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Israele ha le sue belle Guantanamo
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La "Corsa della morte" - benvenuti alle torture del 21° secolo, dice Khalid Amayreh nella Gerusalemme Est, occupata.

Il maltrattamento agito dagli Israeliani sui Palestineri catturati e sui prigionieri politici, a detta degli avvocati e dei gruppi per i diritti umani e dei prigionieri recentemente liberati, ha raggiunto livelli di brutalità senza precedenti. Attualmente ci sono 12.000 Palestinesi detenuti che languono nei campi di detenzione israeliani, molti dei quali senza capo di accusa o rinvio a giudizio. Del numero fanno parte centinaia di professori universitari, ingegneri, insegnanti sia scolastici che religiosi e leaders civili, studenti, combattenti per la resistenza ed attivisti donne.

Due anni fa, le autorità israeliane di occupazione imprigionarono centinaia di personaggi ufficiali democraticamente eletti : sindaci, membri di consigli cittadini locali, legislatori, ministri di gabinetto, molti dei quali collegati all'ala politica di Hamas.

Israele ricorre ad una serie di leggi draconiane, alcune che risalgono all'era del mandato Britannico, che permettono di torturare i prigionieri Palestinesi. Le stesse leggi sono utilizzate per dare un'apparenza di legalità ad altri violenti trattamenti riservati ai Palestinesi, quali : la demolizione di case. la confisca di terreni e la deportazione.

La consuetudine vuole che il trattamento brutale, offerto ai detenuti Palestinesi in comode rate, inizi di fatto con la spaccata e l'irruzione dei soldati israeliani in una data casa palestinese nelle ore silenziose che precedono l'alba.  E' a quel punto che i soldati indisciplinati di solito saccheggiano la casa, fracassano oggetti ed arredi, spaccano gli elettrodomestici e terrorizzano l'intera famiglia, prima di bendare ed ammanettare le loro vittime e trascinarle via su di un camion militare che le porterà ad uno qualunque delle dozzine di centri attrezzati per gli interrogatori, distribuiti per tutta Israele e nei territori palestinesi occupati.

Appena arrivato al centro per gli interrogatori, il detenuto viene subito sottoposto ad una serie di trattamenti e tecniche brutali finalizzati a stravolgerlo ed a distruggerne le difese psicologiche. Ne fanno parte la deprivazione dal sonno, l'isolamento e saltuarie bastonature.

Quindi la vittima viene fatta passare attraverso una tecnica usata d'abitudine chiamata "shabh"  [ "reverenza, immersione", in base alla radice ebraica, ndt ],nella quale è obbligato a sedere su uno sgabello alto 25 centimetri mentre le mani sono legate dietro. Può essere costretto in questa scomodissima posizione per settimane ed anche interi mesi, salvo i brevi momenti per andare ad espletare alcune funzioni fisiologiche ed alimentarsi. La finalità principale dietro a questo trattamento brutale è l'estorcere confessioni alla vittima. In molte occasioni la vittima confessa l'aver commesso violazioni inventate solo per evitare tale violenta ed intollerabile tortura. Nel caso che non se ne cavi fuori alcuna confessione, il detenuto viene comunque condannato ad una prigionia "amministrativa" [ administrative detention : procedura della legge israeliana che permette di incarcerare senza processo, ndt ], o ad una reclusione illimitata, senza accusa nè processo.

La tortura, che le autorità giudiziarie israeliane indicano eufemisticamente come "modesta pressione psico-fisica", ufficialmente è punita dalla legge israeliana. Rimane il fatto che recentemente molti detenuti Palestinesi sono morti nelle prigioni israeliane sia a causa delle torture che della carenza di cure mediche. Secondo il  Palestinian Prisoner Club, che sorveglia il trattamento che i prigionieri Palestinesi subiscono da parte degli Israeliani, dal 1967 nelle prigioni israeliane sono morti 167 Palestinesi.

Ad ogni modo, mentre la tortura è regolarmente usata sui detenuti per ottenerne confessioni, le autorità carcerarie israeliane usano la tortura con l'unico scopo di tormentare ed umiliare i detenuti palestinesi.

"Il loro scopo è farci soffrire, tormentarci, umiliarci. Vogliono punirci perchè siamo sopravvissuti, perchè ci rifiutiamo di morire e di scomparire come popolo, perchè ci rifiutiamo di arrenderci. Forse pensano, torturandoci, di vendicarsi in qualche modo  dell'olocausto, perlomeno in modo sostitutivo, " dice Mohamed Abu Zneid, della Dura, liberato recentemente da un campo di detenzione israeliano vicino al confine con l'Egitto. "Un tale comportamento può solo provenire da un popolo malato, da un popolo sadico. Se non fosse così, perchè gente normale avrebbe un simile comportamento ?"

"Administrative detention" è un mero eufemismo per una lunga prigionia, il più delle volte fuori dalla legge, punitiva verso le opinioni e le azioni politiche di una specifica persona ed è diventata l'ultima frontiera del trattamento offerto dagli israeliani ai prigionieri palestinesi. Oggi Israele tiene prigionieri centinaia di Palestinesi, la maggior parte innocenti, in campi di prigionia collocati ovunque in Israele, come il famoso campo di concentramento di Kitziot, nel deserto del Negev.

Pochi anni fa, Mustafa Shawar, detenuto a Kitziot, informò lo scrivente che in molte occasioni si era appellato al "giudice" militare accampato nella struttura stile-Treblinka per chiedergli perchè fosse stato incarcerato, in modo da non commettere nuovamente la stessa infrazione, una volta tornato libero.  Shawar, lettore emerito all'Università di Hebron, disse che il giudice non diede la minima attenzione alla sua richiesta. " Mi disse che non mi avrebbe concesso il privilegio di conoscere perchè fossi in prigione, in quanto, disse, i Giudei sono i padroni ed i non-giudei sono gli schiavi ed il popolo prescelto non deve sottostare a nessun obbligo morale o legale nè spiegare agli inferiori perchè vengano maltrattati."

