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Il mito del fotovoltaico
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Visto il ruolo assegnatoci, del tutto passivo, di meri consumatori mi sono messo in testa di riconvertire una vecchia ruota idraulica (turbina di Poncelet) per produrre energia elettrica; ho naturalmente dovuto superare un sacco di problemi, ed ho scoperto alcune cose interessanti.

La prima è che una vecchia ruota della prima metà dell’Ottocento, opportunamente sistemata ed accoppiata ad un generatore elettrico tramite un moltiplicatore di velocità, ha una efficienza di circa il 60%, cioè è in grado – nel mio caso – di produrre oltre 5kw di potenza con un salto di circa 2 metri ed una portata di circa 500 litri/secondo. In circa 8.000 ore/anno di funzionamento fa 40.000 kWh. Come un impianto fotovoltaico da 35 kWp che costa sui 100 mila euro.

La seconda è che risulta più complicato l'iter burocratico che la riconversione della ruota; ho fatto richiesta della documentazione per la pratica nel 2005 a Comune, provincia, consorzio gestore delle acque, UTIF, GRTN (Gestore Reti Trasporto Nazionali) ed ogni due per tre cambiavano le regole del gioco, e mi chiedevano altri documenti… ho finito l’anno scorso la pratica col GSE (Gestore Servizi Energetici, che è subentrato al GRTN). È cambiata non solo la normativa ma anche l’azienda intermediaria dei servizi energetici! Ho dovuto coinvolgere un consulente per venirne fuori: come mai una burocrazia così astrusa e scoraggiante?

Beh…. Provo ad elencare alcuni motivi:

- Il microidroelettrico funziona ed ha un buon rendimento;
- ti può effettivamente rendere autonomo, l’erogazione è ragionevolmente costante e prevedibile, è alla portata di un buon ingegnere e di un buon carpentiere locale;
- non implica tecnologie possedute esclusivamente da grandi gruppi;
- si autoripaga senza incentivi.

Confrontiamo col fotovoltaico:

- Ha una bassa efficienza, è in grado di portare alla rete, o all’utilizzo, solo il 15%-17% dell’energia solare che raggiunge la superficie dei pannelli;

- non può renderti autonomo perché produce in modo discontinuo e tipicamente nel momento in cui l’energia serve meno, cioè di giorno e prevalentemente nella bella stagione;

- non è alla portata di aziende o maestranze locali. Il cuore del processo di raffinazione del silicio, che consente di portarlo al livello di purezza, elevatissimo, necessario alla produzione fotovoltaica, è appannaggio di pochissime aziende transnazionali come BPSolar, Siemens, ShellSolar. In Italia c’era ENI Tecnologie, ma ha smesso. Chi vuole il silicio raffinato se lo va a comprare da quelle aziende lì che fanno il prezzo che vogliono anche a causa della domanda elevatissima (oltre che di un probabile cartello?).

- Senza incentivi il fotovoltaico non andrebbe da nessuna parte, le multinazionali del settore – e le banche che finanziano – ringraziano;

- incide pochissimo sulla produzione elettrica mondiale, molto, ma molto meno, dell’1% del consumo mondiale, mentre l’idroelettrico rappresenta il 16,5%, tanto quanto il nucleare!

- L’energia necessaria per la produzione del fotovoltaico – in prevalenza fossile ed altamente inquinante: la maggior parte dei pannelli sono prodotti in Cina usando come fonte energetica il carbone – è di poco  inferiore a quella che l’impianto restituirà nel suo ciclo di vita, perciò anticipiamo all’oggi l’inquinamento che diversamente spalmeremmo su una ventina d’anni;

- il processo di smaltimento dei pannelli, che nella fase di produzione vengono lavorati ed addittivati con sostanze tossiche ed inquinanti, non  è noto;

- gli impianti installati in campagna al posto delle culture, peggiorano il ciclo della CO2 perché impediscono la crescita dei vegetali che la riconvertono in ossigeno e carbonio.

