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Salta il coperchio della menzogna?
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La novità non è che Dick Cheney abbia guidato per otto anni una CIA segreta, che compiva  atti illegali, omicidi mirati, atti di sovversione all’estero e torture, senza riferirne al Congresso. La novità è che queste rivelazioni sono ora riportate dai «grandi» media. Finchè le informazioni  circolavano sul web, erano non-notizie di complottisti paranoidi. Ma ora ne parla il New York Times. E persino i giornali italiani devono parlarne.

Ecco da Repubblica la sintesi, molto laconica, dei fatti:

«L'ex vice presidente USA, Dick Cheney ordinò un programma segreto anti-terrorismo alla CIA imponendo all'agenzia federale di non darne conto al Congresso degli Stati Uniti, come invece la legge gli imponeva. A renderlo noto è il sito del New York Times, facendo i nomi di due persone che hanno diretta conoscenza dei fatti. A sollevare la questione è stato il nuovo direttore del servizio segreto statunitense, Leon Panetta, il quale il 24 giugno scorso ha messo al corrente della vicenda le commissioni intelligence di Camera e Senato. La notizia del programma segreto - immediatamente sospeso - era arrivata sul tavolo di Panetta il giorno precedente della sua denuncia. Se il comportamento fuorilegge di Dick Cheney dovesse essere confermato, all'ex vice presidente potrebbe costare molto caro. Così come potrebbe subire severe conseguenze anche l'ex direttore della CIA, ai tempi di Bush, George Tenet»

Il punto è che questa prima apertura dei delitti dell’amministrazione Bush, che dovrebbe danneggiare Cheney e i suoi compari neocon israeliani, danneggia invece Obama. Perchè Obama sta cercando con tutte le sue forze di tenere tappato il coperchio sulla orribile pentola dell’ultimo decennio.

Pochi giorni fa, Obama in persona ha minacciato di porre il veto ad una proposta che darebbe al Congresso la possibilità di ascoltare, in sedute aperte, i personaggi dell’intelligence che hanno condotto la CIA segreta.

Fino ad oggi, tali audizioni erano condotte dalle due commissioni d’intelligence della Camera e del Senato, che a loro arbitrio potevano decretare che le faccende avvenissero a porte chiuse: otto persone in tutto, chiaramente selezionate per tenere ben chiuso il coperchio, chiamate sardonicamente «la banda degli otto». Si noti che a presiedere la Commissione d’intelligence del Senato è Dianne Feinstein, democratica ma soprattutto membro della lobby isrealiana (1).

La Casa Bianca ha spiegato la minaccia con la necessità di scongiurare «che venga limitato un importante mezzo istituzionale con cui il presidente protegge le attività d’intelligence più delicate che sono compiute nell’interesse della sicurezza  nazionale». Il fraseggio già rivela l’imbarazzo.

Obama s’è adoperato perchè nuove foto sulle torture dei detenuti «enemy combatants» restassero segrete. Obama ha mantenuto la «detenzione indefinita» senza processo di un certo numero di detenuti a Guantanamo. Obama, nei giorni scorsi, ha assicurato anche per il futuro la protezione speciale del «secret service» (la guardia del corpo presidenziale) a Dick Cheney, che essendo scaduto non ne avrebbe più diritto.

L’Huffington Post, che ha rivelato questa mossa definita «senza precedenti», fa notare che all’ex-presidente Bush è stato tolta anche la forza di sicurezza personale garantitagli dalla polizia di Dallas, Texas, per ragioni di costo. Evidentemente, è Cheney che ha comandato negli orribili otto anni di guerre, false-flag, auto-attentati, riduzioni delle libertà personali, ascolti telefonici illegali, spionaggio interno su cittadini americani, l’abolizione dei diritti legali dei prigionieri di Guantanamo e Abu Grhaib, extraordinary renditions ossia il trasporto di sospetti in Paesi dove venivano torturati. Ed è Cheney che va protetto perchè il coperchio resti chiuso. Anche se sfida Obama, con arroganza, sicuro della propria impunità.

Ad ogni richiesta di aprire qualche spiraglio su quel che è avvenuto per otto anni, Obama ha ripetuto la frase: «Guardiamo al futuro, non al passato». Frase patetica e ridicola, alla luce delle prime rivelazioni.

