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I missili di Hamas? Scusate, non ci credo
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Il sito israeliano Debka: «La cinquantina di missili e razzi che Hamas ha lanciato a colpire Israele il 24 dicembre, insieme a decine di colpi di mortaio, rappresentano non oltre un quarto delle sue capacità, dicono nostre fonti militari. Ufficiali dell’Israeli Defense Forces calcolano che il gruppo palestinese fondamentalista può sparare 200 missili al giorno, alla pari con lo sbarramento fatto da Hezbollah contro la Galilea nella guerra del Libano 2006, con conseguenze devastanti in perdite umane e danni alle proprietà... Il gabinetto sulla sicurezza israeliano ha concluso che Israele deve ricorrere all’azione militare per spegnere la crescente pioggia di missili, mortai e razzi da Gaza, che mercoledì hanno lasciato 57 vittime di shock, di cui metà bambini, e rovinato case, veicoli, negozi, officine e strade. I ministri  hanno tenuto conto che Hamas reagirebbe agli attacchi aerei israeliani su Gaza dispiegando i suoi missili a lungo raggio che si ritiene abbiano una gittata di 42 chilometri».

Strano che questo continuo sbarramento di missili, una cinquantina in un sol giorno, non faccia una sola vittima in Israele. Perchè, come ha scritto Yoel Marcus su Haaretz: «... Nessuno è stato ucciso dalla pioggia di razzi dopo la cessazione ufficiale della tregua (con Hamas). Ciò non significa che sia una situazione in cui sia possibile vivere, ma la reazione isterica del pubblico in generale e dei politici in particolare pare sorgere essenzialmente dal fatto che il Paese è in periodo elettorale».

I missili di Hamas, anche a 50 al giorno, non ammazzano mai nessuno nel territorio israeliano. Le 57 «vittime» di cui parla Debka, hanno subito «lo shock». In compenso, uno di questi razzi, venerdi, ha colpito una casa nella striscia di Gaza uccidendo due bambine, una di 5 e una di 13 anni: palestinesi.

Quando si tratta di ammazzare palestinesi, i razzi palestinesi sono efficacissimi, mica producono solo «shock». Fanno cilecca solo contro gli israeliani.

Lungi da me, che non ho mai fatto il militare, dare consigli ai comandi di Hamas; ma se fossi in loro, darei una ripassata ai von Braun di casa, prima di fare la guerra ad Israele. C’è qualcosa che non funziona nella tecnologia, e dopo anni di lanci, dovrebbero cominciare a chiedersi cosa.

Il puntamento approssimativo? La carica esplosiva insufficiente? Il comburente annacquato?

Non è possibile andare avanti così, signori fondamentalisti islamici. Dovreste aver capito che i vostri  mezzi balistici - che fanno al massimo un buco su un pezzo d’asfalto, o rovinano qualche tegola - attraggono invariabilmente una reazione israeliana di volume cento volte superiore, con elicotteri, missili teleguidati, bombe intelligenti radar-guidate, bordate d’artiglieria navale, ferro e fuoco da cielo, terra, aria.

Un proiettile del cannone del carro armato Merkava - ci hanno fatto vedere in TV un caro  soldatino che lo caricava - è già più lungo dei vostri razzi, ed  enormemente più esplosivo; infallibile nel puntamento, grazie all’apparato elettronico che nel Merkava consente il tiro mirato anche mentre il carro armato corre sobbalzando.

Debka dice che quelli di Gaza, con 50 lanci, hanno usato «solo un quarto delle loro capacità»; che possono lanciare anche 200 missili, «alla pari con la potenza di fuoco di Hezbollah» nella guerra del Libano.

Uno si domanda: 200 missili al giorno, o 200 missili in tutto? Se poi vogliamo chiamarli missili.

Quelli di Hezbollah erano numerosi, eppure non produssero «perdite devastanti» fra gli israeliani, nonostante tutto lo sforzo della propaganda di portare i giornalisti e le troupes TV a vedere i danni.

Debka informa che Hamas dispone di missili «a lungo raggio»: 42 chilometri. Non si sono mai visti, simili razzi. Ma decisamente, la tecnologia di Hamas avanza e migliora di giorno in giorno. Con una simile gittata, la cosa si fa seria. Tanto che (dice Debka) «una striscia di 30 chilometri con 30 località è stata collegata con il sistema di allarme precoce del Comando Interno; unità operative sono state spiegate nella zona con squadre di pronto soccorso, antincendio e salvataggio... 200 ambulanze sono in allerta nella zona sud-occidentale di Israele».

