>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
roncalli_concalve.jpg
Il fatale «conclavismo» dell’ora presente
Stampa
  Text size
Un lettore chiede: «Possono avere fondamento voci che mi è capitato di sentire, riguardo a ‘pasticci’ nella elezione al Soglio Petrino di Quisling Ventitrè e Quisling sesto, pasticci ben coperti, che riguardano anche la figura di Siri, cioè il ‘trombato’ da questi pasticci. Ritiene lei possibile qualche stranezza in tal senso?».

E’ bene parlare oggi di conclavi. Dato che l’ultimo avrebbe potuto sfornare «papa Martini», uno potrebbe ben covare l’Anticristo finale. Ma non è Martini religiosamente apparentato alla linea Roncalli-Montini? Ad ogni modo è sentimento perfettamente cattolico confidare nel buon esito di un conclave, così come inquietarsi durante la vacanza papale, fatto contingente dovuto alla morte di un Papa o ad altri fatti previsti dalla Chiesa. Si tratta di un’ora buia per il mondo, che allora manca per un tempo di chi rappresenta l’autorità divina, istituita da Gesù Cristo in terra per la salvezza umana. Sull’aspetto contingente della vacanza, derivato dalla natura umana del Papa, non ci sono dubbi: è inevitabile. Perciò quando un vero Papa muore, tutti i cattolici riconoscono che la Santa Sede è vacante e che per risolvere una vacanza la Chiesa deve seguire le norme di sicurezza che ha sempre disposto per impedire il male enormemente più buio dell’occupazione della Santa Sede da parte di poteri che da sempre mirano ad aggiornarla, con l’elezione di un «papa secondo i nostri piani», per renderla spalancata alle libertà del mondo. Perciò è sentimento cattolico, ancora più forte di quel primo, inorridire di fronte alla possibilità della presenza di un falso rappresentante di Dio a Roma. Il primo sentimento, quindi, che la Chiesa sia governata da un autentico Vicario di Cristo, in piena continuità della fedeltà cattolica, è autentico nella misura in cui non si perde in confusioni sulla finalità di tale carica, che è di confermare la Fede. Così, il Primato di Pietro, la carica del Papa, non esiste né sussiste per servire a idee o teologie secondo visioni della vita aggiornata alle mode e al mondo. Sarà che di questo immane pericolo si è persa la memoria in questi tempi?

In tal senso non si può censurare il termine «Quisling» usato dal lettore riguardo a Giovanni XXIII e a Paolo VI. Quisling, infatti, è un collaborazionista che serve a un potere straniero. E si può dire, senza paura di sbagliare, che il modernismo è un’ideologia a servizio dello sdoganamento di tante altre idee strane e contrarie alla dottrina cattolica; l’ha confermato San Pio X nella sua «Pascendi, (76)»: «Noi lo definiamo la sintesi di tutte le eresie». A questo punto, poiché la carica papale è definita dalla conferma della Fede e conseguente condanna di quanto le è contrario, come il modernismo, una volta dimostrato che Roncalli e Montini hanno operato da modernisti, essi non solo non erano veri candidati al Papato, ma non erano nemmeno veri membri della Chiesa di Cristo. E si possono sollevare, non solo la grave questione della loro condanna, come avvenne con Papa Onorio I, più di quarant’anni dopo la morte, ma anche il grave sospetto sulla legittimità della loro elezione in conclave. Fin qui si tratta di un «fatto» che spetta ai cattolici distinguere e a un futuro Papa cattolico giudicare, pur se quello precedente, Pio XII, ha promosso entrambi ad alte cariche, ignorando che essi erano portatori di fermenti demolitori della Fede.

Gli uomini possono ignorare quanto solo Dio legge nel cuore di preti carrieristi. Quel che Dio certamente vuole e la Chiesa ha sempre cercato, è la massima cura non solo nella scelta dei chierici - da cui molto dipende la salvezza delle anime - ma delle loro promozioni a cariche d’autorità. Ma soprattutto, la difesa del conclave, che ha questo nome proprio per impedire delle violazioni sacrileghe.

I Conclavi non hanno una valenza assoluta

La Bolla «Cum ex apostolatus» di Papa Paolo IV è la più chiara spiegazione di quanto appartiene anche alla ragione comune: che se un uomo riesce a ingannare tutti e a essere eletto papa senza professare la fede integra e pura della Chiesa, l’elezione è nulla, pur se confermata dall’unanimità dei cardinali, dall’elevazione di quell’eletto e del tempo in cui esso è riconosciuto papa da tutta la Chiesa.

Non avendo la fede, costui non può essere accetto da Dio, che tollera l’inganno umano, ma, per quanto concerne la custodia della Fede, mai l’incuranza. E’ vero che il conclave gode dell’assistenza dello Spirito Santo, ma se in essi sono proposti individui sospetti, l’assistenza si volge ai figli della Chiesa, affinché riconoscano la nullità dell’elezione e possano resistere e reagire alla loro opera di distruzione della Chiesa, richiedendo l’elezione di un vero Papa cattolico.
Altrimenti, l’incuranza nel riconoscere i promotori di quanto è contrario alla Fede diviene causa di castighi per una chiesa che si è esposta a tale inganno rovinoso.

