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Modeste proposte al governo
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Come si può constatare, il governo sta risolvendo energicamente il problema della «sicurezza». E tuttavia non abbastanza rapidamente per la più bollente gioventù italiana, che ha deciso di prendere su di sè l’incombenza. A Napoli, città-modello, torme di scippatori in motorino, aspiranti all’assunzione a tempo pieno nella migliore industria locale - la Camorra - si dedicano all’incendio della monnezza e, contemporaneamente, delle baracche degli zingari. E poi andate a dire che non hanno voglia di lavorare.

E’ la conferma che l’iniziativa privata è sempre più efficiente dell’intervento pubblico, come non si stancano di ripeterci economisti del livello di Giavazzi, Monti e Draghi. Bisogna ammettere però che gli incendi delle roulottes hanno creato una falsa immagine del Paese. Qualche giornale straniero ha parlato di pogrom, il governo Zapatero ha elevato l’accusa di razzismo. Tutto ciò è offensivo e ingiusto, e nasce dall’ignoranza della cultura civile italiana.

Essa consiste nella assoluta manica larga verso le illegalità, che compensa di tanto in tanto con scoppi di ferocia punitiva esemplare. Bisogna tener conto che i periodi di tolleranza sono quasi permanenti; i pogrom sono occasionali e di breve durata. Ricordatevi di piazzale Loreto. Da quasi settant’anni non appendiamo per i piedi nessun politico, nonostante il gran numero di meritevoli del trattamento.

Per decenni ho visto, sui tram di Milano, i passeggeri italiani protestare contro i controllori che trovavano qualche zingarella intenta al borseggio senza essere munita di biglietto: «Poveretta! Lasciatela andare!». Carabinieri che cercavano di arrestare ladri e rapinatori extracomunitari vengono bloccati da magistrati, che poi rilasciano gli arrestati in un lampo.

Immagino che il gran cuore di Napoli abbia tollerato anche di più: tipica la scena generosa delle popolane che scendono in strada ad insultare gli agenti repressivi quando cercano di fermare un malvivente, subito appoggiate dai popolani maschi che sottraggono il malvivente all’arresto.

L’Italia è fatta così, e bisogna che gli stranieri ipercritici lo riconoscano: da noi, semplicemente, la normale, severa e quotidiana applicazione delle norme (le famose «regole») non è sopportata. La nostra libertà consiste nel simpatizzare con chi le viola, fino a quando la violazione non giunge a certi estremi.

A Napoli, la zingarella di turno ha tentato di rubare una bambina (o così dice la mamma): e poichè i figli so’ piezz’e core, è esploso lo sdegno popolare liberatorio. Presto si calmerà, e i rom torneranno a lavorare per la malavita nostrana, che li arruola generosamente come precarii: anche in quel settore, ci sono certi lavori che gli italiani non vogliono più fare.

Vero è che s’è manifestata un’opposizione tutta italiana allo spontaneismo punitivo. Umberto Eco ha criticato il nuovo atteggiamento verso i rom sostenendo che il popolo ha bisogno di crearsi un nemico. Eugenio Scalfari ha  criticato come incivili le retate ordinate dal governo Salame nei più grossi insediamenti rom; non è mancata l’alta voce della Chiesa, e della Caritas, a protestare contro la violazione dei diritti umani. Delegazioni del Partito Radicale hanno visitato campi rom in segno di solidarietà.

Nel nuovo clima di dialogo, il governo dovrà riconoscere che l’opposizione ha la sua parte di ragione; essa presidia, in questo momento, la nota immagine di «italiani brava gente», messa in pericolo dalla gioventù napolitana e dai sindaci lumbard. Come conciliare le due necessità, gli incendi liberatorii «di destra» con il bisogno di esprimere il nostro cuore generoso «di sinistra»?

Ancora una volta, la soluzione sta nella privatizzazione. Ed è questa la nostra umile proposta al governo-con-opposizione. Umberto Eco è diventato molto ricco, ha sicuramente ville e case in Italia oltre al suo noto superattico a Parigi. Eugenio Scalfari, che vendette a suo tempo la sua quota di Repubblica per 200 miliardi, non manca certo di vasti spazi abitativi e di prime e seconde terze ville. I radicali percepiscono da decenni una ventina di miliardi (in lire) ogni anno, per un presunto servizio pubblico che svolgerebbero. La diocesi del cardinal Tettamanzi regna su un vasto patrimonio edilizio a Milano, e la Chiesta a Roma su uno ancora più vasto.

Ebbene: che queste anime generose diano l’esempio. Accolgano famiglie di zingari cacciati dai quartieri bassi dalla furia popolare, e li accolgano nelle loro ville e quartieri alti. Eco ne prenda due o tre nel superattico. Scalfari nella sua bella casa con terrazza che dà sui tetti di Roma. La Chiesa, nei seminari con cento stanze notoriamente abitati da due o tre seminaristi.

