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Sul boom economico brasiliano
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Da alcune settimane leggo su numerose testate italiane on line gli articoli di giornalisti che raccontano a piene mani del miracolo economico brasiliano. Anche una rivista solitamente sobria come Famiglia Cristiana si spinge oltre presentando all’ignaro lettore che si trova all’altro capo del mondo – e non può avere un riscontro diretto – l’immagine di un Brasile ricco, ma così ricco da avere un volto umano. (1)

Partendo dai dati del Center for Economic and Business Research, secondo Famiglia Cristiana «uno dei più rinomati centri di analisi dellOccidente», il giornalista autore dell’articolo sostiene che il Brasile nel 2011 è divenuto la sesta potenza economica del mondo dopo USA, Cina, Giappone, Germania e Francia, prendendo il posto della Gran Bretagna, ora settima. Il Brasile, prosegue, è in grande crescita nonostante nel 2002, quando Lula da Silva prese il potere, fosse molto screditato dai mercati internazionali. Eppure Lula è riuscito nel miracolo. Negli ultimi dieci anni sono stati creati 15 milioni di posti di lavoro e 28 milioni di persone sono uscite dalla povertà, cioè sono entrate nelle cosiddetta classe media. Inoltre, la classe media è così abbiente che i brasiliani che guadagnano tra 450 e 2.200 euro sono più di metà della popolazione. Addirittura Dilma Rousseff, la presidente in carica da un anno, ha varato un piano di investimenti pubblici in infrastrutture, case popolari, scuole da 526 miliardi di dollari. Questo, in sintesi, è il contenuto dell’articolo di Famiglia Cristiana. E ne potrei citare altri cento che riportano la stessa notizia. Pardon, la stessa non notizia. Sì, perché vedete di quanto è scritto sopra non è vero nulla. Adesso procederò a confutare una ad una le affermazioni di Famiglia Cristiana sul Brasile.

«Il Brasile nel 2011 è divenuta la sesta economia mondiale». Falso. Il PIL del Brasile misurato come valore assoluto è cresciuto fino a superare quello della Gran Bretagna e dell’Italia. Ma ciò non significa nulla: bisogna considerare, per dare un termine di paragone, che il Brasile ha una superficie 33 volte maggiore di quella italiana. Stiamo parlando di un Paese-continente.  Il Brasile ha circa 192 milioni di abitanti, l’Italia ne ha soli 60. Il PIL pro capite, pertanto, misurato in Dollari US, è 9.390 per il Brasile e 35.090 per l’Italia (2). Il PIL pro capite italiano è circa il quadruplo di quello brasiliano. La ricchezza, peraltro, è anche male distribuita. Secondo un rapporto del giornale Folha de São Paulo, divulgato nel 2008 e basato sull’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, il Brasile presenta le caratteristiche dell’Islanda, ovvero un di un Paese con una minoranza che ha un tenore di vita superiore a quello del Belgio e superiore a quello dei 20% più ricchi dell’Islanda e una maggioranza che vive al livello dell’India. In questa speciale classifica, nel 2011 l’agenzia delle Nazioni Unite colloca il Brasile all’84esimo posto (High Development), assegnando una posizione ben superiore all’Italia, 24esima (Very High Development) (3).

«Negli ultimi dieci anni sono stati creati 15 milioni di posti di lavoro e 28 milioni di persone sono uscite dalla povertà, cioè sono entrate nelle cosiddetta classe media». Falso.

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Dal 2003 al primo semestre del 2011 – durante i due mandati presidenziali di Lula e i primi sei mesi del mandato di Dilma – il totale degli occupati brasiliani è passato da 18 milioni 520 mila unità nel 2003 a 22 milioni 279 mila unità nel primo semestre 2011 (4). Ciò significa appena un aumento di circa 4 milioni di occupati. C’è di più. I dati ufficiali dell’Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística (IBGE) – l’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica equiparabile alla nostra ISTAT – mostrano che la popolazione in età attiva (dai 10 ai 64 anni di età), cioè che è considerata, per i parametri del governo brasiliano, in grado di lavorare è di 147 milioni di persone su un totale di circa 192 milioni di abitanti.


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Dunque in Brasile la popolazione in età attiva, cioè le persone tra i 10 e i 64 anni di età, è di 147 milioni di persone. Ora, l’IBGE riporta i dati dell’ultima ricerca mensile sull’occupazione, aggiornati a dicembre 2011. Mettiamo da parte le percentuali e prendiamo i numeri assoluti, il sito internet dell’IBGE riporta testualmente che: «i disoccupati a dicembre sono stati 1,1 milioni di persone, mentre nel 2011, in media cerano 1,4 milioni di persone disoccupate. La popolazione occupata dopo novembre si è mantenuta stabile (22,7 milioni di persone). La media del 2011 è stata di 22,5 milioni di persone occupate» (5).