Si può negare che una distruzione rovinosa ci sovrasta dalla morte di Pio XII e che questa deve necessariamente avere una causa principale in alta sede? La testimonianza cristiana guarda proprio in alto per affrontare i poteri del mondo, intesi, anche abusando del nome della Chiesa, a farLa ingoiare sempre di nuovo, in duemila anni di storia, eresie, sacrilegi, antipapi, falsi concili, conclavi illegittimi. E’ l’opera dei falsi cristi e dei falsi profeti previsti dal Signore. Immaginare il contrario, cioè che si deva guardare altrove perché la scelta di un conclave è infallibile, può, a buon diritto, essere considerata un’aberrazione conclavista. Infatti, tale scelta non ha valore assoluto; può versare su un uomo del tutto alieno a quella carica, malgrado le apparenze. A causa di questa pia credenza conclavista, piuttosto superstizione, poiché vede l’assoluto dove può essere infiltrata malizia umana, è bene tornare alla storia dei recenti conclavi, ritenuti dalla maggioranza, fatti definitivi per la Chiesa. Fino a Pio XII si era ben coscienti dei poteri occulti mobilitatisi per mutare la Chiesa e del bisogno per i cattolici di vigilare fermamente nella difesa della Fede. E’ un fatto, per quanto concerne il conclave in cui fu eletto Roncalli, il quale prese il nome di Giovanni XXIII, che le idee di questo candidato erano quasi sconosciute perché mai espresse in scritti importanti. Piuttosto era conosciuto per le sue trovate furbesche, dietro un’apparenza sempliciona e bonaria.

Quanto descritto di negativo su tal prete non ha interessato allora nemmeno il cardinale Ottaviani che, essendo a capo del Sant’Uffizio aveva a disposizione tutti i dossier informativi. Secondo un parere generale, confermato dal suo biografo, il giornalista Emilio Cavaterra, i cardinali Ottaviani e Tardini erano sicuri di poter pillottare l’operato dell’anziano e suppostamene docile Roncalli. Ritenevano più importante allora fare un accordo, caso Roncalli fosse eletto, per la conferma di Tardini come Segretario di Stato vaticano, che approfondire la fedeltà cattolica del candidato. Questa leggerezza riguardo all’elezione del successore di Pio XII era in stridente contrasto con le affrante preoccupazioni di questo Papa che avrebbe previsto in letto di morte: dopo di me il diluvio.

Per Pio XII Siri era il più presentabile tra i cardinali papabili, ma fu subito scartato perché considerato troppo giovane e lontano dalle intenzioni riformatrici di allora. Se la rovina iniziò con Giovanni XXIII, com’è storicamente accertato, non si dovrebbe risalire all’errore della sua scelta, tenendo presente che scusare l’errore umano significa attribuire il fallimento a una presunta «distrazione divina»? Non è forse un fatto che la vigilanza e la difesa cattolica, ragione al disopra di ogni carica e posizione clericale, furono smantellate d’allora con l’apertura della Chiesa a ogni errore e la significativa chiusura ai cosiddetti profeti di sventura? Possono le due cose, ossia la presenza in Vaticano di demolitori della Chiesa e la sua successiva demolizione, non essere in un rapporto di causa ed effetto? Ogni logica richiede, quindi, che sia verificato quando e quale atto abbia fornito la chiave perché un potere estraneo alla Fede iniziasse la sua opera di demolizione.

Qui va ricordata anche la testimonianza essenziale di monsignor Marcel Lefebvre: «Non voglio risalire alle origini lontane del cambiamento e del mutamento della nostra religione perché bisognerebbe risalire al Rinascimento, alla Rivoluzione Francese, alla storia di tutto il liberalismo del secolo XIX e a tutte le condanne dei Papi contro di esso, in particolare i Papi Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, San Pio X (…). E’ stato pubblicato anni fa il libro di Ploncard d’Assac «La Chiesa occupata,» che riporta tutti i documenti che mostrano l’evoluzione avvenuta all’interno della Chiesa durante l’ultimo secolo. Io vorrei risalire solo al 1960, anzi al 1958: a quell’epoca è successo qualche cosa nella Chiesa? Che cosa? E’ impossibile conoscere i fatti a fondo: personalmente non li conosco; ma di questi cambiamenti ci siamo accorti dal 1958, dopo il conclave che ha eletto Giovanni XXIII.» (monsignor Lefebvre, «J’accuse le concile»).

Il mistero della scelta di un papabile

La scelta dell’uomo con le condizioni per divenire Papa spetta alla Chiesa, rappresentata dai cardinali, ma la validità del suo potere dipende dalla sua fede cattolica che esclude deviazioni, eresie e negoziati con i suoi avversari. L’elezione del Papa cattolico è assistita dallo Spirito Santo poiché l’eletto in modo valido riceve immediatamente da Dio, non dalla Chiesa, il suo potere; potere conferito proprio per difendere la Chiesa dalle insidie dei suoi nemici. Si sono visti gli antecedenti della carriera di Angelo Roncalli che dimostrano la sua incompatibilità con questa funzione del magistero cattolico. Come chierico modernista può essere applaudito dal mondo e beatificato da un successore della sua opera di apertura, ma ciò non cancella, anzi conferma la sua radicale incompatibilità con la carica di autorità che preserva la Chiesa dagli errori del mondo.
Il cattolico sa che un modernista occulto può ingannare gli uomini ma non Dio. Se non bastano le conseguenze rovinose dei suoi atti e dei suoi frutti per testimoniare la sua estraneità all’autorità cattolica, si deve sperare che al più presto ci sia un processo canonico indetto da un Papa per confermarlo, annullando le contraddizioni proclamate; ne va della credibilità e dell’onore della Chiesa Cattolica.

