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I valori per cui muore la Folgore
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Non è che voglio giustificare il padre  immigrato marocchino, lavoratore indefesso e uomo tranquillo secondo chi lo conosce, che ha ucciso sua figlia Sanaa, perchè a 18 anni voleva andare a convivere con un italiano di 31: tanto nessuno lo giustifica, tutti i media e l’opinione pubblica sono contro di lui, avrà il massimo della pena, nessuna attenuante. Anche Mara Carfagna, nella veste di ministra Pari Opportunità, si costituirà parte civile: lo Stato nella sua maestà contro il lavoratore marocchino.

«Un delitto orribile, disumano, inconcepibile, frutto di una assurda guerra di religione che è arrivata fin dentro le nostre case», ha detto la Carfagna. E in TV, l’ho sentita aggiungere che gli immigrati «possono essere accettati se loro accettano i nostri valori».

I nostri valori. Se tua figlia a 18 anni decide di andare a convivere, senza sposarsi, con un tizio di 13 anni più vecchio di lei, non hai il diritto di obiettare, men che meno di incazzarti: sono «i nostri valori», immigrato, e devi accettarli se vuoi essere accettato.

Provo a chiedermi: da quando in qua questi sono «i nostri valori»?

E mi rispondo, illuminato: sono i «valori» delle escort, categoria sociale che ha assunto negli ultimi tempi grande importanza politica. Sono i valori a cui aderiscono con ferrea fedeltà i Briatore, recentemente incastrato a truccare le gare di F1 (1), le Santanchè, gli Emilio Fede, cittadini esemplari, esempio per tutti noi.

Della stessa Carfagna, già modella e soubrette TV, s’è chiacchierato che debba la sua poltrona ministeriale alle soddisfazioni che ha fornito al presidente Salame, soddisfazioni del tutto coerenti ai valori escort. Magari non è vero, e la Carfagna ha querelato chi lo dice (2).

Ma i valori restano. Ora so perchè i sei giovani della Folgore si sono fatti maciullare da un attentato in Afghanistan, perchè «i nostri ragazzi» sono lì: per regalare agli afghani «i nostri valori».

Sicuramente questo li ha confortati, nel momento della morte.




1) Briatore ha lasciato la Renault per non incorrere nelle conseguenze dei suoi trucchi. Immediatamente è stato difeso dalla  Santanché: «Lo conosco da quando avevo 13 anni; conosco la sua serietà e il suo modo etico di operare». Se lo dice la Santanchè, modello di etica, c’è da fidarsi: è lei la vestale dei «nostri valori», quelli che gli immigrati islamici devono accettare, se vogliono integrarsi. Sulla eticità di Briatore, detto «il Tribula» (uno che si arrabatta) riporto uno stralcio da Repubblica: «L’epopea del Tribüla comincia con un’esplosione. Era all’alba di una mattina del ‘79 e Attilio Dutto il suo primo socio (nella Paramatti Vernici, società poi fallita), saltò in aria insieme alla sua macchina. Chi mise quella bomba e perché lo fece, non fu mai chiaro e oggi quel botto risuona come un’eco lontana e misteriosa. Briatore sparì da Cuneo. Carsico, ricompare a Milano qualche anno dopo; stavolta è al centro di un giro dal fascino psichedelico. Oltre a lui, giovane e playboy, c’è un team felliniano: un conte (vero), Attilio Caproni di Taliedo, un marchese (falso) Cesare Azzaro, uno che in pieno delirio di onnipotenza si definiva il miglior giocatore di carte del mondo, poi un avvocato da romanzo, Adelio Ponce de Leon, e di contorno il solito arsenale di mezzi vip (costante fissa di questa storia): Emilio Fede, Pupo e Loredana Berté, i più assidui. Tutti insieme con azzardo, in un’interminabile tournée tra bische, villoni, hotel jugoslavi e safari in Kenia. La tournée in realtà, come scoprirà poi la magistratura, ha un’altra funzione: arruolare «polli» da far spennare a un gruppo di malavitosi eredi di Francis Turatello. Briatore viene condannato a tre anni. E scappa alle Isole Vergini. Torna qualche tempo dopo, grazie a un’amnistia. Le vecchie conoscenze dell’epoca del tavolo verde gli sono utili: e Luciano Benetton (uno dei frequentatori di quelle serate, che gli fu presentato da Romano Luzi, maestro di tennis di Silvio Berlusconi) lo arruola in ditta, pronunciando su di lui (e sulla maschera del Triula) una frase a metà tra l’apologia e l’epitaffio: «E’ un teppista ma è tanto simpatico».
2) Mi limito a riprendere da Wikipedia: «Nei primissimi giorni del luglio 2008 la dirigente del Popolo della Libertà Margherita Boniver, in una dichiarazione rilasciata al quotidiano La Repubblica, afferma l’esistenza di intercettazioni telefoniche a carattere privato tra la Carfagna e il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, lasciando intendere un retroscena imbarazzante e con un chiaro riferimento al decreto anti-intercettazioni che in quel periodo era al vaglio del Governo. Pochi giorni più tardi il giornale argentino El Clarín cita l’articolo di Repubblica, aggiungendo però alcuni dettagli espliciti mai menzionati dal quotidiano italiano: secondo la testata sudamericana infatti, tra il presidente del Consiglio e la neoeletta ministro delle Pari Opportunità vi sarebbe stato un colloquio riguardante prestazioni di natura sessuale e nella fattispecie un rapporto di sesso orale. Alla pubblicazione di El Clarín fecero seguito alcune polemiche. Il 2 novembre 2008 il senatore del Popolo della Libertà Paolo Guzzanti scrive sul suo blog riguardo alla Carfagna :«E’ ammissibile o non ammissibile, in una democrazia ipotetica, che il capo di un governo nomini ministro persone che hanno il solo e unico merito di averlo servito, emozionato, soddisfatto personalmente? » (la notizia è stata ripresa da varie fonti nazionali, tra cui Il Corriere della Sera e La Repubblica). A tali dichiarazioni Mara Carfagna ha risposto prima citando in giudizio la Guzzanti e successivamente, in data 3 novembre, annunciando con una nota ufficiale di voler «presentare querela penale per diffamazione nei confronti di Paolo Guzzanti per quanto di falso da lui sostenuto nel suo blog e ripreso dal sito di Repubblica».



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