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Chi candida Draghi alla BCE
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Claude Trichet dovrà lasciare la potentissima poltrona della Banca Centrale Europea, il suo incarico scade nel 2001. E c’è già chi candida a quel vertice di potere finanziario Mario Draghi, rivela la newsletter «Central Banking Publications» (1).

L’uomo ha ben meritato dai poteri forti fin da quando salì sul «Britannia» per svendere loro i gioielli italiani. Si è confermato fedele ai loro interessi come  dipendente di Goldman Sachs. Adesso, come governatore di Bankitalia, ha raccolto tutti gli onori del caso per la difesa degli interessi e dei parassitismi delle banche. Inoltre, dice  testualmente la sullodata newsletter, Draghi è «what the Italians call furbo», ciò che gli italiani chiamano un furbo. Dunque è lui che vogliono a capo della BCE gli ambienti che tutto possono, in USA e Gran Bretagna. Un uomo di Goldman a capo della BCE, e il ciclo è chiuso.

C’è solo un ostacolo a questa ascesa suprema, aggiunge il ben informato notiziario, e viene dallo stesso Draghi: egli «potrebbe cedere alle lusinghe di quanti (in Italia) lo premono perchè si tuffi nelle acque  traditrici della politica italiana», accettando graziosamente di diventare il capo del governo tecnico che i banchieri e i Napolitano e Montezemolo vogliono sostituire a Berlusconi, per la cui uscita di scena stanno così attivamente lavorando; ed hanno bisogno del nemico di Tremonti, soprattutto, le nostre care banche.

Draghi è dunque promesso a due apoteosi. E quella «italiana» è tentatrice almeno quanto l’altra, perchè porta - vedete il caso di Ciampi, il governatore Bankitalia già capo di tanti governi tecnici sostenuti dalle sinistre e dai banchieri - ad ancora più dorate poltrone, fino a quella potentissima e locupletissima di Presidente della Repubblica, e di Venerato Maestro pontificante in banalità, accolte in ginocchio dai media riverenti. A capo del governo, Draghi avrebbe dalla sua tutta quella buona stampa oggi  scatenata contro il Salame (non senza sua colpa); mai la minima critica lo colpirebbe, mai nessun direttore di giornali gli mancherebbe di rispetto; il  suo percorso sarebbe  coperto di petali di rose. Tutti i suoi provvedimenti a favore delle banche sarebbero accolti con infinita adorazione, e con lodi eccelse al suo genio.

Ma ci sono altri che vogliono Draghi alla BCE, e tra questi altri, alcuni attori sorprendenti: il governo Sarkozy, ad esempio. Come mai?

Perchè se il Draghi si tuffa a diventare il nuovo Ciampi in Italia, il secondo candidato selezionato (da chi? Non chiedetelo) è Axel Weber, il capo attuale della Bundesbank, la Banca Centrale tedesca. Che Sarko non vuole. Ovviamente, non ha lo stomaco di proporre un’altra volta un grand-commis francese per quella carica strategica. Esponenti di Parigi sono stati a capo di una serqua di istituzioni finanziarie internazionali e sovrannazionali più di qualunque tedesco o persino britannico. Un francese ha sempre occupato il posto di direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale per 34 anni (ossia  per la metà della vita del Fondo, creato 65 anni orsono), mentre solo per quattro anni un tedesco è stato seduto a quella poltrona. E’ stato qualche francese a presiedere la Commissione Europea per 14 anni, mentre non c’è stato a quel posto più un tedesco, da quando lo occupò (nel lontano 1967) Walter Hallstein. Nessun tedesco è stato mai selezionato a guidare la Banca dei Regolamenti Internazionali, mentre i francesi l’hanno guidata per 15 anni. Nessun tedesco è mai stato capo dell’OCSE; e l’elenco potrebbe continuare. Non c’è dimostrazione pù chiara della continuata condizione di minorità politica in cui i poteri forti (gli Usurai) proseguono a mantenere la Germania, da loro sconfitta.
Ma ormai è difficile mantenere la Germania nella condizione di perenne socio di minoranza. E’ il Paese più ricco e virtuoso d’Europa, e il solo che può decidere davvero il destino dell’euro.
Saranno i tedeschi a dover pagare gran parte del costo della  crisi finanziaria, sostenendo (di nascosto) i debiti pubblici dei Paesi membri che - come la nostra Italia, la Spagna, la Grecia, insomma il Club Med - hanno una spesa fuori controllo da allegri decenni. L’opinione pubblica germanica, formìca, è notoriamente ostile al salvataggio d tutte queste cicale.