Dopo l’elezione di Roncalli, il paradosso che si presentò ai cattolici fu quello di un magistero ecumenista, eretto sull’idea del velato aggiornamento del dogma, che si realizza col livellamento dell’autorità cattolica, dichiarata divina e irriformabile, a quelle delle altri «grandi religioni». Da ciò la nuova forma di magistero pastorale, che ne ridimensiona l’autorità cattolica senza negarla apertamente. Tale processo riformista doveva essere portato avanti velatamente, con ogni cautela, per evitare il rischio d’indebolire la propria influenza, necessaria a imporre l’aggiornamento; sminuire allora la propria «autorità pontificale cattolica» sarebbe stato, infatti, come segare il ramo su cui poggiava la riforma. Ora, era accertato che Roncalli fosse mosso da idee modernistiche e massoniche, che lui non occultava nella scelta delle sue fratellanze, come quella del marchese di Marsaudon e di altri (1). Il risultato è che quanto fu dichiarato e operato da lui e dai suoi continuatori, in nome della Chiesa, veniva plasmato da tali idee liberticide e portò alla demolizione del Cattolicesimo. Si può negare che essa è l’effetto che ha per causa la sciagurata elezione di Roncalli? Non è parimenti vano credere, ignorando la legge della Chiesa, per cui l’integrità della fede dell’eletto papa è condizione essenziale per la sua elevazione che, data la generale accoglienza da parte del mondo dei fedeli dell’eletto come papa, ciò conferma della sua validità? Ma criteri democratici e umani si applicano al Pontefice della Chiesa di Dio? L’elezione del Papa cattolico è assistita dallo Spirito Santo perché l’eletto in modo valido riceva immediatamente da Dio, non dalla Chiesa, il potere pontificale. Perciò la scelta del candidato dev’essere fatta con la massima cura tra cardinali lucidi e di fede cattolica comprovata, per non presentare a Dio un chierico la cui fede malferma sia già personalmente sgradita alla Giustizia divina. E’ vero che non si può semplicemente dire che Angelo Roncalli non fosse cattolico, poiché Pio XII l’aveva promosso a cardinale, ma si può provare che il suo cattolicesimo si è rivelato falso proprio alla luce non solo del giuramento antimodernista, prestato e contrariato, ma anche delle prescritte prerogative papali perché, essendo egli di fede modernista, ha agito in rottura proprio con l’immutabile dottrina sulla continuità del Magistero apostolico, che condanna i poteri massonici. Così, consegnò la Chiesa ai suoi nemici e con le sue trovate politiche provocò perfino l’avanzata comunista in Italia.

Oggi, a cambiamento avvenuto, si possono contare i danni devastanti operati. Ma se tali manovre passarono fu perché nel buio del pensiero cattolico chi occupa la carica papale avrebbe pure la facoltà di demolire la Cristianità! Quanto al Vaticano II e ai suoi effetti, se non è provato che la riforma le fosse richiesta dalle logge, tuttavia è innegabile che fosse un regalo ad esse, dono che valse a lui la gratitudine dei poteri occulti, i quali, guarda caso, ne esaltarono l’opera «storica», poi portata avanti dai suoi continuatori conciliari.

E’ vero che i «pontificati conciliari» sono stati riconosciuti nel mondo quasi senza proteste. Ma, si deve capire, ciò riguarda la fragilità, non la fedeltà dei cattolici. Comunque non mancò il sospetto sulla nullità di quel conclave se un cardinale, come Tisserant, dichiarò a porte chiuse «illegittima l’elezione di Roncalli, che, secondo quanto disse, fu voluta e preparata da forze estranee allo Spirito-Santo» (Nichitaroncalli, pagina 177). L’accusa si dimostrò fondata, pur senza valenza
canonica. Ma il vero dichiarato è fatto universale, il tremore clericale è lacuna personale.

Si obietterà: chi può provare che Roncalli fosse massone? Forse nessuno, dato il segretismo della sétta. Ma se la Chiesa condanna il massone più per ciò che esso compie contro la fede, piuttosto che per la sua «tessera», Roncalli compì ciò che nessun massone avrebbe potuto contro la Chiesa.

Dimostrò così nei fatti di superare quanto qualsiasi iscritto o gran maestro massone avrebbe potuto fare. Poteva tale intenzione segreta essere sconosciuta a Dio? Se il sostegno della Chiesa è la Fede trasmessa senza interruzione dalla Tradizione, non sono proprio le deviazioni moderniste e le idee massoniche contro di essa a demolire la Chiesa? Poiché il Papato esiste per assicurare questa Fede, un papa eletto per cambiarla e demolirla può essere un vero papa? Il frutto storico di tale cambiamento è senz’altro la generale scristianizzazione, iniziata proprio in seguito all’elezione e al nuovo «magistero» di Roncalli, non fondato sulla dottrina rivelata, ma su un concetto ambiguo di «coscienza retta» esposto nella «Pacem in terris». Essa è divenuta il riferimento della dichiarazione «Dignitatis humanae» del Vaticano II sulla «libertà religiosa». La nuova coscienza, maturata con i tempi, sarebbe stata capace d’interpretare i dogmi e la storia, non secondo la verità che libera, ma secondo la «visione teo-ogica» che le é connaturale. Ecco la base del modernismo aggiornato alla «maturità» dei tempi, descritti come vie di perdizione: «riprese, anche se sempre condannate», secondo il Magistero autentico trasmesso da San Pio X. Non è forse vero che così come il modernismo è «sintesi di tutte le eresie», il suo magistero, centrato non sulla fede immutabile, ma su utopie, è solo un tentativo di rapina dell’autorità divina attraverso un conclave spurio e un concilio pastorale? In ogni modo, se l’obiezione è nel senso che Dio agisce attraverso i Suoi papi, si deve prendere atto che l’invalidità dell’elezione papale di un modernista talmente malfermo nella fede da essere, precedentemente, escluso dall’insegnamento di storia nei seminari, è principio fermo degli stessi Papi, che però non possono conoscere l’intimo né le appartenenze infide di ogni prete.

