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L’alienazione della memoria cattolica
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I cattolici possono perdere la memoria? Il Cattolicesimo non è forse «memoria»?  Dalla Parola ai Sacramenti non è tutto memoria del Signore, che ha il potere in cielo e in terra? O forse tale Memoria va aggiornata da una fede più moderna ed evoluta?

Un «pensiero religioso» invaso da idee evoluzioniste, segue per forza l’orientamento antireligioso per cui la pienezza della verità del mondo umano è in un futuro da realizzarsi. Il modernismo «cristiano» segue tale linea e nei nostri tempi abbiamo avuto il famigerato gesuita Teilhard de Chardin della «fiction» evoluzionista: un Cristo punto Omega nell’evoluzione della storia! Le sue elucubrazioni furono condannate dalla Chiesa ma riprese in segreto dal Vaticano II al punto di esserne il pensiero ispiratore, secondo il suo storico, il noto progressista Henri Fesquet.

Già nella Cabbala - interpretazione mistica e cosmologica e quindi dogmatica della Torah, predomina l’idea evoluzionista per cui dal poco del passato procede il molto del futuro, dalle rade «curiosità» della storia passata si passa al gran controllo del futuro; idea per la quale la memoria ha interesse solo strumentale, solo per il politicamente corretto dei poteri dominanti dell’evoluto «uomo nuovo».

Sono le idee sussurrate da uno spirito anticristico, che pretenderà un’elevazione sopra qualsiasi idea di Dio, che svilirà così quello che è sacro e oggetto di venerazione riducendo le anime a sentimenti religiosi decadenti e mondani. In tal modo siamo arrivati oggi al contrario di un’evoluzione; alla luce dei termini di riferimento - Cristianesimo o Rivoluzione - siamo a capo dell’involuzione umana.

A questo punto, il potere di giudizio affidato da Dio alla Sede delle Verità, a Pietro e successori, è ripreso dalla Sinagoga e vediamo i rabbini a giudicare tutto e tutti. Che non s’identifichi, quindi, la Rivoluzione con i bestiali massacri giacobini o comunisti; la rivoluzione finale si rivestirà del sommo inganno: un cristianesimo ecumenista che si scusa e si aggiorna ad ogni ideologia e - per chi saprà riconoscerlo - ai neonati nel giudeo-cristianesimo; ai fratelli maggiori della prima negazione.

Le tre grandi «alienazioni» sono nelle Sacre Scritture


Nel mio precedente scritto «Il Segreto sul ‘katechon’ e la triplice alienazione» dicevo che una volta indicato nel linguaggio comune il senso del termine «alienazione» come quello che meglio descrive la costante della storia umana, si potranno distinguere le sue tre tappe decisive. Proprio questo termine adoperato dalle idee rivoluzionarie contro il pensiero religioso aiuta a decifrare l’intero corso storico della rivoluzione umana, cresciuta e moltiplicatasi nel senso dell’inevitabile rivoluzione terminale dell’Anticristo.

Dall’alienante ribellione originale si è arrivati alle rivoluzioni moderne velate da infinite alienazioni d’aspetto religioso. Tra queste il divieto di cercare la verità nei campi minati dei poteri dominanti. Così, l’olocausto è l’ultima religione per sostituire la Resurrezione come evento divino nella storia umana. Perciò, si rischia la prigione se lo si riduce, come fanno gli storici revisionisti in base ad
investigazioni ritenute «sacrileghe». E’ la stessa voce vaticana a confermarlo: «Chi nega il fatto della Shoah non sa nulla nè del mistero di Dio, nè della Croce di Cristo». Lo afferma il portavoce vaticano, padre Lombardi, in una nota trasmessa dalla Radio Vaticana.

L’accostamento tra la Shoah e il mistero di Dio e della Croce rende «tanto piu' grave», per il portavoce del Papa, la negazione dell’Olocausto quando «viene dalla bocca di un sacerdote o di un vescovo, cioè di un ministro cristiano, sia unito o no con la Chiesa cattolica».

Ecco, l’alienazione della Memoria cristiana, che diviene obbligatoria a favore dell’evoluzione storica. Sarebbe la conseguenza naturale del progresso del pensiero moderno - dalla Croce di Cristo alla shoah - d’accordo con l’ultimo ululato del modernismo dominante.