Attraverso un metodo di calcolo tutto brasiliano, l’IBGE arriva a sostenere che il Brasile nel 2011 ha avuto un tasso di disoccupazione inferiore al 5% su base annua. Ovvero una disoccupazione che la letteratura economica definisce fisiologica, una situazione ideale di piena occupazione in cui quel minimo di disoccupazione viene computato nelle statistiche solo perché vi sono delle persone che, nel periodo considerato, stanno cambiando impiego. Insomma, il Brasile sarebbe meglio della Svizzera per lavorare. Peccato che non sia così. Se le persone in età da lavoro sono 147 milioni e gli occupati sono 22,5 milioni di persone, secondo il metodo di calcolo brasiliano, abbiamo:

OCCUPATI/POPOLAZIONE IN ETÀ ATTIVA X 100 = TASSO DI OCCUPAZIONE

22,5/147 X 100 = 15,30  %

Di conseguenza solo il 15,30 % della popolazione brasiliana in età da lavoro potrebbe essere occupata
. Volendo usare la metodologia italiana, ISTAT, secondo la formula generale:

OCCUPATI/POPOLAZIONE X 100 = TASSO DI OCCUPAZIONE

abbiamo un tasso di occupazione pari a:

22,5/192 X 100 = 11,72%

Secondo la metodologia italiana, appena l’11,72%.


Abbastanza per mettere a confronto il Brasile con un Paese dell’Africa Sub-Sahariana piuttosto che con uno Stato europeo. Non siamo in grado di fornire una stima del tasso di disoccupazione in Brasile, in quanto l’IBGE non fornisce i dati su quante siano le persone in cerca di un lavoro. È chiaro però anche a chi non avesse nozioni di economia, che il tasso di disoccupazione non può essere il 5 % dell’IBGE, ma di gran lunga più elevato o addirittura il suo inverso. Diffusissimo è, inoltre, il lavoro minorile.

«Inoltre, la classe media è così abbiente che i brasiliani che guadagnano tra 450 e 2.200 Euro sono più di metà della popolazione». Falso. Il Censimento del 2010 ha rivelato che il 25 % della popolazione brasiliana riceveva fino a 188 Reais al mese – equivalenti a circa 82 Euro – e metà aveva un reddito pro capite di Reais 375 – equivalenti a circa 163 Euro – un valore al di sotto del salario minimo del 2010 di 510 Reais – circa 222 Euro. Stando ai dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), relativi al 2010, circa il 25 % della popolazione brasiliana guadagna meno di 75 US Dollari al mese e non ci sono abbastanza posti di lavoro in regola. Allo stesso tempo, il Brasile detiene il – triste – primato di minore assicurazione e copertura del lavoro tra le economie del cosiddetto G-20.

Nel maggio 2011, il ministero dello Sviluppo Sociale e Lotta alla Fame – un nome che è tutto un programma – ha calcolato, a partire, dai dati dell’IBGE che esistono 16,2 milioni di brasiliani (8,6 % del totale) che vivono nella miseria estrema o con un reddito mensile al di sotto dei 70 Reais – circa 30 Euro. Sempre secondo il ministero, metà dei brasiliani più poveri ha meno di 19 anni di età (6). E la middle class? Il salario minimo della classe media nel 2012 è di 625 Reais – circa 272 Euro – mentre il salario medio degli occupati, a prezzi di dicembre 2011, è stato di 1529,30 Reais – circa 665 Euro – per i dipendenti privati con le marchette (com carteira), di 1107 Reais – circa 481 Euro – per i dipendenti privati senza le marchette, di 2.916,70 Reais – circa 1.268 Euro – per i dipendenti pubblici e di 1.402,80 Reais – circa 610 Euro – per i lavoratori autonomi. Perciò il salario medio è, a dicembre 2011, pari a 1.650 Reais – circa 717 Euro.



A questo punto, il lettore avrà tratto le proprie conclusioni. È chiaro che ormai viviamo in una realtà orwelliana, in cui i media ufficiali ci raccontano tutto e il contrario di tutto. A chi volesse obiettarmi che il salario brasiliano è proporzionato al costo della vita, dico solo che il costo della vita, in assoluto, è più elevato a San Paolo e a Rio de Janeiro che a New York e a Toronto. Molti nostri connazionali che erano fuggiti in Brasile, magari con una pensione italiana, non riescono a sostenere le spese brasiliane e sono costretti ad andarsene (7).

Sul piano di infrastrutture varato da Dilma, posso solo dire che tutto è fermo. Al momento molti dei progetti infrastrutturali legati alle manifestazioni sportive previste per il 2014 e per il 2016 sono in forte ritardo. È possibile che il Brasile farà una figuraccia davanti al resto del mondo.

A. R.




1)
Famiglia Cristiana, Il Brasile del boom dal volto umano
2) Fonte: Doing Business, www.doingbusiness.org/
3) Fonte: UNDP, http://hdr.undp.org/en/statistics/
4) Fonte: dati del Serviço Brasileiro de Apoio às Micro e Pequenas Empresas (SEBRAE), Servizio Brasiliano di Sostegno alle Micro e Piccole Imprese, www.sebrae.com.br/
5) IBGE: Desocupação fica em 4,7% em dezembro e fecha 2011 com média de 6,0%
6) Fonte: Wikipedia
7) Fonte: Italia Chiama Italia


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