I pastori del «Concilio pastorale» oggi fanno capire senza remore, pure all’ONU, che intendono le dottrine conciliari come apertura per animare spiritualmente la democrazia universale fondata sull’autonomia dell’uomo moderno da Dio e offrire il suo contributo andando oltre il pancristianesimo per l’unione delle religioni. Si deve quindi riconoscere che la rivoluzione religiosa, operata da quanti volevano mutare la Religione, ha trovato un deciso appoggio «pontificale» che ha reso possibile la nomina di profeti modernisti in ogni sede episcopale.

Qualcuno dirà: ma se Dio ha permesso questi pontificati conciliari, riconosciuti da tutto il mondo dal 1958, senza contestazioni rilevanti, possono alcuni in nome della fede e della legge della Chiesa metterli in dubbio dopo tanto tempo? Qui si deve capire prima di tutto che Dio permette molte cose, anche se poi le condannerà. Nel caso della Chiesa, però, solo quello che Egli approva ha valore ed è, per così dire, di Diritto divino. Il caso del Pontefice è molto chiaro, perché la sua autorità non procede dai membri della Chiesa, ma direttamente da Dio. E poiché Dio legge nei pensieri e nei cuori degli uomini, anche il modernista occulto agli occhi degli uomini è conosciuto da Lui. Se esso avesse ricevuto potere nella Chiesa, come si pensa, significherebbe che è stato Dio stesso ad assegnarlo per demolire la Chiesa edificata col Sangue divino; avrebbe ammesso nella Sua opera di salvezza elementi di perdizione come modernismo, liberalismo, ecumenismo massonico et similia. Non è assurdo e perfino blasfemo pensarlo! Gesù accettò Giuda come apostolo per poi dire che sarebbe stato meglio se non fosse nato; rispettò la sua libertà affinché si convertisse alla fede. Ma non lo costituì guida della fede altrui, missione che affidò solo a uomini la cui fede e amore per la Sua opera unica sono di riferimento per gli altri fedeli e anche apostoli.

Il conclave per la successione di Roncalli

Vista la tendenza del Vaticano II, che confermava «questi cambiamenti di cui ci siamo accorti dal 1958, dopo il conclave che ha eletto Giovanni XXIII» (monsignor Lefebvre), per successore di Giovanni XXIII la maggioranza voleva il cardinale Siri da opporre alla candidatura Montini, l’innovatore prescelto da siti lontani. Il patriarca siriano di Antiochia, Tappouni, «propose in modo drammatico la candidatura» a Siri: «Sa cosa mi disse il cardinale - era veramente un big - o lei accetta o è un disastro. La seconda parola oso appena pronunciarla perché c’è di mezzo un Pontificato» (Benny Lai, «Il papa non eletto», Laterza, 1993, pagina 201). Intanto nella villa del banchiere Ortolani vi furono riunioni della loggia massonica P2 per preparare l’elezione di Montini, favorito anche da democristiani come Andreotti e Fanfani (opera citata pagine 202-203). Si voleva un nuovo profeta del progresso dei tempi moderni, che fosse d’accordo con i tali poteri alieni del mondo. Risulterebbe, però, l’elezione di Siri al Soglio pontificio, ma risulterebbe anche che, avendone il cardinale richiesto la conferma, nel frattempo giunsero delle minacce venute da fuori, probabilmente da esponenti della B’nai B’rith. Siri scosso, rinunciò dichiarandone la ragione: propter metum (per paura). Ciò fu svelato dal segretario del cardinale Bea, il reverando Malachi Martin S.J. («L’Eglise éclipsée», Edizioni Delacroix, 35800 Dinard, 1997), che trattò la questione anche nel suo libro («The Keys of This Blood», Simon and Schuster, NY, pagine 607-609). E Montini fu eletto. La Massoneria avrebbe avuto la sua seconda vittoria.

A proposito di quel conclave sospetto, il cardinale Siri dichiarò, anni dopo, al marchese de la Franquerie e a Hubert Remy: «Sono tenuto al segreto. Questo segreto è orribile. Sono accadute delle cose molto gravi. Ma non posso dire nulla!» (Chiesa Viva, numero 198, dell’agosto 1989). Da quanto si sa, nemmeno lo stesso Siri trasse le dovute conseguenze da quei fatti segreti e da quella violazione del conclave. Sì perché se i fatti si svolsero come risulta, e perciò vi fu un’interferenza umana sulla scelta divina, e proprio nel senso di continuare l’opera del Vaticano II per modernizzare la Chiesa, l’elezione non fu valida. Papa Pio II con la Bolla «Execrabilis» (1460) definisce: «Qualsiasi concilio convocato per compiere cambiamenti drastici nella Chiesa è decretato in anticipo invalido e annullato». E ciò si estende all’autorità di quanti lo vogliono imporre, com’è nella Bolla «Cum ex apostolatus»: autorità nulla, anche con l’assenso di tutti i cardinali, incluso Siri.