In verità, l’intera storia umana è condizionata da tre decisive alienazioni in rapporto alla Parola di Dio:

Prima, quella originale.
Poi, quella del popolo eletto.
E alla fine del tempo delle nazioni, questa «cristiana» della grande apostasia.

Per superare la prima, originale, del Peccato di alienazione della Parola, Dio ha formato un popolo per preparare la venuta del Messia redentore. Ma il Verbo divino incarnato fu rifiutato dagli ebrei, che alienarono la propria elezione a favore di un’idea di regno terreno.

Per superare questa seconda grande alienazione storica, Dio ha inviato il Suo Spirito a formare la Sua Chiesa, dove ci sarebbe stata l’autorità, il kathécon, per frenare la scalata continua degli inganni contrari al Suo Verbo. E quanto profetizzato per sempre su questa triplice alienazione che condiziona l’intera storia umana, fu affidato alla Memoria cattolica apostolica romana. Qui è essenziale, quindi, approfondire la natura di questa sede speciale; ad essa sono legati, nel bene e nel male, il giudizio sul bene umano e sui segni della fine. Il fatto, che è al centro anche del Segreto di Fatima, non sarebbe clamoroso se oggi non implicasse l’incredibile quanto colposa «liquidazione» della memoria cattolica. Ciò sarà descritto in seguito in rapporto agli ultimi cinquant’anni e in speciale, dalla chiusura del Vaticano II alla presente «restituzione» alla religione della Shoah.

La memoria del potere conferito a Pietro

Così come il naturale nella storia umana è ordinato al soprannaturale rivelato, la memoria storica è legata intimamente alla Religione stessa. Il Cristianesimo è memoria, dalla Parola ai Sacramenti e la sua diffusione e difesa non può prescindere dalla memoria della Passione di Cristo, crocefisso, morto e risorto, per essere perseguitato fino alla fine dei tempi come Segno di contraddizione col mondo.

Per capire quel che succede nel presente, per cui ogni giudizio sul comportamento politico, sociale e religioso dei popoli e perfino di Roma o di Ratisbona, è velatamente ripreso dalla Sinagoga, ricordiamo un fatto decisivo della Storia Sacra che è negli Atti degli Apostoli (4 e 12).

Mentre Pietro e Giovanni facevano miracoli e parlavano al popolo sul potere del Nome del Messia risorto, «sopravvennero i sacerdoti, il comandante del tempio e i sadducei, non potendo tollerare che essi insegnassero al popolo e annunciassero in Gesù la risurrezione dai morti. Misero loro le mani addosso e li posero in prigione... Il giorno seguente i capi dei Giudei, gli anziani e gli scribi si riunirono in Gerusalemme, con il sommo sacerdote Anna, con Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano alle famiglie dei sommi sacerdoti. Fecero comparire gli apostoli e si misero a interrogarli: ‘In virtù di quale forza e in nome di chi voi avete fatto ciò?’. Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, rispose loro: ‘Capi del popolo e anziani, noi oggi siamo interrogati in giudizio per aver fatto del bene a un povero malato! Ci si chiede in virtù di chi costui è stato risanato. Sappiatelo tutti voi e tutto il popolo d’Israele: è nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocefisso, ma che Dio è risuscitato dai morti!». Essi, però, «intimarono loro di non pronunciare più alcuna parola, né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: ‘Vi pare giusto davanti a Dio ascoltare voi piuttosto che Dio?».

Era chiaro che l’autorità di Dio per fare miracoli e predicare era passata a Pietro. Non solo, quando Pietro era tenuto in prigione, «in mezzo a due soldati, legato con catene, mentre le sentinelle davanti alla porta facevano la guardia, l’angelo di Dio gli si avvicinò in una luce risplendette»... e lo liberò. Era chiaro che le chiavi del potere della giustizia divina erano tolte al Sinedrio e conferite alla Chiesa affidata a Pietro.

Ciò è di fede per la Chiesa di Cristo Re e Giudice, e insegnato fino al tempo di Papa Pio XII, ma non più dalla Chiesa conciliare che si scusa e cerca il giudizio dei rabbini. Giudizi condizionati da un’ideologia di morte, come s’intende dalle parole del rabbino che incita e giustifica il massacro a Gaza per legittime «ragioni religiose».

Eppure, il reo del momento, per il Vaticano attuale, è quel Vescovo che, all’insegna del vescovo Lefebvre professa la Fede per cui i veri giudizi spettano alla Sede del Vicario di Gesù Cristo, la cui autorità promana da Dio stesso. Quindi, rimane configurata una grave alienazione della memoria cattolica a Roma.

