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Crisi, monito di Bagnasco: "Gli animi sono avvelenati da chi fomenta la sfiducia"
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Il presidente della Cei al Te Deum: "La prima cosa che dobbiamo fare è non cedere alla sfiducia". E spiega: "Fa morire dentro, non risolve nulla, paralizza le forze, genera prostrazione, a volte porta a gesti disperati"

GENOVA
- "Avvelenare la società non contribuisce a risolvere nulla e aggrava la situazione". Il cardinale Angelo Bagnasco affronta il tema della disoccupazione, nel discorso per il Te Deum pronunciato ieri sera a Genova. "La prima cosa che dobbiamo fare tutti - ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana - è non cedere alla sfiducia: questa fa morire dentro, non risolve nulla, paralizza le forze, genera prostrazione, a volte porta a gesti disperati".

L'appello di Bagnasco "Ricordiamo che la tentazione della sfiducia prende facilmente il singolo, ma può avvelenare la società intera, una città, un Paese - ha continuato Bagnasco - questo diventa ancor più deleterio e pericoloso. Chi ad arte fomenta tale clima non contribuisce a risolvere nulla e aggrava la situazione, manca di responsabilità. Non si tratta di sottovalutare o nascondere i problemi, ma di rappresentarli nelle misure reali senza tacere le luci, piccole o grandi che siano". "A volte sembra serpeggiare una voluttà di male - ha quindi spiegato il presidente della Cei - essa sparge ombre, incertezze e freni con mano invisibile, dicendo o tacendo, insinuando, ritirandosi o opponendosi, creando rapporti che sembrano virtuosi ma che in realtà sono interessati e di corto respiro".

Reagire alla crisi economica "Siamo dentro non solo ad una crisi economico-finanziaria, ma ad un cambiamento strutturale che costringe a rivedere stili di vita", ha continuato Bagnasco chiedensosi se "è proprio vero che bisogna consumare di più per produrre di più?". "Non si incentiva così anche una mentalità sprecona? - ha continuato a chiedersi il presidente della Cei - una visione materialistica della vita, per cui conta chi ha più cose ed è più alla moda? Non esistono anche altre dinamiche per incentivare le diverse produzioni, e meglio distribuire il giusto benessere senza materializzare l’anima, riducendo l’uomo a consumatore e a oggetto di consumo, a cosa e a merce?". In riferimento al lavoro giovanile, Bagnasco ha spiegato che "se il lavoro precario è sempre meglio del non lavoro, dovrebbe però essere concepito come emergenza non come sistema. Alla lunga destabilizza, impedisce un progetto di vita, crea incertezza, non permette quel senso di appartenenza e di affezione che è auspicabile e che è un bene per tutti".

Fonte >  Il Giornale


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