La scelta dell’uomo con le condizioni per essere Papa spetta alla Chiesa, rappresentata dai cardinali. Ma la validità del suo potere deriva dalla sua fede cattolica, che esclude ogni patto con i suoi oppositori. Ora, Paolo VI diede molti segni di essere impegnato in patteggiamenti con i poteri del mondo nemico della Chiesa. Usò spesso in pubblico, e si fece fotografare, con l’ephod dei grandi sacerdoti del Sinedrio, il simbolo di Caifa che condannò Gesù. «Egli ha usato pure un simbolo sinistro, adottato dai satanisti nel Cinquecento e ripreso all’epoca del Vaticano II. Si tratta di una croce storta sulla quale appariva una repellente e deforme figura di Cristo, che i maghi neri e gli stregoni del Medio Evo avevano usato per rappresentare il termine biblico, Marchio della Bestia» (Piers Compton, «The Broken Cross», N. Spearman, Jersey, 83). Tale simbolo fu usato dai suoi successori. Non sono questi segni contrari alla fede? Ma anche tralasciando questi ed altri gesti, ci sono i suoi scritti che avversano il magistero precedente. Basta leggere l’Enciclica «Mortalium animos» di Pio XI per rendersene conto con stupore (2).

Il fatale «conclavismo» che imperversa


La contraddizione tra la vacanza papale riconosciuta dalla Chiesa e l’accusa a chi la ricorda oggi, sembra più frutto d’ignoranza che di mala fede. La prima va chiarita, la seconda è incurabile perché dimostra comunque un doppio aspetto deteriore. Prima, perché si dispensa dalle ragioni canoniche della Chiesa cattolica applicabili al caso, ma al contrario, si poggia su quella fiducia rivolta agli uomini sempre deprecata nella Bibbia. Secondo, perché questa fiducia è rivolta proprio a quei capi religiosi che promuovono la «dottrina ecumenista» che fa tabula rasa innanzitutto della dottrina cattolica sull’autorità del Papa, Vicario di Dio in terra. In vista delle ragione ricordate e delle norme della Chiesa per il conclave non ci dovrebbe mai essere discussione tra i fedeli della Chiesa su questo punto. La validità di un’elezione papale non è forse legata alla fede dell’eletto? E, quindi l’elezione di un deviato dalla fede non è invalida davanti a Dio? L’errore risiede allora nell’elezione di qualcuno malfermo nella fede, proprio come Roncalli e poi Montini. Errore da imputare all’ignoranza o incuranza nel vagliare la fede vera del candidato; termine assoluto, ontologico per la legittimità del candidato, che deve essere uomo lucido e di fede cattolica integra e mai modernista o massonica. Invece, ci sono quelli che imputano a quanti ricordano queste condizioni per la legittimità del Papa in ogni tempo, prima e dopo l’elezione, di scisma e apostasia! Come se quel che i cardinali decidono in conclave sia una certezza di fede; abbia carattere dogmatico e vincolante in ogni senso.

Tale posizione, per così dire conclavista, è condivisa passivamente dall’immensa maggioranza dei fedeli perché si poggia sul fatto pratico e di senso comune esposto tra altri dall’eminente teologo Journet nella sua grande opera «L’Église du Verbe Incarné». Lui a grandi linee scrive: «Poiché per la Chiesa è necessaria, nella sua missione di salvezza delle anime, la certezza dell’autorità divina del Papa, si deve ritenere che l’uomo eletto nel conclave che rappresenta la Chiesa e che accetta la carica papale, in quell’istante riceve da Dio l’autorità di Vicario di Cristo nel mondo». Lo stesso teologo, però, conferma che presso i teologi medievali era accettata pacificamente la «tesi limite» di un «papa» divenuto personalmente eretico e quindi, suscettibile di giudizio (vedi «Il Papa e la Chiesa» articolo apparso sull’Osservatore Romano l’11 ottobre 1969). Ebbene, su una questione così grave, la Chiesa non si rifà solo a dei teologi medievali o a cardinali importanti, ma alla sua legge canonica, che non può mancare. Il Diritto Canonico è fondato sulla Dottrina cattolica. Chi lo segue evita errori dottrinali poggiandosi sull’ortodossia. Ora, secondo la Tradizione, il Magistero e il Codice Canonico (1917) Canone 188: «A causa di rinuncia tacita, qualsiasi ufficio si rende vacante ipso facto, senza necessità della relativa dichiarazione, qualora il chierico: 4) abbia pubblicamente disertato dalla fede cattolica». C’è dunque incompatibilità assoluta tra giurisdizione cattolica ed eresia; fatto talmente evidente alla Fede cattolica da non richiede nemmeno una dichiarazione. Per non parlare della logica giuridica: «Non può essere capo chi non è membro»
(San Roberto Bellarmino).

Il giuramento antimodernista è una professione di fede voluta da San Pio X


Se il consacrato infrange uno solo degli articoli su cui ha giurato fedeltà, non solo è spergiuro, ma ha rinunciato alla fede ed è ipso facto scomunicato dalla Santa Chiesa. Ora, per un modernista che vuole cambiare la fede della Chiesa dal suo interno, questo giuramento è una «pietra d’inciampo» da rimuovere. E’ il primo cambiamento che deve operare se eletto papa per agire indisturbato. Eppure, la rimozione di una professione di fede della Chiesa per i nostri tempi è già un cambiamento di fede. «Dai loro frutti li conoscerete». Ebbene, i papi conciliari hanno fatto cadere la professione di fede antimodernista. Non implica ciò una «rinuncia tacita, per cui qualsiasi ufficio si rende vacante ipso facto, senza necessità della relativa dichiarazione»? Tale rimozione non implica la confessione tacita che «il chierico ha pubblicamente disertato dalla fede cattolica»; un’auto scomunica secondo un proprio giudizio? Su ciò un vero Papa dovrà giudicare in un’ora futura, che speriamo non sia lontana. Ma potrà farlo se appartiene alla linea «religiosa» di Roncalli-Montini, di Kasper-Martini e immerso nel fumo visto da Paolo VI?