Ma Obama non può fare altrimenti. Se desse libera stura alle rivelazioni del decennio neocon, non solo il rivale partito repubblicano ne sarebbe incenerito, ma anche il suo partito democratico. Perchè il Congresso a maggioranza democratica, presiduto dalla democratica Nancy Pelosi, ha perennemente votato a favore di tutte le violazioni del diritto che Bush (Cheney) hanno preteso con la scusa della «lotta al terrorismo globale»: l’annullamento dell’habeas corpus e dei più elementari diritti per i prigionieri di Guantanamo, la formazione di tribunali speciali militari per «giudicarli» a porte chiuse, il Patriot Act, le intercettazioni illegali di cittadini USA, lo stanziamento per compiere assassinii in Iran, tutte le misure da colpo di Stato e da Stato di polizia di Bush.

E’ stato il Congresso democratico a condonare gli appalti senza concorso dati alla Hallyburton di Cheney nelle guerre di Iraq e Iran. A guardare dall’altra parte mentre il Pentagono e Israele armavano la Georgia contro la Russia. A impedire ogni indagine sui miliardi di dollari che il Pentagono di Rumsfeld, Wolfowitz e il rabbino Dov Zakheim hanno fatto sparire senza rendere conto, evidentemente capitali serviti per le guerre «segrete» di Cheney.

E non hanno detto nulla nemmeno sui 14 mila, altri dicono 190 mila armi individuali (per lo più kalashnikov usati) che la Kellogg Brown & Roots, una filiale di Hallyburton, comprò ufficilmente per armare la polizia irachena collaborazionista, e che andarono «smarrite», quasi certamante ad armare gruppi iracheni o della presunta «Al Qaeda» per mantenere altissima la strategia della tensione nel Paese occupato.

Obama stesso ha spesso ratificato col suo voto tutti questi delitti e questi maleodoranti imbrogli.

No, non può permettere che la verità cominci a venire a galla, e lo si deve capire: la verità spaccherebbe gli americani e il sistema americano, la sua pretesa democrazia. C’è il rischio che si arrivi a divulgare di come Al Qaeda sia un’invenzione dei servizi USA, formata con i residui dei combattenti anti-sovietici in Afghanistan; di come la massima potenza della storia sia stata sfruttata e messa a servire il sionismo letale; di chi siano i veri autori dell’attentato dell’11 settembre.

L’America intera sarebbe obbligata a guardarsi allo specchio, e vedere se stessa, la sua vera immagine maligna, quando vive sull’illusione di essere «la città splendente sulla collina», l’esercito del Bene nell’Armageddon prossimo venturo, la democrazia modello dove «certe cose non possono accadere».

Nel 1935, Sinclair Lewis scrisse il suo famoso romanzo anti-utopico, dove immaginava di un presidente USA che si fa eleggere con un programma di restaurazione della «grandezza, prosperità, potenza americana», e che – attraverso i mezzi legali a sua disposizione, con l’appoggio della popolazione volonterosa, fra gli applausi dei giornali – trasforma gli USA in uno Stato totalitario brutale, completo di lager che si riempiono di avversari politici, dissidenti, sospetti.

Il titolo del romanzo è la frase con cui gli americani si consolano di ciò che avviene: «It can’t happens here», «qui non può succedere». Succederà in Russia, in Germania, dove la gente non ama la libertà e non ha istituzioni democratiche, ma «qui» in USA, no.

Adesso, rivelazione dopo rivelazione, gli americani rischiano di scoprire che «può accadere qui», anche «da noi». Anzi, che è già successo. Anzi, che un governo segreto burocratico-militare continua ad agire per conto suo, chiunque sia la persona che abita la Casa Bianca.

Di questo governo segreto ha fatto allusione lo stesso Obama dopo gli incontri di Mosca con Putin e Medvedev. L’ha fatto in modo allusivo e lancinante, parlando del bisogno di «bandire la burocrazia nei rapporti fra Mosca e Washington»: le «burocrazie», intendeva, che ostacolano la comunicazione diretta fra i capi di Stato (2). Poteva aggiungere anche (e non l’ha fatto) le «burocrazie» che mantengono in vita ostilità ufficiali che non hanno più ragione di essere nei tempi mutati, che mantengono artificiosamente vecchie tensioni, che provocano – all’insaputa dei governi che teoricamente le comandano – crisi incontrollate. Le «burocrazie» che continuano a fare il loro lavoro delle tenebre, scatenando rivolte in Iran, rivoluzioni colorate, strategie della tensione. Il sistema militare-industriale, la lobby israeliana che intimidisce il Congresso, la CIA «deviata» che ancora sotto Obama continua a perseguire i delitti ordinati da Bush e Cheney.

