrebbe scelto come suo collaboratore un ragazzo che era ospite della Comunità Incontro, il centro di recupero per ex tossicodipendenti fondato da don Pierino Gelmini (lui stesso toccato da accuse di omosessualità, ndr) vicino ad Amelia, in Umbria. Era un modo per aiutare una persona in difficoltà a ricostruirsi una nuova vita. Ma sarebbe stato proprio quel ragazzo a fare quelle telefonate insistenti alla signora di Terni che poi ha querelato per molestie il direttore di Avvenire. Boffo avrebbe deciso di proteggere il ragazzo preferendo chiudere la vicenda nel più breve tempo possibile. E sarebbe stato questo a spingerlo a patteggiare davanti al giudice per l’udienza preliminare di Terni e pagare l’ammenda di 516 euro.

«(...) Le telefonate insistenti, quindi, sarebbero partite dal cellulare di Boffo ma non sarebbe stato lui lautore delle minacce, bensì il suo collaboratore, poi morto per overdose. Almeno secondo la versione dei fatti che lo stesso direttore di Avvenire aveva dato già in passato, quando le prime voci cominciarono a circolare. Sempre nella comunità di don Gelmini, come ex tossicodipendente da recuperare, sarebbe passato anche il marito della signora oggetto delle telefonate moleste, cioè luomo con il quale - secondo il Giornale - Boffo aveva una relazione omosessuale’. Ma su queste voci nella Comunità Incontro non si trovano conferme».

Se qualcuno ha dubbi su questa versione, è bene se li tenga per sè, visto che la faccenda  diventa giudiziaria.

Non so se ricordate la storiaccia di monsignor Tommaso Stenico, prelato di Curia in carriera (capo di un sotto-dicastero alla Congregazione del Clero). Cito i fatti, dal giornale «Il Trentino», perchè Stenico è di quelle parti:


«Tutto è nato dalla trasmissione Exit di La 7 sui preti gay. Filmato da una telecamera nascosta, (Stenico) ha fatto salire un ragazzo nel suo studio, alla Congregazione per il Clero, il palazzo che si affaccia su Piazza San Pietro. E lì ha confessato il suo essere un gay attivo ed ha anche affermato di ‘non sentirsi in peccato’, ma di dover agire di nascosto, data la dottrina cattolica in materia».

Immediatamente sospeso dal suo incarico dalla Santa Sede, il monsignore non s’è coperto il capo di cenere. Anzi, come scrisse il giornale, «Stenico va al contrattacco. Ho inviato ai miei superiori una doverosa memoria’, ha dichiarato pochi minuti fa. Io non sono gay ed anzi ho dovuto difendermi da ben altre insinuazioni per la mia prestanza fisica. Volevo scrivere e redigere un libro, una ricerca sul problema dellomosessualità tra i preti. Dunque mi sono messo su internet ed ho cercato siti gay, ho contattato quel ragazzo ed è venuto da me. Fatto sta che la televisione ha carpito la mia buona fede; in sostanza era solo un esperimento, uno studio sul tema».

Ma non è finita qui. San Paolo sconsiglia i cristiani di ricorrere l’uno contro l’altro ai tribunali civili: «... E’ già una colpa per voi avere liti e invidie vicendevoli! Perché non subire piuttosto l’ingiustizia? Perché non lasciarvi piuttosto far torto?». Ma se il neo-cattolicesimo ritiene superati i passi «antisemiti» di San Paolo (cardinal Martini), figurarsi questo.

Difatti, rimasto senza stipendio, monsignor Stenico ha trascinato il Vaticano davanti ai tribunali.  Leggiamo:

«Su richiesta dello stesso prelato, il Tribunale civile di Roma ha accertato che linviato di Exitnon ha contattato il sacerdote su una chat a luci rosse, come era stato detto, bensì spedendogli una email al suo indirizzo privato. Nella lettera, linviato della trasmissione si presentava come un giovane che, alla vigilia del matrimonio, aveva scoperto la sua omosessualità e chiedeva un incontro al sacerdote (noto psicologo e psicoanalista) per avere un consiglio. Il colloquio sarebbe avvenuto durante lorario di lavoro, negli uffici della Congregazione per il Clero. Stenico avrebbe ricevuto il giovane senza accorgersi di essere ripreso da una telecamera nascosta in una lattina posata sul tavolo. Il filmato, afferma ancora il Tribunale civile di Roma nel provvedimento durgenza, sarebbe stato poi opportunamente tagliato e montato, stravolgendo il significato del dialogo. La voce del monsignore è stata contraffatta, per renderla irriconoscibile, ma i sottotitoli non hanno riprodotto esattamente quello che il prelato diceva».


Vedete, cari lettori, come vanno a finire certe cose quando finiscono davanti alla magistratura italiana: le certezze che paiono più solide e documentate diventano dubbie e incerte. Figurarsi i «pare che».

Secondo le ultime informazioni, forte della ragione che gli ha dato il tribunale civile, monsignor Stenico ha querelato per diffamazione non già “Exit”, bensì... il Vaticano, nella persona di monsignor Mauro Piacenza, in quanto capo della Congregazione del Clero: ossia di quel ministero addetto alla disciplina dei preti a livello planetario, dunque fra l’altro ai casi di omosessualità e indegnità. Pare che monsignor Stenico aspirasse proprio a quel posto (almeno questo pericolo è scampato). Ha scelto di farsi difendere dal noto avvocato Taormina.

Costui, in tribunale, è capace di miracoli più oscuri che far diventare le pietre, pane; trasformare un omo in un etero è nelle sue doti preternaturali.  Per questo è meglio glissare.

Maurizio Blondet






1) http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2005/08/26/ancora-su-blondet-quelle-due-piccole-virgole-di-troppo/
2) http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=377663
3) http://www.corriere.it/politica/09_agosto_28/feltri_attacco_boffo_avvenire_cei
4) http://marioadinolfi.ilcannocchiale.it/2005/09/20/pare_che.html
5) http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=378669



 

 
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