I lettori di «Liberazione» abitano, almeno a Milano, nella cosiddetta «Zona 1», centro assoluto, fra via dei Giardini e Montenapo (il solo luogo della città dove Bertinotti continui a prendere la maggioranza assoluta dei voti): li installino lì, i profughi  zingari. Lo spazio, lì, abbonda. Ci sono bellissimi giardini interni dove accampare questi disgraziati discriminati dal razzismo plebeo. Ci sono anche autorimesse per le Mercedes dei miseri da proteggere.

Mostrino la superiorità morale della classe dirigente, la sua larghezza di vedute, la sua solidarietà - di cui tutti le facciamo credito, ma che vorremmo ogni tanto veder praticata. Gli zingari, non tutti a Scampia o a Quarto Oggiaro: anche via Manzoni, il Vomero e piazza Farnese hanno diritto alla loro parte di accoglienza. Condividiamo i benefici della società aperta multirazziale.

Si avanza questa modesta proposta anche per un altro motivo: il governo e l’opposizione extraparlamentare (Eco e Scalfari e Tettamanzi) ci paiono alquanto incartarsi sulle misure da prendere, per una evidente scarsa idea di ciò che è «legale» e che non lo è. La proposta, avanzata da qualcuno di «destra», di prendere le impronte digitali agli stranieri in entrata, rom compresi, è stata definita razzista da Liberazione («Tornano le leggi razziali»): entrambi paiono ignorare che quando atterrano in USA, tutti gli europei sono obbligati di routine a fornire le impronte digitali e persino fotografati da guardie armate, grazie alle nuove leggi post-11 settembre. E come si sa, gli USA sono il modello della democrazie e del pluralismo. Hanno tanta democrazia là, che la esportano in tutto il mondo. Ce ne insegnano ogni giorno di più.

D’altra parte, il governo Salame si è cacciato in un vicolo cieco nel suo generoso impulso a soddisfare la richiesta popolare: via tutti i clandestini! Immediata espulsione! Solo che i clandestini sono 780 mila almeno, e fra essi 350 mila badanti che cambiano i pannoloni ai nostri vecchi. Queste, la volontà popolare vuole assolutamente risparmiarle; e del resto, le badanti sono clandestine solo in forza delle cosiddette «leggi» italiote (o ciò che noi chiamiamo leggi), draconiane in apparenza e perciò mai applicate in sostanza. Esse hanno chiesto il permesso di soggiorno, i loro datori di lavoro sono dispostissimi a testimoniare a loro favore: ma la nota burocrazia italiota assenteista non espleta le pratiche, ha arretrati di  anni.

Lo stesso dicasi per i lavoratori extracomunitari che affollano le fabbriche nel mitico Nord Est: quello stesso luogo da cui si alza più forte il grido «Fuori gli extracomunitari», e che per questo ha dato forza elettorale alla Lega, è anche quello che non vorrebbe assolutamente l’espulsione dei suoi operai senegalesi, romeni e serbi, ormai preziosi dato che gli italiani certi lavori  non li vogliono più fare.

Il neoministro degli Interni, Maroni, ha assicurato che farà le «distinzioni» dovute. Attendiamo a piè fermo questa innovazione legislativa senza precedenti: una legge che insieme colpisce l’immmigrazione clandestina, e che però esenti i clandestini utili e necessari. In nessun’altra civiltà giuridica le leggi fanno tali distinzioni. Perchè le leggi, semplicemente, non sono concepite per questo. Si suol dire, in altre civiltà, che la legge «è uguale per tutti».

Ma non è ignoto che in Italia si sta sviluppando, da anni, una cultura giuridica del tutto inedita. Le leggi si fanno ad personam; delitti identici vengono puniti in modo doverso, secondo la condizione della persone delinquente. I camorristi e mafiosi pluriomicidi vengono addirittura assunti dallo Stato come collaboratori di giustizia; i delinquenti di mezza tacca, che non sono in grado di offrire la loro preziosa collaborazione perchè esterni alla criminalità organizzata, subiscono tutti i rigori della legge penale, senza sconti.

L’evasione fiscale è considerata un delitto peggiore dell’omicidio plurimo aggravato, specie se a commetterla sono persone che si chiamano Previti, o sono bottegai da 1.000 euro al mese di guagdagno. Norme che obbligano un occupante di spazi televisivi abusivo a restituire le onde alla emittente che le ha pagate, non vengono applicate, se l’emittente in violazione si chiama Rete 4.

Un rom ubriaco pluriomicida sta agli arresti domiciliari; teppisti di destra omicidi vengono sbattuti all’ergastolo, perchè di destra. Lo stupro è punito duramente se lo commette un romeno; completamente impunito se lo commette il papà italiano della stuprata.