La sola cosa che può piegare questa angosciosa ostilità è mettere un tedesco a capo della bottega fabbricatrice di euro dal nulla. Axel Weber è l’uomo che dovrebbe essere preferito da chiunque abbia a cuore l’euro.

C’è, davanti all’ascesa del tedesco, un piccolo neo: Weber deve essere formalmente proposto alla BCE dal cancelliere Angela Merkel. Fino a ieri, non c’erano dubbi che Angela, così amata dai poteri forti, avrebbe vinto le elezioni del prossimo 27 settembre, anzi con un mandato personale rafforzato (gode di così buona stampa, lei). Ma ora, la signora ha avuto un rovescio alle regionali di Turingia e della Saar; per di più a vantaggio di Die Linke, la «sinistra» ecologico-post-comunista di Oscar Lafontaine e di Gregor Gysi. I tedeschi inaspriti dalla crisi, credendo di votare «a sinistra», hanno votato il partito della decrescita, che potrebbe piacere anche troppo ai poteri forti finanziari.

E’ una disdetta, perchè il candidato in pectore alla BCE, Weber, s’è preparato bene per farsi candidare. Per esempio: la sua Bundesbank, come si sa, ha sempre fustigato ogni politica di spesa pubblica in deficit; da mesi, zitto sulle operazioni della Merkel, anche la (mancata) vendita di Opel alla Magna. Anzi, in un’intervista a Die Zeit, Weber ha attribuito alla Merkel - più precisamente alle misure di sostegno economico del governo - il merito del lieve rialzo del PIL tedesco (la «ripresa»!) nel secondo trimestre; merito che ha voluto condividere con il settore bancario pubblico e la politica monetaria più lasca della BCE. Intanto, la Merkel ha sempre fustigato le politiche dissennate delle altre Banche Centrali, persino della Federal Reserve e della Banca di Inghilterra, ma per la Bundesbank di Weber, ha avuto solo lodi. Frattanto Weber ha postato uomini a lui fedeli nel board dei dirigenti della Bundesbank; tenace, aspira al posto della Banca Centrale Europea.

Sarko preferirebbe chiunque al posto di Weber. E dunque Draghi avrà il suo appoggio: è «furbo», ha ben servito, sa servire.

I problemi che attendono il successore del non-rimpianto Trichet sono enormi. Ed effettivamente i tedeschi hanno qualche idea: «Voglio discutere con voi il modo, coordinato e su scala internazionale, di esigere una più forte contribuzione dei mercati finanziari al finanziameno degli immensi costi della crisi», ha scritto ai membri del G-20 Peer Steinbruck, il ministro delle Finanze tedesco.

E’ la via giusta: paghi di più chi ha provocato il disastro. Il come è da determinare. Ai G-20 che si stanno per riunire in USA il 24 settembre, i tedeschi propongono misure punitive ai manager finanziari; e vogliono fra l’altro proporre una «uscita coordinata all’abbandono delle politiche di rilancio», gli astronomici esborsi  degli Stati per rimpinguare le banche e i loro speculatori. Se altri grandi Paesi (gli USA) continuano a spendere in questo modo, mentre la Germania - come vuole la sua opinione pubblica - comincia a tirare i cordoni della borsa, si possono creare «distorsioni della concorrenza». Avere un tedesco a capo della BCE darebbe maggior peso a queste proposte.

Perchè i poteri forti (gli Usurai) preferiscono un’altra via, quella dell’inflazione. Così i loro debiti inesigibili verrebbero dilavati dalla perdita del potere d’acquisto. Il prossimo scontro a livello di Banche Centrali sarà fra deflazionisti e inflazionisti.

In USA, in Giappone e in Europa, le perdite di introiti fiscali dovute alla crisi si aggiungono ai costi astronomici dei piani di salvataggio pubblico delle banche private: migliaia di miliardi di euro a  credito, da pagare. Come truffare i creditori, non pagandoli?

