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Mi godo lo spettacolo
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Ai «mercati» cosiddetti, non siamo piaciuti. «Questa è la prima elezione europea in cui i votanti non hanno fatto la cosa giusta», ha decretato l’analista strategico di Citi (Citigroup). Il fatto che il 55% degli italiani si sia pronunciata contro «la cosa giusta» – ossia il governo Monti 2.0 caro ai «mercati» (pagate il debito, cicale!) – non scoraggia però le oligarchie transnazionali. «Il risultato» dice Citi, «non è ancora così nero che un po’ di crescita e di flessibilità della BCE non possa rovesciarlo». Guarda caso, proprio quel che sperava Bersani: «un po’di crescita» (non molta crescita), e una BCE di manica un po’ più larga che svaluti un pochino pochino l’euro o faccia un po’ di stampa. Qualcosa che comunque, nota Zero Hedge, l’eurocrazia è stata incapace di fare sotto la tutela dei sapientoni scelti dalla oligarchia bancaria per governare il Paese. La Borsa di Tokyo ha avuto un tracollo. Di Tokyo! L’euro non pare così solido dopotutto, se il voto democratico italiano fa tremare l’altro emisfero. Martin Schulz: «L’Europa chiede un governo stabile a Roma». Westervelle (Esteri): «Roma si doti presto di un governo stabile ed operativo». Credevano d’aver silenziato il problema Grecia (col colpo alla nuca), restava Cipro come sassolino nella scarpa, ma adesso hanno il pietrone Italia. Certi Paesi non devono votare mai più.

Il Financial Times ordina: «Grande coalizione». E questo sarà, attenti, perché Berlusconi tradirà ancora il suo elettorato (non ha più nulla da perdere) e sosterrà un governo «di centro-sinistra» con – guarda la coincidenza – Monti premier scelto da Bersani. Gli daranno qualche salvacondotto, qualche garanzia personale, e lo farà. Tasse e tasse, Euro a tutti i costi (nostri), fronte comune contro Grillo.

Ma prima di tutto godiamocela un po’.

Quelli che non vedremo più: Ferdinando Adornato, Paola Binetti, Rocco Buttiglione, Italo Bocchino, Giulia Bongiorno, Catania mario, Cesa Lorenzo – Crosetta Guido – Cucci Ilaria – Diliberto Oliviero - Di Pietro Antonio – Favia Giovanni – Ferrero Paolo – Fini Gianfranco – Ingroia Antonio – Laboccetta Amedeo – Lombardo Raffaele – Marini Franco – Micciché Gianfranco – – Sechi Mario – Storace Francesco. Tu quoque Storax! Et tu, Bocchino! Addio, Laboccetta!

La Gioiosa Macchina da Guerra 2.0. Aveva ragione l’Annunziata: Bersani è il primo responsabile della peggior campagna elettorale. E ciò, perché non aveva un programma ed ha tentato di nasconderlo. La tattica pesce-in-barile non ha funzionato. Ora sarà fatto a pezzi dai suoi? Sicuramente è bruciato. È impressionante la galleria di leader PD partiti vincitori e finiti disfatti, quindi inutilizzabili: Occhetto con la gioiosa macchina da guerra, D’Alema, Veltroni, Fassino («Abbiamo una banca!») ed ora Bersani. Il Comitato Centrale dovrebbe cominciare a farsi qualche domanda. Com’è che da vent’anni gli italiani, a noi, non ci vogliono al governo? E sì che hanno avuto un aiutino non da poco dai giudici di Tangentopoli, che gli hanno eliminato gli avversari, DC e Psi, e Berlusconi è stato sepolto dalle cause. Ma niente: la gente vota qualunque pagliaccio piuttosto che loro: loro i migliori, loro seri, loro il Partito Morale, loro il progressismo illuminato: vedete, non siamo più trinariciuti!

Ciò che hanno rifiutato gli elettori di Bersani, è la doppiezza. Che è incistata nel Partito fin dall’origine sovietoide: doppiezza è dir poco, si deve parlare di «bis-pensiero» orwelliano. Nell’ultima versione, è dire «crescita» e pensare «cura Monti bis», ma senza dirlo. È fingersi il partito della gente, e saccheggiare le banche; e contemporaneamente, rassicurare la cosiddetta «Europa» su debito (lo pagheremo!) ed euro (ci resteremo!), e fare la foto con la Kulandra dall’Orecchino, supposto intercettatore di voti di «sinistra alternativa». Bellissimo il floppone di Vendola: doveva intercettare arcobaleni, girotondini, finocchietti e crescita-zeristi e portarli sotto il governo della austerità dei banchieri. Buco nell’acqua. Arcobaleni ed ecologisti, no tav, no—inceneritori e utopisti allo yogurt-bio sono andati da quell’altro: che almeno non è doppio.

Sbagliano sempre i tempi, i post-trinariciuti. Sempre in ritardo di un giro. Collettivisti con glasnost quando Reagan aveva già liquidato l’URSS lanciando con la Tatcher il liberismo globale; Gorbacioviani quando Eltsin saltò sul carro armato; ed oggi, europeisti «moderati», finto-socialdemocratici, subordinati a banchieri e Merkel quando tira la bufera anti-europeista nelle piazze, da Madrid alla Bulgaria.

E sempre i piedi in due scarpe: nozze gay ma collegamento coi cattolici (adulti). Sant’Egidio e il Finocchio di Bari, massoni ma ossequiosi al Vaticano e a i suoi desideri (che elettoralmente contano zero), e sempre subalterni ai poteri forti del momento, senza mai accorgersi quando diventano meno forti.

