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Il gran Cigno Nero globale?
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Si diventa persino curiosi di veder come andrà a finire, e cosa inventeranno i gran manipolatori finanziari per frenare il collasso in corso (ammesso che non vogliano, invece, proprio questo). Sulla scorta di Zero Hedge, elenchiamo i segnali di disastro imminente che stanno accadendo, tutti contemporaneamente.

Argentina. Il peso è caduto perdendo il 13% del suo valore in due giorni, l’inflazione è al 28%, le riserve valutarie dello Stato sono calate del 31%. Sciopero dei poliziotti (per aumenti dei salari) e interruzioni dell’elettricità nella notte hanno agevolato saccheggi. Per ragioni che avremo tempo di esaminare, l’Argentina pare pronta ad una replica del colossale default del 2001, pari a 91 miliardi di dollari.

Venezuela. Il regime «chavista» in carica ha annunciato la svalutazione del Bolivar (la moneta) del 44% nel cambio «ufficiale» (regime socialista il Venezuela ha il cambio ufficiale); senza con ciò nemmeno avvicinare il cambio ufficiale al cambio nero, dato che il primo resta il 600% più alto del secondo. L’inflazione è sul 50%. La compagnia petrolifera nazionalizzata – che ha alimentato il socialismo assistenzialista-chavista – produce sempre meno, dopo decenni di mancati investimenti; e siccome il petrolio costituisce il 95% dell’export e gli alimentari sono quasi tutti importati, le botteghe sono vuote. Il regime ha adottato prezzi d’autorità e gestione statale dei beni di consumo, il che li ha fatti sparire. Disordini e violenze sono dietro l’angolo. Tanto più che gli attori armati non sono pochi: esercito, milizia chavista, criminalità organizzata, bande criminali pro-chaviste... Il modello Chavez si sta smontando.

Brasile. La Borsa è crollata per i timori – più che fondati – che la crisi Argentina e quella turca abbiano conseguenze su tutti i Paesi emergenti; ciò aggrava i problemi interni pre-esistenti: alta inflazione, attivo dell’esportazione in calo, crescita più debole, e malcontento generale della popolazione. Ancora qualche mese fa, il Brasile doveva cercare di impedire ai capitali esteri roventi di entrare nella sua economia alla ricerca di alti profitti; oggi, il problema è frenare la fuga di capitali – come in Argentina.

Turchia. Erdogan è riuscito infine a provocare la crisi: la lira turca s’è svalutata del 15%. Non è detto sia un male per i turchi, che vedono aumentare la competitività della loro industria (la divisione turca di Toyota è la terza in Europa, e già esporta da noi; per il turismo sarà boom l’estate prossima), ma è malissimo per l’euro, che diventa ancora più «forte»: e non solo verso la Turchia, ma verso una quantità di altri paesi che hanno dovuto svalutare – Sudafrica, Angola, Malawi, fornitori di materie prime (le tre prime miniere di platino sudafricane sono chiuse per sciopero...). (It's A Bloodbath In The Global Currency Markets Today)

Cina. I depositanti della più grande banca mutua di agricoltori della città Yancheng non riescono a ritirare i loro depositi: banca chiusa. La HSBC (la storica Hong Kong Shangai Bank) ha un buco di 80 miliardi, recentemente scandalosamente scoperto, e non dà i soldi a depositanti che chiedono di ritirare «grandi somme». Sembra scatenarsi la corsa agli sportelli, che il regime cinese ha finora scongiurato in qualche modo iniettando volumi di immani soldi nelle sue banche. Dal 2008 ad oggi, il mercato del credito in Cina è cresciuto da 9 a 23 mila miliardi (23 trilioni) di dollari: cifra da mettere a confronto con il Pil cinese che – nonostante tutta la grancassa mediatica – è appena superiore a 7 trilioni. Sicché la Cina ha oggi un mercato del credito pari a oltre 3 volte il Pil. E nonostante queste iniezioni di liquidità, e credito incredibilmente facile ed abbondante, la crescita economica del Paese non fa che rallentare. L’export di acciaio, per esempio, è aumentato solo dell’1% anno su anno; il consumo di elettricità, solo del 2,9 % – due misure molto lontane dal contribuire alla «crescita dell’8 del Pil», tanto vantata e forse basata su statistiche false. Il settore industriale si contrae drammaticamente, con gravi ripercussioni su Wall Street (le due mega-economie sono legate fra loro, come si sa, come due condannati). Si avvicina lo scoppio della bolla del credito, e di tutte le bolle che ha creato: con la necessità di aumentare di colpo i tassi d’interesse onde frenare l’emorragia di capitali; insomma un «Lehman Brothers Moment» per l’intera Asia... Non a caso l’azionario del Giappone è calato quanto mai negli ultimi sette mesi.