Oggi Shawar langue ancora a Kitziot, per il suo quarto anno consecutivo, senza sapere ancora perchè viene tormentato da uno stato che afferma di essere la "luce fra le nazioni" e "la sola democrazia nel Medio-oriente."

Quello di Shawar non è un caso eccezionale. E' il simbolo del destino di migliaia di detenuti Palestinesi che languono nei campi di prigionia di Israele, la maggior parte per aver nutrito idee e pensieri che l'establishment di Ashkenazi ritiene troppo  pericolosi.

Analogamente, Azzam Salhab, professore di religione comparata all'Università di Hebron, è stato abbandonato nello stesso campo di concentramento nel deserto per otto anni sulla base di accuse vaghe tipo "costituisce pericolo per la sicurezza di Israele e del popolo Giudeo."

Secondo la Nafha Society, un gruppo per i diritti umani che difende i diritti dei prigionieri Palestinesi, le autorità di occupazione di Israele emanano dozzine di "administrative detention" al mese.

All'inizio di questa settimana, l'esercito israeliano ha rinnovato la "administrative detention" a Radi Sami Al-Asi per altri sei mesi. Al-Asi è un giornalista della città di Nablus, nel nord del West-Bank,  arrestato con accuse mai precisate. Ad ogni modo, quando risultò chiaro che non ci fossero prove per accusarlo,  il giudice militare israeliano decise di condannarlo a sei mesi di prigione, rinnovabili tutte le volte che le autorità di occupazione lo avessero ritenuto opportuno. Al-Asi ha passato più di 38 mesi nello stato di "administrative detention" senza nemmeno sapere perchè.

Farhat Asad, quarantenne padre di tre figli da Ramallah, è stato condannato il 16 giugno a sei mesi di "administrative detention." Complessivamente, Asad ha passato più di 100 mesi in "administrative detention."

Secondo Tawhid Shaaban, eminente avvocato di Gerusalemme Est, alcuni detenuti palestinesi sono rimasti prigionieri per nove anni senza accusa o processo. "Sì, questo succede in uno stato che afferma di essere l'unica democrazia del Medio-oriente."

La cosiddetta "corsa della morte" è una delle esperienze più dolorose e terrorizzanti alle quali sottostanno i detenuti Palestinesi. Inizia con l'improvvisa irruzione di uno specifico reparto del ben noto squadrone Nahshon, specializzato nella repressione dei prigionieri Palestinesi nelle carceri israeliane. Il prigioniero - od i prigionieri - è obbligato a salire a bordo di un veicolo bianco, sporco e puzzolente oltre l'inverosimile e con i vetri praticamente sigillati, facendogli credere che dovrà comparire davanti ad un giudice, a svariate centinaia di chilometri di distanza. L'odioso veicolo si muove molto lentamente da una prigione all'altra per caricare altri prigionieri, fra i quali pericolosi criminali giudei. Il veicolo si ferma ogni ora per rifornirsi, mentre gli occupanti sudano nel vano posteriore.

Il viaggio da incubo, che può durare 24 ore, ha prima di tutto lo scopo di far soffrire i prigionieri il più possibile, in quella scatola di metallo arroventata come un forno, quasi priva di ossigeno, che diventa il fetido veicolo. I prigionieri non possono usare gabinetti per almeno 16 ore, così alcuni si ritrovano a dover urinare o defecare dentro il veicolo sigillato.

Saed Yassin, attivista per i diritti umani, descrive la "corsa della morte"  come una "intollerabile ed insostenibile forma di tortura. Non ti considerano un essere umano, ma del bestiame o del bagaglio. Le persone vengono lasciate a marcire e soffrire in questi vani simili a forni anche per 24 ore, senza cibo, senza acqua, e con pochissimo ossigeno. E se vogliono tormentare una persona, la sottopongono a questo trattamento ogni pochi giorni. "

In aggiunta alla corsa della morte, le autorità delle prigioni israeliane hanno introdotto nuove forme di punizione, finalizzate a spezzare la volontà dei prigionieri.  Fra queste, il bandire le visite dei famigliari per lunghi periodi come conseguenza anche della più piccola violazione di un'istruzione non ben definita. Ancora di più, le autorità di occupazione israeliane hanno proibito le visite a più di 900 prigionieri di Gaza, detenuti nelle prigioni israeliane, con il pretesto del contemporaneo blocco totale di 18 mesi imposto da Israele a Gaza.

La Croce Rossa ha chiesto più volte ad Israele di permette agli abitanti di Gaza di visitare i loro cari, ma senza alcun esito positivo.

Israele ha recentemente adottato "tattiche non ortodosse" per torturare i prigionieri Palestinesi, tattiche che includono : irruzioni vandaliche nelle case dei prigionieri, allietate dal conseguente maltrattamento delle loro mogli e bambini, dall'imposizione di un pesante "pizzo", oppure il condurre ricerche a sorpresa, soprattutto a notte fonda.

La settimana scorsa, un gruppo di avvocati e di prigionieri appena rilasciati, ha riferito che le autorità delle prigioni israeliane hanno denudato delle donne giudee, probabilmente prostitute, che hanno molestato sessualmente i prigionieri, soprattutto quelli religiosi, con provocanti comportamenti sessuali. Un portavoce delle autorità della prigione si è rifiutato di confermare o negare la notizia.

Khalid Amayreh

Tradotto per EFFEDIEFFE.com da Massimo Frulla

Fonte >
Desert Peace


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