Stavolta lo smacco è più ridicolo, perché avevano Renzi: l’hanno bocciato alle primarie, l’Apparato in ciò solidamente unito alle «masse militanti» nel liquidare il nuovo-che-avanza e scegliere l’Usato Sicuro. Volevano cambiare, ma senza perdere nulla delle loro posizioni nelle banche tipo Montepaschi, dei loro emolumenti e «rimborsi elettorali» miliardari, nello stato coi loro votanti parassiti, nelle regioni rosse in declino storico: si privatizzino piuttosto i taxisti, i notai. Riformisti senza-riformare, ecco l’Usato Sicuro. Ed ecco il risultato.

Godiamoci Monti: la sua «cura» da tecnocrate ha stroncato in modo definitivo l’economia italiana: bella prova di competenza, per il bocconiano senza pubblicazioni scientifiche. Bersani era pronto, e lo è ancora, a fargli continuare l’esperimento. L’Europa ce lo chiede! Mario il Trilateral-Bilderberg ha cercato qualcosa che non sa nemmeno cosa sia: la «popolarità»: e come non bastasse, l’ha cercata non da solo, ma aggregandosi Casini, Fini, Rutelli, Montezemoli – ossia tutti i mozziconi spenti che ha trovato nel portacenere della «politica», tutti i bossoli esauriti del poligono di tiro (a campare). Così possiamo godere Gianfranco Fini che torna privato cittadino (non credo dovrà mettersi a lavorare…). E pensare che forse gli sarebbe bastato restituire la villa di Montecarlo. Adesso la Tulliani magari lo abbandonerà per un altro protettore e portandosi via la roba: un ragazzzo-padre.

Casini. Lui un progetto l’aveva: il ritorno al proporzionale puro, necessario per ricreare la Dc, con la sua politica dei «due forni» , la fungaia di partiti al 3% da aggregare (con la corruzione) eccetera. A questo, inequivocabilmente il voto ha detto no.

Godiamoci El Guatemalo, e con lui l’intero partito manettaro, il partito dei procuratori. Di Pietro colato a picco. Quell’altro diventato sindaco di Napoli, naufragato. Hanno fatto, in piccolo, lo stesso errore dei comunisti: sbaglio dei tempi. Giustizialisti militanti e fanatici del terrore giudiziario sono anche’essi emigrati da Grillo. Ingroia: «Resto in politica ma non lascio la toga». È tutto lui.

Il vitreo di Berlusconi. Purtroppo, il Cavaliere ha vinto abbastanza da porre condizioni. Anche al suo partito (chiamiamolo così) che stava esplodendo in mille pezzi e gli deve dunque tutto, tutti i seggi che gli restano nelle due camere e che quelle nullità credevano ormai perdute. Ciò significa che di quel partito non è restato che il sedimento delinquenziale, senza più il minimo pensiero al bene comune (voi direte: non l’ha mi avuto), e occupato solo di arraffare, occupare, aggrapparsi alle maniglie dorate. Con un simile partito di schiume e fecce (da latino faeces, feci), dice Paolo Rebuffo, «state sereni, il Senato è governabilissimo, esattamente come è stato governato negli ultimi venti anni da un PD e un PDL a fare teatro per spartirsi il bottino. Esattamente come è stato governato negli ultimi 15 mesi».

L’unica speranza, il vitreo del Maiale. Berlusconi ha subito nei giorni scorsi il parziale distacco del vitreo, ossia (vedasi Treccani) della «massa trasparente, semifluida, che occupa la maggior parte della cavità del bulbo oculare». Il motivo non può essere che uno solo: l’abuso di Viagra. Il miracoloso farmaco delle erezioni infatti provoca un forte e durevole aumento di tensione (pressione) un po’ in tutte le cavità corporali. La cura è ovvia: Berlusconi dovrebbe smettere. Siccome non lo farà, c’è da sperare che lasci presto la cosiddetta «vita politica» e forse la vita tout court. A questo punto, i partitanti orfani si uniranno a Casini, ossia a Monti-Bersani. L’Europa, dopotutto, glielo chiede...

Bobo governatore: la mia Lombardia in mano al Pirla Sognante? Una delle Regioni economicamente più potenti d’Europa al capetto di risulta di un partito in rotta che ha dimezzato voti? La Lombardia col 4% dei suffragi, regalo del Berlusca? Non fatemici pensare...

I grillini: chi saranno? Per farla breve, mi limito a dire questo: gli italiani hanno votato il programma «Tutti a casa» e «Vaffan..», ma hanno mandato in parlamento no-Tav e altri sinistri alternativi e moralisti fanatici, con relativo programma utopico-demenziale. Sapranno interpretare costoro il mandato che hanno ricevuto? Dubito. Dunque, resta il problema continuo della «democrazia» italiota: il divario, lo jato, chiamatelo come volete – fra la volontà popolare e la compagine parlamentare. Quelli che arrivano in Parlamento non si conoscono nemmeno fra loro. Quando i PD daranno ad uno di loro la presidenza della Camera – posto di immenso potere reale sottovento, più abitazione interna alla camera di 600 metri quadri ammobiliata con Maggiolini, camerieri e maggiordomi e guardarobieri – quanto ci metterà il grillino ecologista a montarsi la testa? Io personalmente ho visto la Pivetti impazzire e credersi Caterina di Russia, con favoriti e tutto il resto. Quanti si faranno attrarre dalla semplice prospettiva di potersi tenere, solo passando ad altro schieramento, gli integrali 15 mila euro invece dei 2500? E come farà il capo Grillo, non essendo in parlamento, a dare le direttive?

Boh. Per intanto, godiamoci la catastrofe.



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