Perchè in questi otto anni, attorno al colpo di Stato di Cheney e Bush si sono consolidati blocchi d’interesse troppo forti, ed è questo il governo segreto. Troppe complicità si sono saldate attorno alla convenzione del silenzio sul delitto primario, l’11 settembre. Troppe carriere luminose sono dovute alla «guerra al terrorismo globale», negli alti gradi militari come in politica e nel giornalismo, e che la verità metterebbe in pericolo. Troppi grossi affari si sono nutriti negli armamenti e nei contratti per la «lotta globale». Troppi hanno partecipato al potere che, trasformato in arbitrio extra-legale, è diventato una maligna «libertà» per i pochi, un potere senza limiti, a cui non si è disposti a rinunciare. Persino le frodi e le truffe della finanza speculativa, i saccheggi inauditi del capitalismo terminale, hanno beneficiato della «libertà» concessa al potere esentato da ogni rendiconto. 

Sotto il Patriot Act, e con la scusa dello Stato d’emergenza, una intera oligarchia ha approfittato della insindacabilità senza alcuno scrupolo, oltre ogni decenza. Ma anche la gente piccola, i 70 milioni di cristiani rinati, di apocalittici messianici filo-israeliani, se la verità venisse alla luce, come la prenderebbero?

Non saranno mai disposti a ripetere la frase tante volte rimproverata ai tedeschi nel 1945: «Non sapevamo», «Obbedivamo solo agli ordini». Nel sistema tout se tient, e nessuno è innocente.

E questo non solo in America. La menzogna USA ha degradato moralmente l’intero Occidente. Pensate al governo inglese di Tony Blair e ora di Gordon Brown, a tutti i governi europei – Aznar e Berlusconi, Sarko, la Merkel  e i polacchi – che hanno tenuto bordone alla menzogna, perchè essa era imposta dal governo della superpotenza. Pensate ai politologi o sedicenti tali, comunque con cattedra universitaria, che per tutti questi anni hanno puntato il dito su Al Qaeda, come esistesse davvero, o gridato al pericolo del terrorismo islamico globale. Pensate agli «americanisti» come Massimo Teodori, pensate alla Nirenstein, pensate al generale Jean che fanno da anni i pifferi della «versione ufficiale», del Mossad e di Cheney. Pensate a Magdi «Cristiano» Allam, convertito per sfruttare l’aria che tira. Pensate allo stesso Pontefice regnante, grande amico di Bush, convinto che esista un «pericolo islamico» contro il quale certi mezzi, dopotutto, sono condonabili, o almeno da non denunciare pubblicamente. Pensate ai massimi giornalisti che hanno deriso e demonizzato chiunque poneva un dubbio sulle versioni ufficiali, che hanno raccontato la ferocia dei Talebani e taciuto i massacri americani in Pakistan, in Iraq e in Afghanistan, e il genocidio israeliano a Gaza, condonato come lotta ai «terroristi» di Hamas.

Pensate forse che siano disposti ad ammettere che s’erano sbagliati? Sarebbe come confessare che erano stupidi, o che erano complici.

No, combatteranno. Dalla menzogna hanno ricavato troppi profitti e vantaggi e potere, ed hanno condonato troppi delitti e disastri, perchè si possa credere che non difenderanno la menzogna con le unghie e coi denti (3), che lasceranno i posti di potere e ben pagati a chi ne sa di più, a chi ha detto la verità. Solo un film di Hollywood può mettere in scena un presidente coraggioso che, da solo contro tutti, smantella questo tipo di «governo segreto».

Per questo Obama preme forte sul coperchio della orribile pentola. E somiglia ogni giorno di più a Gorbaciov, il direttore degli «organi» (la polizia segreta interna del PCUS) che credette di poter riformare superficialmente il sistema sovietico, «guardare al futuro senza rivangare il passato», e ne produsse il collasso. Essendone lui stesso, il «riformatore a metà», travolto.

Il punto è se Obama e il gruppo che lo controlla (attraverso Rahm Emanuel, Axelrod, la cosca della finanza che ha messo al Tesoro) sarà in grado di impedire lo scoppio della verità intera – mortale per il sistema americano come una bomba nucleare – ora che in qualche parte comincia a tracimare sul New York Times – e dunque diventa, lo vogliano o no gli stessi «grandi» media, un argomento legittimo, autorizzato. Non più da «complottisti» he si possano deridere.

