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L’eredità di Lula
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Il 4 aprile l’agenzia di rischio Fitch Ratings ha deciso di migliorare la classificazione del rischio del Brasile da BBB- a BBB; ha motivato la scelta «rivedendo la prospettiva da stabile a positiva e evidenziando che la transizione al governo di Dilma Rousseff è stata gradita, dal momento che presenta un contenimento efficiente delle spese» (1). Il Banco Central do Brasil (Banca Centrale Brasiliana) ha commentato così la notizia: «La decisione di Fitch Ratings di elevare la classificazione del rischio del Brasile, annunciata oggi, è il riconoscimento della consistenza politica economica nel corso degli anni e del miglioramento dei suoi fondamentali, ottenuto attraverso le politiche degli obiettivi dellinflazione, cambio fluttuante, accumulo delle riserve internazionali, responsabilità fiscale e solidità del sistema finanziario» (2).

Questo significa che il Brasile pagherà alle entità internazionali (Fondo Monetario Internazionale in testa) per il servizio del debito estero tassi di interesse meno elevati. Ma a quanto ammonta il debito estero del Brasile? A febbraio era pari a 431,08 miliardi di Reais (circa 190 miliardi di Euro), relativamente pochi se confrontati con i 335 miliardi di Reais (circa 147 miliardi di Euro) del 2002, quando il governo Lula subentrò a quello Cardoso.

Ma come è riuscito Lula a mantenerlo a livelli costanti dal 2002? Semplice, nel 2008 il Brasile ha «saldato tutti i debiti verso lestero». Anzi un Lula in versione smagliante annunciava alla stampa: «in 500 anni di storia, per la prima volta da ieri siamo passati ad avere più riserve che debito pubblico e privato» (3).

E tutti i giornali di regime si produssero in peana per Lula, il sindacalista operaio ecologista che dopo avere salvato la democrazia, il proletariato, l’Amazzonia diventava anche il paladino dell’economia per «avere combattuto la povertà e lesclusione sociale» (4). Teoricamente è vero che il Brasile ha pagato tutti i debiti con l’estero nel 2008, peccato che l’azzeramento sia stato solo un trucco contabile di Mantega, il ministro delle Finanze, in quanto il debito estero è diventato interno, cioè debito pubblico. In pratica si è passati da una situazione di debito con gli enti internazionali ad un’altra di debito con il Banco Central do Brasil e quindi con le banche private operanti in Brasile.

Quando entrò in carica il primo governo Lula (2002), difatti, il (falso) debito pubblico interno del Brasile ammontava a 640 miliardi di Reais che divennero 1.400 trilioni nel 2007 ovvero più del doppio del valore del 2002, e contemporaneamente il debito estero fu azzerato. Così gli ignari cittadini brasiliani si accollarono, oltre all’odioso fardello del debito pubblico, il debito contratto dai loro governi con l’usura internazionale.

Questo comportamento criminale ed i rischi da esso derivanti, sono stati già messi in luce nel 2010 da un serio - e inascoltato - economista, Waldir Serafim in suo articolo pubblicato dal giornale Só Noticias (Solo Notizie). Il ragionamento di Serafim è il seguente: la gestione finanziaria delle finanze di un governo dovrebbe assomigliare a quella di una famiglia. Chiedere un prestito per comprare una casa ha un senso, a patto di rientrare nel bilancio; se, invece, la famiglia si indebita per fare una festa non rimarrà nulla e quando finirà il momento di euforia rimarranno solo i debiti e molti incubi, nient’altro.

Il Brasile, prosegue, può essere paragonato alla famiglia che si indebita: spende troppo, irresponsabilmente, e si indebita. Il governo non riesce a pagare i debiti in scadenza, neanche gli interessi, ricorre alle banche per rifinanziare i suoi debiti, il che crea uno spread (una differenza tra il tasso base di interesse e gli interessi effettivamente pagati) sempre più elevato. Il governo è ormai ostaggio delle banche: ha bisogno di denaro per frenare il proprio debito e viene costretto a pagare interessi sempre più alti (5). Il vero problema, secondo Serafim, è che il governo chiede soldi in prestito non per destinarli agli investimenti pubblici (strade, scuole, ospedali, ecc.), ma per fare delle feste che non lasceranno nessun beneficio alle generazioni future. Solo sistemando la casa, conclude, si potrà mettere un freno (6).

Più di un anno è trascorso da quando è stato scritto questo articolo, che ne è stato del debito interno del Brasile?

Leggendo la Relazione Trimestrale della Banca Centrale Brasiliana di Alexandre Antonio Tombini, al 31 dicembre 2010 il debito interno liquido era pari a 1.835,12 trilioni di Reais, un aumento del 76% dal valore del 2007, che rappresenta in percentuale del Prodotto Interno Lordo il 49,9%. E dopo il cambio di governo sono state prese delle misure di contenimento del debito? Sembrerebbe di no. A fine febbraio era arrivato a 1.885,40 trilioni di Reais, in percentuale il 50,5% del PIL.

Insomma, sulla falsariga dell’eredità di Lula, con Dilma continua la festa. Presto o tardi, il Carnevale di Lula-Dilma finirà e allora, passata l’ubriacatura, al Brasile rimarranno solo debiti da pagare. A guadagnare saranno solo i banchieri.

Il destino del Brasile può essere riassunto dalle sue banconote e nella sfrontata - per il cattolico - frase che sta scritta: «Deus seja louvado», (Dio sia lodato).




Ne siamo certi non c’entra nulla Dio, si tratta di Mammona, il dio denaro, l’unica divinità che il banchiere adora.

A. R.




1
) www.sidneyrezende.com/noticia/agencia+fitch+ratings+melhora+classificacao+de+risco+do+brasil
2
) www.bcb.gov.br/textonoticia.asp?codigo=3002&idpai=NOTICIAS
3
) http://economia.terra.com.br/noticias
4
) www.pdt.org.br/lula-ganha-premio-espanhol-por-luta-contra-pobreza-e-exclusao-social
5
) L’ultimo mese disponibile, marzo, il tasso Selic (di interesse ufficiale) era dell’11,17%, fonte: www.portalbrasil.net/indices_selic.htm
6
) www.sonoticias.com.br/opiniao/2/100677/divida-interna-perigo-a-vista


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