Da quando? E’ quel che diviene di grande importanza ricordare alla Cristianità oggi smarrita.

Le reazioni cattoliche del tempo di Giovanni XXIII

Oggi potrà sembrare a qualcuno che nella Chiesa nessuno si era accorto che le aperture e aggiornamenti ecumenistici di Giovanni XXIII erano piuttosto guidati, attraverso il cardinale Bea, ad una «restituzione» dell’autorità di giudizio universale al giudaismo imperante, perché oggi capiamo che è proprio di questo che si tratta.

In verità questa grave infedeltà e scisma riguardo al ruolo universale e unico della Chiesa era percepito da molti e non solo da quel «resto» che continua ora, malgrado tutti gli attacchi e tradimenti, unito all’incancellabile Memoria cattolica.

Così, prima dell’apertura del Vaticano II, per esempio, fu distribuito, specialmente tra i padri conciliari, il libro edito in varie lingue, «Complotto contro la Chiesa», firmato Maurice Pinay, pseudonimo che, per la ricchezza della documentazione, certamente rappresenta un gruppo di prelati, forse «un sindacato di cardinali», come scrisse qualche giornale. In esso si manifestava la grave preoccupazione che una Chiesa del silenzio non fosse stata difesa da un complotto talmudico in quell’assemblea conciliare. Poiché si dice in seguito nel suo preambolo che «un’istituzione che proclamasse contraddizioni sostanziali non può essere divina»: perderebbe ogni autorità sui fedeli, non sembra che si alludesse solo alla Chiesa dei paesi comunisti. Si era ben coscienti allora delle forze mobilitate per cambiare radicalmente le basi dottrinali della Chiesa attraverso il subdolo modernismo di Giovanni XXIII. Ciò si è dimostrato vero nell’operato dei continuatori di tale sciagurata «eredità».

Durante il Vaticano II vi fu l’azione del «Coetus Internationalis Patrum» che riuniva settimanalmente alcune centinaia di cardinali e di vescovi di tutto il mondo per difendere la fede «alla luce della dottrina tradizionale della Chiesa e degli insegnamenti dei Sovrani Pontefici». Tali iniziative ostacolarono l’avanzata dei liberali, come riconobbe uno di essi, Ratzinger, ma Paolo VI era loro favorevole («Le Rhin se jette dans le Tibre, Le Concile inconnu»).

Dopo il Vaticano II, a devastazione compiuta, la resistenza si era ridotta a un pugno d’irriducibili, che però continuavano ad appellarsi a Paolo VI. Egli, di tanto in tanto, dichiarava di vedere l’autodemolizione della Chiesa, dove era penetrato il fumo di Satana. Anche Giovanni Paolo II riconobbe, anni dopo, che nella Chiesa le eresie furono sparse a piene mani... sino al sacrilegio.

Tali parole sembravano allarme in difesa della fede, ma quanto seguì dimostrò solo l’intenzione di rendere più graduali e prudenti le «innovazioni irreversibili», per rendere meno evidenti le reazioni contro gli errori propugnati da Paolo VI e dal Vaticano II.

Il cardinale Mindszenty accusò la rovinosa politica conciliare di Paolo VI in varie occasioni, come è riportato nelle sue «Memorie». Anche il cardinale Slipy, contrario a tale aggiornamento ecumenista, decise di consacrare due vescovi a Roma, ma senza il parere del Vaticano. In Italia l’arcivescovo Arrigo Pintonello cercò di alzare la sua voce di protesta. In Germania vi fu quella del vescovo tedesco, monsignor Kurz e altri. Tutte, però, non riuscirono a rallentare lo scempio conciliare in atto. Della lettera di monsignor De Castro-Mayer a Paolo VI nel 1974 si è parlato altrove. Altri reagirono nel mondo; tutti furono isolati. Ma per i sacerdoti le misure furono più drastiche.

Il gesuita messicano, dottor Joaquin Saenz y Arriaga (autore dei libri «La nuova Chiesa montiniana, scisma o Fede», ecc.) e in seguito il teologo Guérard des Lauriers, furono «scomunicati», mentre altri, come i padri de Nantes, Coache, Barbara, Bellucco, per parlare dei più attivi, furono sospesi o squalificati, senza processo. Altri, come don Francesco Putti, padre Vinson, padre Baker, don Luigi Villa, ecc., dato il loro seguito, furono semplicemente ignorati e isolati.