L’amico Wayne Madsen segnala (4) che la National Security Agency (NSA, l’ente di cui lui stesso ha fatto parte) ha formato al suo interno una squadra speciale, «il Gruppo Q», con un migliaio di agenti, informatori pagati e contractors, al solo scopo di sopprimere le «soffiate» interne sull’11 settembre. Il Gruppo Q, analogo agli «Organi» di epoca sovietica, sottopone ripetutamente gli stessi agenti del NSA sospetti a ripetuti interrogatori, alla macchina della verità, a minacce, perchè non rivelino ad altri quello che sanno.

Un funzionario della NSA, Ken Ford, nel 2004 è stato arrestato e processato per aver portato fuori dagli uffici documenti segreti. Secondo Madsen, l’accusa è falsa. Dick Cheney aveva notato il nome di Ken Ford (un nero) sotto un documento in cui l’agente, addetto alla «signal intelligence» (alle intercettazioni globali), forniva la prova che Saddam Hussein non possedeva armi di distruzione di massa.

Lo stesso Gruppo Q condurrebbe un programma di controllo di giornalisti, intercettandone le telefonate e le mail, i colloqui con personale della CIA o membri del Congresso, come parte di un programma chiamato significativamente «Countering Denial and Deception». I cellulari dei giornalisti sono trasformati regolarmente in apparati di ascolto, che funzionano anche quando sono spenti e possono trasmettere una conversazione che ha luogo nella stanza. Anche togliere le batterie non serve, dice Madsen: il circuito GPS interno al cellulare continua a essere avvertito dai satelliti, ed è in grado di dare la posizione del giornalista, e la sua vicinanza a cellulari accesi di persone sospette, come senatori e agenti segreti di una delle agenzie.

Il fatto è, spiega Madsen, che «diversi funzionari del NSA erano in servizio nei mesi precedenti l’11 settembre, nel giorno dell’attacco e nei mesi seguenti, e sono al corrente dei fatti innegabili che dimostrano il massiccio insabbiamento ordinato dall’amministrazione Bush-Cheney sulle circostante dell’11 settembre, e su chi inviava ordini diretti ai militari dalla Casa Bianca».

Ma Obama ha ordinato addirittura un inasprimento del programma di sorveglianza, a quanto pare.

Ma è possibile che il coperchio, premuto da una parte, sfiati da un’altra, imprevista. In Gran Bretagna, tredici medici legali sostengono che va riaperta l’inchiesta sulla morte del dottor David Kelly, il grande specialista di armi batteriologiche, consulente dell’ONU e del governo britannico, che apparentemente commise suicidio svenandosi nel luglio 2003, al tempo dell’invasione dell’Iraq: si è scoperto infatti che Kelly stava scrivendo sul suo computer (sequestrato dopo il «suicidio) un memorandum, che intendeva pubblicare presso un editore di Oxford, in cui rivelava di «aver avvertito Tony Blair che l’Iraq non aveva armi di distruzione di massa. Intendeva aprire la porta ad un altro scandalo, potenzialmente più grave, relativo alle proprie conoscenze sulle armi batteriologiche adottate dal regime sudafricano ai tempi dell’apartheid», scrive il Daily Mail.

C’è stato un tempo infatti in cui il regime bianco del Sudafrica e quello della Rhodesia studiarono, e forse applicarono, l’uso di antrace contro la maggioranza negra, o addirittura un’arma genetica che colpisse solo i neri.

Alla morte di Kelly seguì un vero massacro di famosi genetisti, almeno una ventina, fra cui Vladimir Pasechnik, l’uomo che in URSS aveva «bellicizzato» il germe della peste, e che era poi fuggito in Inghilterra proprio grazie a Kelly.

Adesso, i 13 medici legali vogliono che il governo britannico rilasci il referto medico che diagnosticò la morte per suicidio, anche quello tenuto segreto, per controllare se diceva la verità (5).

L’Inghilterra è esausta dopo otto anni di «alleanza speciale» con gli USA, in cui ha fatto il cagnetto fedele e preso a calci. I suoi soldati muoiono (sei negli ultimi giorni, ventenni) nella guerra che non si può vincere in Afghanistan, per obbedire all’ultimo «surge» di Obama. Le forze armate hanno perso mezzi e materiali fino a dissanguarsi, e non reggono più l’immane inutile spesa. La crisi economica morde i britannici più degli altri.

Inoltre, un altro scandalo tutto inglese sta scoppiando: un cittadino britannico musulmano, Rangzieb Ahmed, in carcere per terrorismo, ha denunciato di essere stato portato in Pakistan per esservi torturato, alla presenza di agenti dell’MI5, che gli chiedevano di confessare ciò che non sapeva.