Tornando al primo ragionamento, della certezza del conclave, si deve costatare che esso solo sarebbe perfetto se la prima condizione ovvero che il papabile professi la fede cattolica nella sua integrità, senza un occulto modernismo, fosse certa; fatto evidente solo a Dio, che solo conosce i pensieri segreti delle anime. A questo punto la vigilanza cattolica, che guarda al bene della preservazione della fede nella Sede papale, si volge ai frutti di tale pontificato, frutti che non dipendono solo dalla scelta di un conclave umano, perciò fallibile, ma dalla conseguente benedizione - o meno - dello Spirito Santo su quel pontificato. Le idee che il potere del conclave che elegge il papa sia assoluto, o peggio, che l’assistenza promessa dello Spirito Santo sia confusa con l’elezione del papa da cardinali da Lui ispirati, sono smentite dal Magistero infallibile della Chiesa. Esso è presente nella sua legge e in speciale nella Bolla di Papa Paolo IV. Per questa ragione chi vuole seguire seriamente la questione della vacanza papale non può ignorare la chiara visione cattolica espressa infallibilmente in tale Bolla.

Saranno forse sedevacantisti quanti sulla questione fanno riferimento al Magistero della Bolla «Cum ex apostolatus officio» di Paolo IV (15 febbraio 1559)? Essa rappresenta l’insegnamento di un grande Papa sulla tremenda questione della decadenza dei potenti deviati dalla fede: il Mistero dell’iniquità. Il Papa ricorda ai fedeli che, guidati dalla fede, sono liberi di aderire solo alle vere autorità della Chiesa. La Fede è la ragione per cui il fedele obbedisce all’autorità cattolica.
«Ma, anche se noi stessi o un angelo del cielo venisse ad annunziarvi un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia egli anatema» (Galati 1-8). L’infallibilità passiva dei fedeli corrisponde a quella attiva del Papa. Essa deriva dalla virtù della fede suscitata direttamente da Dio in tutti i fedeli. Ecco perché all’infallibilità attiva nell’insegnamento della fede, in docendo, propria della Gerarchia, corrisponde la infallibilità passiva, in credendo, nell’apprendimento della fede, propria dei fedeli. Si tratta del riconoscimento infallibile della voce di Dio. «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono Me» (Giovanni 10, 14). Se così non fosse, San Paolo non avrebbe insegnato quanto è nella lettera ai Galati (1, 8), per cui il fedele deve rifiutare e anatemizzare chi porta un nuovo vangelo, «anche se fosse un angelo o noi stessi». L’autorità del Sommo Pontefice della Chiesa è vicaria, in rappresentanza di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ fondata sul Principio che San Pietro ha ricevuto le chiavi dal Signore di tutto il potere in Cielo e in terra, potere del Sangue versato da Gesù Cristo nel Suo Sacrificio redentore. Che parte può avere in tale potere chi si vuole capo di una chiesa tra le altre; chi sfigura la ragione salvatrice di questo Sangue; chi diluisce la responsabilità umana di fronte alla Redenzione? L’autorità papale è nell’ordine dell’Essere; ciò insegna la «Cum ex Apostolatus». Né l’unanimità dei cardinali, né tutto il consenso umano, possono far diventare papa chi non ha l’integra e pura fede cattolica; sola che piace a Dio (Ef  3,17). Nell’Apocalisse (18, 4) una voce dal cielo dice: «Uscite, popolo mio da Babilonia, per non partecipare ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli».
 
Una falsa «resistenza tradizionalista»

La «resistenza tradizionalista», che pensa di fare a meno del Diritto canonico, crede che la legge della Chiesa sia insufficiente per sconfiggere l’eresia, e perciò imperfetta. Inutile addurre che manca un’autorità per giudicare: proprio essa è in causa. E qui cominciano i compromessi «clericalisti», le strategie possibiliste in cui è riconoscibile l’egheliana «gestione degli opposti», che è una variazione della stessa deviazione del Vaticano II. Non vi è dubbio che norme giuridiche di Diritto ecclesiastico non possano essere applicate se manca l’autorità competente, il giudice con la sentenza e la forza per renderla esecutiva nella pratica. Ma non vi è nemmeno dubbio che questa carenza non possa rendere invalida una legge di Diritto divino; allora la difficoltà riguarda soltanto le lacune della giustizia umana. E perciò quanto non si può accettare alla luce della fede, che è il fondamento della legge, rimane inaccettabile. Non diviene obbligatorio accettare un lupo per pastore perché mancano le forze umane per cacciarlo. Dio non chiederà mai l’impossibile agli uomini. Ma una cosa chiede, ed su di essa saremo vagliati: che non si dica che il falso pastore, con la sua falsa fede, abbia l’autorità di Dio; che sia legittimamente inviato da Lui perché eletto in un conclave dove sono prevalsi inganni e manovre umane. La falsa fede dell’eletto si svelerà alla fine nei suoi frutti deleteri contro la Fede. Pensare che costui abbia ricevuto direttamente da Dio il potere di produrli significa accusare Dio, o di ignorare i moti dei cuori e i fatti velati, o di autorizzare chi devierà il gregge che Cristo ha salvato col Suo sangue. Una grave incongruenza riguardo alla ragione, alla legge della Chiesa e al Magistero papale, che è anche blasfema.