A nostro sommesso parere, è difficile accentuare ulteriormente questa tendenza al diritto penale ad personam. Secondo noi, Maroni rischia, per volontà di fare il bene, di aggravare il noto stato giuridico italiota: l’emanazione di leggi durissime, inapplicabili per la loro stessa durezza, che però vengono temperate dalla generale inosservanza di dette leggi.

Ci domandiamo se non sia proprio questo il motivo per cui 160 mila zingari, e centinaia di migliaia di malviventi balcanici si siano fiondati in Italia. Non vorremmo che finisse come al solito: che ad essere angariate, perseguitate ed espulse siano le badanti ucraine e romene, per il fatto che sono più facili da beccare in flagrante mentre cambiano il pannoloni al nonno abbandonato dai figli. Più difficile beccare lo zingaro che ruba macchine, la banda albanese che rapina in villa e tortura i rapinati. Quelli se la squagliano, sparano, hanno ottimi avvocati. Non a caso, il 98% dei furti, e oltre l’80% degli omicidi, in Italia permangono impuniti.

La repressione diuturna dell’onesto: a questo si dedica la civiltà giuridica pubblica italiana. Temperata, ogni tanto, da un linciaggio popolare. A questo punto, sacrosanto.

Rende perplessi, si deve confessarlo, anche la proposta del neo-ministro della Difesa, il benemerito Larussa - di organizzare contro i clandestini ronde di militari dell’Esercito. A rincalzo delle scarse forze di polizia, per lo più impegnate a scortare senatori a vita, a guidare le  auto blu della sovraffollata casta, ad accompagnare magistrati e signore dei generali della Finanza.

Si vorrebbe chiedere: di grazia, le forze armate sono forse più numerose e meno impegnate? Tutte quelle di una qualche competenza sono sparse nei Balcani, in Libano, in Afghanistan, in una delle decine operazioni di «pace» in giro per il mondo. Resta solo qualche sottufficiale intento a rubare quarti di bue e cesti di verdura nelle furerie delle caserme svuotate. Vogliamo mandare un pover’uomo del genere in ronde anti-clandestini?

Ci sono, beninteso, i generali, in numero prodigioso, per un Paese che da sempre ripudia la guerra; ma sarebbe brutto vederli per le strade a controllare i clandestini, a bordo dell’autoblù con attendente. La disciplina potrebbe soffrirne. E poi, come farebbero i militari a distinguere i clandestini utili dai clandestini dannosi? Con quali regole di ingaggio verso le badanti e i raccoglitori di pomodori  tunisini?

Tanto più che il Salame in capo ha deciso di utilizzare i militari per risolvere il problema dei problemi: la Monnezza. Commissari per la mommezza sono stati promessi in ogni città: ma scusate, il Commissario Monnezza a Napoli - figura permanente, istituzionale - cos’ha mai fatto? Anche De Gennaro, il superpoliziotto, ha fallito e sta per gettare la spugna. Ora, affiancato da militari, il nuovo commissario all’emergenza permanente, saprà fare meglio?

S’indovina che Berlusca voglia usare i soldati e i loro automezzi per raccogliere la monnezza di Napoli, e scortarla in discariche «segrete». Pieni di ansiosa aspettativa, attendiamo di vedere come discariche con milioni di ecoballe saranno mantenute segrete. Specie alla gloriosa popolazione campana, diuturna sorvegliante delle sue discariche sotto casa; e pronta ad affiancare i più famosi delinquenti locali nella resistenza aggravata ai pubblici ufficiali.

Qui, la nostra modesta proposta riguarda l’uso proprio dei militari: siano impiegati non per raccogliere la monnezza direttamente, ma per obbligare - sotto la minaccia dei mitragliatori d’assalto in dotazione - per obbligare alla raccolta i 30 mila netturbini napoletani, a cui si potrebbero aggiungere per l’emergenza i funzionari e i sindaci che li hanno assunti.

Naturalmente non ci aspettiamo che questa modesta proposta venga accolta. Il nuovo governo ha evidentemente altre soluzioni, altamente creative, che ci stupiranno per la loro novità geniale.

Ce lo dice un fatto ben preciso: l’abolizione dell’ICI. Giustissima, dopotutto il 72% degli italiani è proprietario della casa in cui abita, e la casa è il bene più supertassato in Italia. C’è solo un piccolo dettaglio: come si concilia il programma «federalista» del governo con l’abolizione della tassa che consente la cosiddeta «autonomia fiscale» ai cosiddetti enti locali?

La misura è contraria al federalismo. I Comuni avranno una scusa in più per battere cassa allo Stato centrale. Il federalismo con centralizzazione fiscale pare una contraddizione in termini.

Aspettiamo, con vibrante  attesa, la soluzione di questa aporia logico-programmatica. E morte ai clandestini!


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