Già questo dovrebbe indurre i comandi di Hamas a rinunciare: contro i loro 200 missili, gli israeliani mettono in allerta 200 ambulanze. Una per ogni missile. La disparità di mezzi è evidente anche solo da questo.

D’altra parte, si può obbiettare che anche le capacità israeliane non sono eccelse quanto sembrano.

Israele controlla tutti i varchi da cui entrano merci a Gaza; anzi li ha chiusi tutti, al punto che delle 47 panetterie di Gaza, ne lavorano oggi solo 14; e ci sono file lunghissime di gente in attesa del pane; i rifornimenti bastano per 24 ore.

Ebbene: Israele riesce a non far passare la farina nè i medicinali, ma non riesce a bloccare i materiali che servono per la fabbricazione di 200 razzi, missili o quel che sono, tanto più di 42 chilometri di raggio?

Gaza non riesce a procurarsi il pane (e non parliamo del companatico); dipende dalle razioni dell’ONU; com’è che invece riesce a procurarsi lunghi tubi d’alluminio o d’acciaio speciale, tonnellate di esplosivo per 200 testate, attrezzature sofisticate per motori a razzo (mica facili da fabbricare in una officina, senza elettricità e forza motrice, specie per gittate da 42 chilometri), oltre che combustibile e carburante per  i motori?

Quelli sono materiali voluminosi, altamente infiammabili e instabili, pericolosi da trasportare. E a proposito: i razzi palestinesi vanno a combustibile liquido o solido? Nessuno ce lo spiega mai. Ma lasciamo correre.

Tutta roba che arriva dai tunnel che Hamas ha praticato sotto il confine con l’Egitto, si potrà rispondere. Anche a voler ammettere che Hamas usi questi tunnel solo per rifornimenti bellici e non per la farina, condannando alla fame i suoi palestinesi (si sa, Hamas è irrazionale, tutti i musulmani sono ferocemente irrazionali), la cosa non convince.

Israele sorveglia ogni metro quadrato di Gaza. Con i satelliti suoi e americani, con tutti i suoi droni senza pilota, con tutti gli altri apparati di sorveglianza elettronici per cui è leader di mercato mondiale, con le spie interne che assolda (e ne trova, perchè spiare per Israele è magari la condizione per poter mandare la mamma o il figlio malati in un ospedale israeliano) Israele è in grado di rilevare qualunque movimento sospetto in quel fazzoletto di terra: tanto è vero che quando vuole colpisce persone precise, di cui conosce l’identità e la intenzioni, e le incenerisce seduta stante.

Com’è che questa impareggiabile e sofisticatissima sorveglianza preventiva fa cilecca, quando si tratta di missili e loro parti? Rilevano un’auto con dentro un paio di militanti di Hamas, e poi non rilevano camion che portano bombole di comburente ossigenato? E quintali di cordite?

C’è una falla nel sistema israeliano. E’ uno scandalo che deve finire: danneggia anche il business, l’immagine commerciale del massimo venditore mondiale di rinomati sistemi di repressione.



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Armi palestinesi

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Armi israeliane



Ma ammettiamo che l’armamento pesante di Hamas venga contrabbandato attraverso i famosi tunnel. Questi tunnel comunicano con l’Egitto. Allora bisognerebbe ammettere che l’Egitto, sotto sotto, arma Hamas contro Israele.

Ma non è così. Il Cairo ha tenuto bordone all’assedio di Gaza e alla sua morte per fame, mantenendo chiuso il varco di confine di Rafah. E come ha riportato Al-Quds al-Arabi, quotidiano pubblicato a Londra, il 24 dicembre, Amos Gilad, il capo del settore diplomazia-sicurezza del ministero della Difesa israeliano, s’è incontrato al Cairo con Omar Suleiman, capo delll’intelligence egiziano, per comunicargli l’intenzione di compiere l’annunciatissima incursione a Gaza. E Suleiman ha risposto che l’Egitto non si oppone se lo scopo è limitato al rovesciamento di Hamas.

Pochi giorni prima, dopo che Israele ha maleducatamente respinto una debole proposta di Mubarak di ritentare di arrivare a una nuova tregua (anche quella di prima era stata mediata dall’Egitto), si è limitato a chiedere che Israele si comporti con «restraint», nella sua azione militare contro Gaza. Che si trattenga un po’, insomma.

Del  resto anche gli europei, anche l’ONU, hanno detto sì: solo, hanno chiesto gentilmente di poter portare qualche camion in più di cibo dentro Gaza, in modo che sotto le bombe i palestinesi, oltretutto, non comincino a morire anche di fame - come in ogni lager che si rispetti, o sarebbe «una catastrofe umanitaria».