La vicenda ha uno sviluppo ulteriore: Ahmed ha denunciato di nuovo. Agenti dei servizi britannici sarebbero andati a trovarlo in carcere e gli avrebbero offerto denaro a condizione che ritirasse le sue accuse di tortura. E la sua denuncia, che ancor ieri sarebbe apparsa solo sui blog «complottisti», è apparsa sul Guardian e su Le Monde (6).

David Miliband, il segretario degli Esteri ebreo, ha ripetuto la menzogna: «I nostri soldati sono morti là per farci essere più sicuri qui», la stanca menzogna con cui Bush ha sempre giustificato i suoi atti: li combattiamo là (i terroristi) perchè non vengano a fare attentati qua.

Fino a quando ci si può credere?

Londra può essere la crepa sul pentolone criminoso dell’Occidente. E allora Obama cadrà, come Gorbaciov.



1) Tanto per  inquadrare il personaggio, Dianne Feinstein ha presentato un progetto di legge per fare della Commodity Futures Trading Commission (CFTC) il solo ente autorizzato a regolamentare il «mercato» dei crediti d’inquinamento voluto da Goldman Sachs nel quadro della «lotta al gas serra». Il CFTC  è diretto da un uomo di Goldman Sachs.
2) Prima del viaggio a Mosca, qualcuno ha fatto pronunciare ad Obama una frase su Putin «con un piede nel passato» opposto a Medvedev «che guarda al futuro», un ridicolo goffo tentativo di dividere i due governanti del Cremlino.  Sicuramente, Obama si riferiva a questo quando ha invitato Mosca a «bandire la burocrazia» (che gli ha preso la mano) per privilegiare i rapporti diretti fra lui e Medvedev e Putin.  Obama ha poi dovuto correggere, e affermare che Putin è solidamente piantato nel presente....
3) Come esempio di pietosa arrampicata sugli specchi di un piffero italiano dei neocon, si veda il commento su La Stampa del 13 luglio. di Vittorio Emanuele Parsi, alla notizia che Cheney aveva formato una sua CIA segreta: «Ma l’America sa sempre correggersi», è il titolo. Testo: «... Ci è andata ancora bene che, a fronte di così tante e sistematiche violazioni dei princìpi e della prassi costituzionale degli Stati Uniti, il sistema nel suo complesso abbia retto. Abbia retto al punto da consentire l’elezione di un presidente ben diverso, come Barack Obama, il cui avvento alla Casa Bianca appare sempre più come provvidenziale. Più laicamente, si potrebbe osservare che i sistemi costituzionali ben congegnati, esattamente come le barche ben disegnate, riescono ad autocorreggere, perlomeno entro certi limiti, gli sbandamenti, gli scarrocci e lo scadere della rotta». Questo Parsi è un efebico protetto del cardinal Ruini, e perciò assurto all’improbabile ruolo di docente di relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano. Columnist di Avvenire e poi de La Stampa, ospite fisso dei talk show dove si ripetono le disinformazioni del Mossad, esemplare tipico del commentatore nullo reso «autorevole» perchè tira il carro dove vuole il padrone globale. Dopo avere per otto anni approvato gli arbitrii della cosiddetta guerra al terrorismo globale, il Parsi non solo sostiene che la democrazia americana è capace di correggersi, ma auspica «il varo di una 'Costituzione d’emergenza', che permetta sì al governo federale di 'intraprendere azioni eccezionali per contrastare il rischio di nuovi attacchi', ma allo stesso tempo 'impedisca l’adozione di misure permanenti' a detrimento delle liberta civili (...) L’adozione alla luce del sole di misure eccezionali, sottoposte a una serie di scrutini da parte del Congresso a tempi 'predeterminati e improrogabili', secondo lui 'preferibile alla forzatura interpretativa delle norme esistenti da parte di Corti e apparati esecutivi o dell’introduzione a titolo definitivo di norme eccessivamente restrittive della libertà'». E un tipo così resta in cattedra, alla Cattolica.
4) Wayne Madsen, «NSA Security running amok to plug leaks about 9/11», Online Journal, 7 luglio 2009.
5) Glen Owen, «13 doctors demand inquest into Davide Kelly’s death», Daily Mail, 13 luglio 2009. Del caso Kelly e degli altri morti sospetti ho trattato in Maurizio Blondet, «La Strage dei genetisti», Effedieffe.
6) «Des accusations de torture ressurgissent contre les services secrets britanniques», Le Monde, 7 luglio 2009.


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