«Nei Paesi industrializzati, per sbarazzarsi di un carico di debito così elevato si deve accettare più inflazione», risponde Veronique Riches Flores, economista capo alla Socièté Générale, a nome dei banchieri (2).

«Il rincaro dei prezzi è utile, tenuto contro dei rischi di deflazione. Sarebbe il modo meno doloroso di per alleviare il peso del debito».

Sì: a spese di «creditori» come lavoratori e pensionati, i cui introiti sono stati depurati dalla scala mobile, e dunque si impoveriscono con l’inflazione. Dopo aver distrutto i giovani (senza prospettive di lavoro per i prossimi 15 anni), i banchieri vogliono distruggere gli adulti e gli anziani (che mantengono i giovani disoccupati).

Gli USA e l’Inghilterra, aggiunge madame Riches-Flores (Yehud), vogliono prendere questa strada: «Siccome gli americani sono contrari ad aumenti delle tasse, il consenso politico si fa in USA con più inflazione». Tanto più che l’inflazione favorisce i debitori, e non ci sono debitori più grossi degli americani. E il loro debito è in gran parte detenuto da stranieri, cinesi anzitutto.
La BCE di Trichet è contraria, e ancor più lo sarebbe quella con un tedesco a capo. E il rischio di deflazione è reale, anzi già presente: i prezzi alla produzione sono calanti, il che promette ulteriori ondate di disoccupazione e nuovi fallimenti di indebitati. E una depressione ventennale almeno.

Il Wall Street Journal di Murdoch, a nome degli Usurai, tranquillizza: non c’è nessun pericolo di inflazione, finchè  la disoccupazione non cala sotto il 5% - ed attualmente in USA si aggira sul 16%, in Europa sul 12%, quindi siamo pieni di disoccupati vogliosi di lavorare per una miseria. Il vero pericolo, per molti anni ancora, sarà la deflazione.

L’argomento ha il suo valore: la Banca Centrale svedese comincia ad applicare tassi d’interesse negativi, disperata misura anti-deflazione. Ma non si deve dimenticare l’enorme massa di pseudo-dollari iniettati dalla Federal Reserve nelle sue banche amiche e padrone.

Dove sono andati tutti quei dollari?

Se ne stanno accumulati nelle banche (fallite di fatto) come «riserve in eccesso». Tali riserve in eccesso, ossia non  usate per soddisfare le riserve obbligatorie, ammontano oggi a 733 miliardi di dollari. Con un aumento, anno su anno, del 38 mila%.

Avete letto bene: 38.000%. Quesi pseudo-denari, per ora, se ne stanno zitti e buoni, ossia innocui,  nelle casse degli Usurai, per un chiaro motivo: la FED (coi soldi dei contribuenti) paga interessi su queste riserve. Le banche accumulano così un buon  frutto, senza alcun rischio - ed è per questo che non prestano all’economia reale, alle aziende. Ma la situazione può cambiare.

Per innescare l’inflazione, con l’intento di ridurre i suoi debiti e rilanciare l’economia a debito, la FED non ha da fare altro che ridurre questi interessi, o abolirli: allora questa liquidità sintetica che ha creato, si lancerebbe nella società e nell’economia reale, ad inflazionare i prezzi di ogni merce. Il piccolo neo è che la «moderata» inflazione auspicata, schizzerebbe a qualche migliaio per cento. In modo istantaneo ed esplosivo, si passerebbe dalla deflazione a un’inflazione da Weimar, da Zimbabwe. Il collasso finale.

Allora, che alla BCE stia Draghi di Goldman Sachs o Weber di BuBa, non farà differenza (3).





1) http://www.centralbanking.com/
2) Adren De Tricornot, «Sortie de la crise: la tentation  de l’inflation»,  Le Monde, 31 agosto 2009, http://www.zerohedge.com/article/what-inflation
3) La terza via sarebbe: espropriare gli Usurai, nazionalizzando le loro banche, e gli Stati che prestano denaro alle imprese stampando la loro moneta. Ma chissà perchè, tale proposta non viene avanzata. E così, saranno sempre gli americani a guidare, a determinare il momento sia della deflazione sia dell’iper-inflazione.


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