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Il Quirinale sarà loro: tremiamo
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I media vi vogliono appassionare alla scelta del Capo dello Stato. Moltiplicano le «rose dei nomi», ingiungono che «dev’essere donna», svelano «retroscena» su «trattative» tra PD e PDL, registrano «gli altolà di Berlusconi».

Ma quale Berlusconi. Se una cosa è certa, è che il presidente – ossia colui che davvero governerà l’Italia per sette anni, inamovibile e incriticabile – sarà uno della sinistra. Grazie alla legge Calderoli – questo genio, questo furbo-pirla – che dà loro il premio di maggioranza spropositato alla camera, possono far salire al Quirinale chi vogliono. La scelta è tutta e solo loro. Bunga Bunga stesso, che ha provato a mettere il veto almeno su Prodi, è ridotto a sostenere la candidatura di D’Alema o Violante, da cui ha ragione di aspettarsi una qualche clemenza giudiziaria.

In ogni caso, sono due pezzi da novanta comunisti, comunisti fino al midollo: bella soddisfazione, da parte di quello che per vent’anni ha chiesto i nostri voti «contro i comunisti». Invito gli elettori del Bunga che ancora sperano qualcosa da lui a meditare: questo è l’effetto della politica berlusconiana, che ha tradito le speranze dell’Italia migliore e i suoi elettori, che promosso e messo in tutte le liste puttane, nani e ballerine, fellatrici e viziosi e subnormali dall’ego comicamente enfiato, escludendo accuratamente, in modo deliberato, qualunque personalità di livello nella scienza, nell’accademia, nella cultura. Le personalità del genere erano viste come rompipalle, gente che col suo giudizio poteva limitare le libertà di malaffare del «polo delle libertà», che da indipendente poteva criticare le seratine eleganti e le foste a testa di porco, che con l’intelligenza poteva penetrare gli affaracci sporchissimi tipo quelli che Report rivela. L’ultima, a proposito di Alemanno sindaco circondato da malavitosi, è agghiacciante.

Meditiamo, noi berlusconiani o ex berlusconiani: questo è il fallimento storico di un Nord che si è lasciato rappresentare da Santanché e Dell’Utri, Briatore e Carfagne, da Bossi e cerchi magici di cretini e altri deficienti e nullità furbastre. Ed oggi, non ha un uomo «suo» da proporre per il Quirinale con qualche decenza. Nemmeno come candidato di bandiera.

I candidati del Pdl sono: D’Alema e Violante.

E se non saranno votati dal PD, proprio perché con ciò farebbero un piacere al Bunga e al suo circo di pagliacci e di soubrettes. Quindi, avremo uno dei seguenti.

Prodi, il più probabile. Ossia il volpone democristiano sopravvissuto a tutte le Dc, anzi sempre sull’onda ad ogni nuovo scandalo e crisi: dove intere generazioni di marpioni sono state travolte, Prodi sfrecciava sulla cresta dell’ondata, slanciato verso una poltrona più alta, sempre più alta. È il campione mondiale di surf sugli tsunami di fogna. Grazie alle alleanze e ai favori fatti ai poteri che contano davvero: da Goldman Sachs a De Benedetti (1), dalle finanziarie anglo favorite nello smantellamento dell’IRI, ai clientelismi minimi e massimi (2), compresi (finché contavano) gli Agnelli. Ed ora, il più vecchio arnese del politicantismo ha persino l’endorsement di Beppe Grillo. Complimenti, rivoluzionario.

Prodi piace, inutile dirlo, al «popolo delle sinistre». È stato l’unico che le ha portate alla vittoria e al governo, e non una ma due volte, ancorché poi i caporioni l’abbiano impallinato. L’uomo è vendicativo, leccato per gratitudine da Repubblica, finto buono, cattolico adulto e quindi mai contrastato dalla Massoneria, fra cardinal Martini e Goldman Sachs, anti-Cav, ammanicato in Eurocrazia: insomma ha tutto. Forse solo il fatto che sia stato indicato da Renzi – che il Pci considera un nemico peggiore di Bunga – può nuocergli.

Soprattutto, Prodi è quello che ci ha portato nell’euro con trucchi contabili alla greca sui nostri bilanci, una finanziaria di sangue e con un cambio sulla lira che ci ha stroncato le gambe come economia, ed anche come popolo: ve lo ricordate e no che il giorno dopo scoprimmo che il caffè al bar era passato da 800 lire a 80 centesimi, ossia a 1500 lire? La «riduzione dei consumi interni», che ora si lamenta, è cominciata di lì. I salari risultarono, di colpo, dimezzati.

Ora, è ovvio che questo Prodi, dal Quirinale, farà di tutto per tenerci nell’euro: come dice Draghi, ci ha fatto un investimento politico (suo) troppo grande. Ma del resto, questo è il carattere comune di tutti i «candidabili» orrendi di cui si fanno i nomi: la Finocchiaro, ottusa apparatchik sovietoide coniugata con loscaggine siculo-mafiosa (3) (ma «è donna», dicono, e Bersani la vuole al Colle sapendo che lei gli restituirà il favore dandogli l’incarico che gli ha negato Napolitano). Giuliano Amato, quello dei 30 mila al mese di pensioni varie, eterna riserva della repubblika, rivale di Prodi nel surfing indenne sulle titaniche onde di cacca, ebreo i odore di massoneria, molto «stimato nei circoli internazionali», eccetera eccetera. Anche lui un «europeista» che chi inchioderà alla moneta-letale.