Israele ha generosamente consentito, «sotto le fortissime pressioni internazionali». Così tutto è moralmente a posto, potremo guardare in TV l’attacco, sicuri che non è una catastrofe umanitaria. Anzi, guardare probabilmente no: non ci saranno telecamere a Gaza, saranno tutte a Sderot, a riprendere le tegole sbrecciate dai missili palestinesi che ammazzano solo palestinesi.

A nessuno è simpatico Hamas. Non ha alleati. Anzi no, contrordine: notoriamente, Hamas è aiutata ed armata da Iran (come?) e da Hezbollah. Per questo i capi di Hamas continuano a tirare i loro razzi contro Sion; perchè sanno di avere le spalle coperte.

Infatti, c’informa la preziosissima Debka: «Hamas ha fatto appello a Teheran il 25 dicembre, chiedendo che l’Iran la sostenga con la minaccia di intervenire se Israele lancia un attacco contro la striscia di Gaza... Khalaad Meshal, il capo del politburo di Hamas che ha sede a Damasco ha telefonato a un funzionario dell’ambasciata iraniana chiamato Abolfazl ed ha chiesto con urgenza una dichiarazione da Teheran che scoraggiasse Israele dall’attacco».

I capi di Hamas non hanno manco una linea con il Supremo Ayatollah, o almeno con Ahmadinejad. Sono ridotti a chiamare a caso l’ambasciata iraniana a Damasco e a parlare al primo che alza il telefono - tale Abolfazl, di cui nemmeno il Mossad sa nulla - per chiedere un aiutino.

E che aiutino: mica armamenti, e nemmeno minacce d’intervento, ma una dichiarazione che intimorisca Israele.

Dunque Hamas non vuole la guerra, sta cercando di dissuadere attraverso Teheran. Non sarebbe più semplice se smettesse di tirare quei missili, che non beccano mai un bersaglio che sia uno?

E Teheran? Escluso che accenda i motori dei suoi jets, che li carichi con le sue bombe atomiche (ce le ha, e se non ce le ha le avrà), e voli per tremila chilometri a colpire l’Agnello di Sion, farà almeno la dichiarazione per intimidirlo? Si sa che Israele tende facilmente a lasciarsi intimidre. Da dichiarazioni, soprattutto.

Invece no. Persino Debka deve ammettere che «dopo l’SOS di Hamas», il consiglio di sicurezza nazionale dell’Iran «ha deciso di non rigettarlo immediatamente, ma di informare Meshaal che l’Iran attendeva gli sviluppi e che seguiva da vicino le operazioni militari israeliane per vedere come si sviluppavano». Come facciamo tutti, Meshaal.

Andato buco questo tentativo, Meshaal fa un’altra telefonata: A Nasrallah, il capo di Hezbollah a Beirut. Stavolta, informa Debka, «usando la loro speciale linea telefonica» (dunque il Mossad intercetta la speciale linea telefonica di Hezbollah: come mai non intercetta i missili e i razzi di Gaza?). E cosa chiede il capo di Hamas all’alleato, il temibile Hezbollah?

«Una dichiarazione di sostegno al popolo di Gaza». In questo caso però, «con l’aggiunta di una velata minaccia di aprire un secondo fronte contro Israele attraverso lanci di razzi dal Libano».

Un secondo fronte! Allora sì che l’Agnello di Sion, con le sue povere 200 bombe atomiche, vettori balistici, F-16 a dozzine, e carri Merkava a centinaia, viene veramente minacciato nella sua stessa esistenza!

Non che debba dare corso alla minaccia, Hezbollah; basta che la ventili «velatamente». E come ha reagito Hezbollah?

Con qualche «frase emotiva sulla ‘sofferenza’ dei palestinesi e il loro ‘eroico atteggiamento’ di fronte alla ‘aggressione’ sionista» (le virgolette sono di Debka. Insomma, nessuna minaccia di entrare in guerra a fianco di Gaza. Nulla. Secondo Debka, «L’Iran ha ordinato a Nasrallah di evitare di fare minacce pubbliche».

Hezbollah infatti, come sanno tutti, è agli ordini di Teheran.

E però non obbedisce. Infatti, il 26 dicembre, «militari del genio libanese scoprono e disinnescano 13 razzi (di Hezbollah) puntati sulle città del nord Israele». Li abbiamo visti, finalmente, questi razzi; ce li hanno mostrati nei telegiornali, li hanno trovati in territorio libanese controllato da UNIFIL, ossia dall’ONU; hanno fatto vedere un nostro generale italiano vicino a questi razzi. Lunghi, neri, in mezzo a un frutteto.