Nel novembre 1983, mons. Lefebvre e monsignor De Castro-Mayer inviarono a Giovanni Paolo II una Lettera aperta con un Manifesto Episcopale: «La situazione della Chiesa, da venti anni, è tale che essa appare come una città occupata. Migliaia di sacerdoti e milioni di fedeli vivono nell’angoscia e nella perplessità a motivo della ‘autodemolizione della Chiesa’. Gli errori contenuti nei documenti del Vaticano II, le riforme postconciliari, e particolarmente la Riforma liturgica, le false concezioni diffuse da documenti ufficiali, gli abusi di potere compiuti dalla gerarchia, li gettano nel turbamento e nel disagio. […] Tacere in queste circostanze significherebbe farsi complici di queste cattive opere (confronta 2 Giovanni 11) […] E’ con i sentimenti di San Paolo di fronte a San Pietro, allorché gli rimproverava di non seguire la ‘verità del Vangelo’ (Gl 2, 11-14) che noi ci rivolgiamo a Voi».

Non vi fu risposta. Cominciava a farsi evidente o il disinteresse per le questioni riguardanti la preservazione della fede, o allora, il che è molto peggio, la chiara intenzione di deviare dalla verità del Vangelo.

Di questa reazione mancata rimane la presenza della Fraternità San Pio X di monsignor Marcel Lefebvre che, per continuarla consacrò quattro vescovi, quelli che oggi sembrano riconciliati con la Roma conciliare, secondo la grande disinformazione.

La reazione laica al Vaticano II che va ridestata

Qui è indispensabile ricordare il caso di un manifesto della reazione laica alla svolta nella Chiesa, quando, alla fine del Vaticano II, fu adottata la dichiarazione «Nostra aetate», riguardante un’ignobile defezione a riguardo di altre credenze e degli ebrei, che implica una vera inversione della dottrina e della missione cattolica. Si può ricordarlo seguendo, non le pubblicazioni della Tradizione, ma quanto riporta il voluminoso libro del suo nemico, il progressista Henri Fesquet nel suo «Diario del Concilio» (Tutto il Concilio giorno per giorno, 16 ottobre 1965, pagina 966) «Sulla definitiva adozione dal Concilio della Dichiarazione Nostra aetate il 16 ottobre 1965, il cui voto mette fine a un numero incredibile di pressioni, di passi, di visite, di lettere, di pamphlets, di trattati che hanno assalito il Segretariato per l’unità dei cristiani per più di tre anni». Fesquet, entusiasta del nuovo corso è «indignato» di questa reazione.

