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Lo slogan utilizzato dal PD in queste elezioni regionali ed amministrative è quanto mai significativo, specialmente se letto in contesto cattolico. Esiste infatti oggi una diffusa convinzione – in particolare per quel che concerne gli intendimenti da prendere nella scelta dei Sindaci delle città – che lascia coincidere il vaglio elettorale con la rispondenza morale a determinati requisiti. In quest’ora buia per i cattolici, ora nella quale un’estrema confusione avvolge anche alti prelati in posizione di vertice, la ricerca del giusto voto da dare senza dissiparlo è quanto mai urgente bisogno del credente.

La premessa ormai nota e largamente condivisa è quella di un generalizzato scoramento, fondato su un’evidenza: non esiste un voto veramente cattolico. E’ vero. Le soluzioni proposte, tuttavia, di individuare il «male minore» per cercare di salvare il salvabile, vertono su punti di vista differenti, che possono confondere il cuore dei semplici, per inoltrarlo verso apparenti lidi neppure tanto «paradisiaci», e sprofondarlo, di fatto, in un vortice di estrema incertezza e di irrisolte questioni. «Il peggio non ha fine».

Uno dei criteri di scelta (molto in voga in ambienti cattolici) del candidato locale, che si proponga alle amministrative, è un meccanismo di selezione che faccia leva sulla «cosiddetta» conoscenza della persona: si vota Tizio piuttosto che Caio, perché il primo va in Parrocchia, è praticante, sembra un buon cristiano; insomma, perché «è una brava persona»! Si sostiene: alle lezioni locali, comunali, quel che conta è sapere chi voti, se poi, costui si sia schierato con il Partito dei pedofili, conta meno, perché, si giustifica, questo sembra essere magari l’unico modo di fare del bene e di realizzare «qualcosa di cristiano».

Tale metro di valutazione deve essere assolutamente contestato. Non è possibile orientare la scelta del voto – anche per realtà infime, come quelle di piccoli Comuni d’Italia – valorizzando un aspetto che con la politica non ha nulla a che vedere: la valutazione morale del candidato. Questo per due ragioni essenzialmente:

Primo: nessuno conosce il cuore, se non Dio solo! Nessuno è in grado di valutare la bontà e giustezza di una persona al punto da prevederne le conseguenze comportamentali. Quindi il giudizio morale lascia il tempo che trova, semplicemente può essere veicolo non utile.

Secondo: siamo davvero sicuri che sia l’uomo a comandare sugli indirizzi di partito e non viceversa? Salvo ipotesi di leader affermati e carismatici (quali certamente non possono ritenersi i Sindaci di paese, soggetti a poteri e gerarchie necessariamente superiori), quest’affermazione non risponde mai a verità. Un segretario di partito resterà tale se saprà contemperare esigenze contrapposte che però tengano conto di fini che sono necessariamente superiori agli interessi e ai valori personali.

Terzo: il voto alle sinistre è sempre un voto «sbagliato»! Nonostante i furti più o meno accertati, lamentati e conclamati della «banda di destra», votare a sinistra per un cattolico è un gesto assolutamente schizofrenico. Il comunismo, come scrive bene don Curzio Nitoglia, è per essenza trasformista. L’eterno divenire appartiene alla prassi dialettica del suo essere. Non c’è sinistra senza cambiamenti e senza trasformazione. Non esistono riferimenti, se non l’azione dinamica, che mena necessariamente alla distruzione dell’uomo e della vita (ben lo avevano compreso i Pontefici del passato!); annichilimento scaturito dalla deriva dell’ateismo pratico onnipervasivo di tale nefasta ed intrinsecamente perversa ideologia. Il cattolico che vota a sinistra (si intende anche la sinistra «moderata», attenzione!) rischia anche di incorrere nella scomunica, comminata a suo tempo da Pio XII.

Si discute molto, se dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice di Diritto Canonico essa sussista ancora; c’è chi ritiene (come don Nitoglia), che non possa non mantenere perfettamente la sua validità. Le ragioni sono da ricercare nella totale incompatibilità ideologica tra la dottrina cattolica e il delirio marxista, celato dietro i sorrisi apparentemente rassicuranti di Bersani e della Bonino. La matrice è la stessa.

Pensate davvero che le battaglie «radicali» non appartengano al fanatismo delle sinistre? Ne sono elemento essenziale, anche se, a volte, camaleonticamente nascosto.

La nube di confusione che si abbatte su intelletti ormai privi della capacità di distinguere nero da bianco, perché non più abituati a confrontarsi filosoficamente con le norme del buon senso tradotte nell’accettazione inevitabile del «principio di non contraddizione», rischiano di affossare nell’abisso del nulla e di trascinare anime ingenue e poco informate.

Votare a sinistra, sempre e comunque, è un errore fatale e può significare, in taluni contesti, appoggiare vere campagne elettorali del demonio, pronto a sfruttare qualunque debolezza umana, per propagandare i propri fini e le proprie ideologie di morte spirituale e fisica.

Mi rivolgo in particolare ai sacerdoti: abbiate la luce di comprendere quello che per voi deve essere un imperativo morale ineludibile.

Stefano Maria Chiari


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