Singapore. Secondo Forbes, a Singapore sta per scoppiare una bolla immobiliare, che può portare la prospera città-Stato ad un collasso simile a quello sofferto dall’Islanda. La bolla di questa «Svizzera dell’Asia» s’è gonfiata dal 2009 quando la Cina ha lanciato un piano di stimolo da 586 miliardi di dollari. Inoltre, tassi d’interesse bassissimi in occidente e Giappone, combinati con il pluri-trilionario programma di «quantitative easing» della Federal Reserve, hanno provocato un torrente di 4 mila miliardi di denaro speculativo (hot money) che è affluito nei Paesi emergenti alla ricerca di tassi d’interesse più alti.

Il Baltic Dry Index. L’indicatore del prezzo dei noli navali, misura più attendibile e diretta dei volumi del commercio mondiale, è collassato del 35% in due sole settimane: calo mai visto dopo le feste, e soprattutto, mai visto da 30 anni a questa parte. (Baltic Dry Index Collapses 35% - Worst Start To Year In 30 Years)

Stati Uniti. La famosa «ripresa»? Tutte le grandi catene di vendita al dettaglio lamentano «le peggiori festività dal 2008» riguardo alle vendite natalizie: e ciò, nonostante promozioni, sconti ed abbassamenti dei margini all’estremo. E annunciano «uno tsunami di chiusure di punti-vendita», e dunque di licenziamenti. Macy’s Penney, GAP, Sears, si libereranno di addetti. Intel (circuiti integrati) dice che licenzierà 5 mila addetti, il 5% del suo totale di forza-lavoro, dato il calo degli affari globale. Il patrimonio in bestiame è calato a un livello mai visto da 61 anni, causa la siccità più secca mai vista, dalla California al Texas. Anche il prezzo di carciofi, broccoli, sedano eccetera è notevolmente aumentato nei supermercati. (US Drought monitor). Il Dow Jones è crollato di 170 punti.

Oro: è risalito, come logico in questa aggravata instabilità globale, e perché i manipolatori del prezzo (Banche Centrali e mega-banche private) non ce la fanno più a manipolarlo. Da qualche giorno Deutsche Bank s’è ritirata dal processo di fissazione dei prezzi di oro e argento, sotto timore di azioni legali («uno scandalo peggio del fix del Libor», si dice), e perché alla fine, il falso oro venduto in certificati cartacei, alla fine si rischia di doverlo consegnare..... «La Deutsche Bank faceva parte delle cinque banche (Bank of Nova Scotia, Barclays, HSBC, Société Générale e Deutsche Bank) che due volte al giorno fissano il corso di riferimento dell’oro e delle tre banche (Deutsche Bank, HSBC e Bank of Novia Scotia) che fissano quello dell’argento».

Fino a ieri, chi diceva che l’oro era tenuto artificialmente basso, veniva deriso come complottista. Chi dubitava che la Federal Reserve stesse spacciando per lingotti d’oro mattoni di tungsteno, era un pazzo che aveva le traveggole. L’anno scorso la Bundesbank – la Banca Centrale tedesca – ha annunciato che avrebbe riportato in patria 300 tonnellate del suo oro conservato a New Yor. È riuscito ad averne solo 37. Persino il Financial Times, che ha sempre ridicolizzato coloro che avevano fiducia nell’oro come moneta ultima, oggi ha scritto: «Learn from Buba and demand delivery for true price of gold, because one day the ties that bind this pixelated gold may break, with potentially catastrophic results.» - Traduco: imparate dalla Bundesbank ed esigete la consegna dell’oro fisico al prezzo di oggi (depresso, ndr.) perché un giorno i legami che tengono insieme questo oro fasullo possono rompersi, con catastrofici risultati».

La felice Europa. «Deutsche Bank denuncia una perdita di 1,1 miliardi al 4 trimestre 2013» (Deutsche-Wirtschafts-Nachrichten) «Le banche europee sono a corto di capitali per 767 miliardi di euro (1 trilione di dollari)... Il buco più grosso è delle banche francesi con 285 miliardi di euro, seguite dalle tedesche con 199 miliardi (...) le banche spagnole sono «corte» per 92 miliardi, le italiane per 45» (Bloomberg). (European Banks Face $1 Trillion Gap Before Review, Study Shows)

«Le grandi banche hanno problemi enormi, dati 940 miliardi di euro di crediti dubbi. Le banche d’investimento internazionali sperano di trovare attivi utilizzabili nelle piccole banche... Nella zona euro, le piccole banche moriranno perché i costi della regolamentazione bancaria aumentano più rapidamente degli introiti». (Deutsche-Wirtschafts-Nachrichten).