«Quando saranno conosciuti nei particolari questi vari tentativi per fare abortire o rendere insignificante la dichiarazione conciliare, si resterà confusi davanti a tanta passione, odio, aberrazione e per dire tutto, ignoranza e bestialità (!?). D’altro lato, parecchi lamenteranno a buon diritto che l’ultima versione del testo presentata dal Segretariato per l’unità abbia perduto un poco del suo mordente. E’ soprattutto peccato che le vere ragioni per cui sono state fatte queste modifiche siano state in parte nascoste dietro dei pii motivi. La diplomazia romana è prevalsa su una franchezza assoluta. Ma bisogna riconoscere che la dichiarazione, come è stata votata, ha salvato l’essenziale [Sí, la restituzione della cattedra di giudizio al giudaismo!]. Gli osservatori che durante l’intersessione avevano fatto correre le voci più allarmanti hanno sbagliato di grosso. Il Vaticano Il ha realizzato, grosso modo, la volontà di Giovanni XXIII biasimando severamente l’antisemitismo. La Chiesa ha riconosciuto implicitamente le sue colpe passate in tale materia, che sono pesanti, durevoli e numerose. La nuova mentalità ecunenica ha vinto i pregiudizi di un tempo. A questo riguardo, il voto di venerdì inaugura una pagina bianca nella storia dei rapporti tra Roma e gli ebrei. Fino all’ultimo giorno gli antisemiti cattolici [ecco l’accusa di sempre] si sono coalizzati per cercare di imbavagliare il Concilio. Abbiamo già segnalato il pamphlet italiano di don Zaga. Un altro è di Léon de Poncins, che accusa i vescovi che hanno approvato il testo dell’anno scorso d’‘incoscienza’. ‘Una dichiarazione degna di un antipapa’ (ibidem, pagina 967): Ma bisogna soprattutto ricordare il libello di 4 pagine ricevuto dai vescovi. E’ preceduto da questo titolo lungo e curioso: ‘Nessun Concilio e nessun Papa possono condannare Gesù, la Chiesa cattolica, apostolica e romana, i suoi pontefici (Il libello enumera 15 Papi ‘antisemiti’, da Nicola I (IX secolo) fino a Leone XIII e i concili più illustri. Ora la dichiarazione sugli ebrei comporta implicitamente una tale condanna, e, per questa eminente ragione deve essere respinta’. Nel testo si leggono queste spaventose parole: ‘Gli ebrei desiderano ora spingere la Chiesa a condannarsi tacitamente e a mutar parere davanti a tutto il mondo. E’ evidente che solo un antipapa o un concilia-bolo (sic) potrebbero approvare una dichiarazione di questo genere. Ed è quello che pensano con noi un numero sempre crescente di cattolici sparsi nel mondo i quali sono decisi ad operare nel modo che sarà necessario per salvare la Chiesa da una simile ignominia’. Che firme vi sono in fondo al pamphlet? Trentun movimenti cattolici tra i quali per la Francia le riviste ‘Itinéraires, Nouvelles de chrétienté’, la ‘Cité catholique’ la cui rivista ‘Verbe’ (che si chiama ora ‘Permanences’), è ben nota, l’‘Action Fatima-la-Salette’, e il ‘Movimento tradizionalista cattolico’. Ecco il numero degli altri movimenti classificati per nazionalità: USA (3), Italia (3), Messico (3), Spagna (2), Argentina (2), Portogallo (2), Cile (2), Germania (1), Austria (1), Brasile (1), Ecuador (1), Venezuela (1), Giordania (1). La Francia - come si vede - con cinque movimenti, ha il triste privilegio di essere in testa [ma non è in nessun modo unica]. Aggiungiamo che è difficilissimo interpretare i voti negativi di cui abbiamo parlato sopra: 10 astensioni più 250 non placet. [sorprendente è la sorpresa di Fesquet!]. Hanno votato contro lo schema in una proporzione sconosciuta i vescovi dei Paesi arabi, i vescovi di estrema destra, e alcuni vescovi malcontenti che il testo attuale fosse meno preciso e meno forte di quello adottato nel 1964».

Qui sarebbe interessante ricordare che il vero leader del «Coetus» non era monsignor Lefebvre, anzi lui stesso riconosce nell’arcivescovo di Diamantina, Brasile, monsignor Geraldo de Proença Sigaud, l’amico di monsignor Castro Mayer, la figura brillante e la mente lucida che promosse quella doverosa resistenza cattolica alla rivoluzione conciliare.

Sì, essa era figlia anche della Rivoluzione Francese, determinante del menzionato privilegio della resistenza cattolica dei francesi, come pensa Messori nella sua intervista a Rodari. Ma ridurre il «caso» Lefebvre a una continuità con la politica di Petain è per lo meno una stolta malizia, insinuante l’opposto del vero: che siano i moti politici a determinare quelli religiosi! La «politique d’abord» di molti cattolici francesi va intesa più seguendo San Pio X (si veda il mio «La Russia nella profezia politica di Fatima») che Le Pen e Madiran. Altrimenti la resistenza cede ai poteri apparenti più in alto.

Ecco com’è passata l’empia svolta ecumenista della «Nostra aetate», che restituì le chiavi del sacro giudizio all’ideologia religiosa oggi imperante nel mondo; per la sua disgrazia.

La presenza del «Mistero d’iniquità»

Ricordiamoci che il Mistero d’iniquità non ha per causa prima i nemici della Chiesa, ma l’abbandono delle sue difese, che sono nel retto pensiero e nella memoria dei cattolici. Già San Paolo insegnava: «prima del Mistero d’iniquità deve venire l’apostasia».

Abbiamo ricordato che durante il Vaticano II vi fu l’azione del «Coetus Internationalis Patrum» che riuniva centinaia di cardinali e vescovi di tutto il mondo per difendere la fede «alla luce della dottrina tradizionale della Chiesa e gli insegnamenti dei Sovrani Pontefici».

Queste iniziative ostacolarono l’avanzata dei liberali, ma fino a quando?

La domanda è: tale legittima e vitale reazione cattolica può finire perché qualche gruppo si stanca d’essere classificato come scismatico e proprio da quella disinformazione che rincara la dose di veleno contro la memoria della Chiesa?