Lo stesso, ovviamente, si può dire di tutti i «candidati» indicati nelle ridicole Quirinarie grilline (da 50 mila su 9 milioni di votanti Grillo): in ordine alfabetico,

Emma Bonino, Gian Carlo Caselli, Dario Fo, Milena Gabanelli, Beppe Grillo, Ferdinando Imposimato, Romano Prodi. Stefano Rodotà, Gino Strada, Gustavo Zagrebelsky. Lasciando da parte i pagliacci (Grillo e Fo e Gino Strada, ex contiguo brigatista), restano realisticamente la Bonino (Trilateral, aborti con la pompa), il settario ideologo Rodotà, il giustizialista Zagrebelski, il torquemada fallito Caselli; e ovviamente, l’immarcescibile Prodi. Hanno delle possibilità, in quanto Bersani può sperare, indicandoli come candidati, di attrarre i voti dei grillini, degli utopirla. In ogni caso, ci terranno inchiodati all’Europa, come Monti e più di Monti. Ci legheranno alla macina da mulino del debito pubblico, ce lo faranno pagare tutto, «l’Europa ce lo chiede», i poteri forti transnazionali lo pretendono.

In ogni caso, il Quirinale sarà il loro. Di uno di loro, non importa quale. E non importa se il PD si suicida un’altra volta, se fallisce il governo Bersani, se si torna elezioni a giugno e rivince il Bunga: avremo comunque un governo di sinistra. E non per qualche mese: per sette anni. Perché Napolitano ha mostrato che dal Quirinale si può «fare» un governo presidenziale, e non essere processati per violazione della Costituzione. Anzi, il governo golpista del presidente è stato appoggiato dal Bunga e dai suoi lecchini e puttane.

Abbiamo avuto la repubblica presidenziale; ma non di diritto come nel programma Pdl, bensì «di fatto», giustificato dalla «emergenza» e dunque senza regole né limiti. Una dittatura di nuovo, e spaventoso genere.

Immaginate il potere che Napolitano ha inaugurato (in realtà, aveva cominciato Scalfaro, ma almeno allora Forza Italia era all’opposizione) nelle mani di una Finocchiaro, col marito inquisito, o di una Bonino, con le sue «relazioni internazionali» stramassoniche, che da militante-serva di un partitino microscopico fu elevata alle alte cariche europoidi da Berlusconi. O immaginate il potere di governare realmente nelle mani di un Rodotà o di uno Zagrebelski.

Tremate davvero. E pregate, italiani.




1) Sui favori miliardari resi da Prodi a De benedetti, rimando ad un articolo sul web
2) Sui clientelismi di Prodi, cito un articolo da Panorama: «....Gli affari dell’amato nipote Luca, gli aiuti pubblici invocati dal consuocero Pier Maria, i finanziamenti sollecitati al fidato industriale farmaceutico, già arrestato più volte durante Mani pulite, che a sua volta attende agevolazioni fiscali: le linee di Palazzo Chigi erano roventi senza che nessuno sospettasse che gli investigatori ascoltavano ogni parola. Ma per comprendere il perché di tanto interesse serve una premessa. Nell’estate scorsa i magistrati di Bolzano sono a una svolta nell’inchiesta per corruzione e riciclaggio sulla vendita dell’Italtel dell’Iri alla Siemens, avvenuta negli anni 90 con Prodi alla presidenza del colosso di Stato. E, tra i fondi neri del gruppo tedesco, hanno rintracciato un insolito bonifico da 5 milioni di euro a favore della Goldman Sachs, advisor nell’operazione e società dove hanno lavorato, oltre al Professore, molti Prodi boys come l’ex sottosegretario all’Economia Massimo Tononi che spunterà più avanti in questa storia. All’epoca braccio destro del Professore e suo vice all’Iri era Alessandro Ovi, consigliere di fiducia che porterà poi in Commissione europea e in Italia anche come candidato dell’Ulivo al cda della Rai (...) le intercettazioni selezionate riguardano proprio gli affari di oggi di Ovi nella capitale come ombra del Professore, suo «writer» personale, consulente negli affari di famiglia che in quest’inchiesta si confondono con le quotidiane attività di Palazzo Chigi, visto che figure di governo sono chiamate a risolvere grane di famiglia».
3) Dai giornali: «Catania, 24 ottobre 2012 - C'è anche il marito di Anna Finocchiaro fra i quattro rinviati a giudizio nell'ambito dell'inchiesta sulla procedura amministrativa che avrebbe portato, a Catania, all'affidamento senza gara dell'appalto per l'informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre. Il lavoro fu assegnato alla Solsamb srl, società guidata da Melchiorre Fidelbo, marito del presidente dei senatori del Pd».



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