Quale il problema sollevato dalla Bolla di Papa Paolo IV e che è anche logico? Che un chierico possa fare carriera nella Chiesa per raggiungere le sue cariche più alte conforme il piano delle sette e delle ideologie che vogliono un papa per cambiare la fede. Come difenderla? Controllando queste carriere. Era possibile farlo nei nostri tempi? Se fosse stato fatto il clero e la gerarchia attuale sarebbero cattolici, il che non è oggettivamente vero, basta seguire le professioni di fede diversa, ecumenista, relativista, modernista, di gran parte di essi. Non ne fanno nemmeno segreto, poggiati ore sulle ambiguità conciliari. Possono essere materialmente eletti al Soglio pontificio da un conclave? Sì. Rappresenterebbero l’autorità di Dio che conosce la loro fede? No. In tal senso la Bolla di Paolo IV solo conferma quanto stabilito dalla Chiesa, per cui la condizione ontologica per essere candidati a quella carica è di avere la fede. Se questa è deviata dal modernismo, a riconoscere l’inganno saranno i cattivi frutti dell’eletto, dopo che questi si manifestano. Un giudizio oggettivo.

Limitiamoci a un esempio. Se un presunto papa proclamasse che le anime si salvano professando qualsiasi fede, oltre alla falsità nella fede che è eresia pronunciata direttamente, deroga tacitamente dalla sua carica, vuotata di senso. Non ci vuole alcuna autorità umana per capirlo, basta il principio d’identità e di non contraddizione che è universale, per dimostrarlo nullo nel disegno della Provvidenza. In sintesi, sostenere che la validità dell'elezione papale e il derivato magistero, dipenda dalla fedeltà di questo al depositum fidei, non solo afferma un sacrosanto principio, ma pone attraverso questo il gregge al riparo dei falsi pastori. Un loro «diverso atteggiamento nei riguardi di un’eresia», a parte l’eufemismo, è condizione sufficiente per squalificare un chierico sotto la grave accusa di «favorire l’eresia», come è stato il caso di Papa Onorio I, delitto che implicando la diserzione nella difesa della fede, che è la ragione della sua carica, la espone a
pericoli riciclati dalle «mutate forme, come sogliono fare i virus per sopravvivere, così che dunque occorre anche mutarne la  cura». La cura può solo venire da un vero pastore con un magistero adeguato, cioè fedele e libero dal liquame conciliare. Ecco il senso dottrinale della Bolla, che alla fine sarà applicato.

Dove cade il ragionamento dei conclavisti odierni?

La Chiesa cattolica esiste nell’ordine dell’Essere. Sia nella rappresentazione dell’autorità divina, sia per i segni sacramentali della Sua grazia, o E’ o non c’è nel piano ontologico. Cosi insegnò sempre la Chiesa: per essere Papa l’uomo dev’essere lucido e avere la fede integra. Parimenti, perché sia valido il Sacramento ci vuole la materia e la forma, oltre che l’intenzione del ministro di compiere l’intenzione della Chiesa. Fuori di questo abbiamo solo sentimenti e intenzioni più o meno buone che procedono dall’uomo verso l’Alto, ma che non possono supplire quanto viene da Dio all’uomo. Perciò è stata istituita la Chiesa: perché i devoti non siano ingannati pure da preti d’apparenza pietosa e di parole altisonanti. Il ruolo del «Papato» voluto e pensato da Cristo stesso è nel senso della Fede che porta alla salvezza gli uomini. Ecco quel che funge da discrimine importante, capace di connotare un vero fedele cattolico come un vero conclave. L’investitura di San Pietro, quale roccia visibile che fonda la Chiesa, detentore delle chiavi, comporta la professione di fede e la capacità di confermarla infallibilmente nei fratelli. Altrimenti non sarebbe la Chiesa voluta da Dio per salvare gli uomini nel sangue di Cristo. La storia della Chiesa ci conferma che Papi, vescovi, cardinali, sacerdoti, religiosi si sono macchiati di tanti peccati, ma sono rimasti nella Chiesa perché professavano la fede del loro battesimo. Ecco la vera credenziale di ogni cattolico e in primis del Pontefice romano. L’infallibilità della Chiesa (e quindi del Papa) opera a prescindere dalla bontà e dalla fragilità dell’operatore; opera a partire dalla professione di fede nell’una e unica Chiesa di Gesù, roccia indelebile della Verità, della Via e della Vita. Il problema quindi di una contraddizione in termini tra moralità del ministro si risolve nella prevalenza della Verità sulla menzogna, dell’ortodossia e ortoprassi sulla condizione del peccatore. Che prescinda, però, dalla sua ortodossia è idea ributtante; è come dire che l’uomo ha il potere di contraddire la fede rivelata da Dio nella Sua Chiesa con la Sua stessa autorità. I grandi padri della Chiesa hanno discusso se un Papa potesse o no cadere in eresia, ma sul potere pontificale di un eterodosso, solo in un mondo afflitto da un acuto soggettivismo tanto vuoto quanto beota si potrebbe discutere. Il problema dell’ora presente, inquinata dal Vaticano II, lascia sbigottiti quanti immaginano che la legge della Chiesa non poteva né può sanare una simile situazione per cui sarebbe insufficiente a risolvere un problema di queste dimensioni. Ciò è falso, non solo perché una società perfetta come la Chiesa deve essere e deve avere una legge perfetta riguardo al Diritto divino, quanto perché la Provvidenza di Dio non permetterebbe che i fedeli fossero privati di mezzi per difendersi dai falsi cristi e dai falsi profeti, che abbondano oggi a Roma per operare un mutamento nella fede in evidente contraddizione con l’immutabile Magistero cattolico, che è proprio quel che accade dopo Pio XII.

L’idea dell’assolutezza del conclave esclude che i cardinali possano aver fallito perché si arriva a dire che è lo Spirito Santo che elegge il Papa; non che assista l’elezione se davvero invocato, ma che elegge anche un modernista spergiuro del suo voto. Lascio questa grave riflessione, che coinvolge il mondo delle anime, a chi vorrebbe difendere anche un nuovo Ario o Sergio o Lutero o qualcuno nel mondo frankista o modernista, se approvato da un conclave!