C’è stata, quindi, una presa di posizione di fronte all’inganno di tipo evoluzionista e giudaizzante da parte di prelati come i vescovi Marcel Lefebvre e Antonio de Castro Mayer. Anche il laicato cattolico reagì con diverse pubblicazioni. Eppure, ancora manca la vera reazione per difendere l’onore e l’autorità della Santa Madre Chiesa.

Sospettandosi la presenza di un antipapa e di un conciliabolo, sospetti di deviare la vita cristiana dalla retta via, come di fatto accadde, non si trattava di un danno troppo grande da accettare senza disporre la difesa proporzionata? Mancavano forse alla Chiesa strumenti per impedire ai suoi demolitori di agire?

No di certo, le leggi non mancano nella società perfetta che è la Chiesa; mancava il coraggio dei suoi figli. Così, questa testimonianza del pericolo che correva la Chiesa non ebbe seguito, ma causò la divisione e il crollo completo della testimonianza cattolica. Negli anni che seguirono, divenne chiaro che tale libello d’accusa dello spirito «evoluzionista» del Vaticano II, rinunciatario della Fede cattolica, era fondato ed evidente che solo la falsa autorità di un conciliabolo avrebbe potuto approvare una dichiarazione ecumenistica a 360º, profondamente antievangelica e anticattolica. I redattori di quel manifesto mancarono, però, per non aver dato seguito all’accusa più che legittima, doverosa. E quei problemi che riguardavano la fede non furono superati, ma aumentarono a tutt’oggi.

Anzi, ora dei cattolici probabilmente in beata buona fede seguono quanto dicono a sproposito i loro capi: che le religioni monoteiste hanno lo stesso Dio e possono accordarsi lasciando da parte le loro differenze. Si accetta perfino la possibilità di una rivelazione abramitica, per cui, pur con tutte le ineliminabili differenze, Dio è lo stesso nella fede di ebrei, cristiani e mussulmani. Quali differenze?

La Santissima Trinità di Dio Uno e Trino, del Padre, del Figlio Gesù Cristo che si è incarnato e dello Spirito Santo. Sì, Dio è Uno e Trino per tutti e per tutto; per il cattolico che crede nel Vangelo come per l’ateo che crede solo in se stesso; per l’ebreo della Torah, come per il mussulmano del Corano; per i mari come per l’universo; la Sua esistenza non dipende dalla fede né di uomini notevoli né dalla superbia di coglioni venerati. L’intelligenza umana può solo sfiorare quanto Dio rivela di Sé e della Sua volontà in Una sola Fede. Questa è la fede abramitica che ci è stata suscitata da Dio stesso, insegnando di non avere altri dèi davanti a Lui, ossia di non pensare dèi altri da Colui che rivelò chi È. Eppure, l’uomo da sempre pensa i suoi dèi con i suoi propri comandamenti.

Dio rivela la Torah e l’uomo «pensa» il Talmud e la Cabbala.
Dio si rivela in Gesù Cristo e l’uomo «pensa» i più variopinti demiurghi gnostici.
Dio Si rivela Padre e Creatore e l’uomo si «pensa» fratello senza padri e creatore d’ideologie salvatrici.

Insomma, l’uomo vuole «pensare» Dio alla pari, divenendo dio egli stesso col suo «cogito», come è successo disgraziatamente a partire da Adamo ed Eva. Siamo allo «spirito» che suscita l’evoluzione del «pensiero umano» nel senso di «creare» Dio. Questo è lo spirito «creazionista» della religione del progresso e della fraternità delle logge secondo l’«evolversi» verso tempi «adulti»; è la religione dell’uomo che si fa dio cui è andato incontro con le braccia aperte Paolo VI, per la sciagura di tutte le genti.

Ma dove sono il giudizio e la memoria cattolica per cui non possiamo accettare queste aperture e adulteri intrinsecamente perversi che seguirono il Vaticano II? Contraddizioni secondo la triplice tentazione dell’alienazione umana delle Sacre Scritture. Quelle descritte non raggiungono forse ora la loro estrema convergenza, giustificando le parole di San Paolo riguardo al fatto che «tutti hanno peccato»? (Romani III, 23).

Rimane solo di aver dimenticato e smarrito la Memoria cattolica, per non dispiacere a «grandi» sacerdoti in odore di sinagoga. Dovremo temer di non essere perdonati.

Fede e coraggio!

Arai Daniele


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