Come mai allora il fotovoltaico viene spinto con elevati incentivi e vengono scoraggiate altre fonti? Proviamo a pensar male; si fa peccato ma a volte si indovina:

- Se un utente compra l’impianto fotovoltaico deve comunque avere a che fare con l’ENEL tramite il GSE a cui vende l’energia prodotta. Gli incentivi non li paga né l’Enel né il GSE ma gli altri utenti come contributo addebitato in bolletta. Siccome la produzione fotovoltaica è poco efficiente, il costo dellenergia elettrica allutente finale aumenta perché gravata dagli incentivi;

- per aumentare i vantaggi derivanti dallo scambio sul posto i venditori di fotovoltaico suggeriscono all’utente finale di installare un impianto più grande per abbinarlo anche alla pompa di calore che funzionerà sì in estate per raffrescare, ma anche in inverno per riscaldare. Aumenta perciò anche il consumo di energia elettrica: entrambi i fenomeni di aumento dei costi e di aumento dei consumi di energia elettrica sono già stati riscontrati in Germania, ove il piano incentivante è entrato in vigore prima che in Italia. Ma loro hanno la Siemens, che produce, raffina ed esporta il silicio, i pannelli ed i componenti… Per cui qualcuno ci guadagna; noi in Italia nemmeno quello;

- quando prendiamo il pannello, paghiamo contestualmente e con buon ricarico l’energia fossile impiegata per produrlo. Come già detto, nella maggior parte dei casi l’azienda di raffinazione del silicio fa capo ad una multinazionale petrolifera!

- La maggior parte degli impianti fotovoltaici viene pagata grazie a mutui erogati dalle banche. Quindi il punto di pareggio, normalmente di 8/10 anni, aumenta a 12 o più. Per le banche va sempre bene perché, anche se il pannello a un bel momento smettesse di funzionare, si rivalerà su chi ha ricevuto il finanziamento, mica sul produttore del pannello; per inciso: la garanzia sulla resa non è equivalente a quella sulla durata. Se è garantito che la resa a 20 anni sarà non meno dell’80% di quella iniziale, nella maggior parte dei casi la garanzia sull’impianto non supera i 5 anni ed esclude eventi accidentali!

- Ad aprile sono stato ad un congresso al Politecnico di Milano. Tutti a piangersi addosso perché sembrava che non ci fossero più gli incentivi. Ho chiesto quanto avrebbe dovuto essere il costo dell’impianto per kWp perché si ripaghi anche senza e la risposta è stata: col costo attuale dell’energia elettrica circa 850 euro per kWp. Oggi siamo a circa 4.000 su un piccolo impianto (3-5kWp) e ad oltre 3.000 su uno più grande (20kWp). Ho richiesto: visto che per ogni kWp ci vogliono circa 7 mq di superficie (doppio cristallo a sandwich resistente alla grandine con telaio in alluminio) più il costo dell’installazione, dell’allacciamento e della pratica, probabilmente quella cifra la superiamo anche senza metterci le celle di silicio. Risposta: ma… forse… però il costo dell’energia elettrica è destinato ad aumentare sempre più! Ho capito tutto: gli impianti fotovoltaici potranno ripagarsi a condizione che il costo dell’energia aumenti sensibilmente, quindi gli incentivi – che vengono pagati da tutti gli utenti e finiscono ai produttori ed alle banche ben più che agli acquirenti che fanno solo da tramite per almeno 8/12 anni – permettono che ciò si verifichi il più presto possibile. Quando l’acquirente comincerà a vedere i quattrini perché avrà finito di pagare il mutuo, il costo dell’energia sarà probabilmente ben superiore a quanto gli verrà corrisposto.

- Colgo l’occasione per ricordare che la maggior parte dell’energia elettrica prodotta in Italia è di origine termoelettrica, cioè ottenuta bruciando gas o oli combustibili. Quando la cisterna esce dalla raffineria ed arriva alla centrale termoelettrica sul costo del combustibile già gravano le accise e l’IVA. Solo il 30%-35% dell’energia contenuta nel combustibile viene convertita in energia elettrica – il resto se ne va in calore – che ci viene venduta con un ulteriore aggravio di accise ed IVA.

Perciò, quando diciamo che la nostra economia dipende dal petrolio diciamo mezza verità: l’altra mezza è che lo Stato moderno, a partire dal secondo dopoguerra, dipende dal petrolio. Nel 2005 lo Stato italiano ha incamerato oltre 36 miliardi di euro da accise ed IVA sui prodotti petroliferi, ed il barile era a circa 20 dollari: alzi la mano chi ha letto queste cifre sui giornali: lo Stato – o meglio la casta – gode come un riccio se aumentano costi e consumi dell’energia perchè più aumentano, più la tassazione indiretta cresce.

Conclusione: non c’è bisogno di essere complottisti per ritenere che lo Stato vada a braccetto con i potentati economici e finanziari. È nei fatti. Diversamente impiegherebbe gli incentivi in Italia per finanziare le energie alternative effettivamente utili e produttive.

Ingegner Fabio Baioni

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