Un gigantesco errore storico – così il professor Kenneth Rogoff di Harvard ha definito l’euro a Davos. Per mantenere la moneta comune a forza di austerità, ha detto l’economista, l’Europa sta sprecando la «risorsa scarsa» delle sue giovani generazioni, di cui ha estremo bisogno per fortificare una società invecchiata, dove la stretta demografica s’è già insediata. Invece, «non si parla più di esplosione dell’euro, ma la disoccupazione giovanile è davvero spaventosa. L’Europa ha ancora grandi competenze tecnologiche e un quadro di diritto stabile che è l’invidia dei mercati emergenti, ma rischia di perdere terreno; se (la gioventù) vien lasciata sbattere al vento per altri cinque anni, non sarà più un attore primario dell’economia globale»

Ucraina. Sta precipitando verso la guerra civile, e che cosa faccia la guerra civile all’economia , gli ucraini dovrebbero apprenderlo da varie esperienze. Libia: sotto Gheddafi, il reddito pro-capite era di 14 mila dollari l’anno (il doppio di quello ucraino), oggi l’introito petrolifero è crollato, la produzione è passata da 1 milione di barili a 250 mila, le previdenze statali non ci sono più, s ci sono invece bande pesantemente armate che si scontrano, uccidono e taglieggiano. Siria: 6 milioni di fuoriusciti. Egitto: prima della «primavera araba», sotto l’odiato Mubarak, il turismo dava l’11,5% del Pil, occupava il 14% della popolazione attiva: in breve, era la risorsa principale. Oggi i turisti sono dimezzati, gli hotel sul Mar Rosso chiudono uno dopo l’altro licenziando in massa, i Fratelli Musulmani hanno deciso di rovinare il proprio stesso tornaconto.

Tutto ciò di cui sopra è il risultato delle grandi destabilizzazioni messe in atto da Washington, Londra, Parigi e Sauditi. La tragedia ucraina è innescata dalla volontà espansionista dell’eurocrazia, che ha promesso agli ucraini ciò che non poteva mantenere, in obbedienza ed appoggio al solido processo di «regime change» tanto ben sperimentato, negli ultimi 15 anni, dagli Stati Uniti. L’intromissione e manipolazione degli USA nella faccenda ucraina è stata evidente fin dall’inizio. Il governo Yanukovitch, oggi vicino a cadere, ha fatto in tempo ad indurre a lasciare il Paese a 200 stranieri, americani europei ed occidentali, formalmente giornalisti, accusandoli di fornire addestramento militare ai rivoltosi. Altri 35 sono stati dichiarati «persone non grate»: dall’ex presidente georgiano Saaskasvili (notorio per aver fatto la guerra, nel 2008, a Mosca con armamento e istruttori militari israeliani), il serbo Marko Ivkovich (a suo tempo organizzatore delle manifestazioni «spontanee» contro Milosevic, da allora artista di giro per le rivoluzioni colorate), e Alexander Ross, americano, definito «il miglior esperto del mondo in rivoluzioni tramite i social network». Insomma degli specialisti di rivolte e di regime change. (M.Saakashvili and M.Ivkovych were banned from entering Ukraine)

E se non bastasse, l’ammiraglio John Kirby ha annunciato che – in vista di attentati durante le Olimpiadi invernali a Sochi – farà stazionare aerei militari USA in Germania, a due ore di volo da Sochi, onde fornire «aiuto medico, o per evacuare cittadini Usa in caso di emergenza». Navi americane da guerra entreranno nel Mar Nero, ufficialmente allo stesso scopo: dare assistenza subito dopo il mega-attentato «di Al Qaeda» anti-Putin, a quanto pare attesissimo a Washington. (Ukraine: Destabilization Know-How Put into Practice)

Che altro? Ah sì: Hollande ha emesso lo storico comunicato: «Je fais savoir que j'ai mis fin à la vie commune que je partageais avec Valérie Trierweiler.» Ed ha duramente represso una manifestazione anti-regime (anti-Hollande) che si è svolta a Parigi: strano, come Yanukovitch, ma senza scandalo dei nostri media. La polizia francese ha arrestato 150 manifestanti. Ci sono stati scontri. Un po’ come in Ucraina...




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