Ci sono, ci sono i razzi, come dubitarne?

Strano solo questo: che nel 2006, quando Israele aggredì Hezbollah, il glorioso Tsahal non riuscì a scoprirne uno solo, dei numerosissimi razzi che Hezbollah aveva - evidentemente - nascosto benissimo. Tant’è vero che la gloriosa aviazione di Sion dovette bombardare tutto il Libano, case, scuole, centrale elettrica e centrale del latte compresa, per cercare di colpire (alla cieca) una di queste postazioni. Invisibili, imprenditbili, sotterranee.

E invece stavolta, Hezbollah mette i suoi 13 razzi in un frutteto. In piena vista, tanto che li scoprono i famosi genieri dell’armata libanese, e il generale italiano dell’UNIFIL - immediatamente avvertito della scoperta - li va a vedere, e tutte le telecamere sono lì a riprendere.

Debka riferisce: «I razzi sono stati disattivati appena prima che i loro apparati a tempo li lanciassero contro Naharya e Maalot». Capito?

I terroristi Hezbollah fanno così: piazzano i razzi nel frutteto e se la squagliano, dopo aver caricato i timer. Ecco perchè Sion, nel 2006, si è fatta cogliere di sopresa dalle tattiche Hezbollah.

Strano però che i Caschi Blu dell’UNIFIL, che sono lì da mesi e non hanno mai trovato nulla, di colpo si fanno bagnare il naso dai genieri del Libano; che proprio lì trovano razzi Hezbollah pronti al lancio. E proprio quando Israele ha bisogno di una prova dell’esistenza dei fantomatici razzi, per giustificare il suo attacco per rovesciare Hamas. Molto strano. Che razzi sono, poi?

Debka ce lo spiega: «Otto lanciarazzi iraniani ultimo modello, capaci di doppio caricamento, sicchè ciascuno lanciatore può sparare 16 razzi. Non tutti erano completamente carichi. I genieri libanesi (sempre loro!) hanno trovato 13 razzi con un raggio di 20-22 chilometri. Tre dei lanciatori erano pronti a sparare razzi RAAD da 107 millimetri e cinque erano caricati con Grad-Katyusha da 122 millimetri».

Insomma sono katyushe, non proprio missili. Certo fanno impressione nelle foto e nei TG: lunghi neri, messi lì sui loro trespoli. Un po’ più impressionanti di quelli che certe agenzie hanno passato, in queste ore, come «razzi di Hamas».

Una di queste foto ve la proponiamo qui.

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Come vedete, ci sono terroristi mascherati: sicuramente di Hamas. In un verde frutteto, verdeggiante in pieno inverno. Guardate bene il razzo, con quella temibile testa verniciata di rosso. Il fotografo l’ha ripreso dall’alto (sarà salito su una scaletta?) e col grandangolo.

Fa paura, vero? Ma sotto la testata, cosa vedete?

Non c’è il motore del missile, nè i serbatoi del carburante, come occorre per un razzo di presunta gittata di 15-20 chilometri. C’è una canna metallica di piccolo diametro. A guardar bene, non è un missile, e nemmeno un razzo: è un RPG, un’arma anticarro vecchia, che certo ha un raggio non superiore a mille metri.

Kawter Salam, un blogger che scrive da Gaza raccontando giorno per giorno la vita nel lager assediato e bombardato, protesta: «Come l’agenzia ORF (agenzia tedesca che ha pubblicato la foto) e gli altri media vengono in possesso di una tale immagine - c’è anche il video - che presuntivamente mostra “guerriglieri di Hamas” che sparano razzi tra gli alberi da frutta?».

«Hamas ha portato i giornalisti sul posto per mostrare le proprie attività militari? Hamas ha arrestato dei giornalisti che cercavano di riprendere casi come questo».

«Se c’è motivo di dubitare che questi razzi vengano sparati da Gaza, da quale altro posto possono essere lanciati? Dal territorio di Israele, magari? E’ possibile che il lancio di questi razzi sia un campagna di propaganda dell’IDF  per “giustificare” il massacro, da tempo pianificato, del popolo di Gaza?».

«Può essere che l’IDF usi gli abitanti di Sderot, di Askelon e di altri luoghi (israeliani) attorno a Gaza per fabbricare una giustificazione per il genocidio di un popolo che è già quasi mezzo morto per fame?».

«E perchè nessuno pone queste domande prima di mostrare video di questo tipo da diverse TV europee?».

Perchè se no ci chiamano antisemiti, Salam, che forse non sopravviverai domani. Addio, e buon Natale.


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