I frutti deleteri di questa mentalità conclavista sono ormai alla vista di tutti e non si capisce come un vero cattolico possa pensare di difendere, prima della fede stessa, chi l’ha cambiata occupando una carica «al si sopra d’ogni sospetto». A causa di essa si arriva perfino ad accusare chi difende la fede d’eresia perché accusa i novatori in alta sede. Eresia, scisma e apostasia in rapporto a cosa? Può qualcuno apostatare dalle intenzioni riformatrici di Giovanni XXIII e successori?

Il potere del Papa non viene dall’uomo incoronato da una tiara, ma da Dio. Eppure nel 13 novembre 1964, Paolo VI deporrà la «tiara» (il «triregno») sull’altare per essere alienata, rinunciandovi definitivamente. Un gesto, questo, che fu l’obiettivo della «Rivoluzione Francese», della religione dell’uomo che si fa dio e che ci ricorda le parole del massone Albert Pike: «Gli ispiratori, i filosofi e i capi storici della Rivoluzione Francese avevano giurato di rovesciare la «corona» e la «tiara» sulla tomba di Jacques de Molay». Era previsto anche che i nuovi capi indossassero l’ephod di Caifa in contrasto con la Croce? Dalle «croci» moderne, come quella contorta di Fatima, si capisce il loro strano amore per il mondo e i suoi dettami moderni.
Attenti, il modernista e i suoi complici sono condannati a morte spirituale dall’autorità divina.

«Vi sono oggi pure, e non sono scarsi, coloro i quali, come dice l’Apostolo: «(Verrà un tempo, infatti, in cui gli uomini) per prurito di sentire, non potendo sopportare più la sana dottrina, e per assecondare le proprie passioni, si danno una folla di maestri, e non volendo più ascoltare la verità, si volgono alle favole» (II Tim, 4, 3-4). «Infatti, tronfi e imbaldanziti per il grande concetto che hanno dell’umano pensiero, ... alcuni, confidando nel proprio giudizio e disprezzando l’autorità della Chiesa, giunsero a tal punto di temerità da non esitare di voler misurare con la loro intelligenza perfino la profondità dei misteri divini e tutte le verità rivelate, ed a volerle adattare al gusto dei nostri tempi. Sorsero in conseguenza i mostruosi errori del Modernismo, che il nostro predecessore giustamente dichiarò ‘sintesi di tutte le eresie’ condannandolo solennemente. Tale condanna Noi qui rinnoviamo in tutta la sua estensione; e poiché un così pestifero contagio non è stato del tutto sradicato, ma sebbene latente, serpeggia tuttora qua e là, Noi esortiamo ognuno affinché si guardi bene dal pericolo di contrarlo (‘Ad beatissimi Apostolorum Principis’, Papa Benedetto XV, 1 novembre 1914.)»

Dovrebbe bastare questo testo, senza dover ripetere tutte le condanne del modernismo e modernisti, prima e dopo San Pio X. Eppure, ora si vorrebbe rovesciare la condanna con una presunta autorità della Chiesa, ma «Il Signore ci libererà ancora da ogni opera cattiva e ci salverà per il suo regno celeste. A lui la gloria per i secoli dei secoli. Amen!». Ci può liberare, però, se noi non sappiamo nemmeno da che e da chi? Ecco allora che si deve ripetere sempre di nuovo e senza incertezze la stessa mozione, del resto già abbozzata nel 1965, durante il Vaticano II e poi in forma diversa dai monsignor Castro-Mayer e da monsignor Lefebvre e quest’ultimo anche prima dell’ultimo Conclave del suo tempo, avvertendo tutti i cardinali con un giudizio: i cattolici hanno il diritto di considerare come non cattolici, quindi come autorità illegittime, quanti diffondono gli errori e le eresie del Vaticano II.

Non c’è altra via più importante nelle questioni della Chiesa che la preservazione della Fede integra e pura. E ciò dev’essere fatto dai tetti a tempo e controtempo con una sola voce, anche da quanti non credono che il Segreto di Fatima riguardi l’interregno dell’eccidio virtuale del Papa cattolico col suo seguito fedele. Vogliamo farlo unendo i cattolici rimasti lucidi, finché un vero conclave non darà al mondo un Papa libero dai miasmi satanici del Vaticano II ? Dai gruppi rimasti fedeli all’ultima parrocchia o gruppo di fedeli si dovrebbe capire l’urgenza di questa testimonianza pubblica a vasto raggio contro il Vaticano ecumenista. Questa generazione deve smettere di guardare altrove mentre la Santa Madre è flagellata e non solo dagli aguzzini a servizio dei poteri del mondo esterni alla Chiesa. E’ certo allora che, se non si reagirà insieme a tanta inaudita offesa contro la Fede, avremmo di che rispondere al Signore nel giorno del Giudizio.

Arai Daniele



1) L’ex canonico Roca preconizzò «una Chiesa illuminata sotto un Papa convertito al cristianesimo scientifico, influenzato da un socialismo evangelico, fautore di un mondialismo sincretista, che convocherà il concilio ecumenico per forgiare la nuova liturgia e il nuovo papato (...)». «Tutto ciò si completa nel libro importante del massone Yves Marsaudon, «L’Oecuménisme vu par un Franc-Maçon de Tradition», che egli dedicò, in termini ditirambici all’amico Roncalli, poi Giovanni XXIII, e che servì a costruire il largo ponte che oggi serve al traffico tra il Vaticano e la Massoneria. 
2) L’Enciclica «Mortalium animos» di Papa Pio XI fu pubblicata da FdF in data 6 marzo 2008.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità