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Il Segreto sull’interregnum della passione cristiana
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Una cosa è sicura sul Terzo Segreto di Fatima: riguarda un lungo interregnum.
Rivelato il 13 luglio del 1917, fu redatto da suor Lucia nel gennaio 1944 e archiviato da Giovanni XXIII nel 1959, per essere finalmente pubblicato nel 2000.
Ma il quadro che raffigura sembra ancora largamente incomprensibile dai fedeli.
Eppure se è vero, come crediamo, deve avere un senso più che chiaro: decisivo.
La profezia di Fatima approfondisce il rapporto causa-effetto tra i Pontificati cattolici e l’interregnum che segue inevitabilmente l’eccidio di un Papa con il suo seguito, conforme alla visione del Terzo Segreto.

E’ significativo il fatto che, alla sequenza storica delle difficoltà dei Pontificati dei tempi moderni, cioè alla sequenza crescente dei mali incombenti sulla Chiesa, corrispondono delle vere apparizioni con messaggi che vanno dagli allerta sui pericoli incombenti sulla cristianità allo sfacelo svelato a Fatima.
L’esito di queste vere e proprie persecuzioni è la causa di quest’interregnum.
Infatti, la storia del mondo, come quella della Chiesa, non è piatta, né un eterno ritorno; ma è scritta nella falsariga di quel progresso materiale dell’uomo, preso per evoluzione, al quale corrisponde un declino spirituale, ritenuto presa di coscienza della realtà.
Ecco il senso delle mutazioni conciliari avverse all’apparizione profetica che presentava la visione della cristianità avviata alla rovina.
Questa visione è cominciata ad essere “diluita” allora da un apparizionismo indifferenziato, sorto nel segno del “solve” in vista del “coagula” della seduttrice mutazione ecumenista.

L’intervento profetico di Fatima é al culmine della sequenza di apparizioni volute da Dio per portare gravi messaggi riguardanti la vita e perciò la politica della Chiesa e del mondo.
E’ una profezia di sventure, come del resto erano le visioni profetiche dei santi e dei Papi cattolici: se gli uomini non si fossero convertiti...
Che conseguenza ci sarebbe nel caso di una non risposta della stessa Chiesa all’intervento divino?
Il rifiuto e uccisioni dei profeti dell’Antico Testamento è ricordato con forza da Gesù (Matteo 23, 29-31: 34-36; Luca 11, 47-52).
Quest’avversione ai segni di Dio si ripete nei nostri tempi con il rifiuto di profezie come quella di Fatima, che fu boicottata e poi manipolata dai “profeti d’avventure”; da Giovanni XXIII in poi.

Certo, tutto il ragionamento dipende dall’autenticità di questa profezia.
Riguardo ai sospetti sollevati sull’autenticità o integrità del testo che descrive la visione del Terzo Segreto di Fatima, pubblicato dal Vaticano, dico subito che non li condivido.
Quale altro “quarto” segreto o spiegazione si doveva aspettare per capire la visione della realtà che è davanti a tutti?
Una descrizione così forte è sufficiente a rendere comprensibile il suo spaventoso significato simbolico: lo sfacelo dell’aspetto umano della Chiesa cattolica nel nostro tempo in seguito agli attacchi dei nemici esterni e interni della fede.
Ciò rientra nel corso storico della persecuzione del mondo.
contro Gesù Cristo che si estende alla Sua Chiesa.
Perciò, penso che i dubbi su quella visione si devono fermare, non certo a causa della “fedeltà alla tradizione” dei suoi custodi, né della loro attenzione verso i disegni divini espressi in quel messaggio, né per l’onore “disinteressato” reso da loro a Fatima, che raduna milioni di fedeli, ma a causa di questa conformità alla profetizzata persecuzione finale alla Chiesa.
Inoltre, se il testo della visione fosse contrafatto, sarebbe stato meglio elaborato a favore dell’interpretazione di chi lo voleva aggiornato ai tempi e ad una persona.
Ma la Provvidenza ha fatto sì che pubblicassero quanto avevano in loro possesso senza capire, illudendosi che l’enorme popolarità di Giovanni Paolo II avrebbe spiegato più o meno tutto con l’attentato di Piazza San Pietro.
Tanto un po’ di mistero doveva pur rimanere sospeso, come faceva capire il suo interprete ufficiale, il cardinale Ratzinger.
Difatti è rimastra sospesa l’intera comprensione della vera visione, quella del drammatico ma reale sfacelo cattolico e le ragioni del suo avverarsi.

Alla fede della Chiesa, centrata sulla missione universale di conversione, subentrava la seduzione della salvezza universale, che andrebbe oltre la fede e la Chiesa di Gesù Cristo.
Essa è espressa in modo sincero nel dubbio di alcuni giovani.
La salvezza, ossia essere accolti al cospetto di Dio per abitare per sempre nel Suo Regno perfetto, non è un diritto.
La Croce è stata il suo prezzo.
La salvezza è raggiungibile solo con la grazia gratuita della fede e della carità nelle opere.
Tutti sono invitati, ma se è difficile per i cristiani arrivarci seguendo la Via che è Cristo, come sarà per gli altri?
San Pietro dice: “Se il giusto a stento si salverà, che ne sarà dell’empio e del peccatore”?
Senza il Verbo divino chi diviene giusto?
Perciò i cristiani sono giudicabili anche per l’opera di carità più alta: l’onere della diffusione della Parola; missione perenne della Chiesa.
Tale missione è oggi sotto accusa perché “inadeguata al dialogo” e perciò oggi radicalmente mutata col Vaticano II nella predica ecumenista.
Ma quale delle due è cattiva missionaria e altezzosa: quella che ha convertito mezzo mondo diffondendo la Parola, o la missione che sovrappone ad Essa il dialogo ecumenista con le idee umane che riducono la Parola ad argomento di discussione storica, filosofica, sociologica, per l’animazione religiosa della democrazia globale, dove la gente si salverebbe anche senza Dio?

La comprensione di questa retrocessione nella missione della Chiesa è difficile senza risalire ai fatti che hanno reso la Chiesa vulnerabile all’attacco mortale ordito da sempre e realizzato nei nostri tempi contro la chiarezza e integrità della fede.
Non ci sarà un rapporto di causa ed effetto tra la risposta della Chiesa al crescente intervento della Madre di Dio e il declino della fede?
L’intervento è avvenuto in una sequenza di apparizioni con messaggi riguardanti la vita dell’umanità nel nostro tempo culminata con le tragiche guerre mondiali e la visione simbolica della tragedia cattolica del segreto di Fatima.
Si vedrà come l’apparizionismo è alieno a questa sequenza di interventi divini per aiutare gli uomini di fronte al dilagare della rivoluzione nemica.
Anzi, le false apparizioni sembrano disposte per intrattenere i fedeli con la visione di “eventi che si preparano” ancora.
Ma come?
La “Grande Tribolazione” del collasso cattolico e della presente apostasia universale non sarebbe una rovina già dei nostri giorni?
Segreti profetici possono celare tragedie condizionate dall’attuale deviato comportamento umano?
Ma a chi giova lasciar sospesi segreti sull’attuale rovina?
Solo a chi ha l’intenzione è di distrarre i fedeli dal piano di salvezza universale che si realizza sempre più a fatica nel corso della storia segnata dal disegno divino.

La sequenza provvidenziale delle vere profezie


Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 1830, undici giorni prima del colpo di Stato orleanista, per prevenire e rinforzare la Chiesa contro tali poteri terreni che avanzavano, la Madonna apparve a Parigi, nella Cappella della “rue du Bac” delle Figlie della Carità, alla religiosa Caterina Labouré.
La giovane, che divenne santa senza conoscere quasi niente del mondo e della sua politica, ascoltò la Madonna che, in lacrime, profetizzava le grandi disgrazie che stavano per abbattersi sul mondo.
La Vergine Immacolata le affidò perciò la missione di propagare la “Medaglia Miracolosa” per aiutare la cristianità.
O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi!
Questa è la preghiera che fu consegnata il 27 novembre 1830 insieme all’immagine dell’Immacolata e che passò a servire di scudo ai fedeli.
Grazie all’intervento miracoloso della medaglia, che suscitò preghiera, devozione, conversioni e cure, la gerarchia e il clero cattolici, anche se decimati e infiltrati da traditori, poterono resistere alla Rivoluzione.
La medaglia rappresentava, sul verso, i Sacri Cuori di Gesù e di Maria; con l’aiuto di loro la carità spirituale affrontava l’odio dilagante dei nemici della religione.
Chi erano costoro?

Lo ha riproposto per i nostri tempi, il santo sacerdote Massimiliano Maria Kolbe, fondando la Milizia dell’Immacolata all’insegna della Medaglia, cui aggiunse: “E per quanti a Voi non ricorrono, e in special modo per i massoni e per quelli che vi sono raccomandati!”. (E’ emblematico dell’influenza presente in Vaticano che, nella causa di canonizzazione di padre Kolbe, la parola “massoneria” sia stata censurata del tutto).
Il 30 luglio 1830, con un colpo di Stato, saliva al potere Luigi Filippo di Orleans, figlio del gran maestro massone e regicida Filippo Egalité che, alleato dei rivoluzionari, votò la condanna a morte di Luigi XVI e, a sua volta, fu ghigliottinato dalla rivoluzione.
In tal modo sembrò che la monarchia e la stessa dinastia dei Borboni, anche se di un altro ramo, fossero rimaste in piedi; in realtà presero il potere, non soltanto un re scettico e borghese, come è stato riconosciuto Luigi Filippo, ma le forze contrarie alla Chiesa di Cristo.
Non era più la rivoluzione aperta e frontale che sembrava mortalmente ferita nella sua virulenza, ma un subdolo e demolitore potere segreto che minava alle basi la civiltà cristiana occidentale, sotto apparenze monarchiche.

Fu allora che in Francia il rispetto per la Chiesa diede luogo alla nuova idea di libertà religiosa che sospese gli aiuti alla missione cattolica nel mondo.
Era il ritorno della rivoluzione in forma monarchica.
Fin dall’inizio, Luigi Filippo fu assecondato dai pontefici della massoneria: Decazes, La Fayette, Talleyrand, Teste, ecc.
Perciò il suo governo favorì il clima d’indifferenza e liberalismo religioso, di interconfessionalismo e di influenza del giudaismo, che era considerato alla pari delle confessioni cristiane.
Fu così che, mentre in Francia il trono si riconciliava con le forze rivoluzionarie, in tutta Europa queste agivano intensificando l’attacco alla Chiesa, come si vedrà in Spagna e in Portogallo, e in particolar modo a Roma, dove il Papa fu di fatto ricattato perché accettasse un progetto
di amnistia permanente per i rivoluzionari degli Stati Pontifici.
Nel 1832, il governo orleanista arrivò al punto di minacciare militarmente il Papato con la presa di Ancona; ma nemmeno così riuscì a scuotere la ferma prudenza di Gregorio XVI.
Si trattava di portare a termine il piano d’annientamento del Papato.
Ma poiché le minacce e pressioni, anche militari, non avevano prodotto risultati, iniziava a prevalere l’idea d’infiltrazione della Cittadella della Chiesa del liberalismo dominante.
Si doveva arrivare ad avere un Papa secondo i bisogni della rivoluzione; dopo di che sarebbe mancato solo farlo operare la conciliazione con un umanitarismo accettabile sia dai neo-socialisti che dai pan-cristiani, per una sinarchia a 360°.

La rivoluzione liberale interna alla Chiesa

Qui è bene ricordare un punto molto importante anche per la lettura di Fatima: le forze terrene non avrebbero avuto presa sulla Chiesa, salda nella fede; ecco perché il vero pericolo, nel 1789, come nel 1830, nel 1917 e oggi, non viene tanto dal furore rivoluzionario, quanto dalle insidie di aperture religiose da parte di chierici liberali alla mentalità irenista che arriva a svendere la fede in un piatto pacifista.
Il liberalismo religioso parte dall’idea per cui il valore della libertà umana si sovrappone ad ogni altro.
Si può quindi dire che tale libertà è il suo principio, la sua verità.
Il liberalismo non può mai dirsi cattolico, poiché pretende di sovrapporre la libertà dell’uomo alle verità rivelate.
Questa contraddizione di fronte alla fede fu manifestata già nella Rivoluzione del 1789, quando preti apostati aderirono alla “libertà” rivoluzionaria di legiferare contro la Chiesa.
Ma il tentativo di accogliere e battezzare il liberalismo nella Chiesa cominciò dall’abate Lamennais, secondo cui il diritto alla libertà è universale e comprende, come caso particolare, la libertà della Chiesa.
Per Lamennais, la Chiesa chiede al mondo solo la sua “libertà”.
Tale liberalismo, fondato sull’idea progressista e manifestato dall’aspirazione crescente dei popoli alla libertà, sfocia inevitabilmente nella separazione tra Stato e Chiesa, tra leggi umane e Legge divina: ciò diverrà la libertà religiosa conciliare.

La rottura rivoluzionaria del 1830 in Francia, per esempio, dal punto di vista della corrente liberale dell’abate Lamennais, andava difesa come favorevole alla libertà della Chiesa.
In verità si voleva liberare lo Stato dai princìpi della Chiesa; per questo motivo tale deviazione liberale fu fermamente condannata con l’Enciclica “Mirari vos” (1832), in cui Gregorio XVI denunciava l’enormità del pericolo risultante da quelle idee liberali ricordando la profezia apocalittica del pozzo dell’abisso.
La dottrina di Lamennais fu condannata da Gregorio XVI e Pio IX.
Ma, dopo di lui, tali idee hanno fatto grandi passi col Sillon, fino a giungere all’umanesimo integrale di Maritain e al suo discepolo e traduttore, Paolo VI, che inserì il nuovo cristianesimo nella “chiesa del Concilio”: essa non chiede al mondo altro che la libertà per operare la sua “animazione e innovazione” (GS 56; OA); si ometteva ogni parola della dottrina cattolica sull’origine e l’esercizio del potere politico.

Ad ogni modo, qui inporta vedere che mentre i problemi per la Chiesa crescevano ovunque, gli aiuti divini per aiutarla nella sua passione anticipavano le mosse rivoluzionarie.
Tale sequenza va dall’apparizione di Maria Santissima alla Rue du Bac a Parigi nel 1830, della “Medaglia Miracolosa”, a Fatima.
Ecco quali furono e sono gli inestimabili sostegni per la resistenza della Chiesa.

Un segno divino si manifestò allora a Roma: il 20 gennaio 1842, nella Chiesa di Sant’ Andrea delle Fratte, l’ebreo e libero pensatore Alfonso Ratisbonne vide, illuminata, la stessa immagine dell’Immacolata presente sulla Medaglia Miracolosa, che portava a malincuore in seguito ad una sfida di un amico cattolico.
L’Immacolata lo invitò a cambiare vita!
Il neo-convertito divenne così, col fratello, fondatore dell’opera di “Nostra Signora di Sion”, per la conversione degli ebrei nel mondo.

L’aiuto profetico dato nella montagna di La Salette

In Francia, dove imperversavano le idee rivoluzionarie, gli aiuti straordinari continuarono.
Alla vigilia della pubblicazione del noto “Manifesto” marxista e della 1° Internazionale, matrici delle rivoluzioni del 1848 in Europa, che avrebbero continuato a spargere nel mondo gli errori della Rivoluzione Francese, la Madonna venne ad avvertire del pericolo, chiamando i Suoi figli a raccolta. Il 19 settembre 1846, nella desolata montagna di La Salette, nel sud della Francia, la Madonna apparve a due pastorelli, Melanie Calvat (15 anni) e Maximin Giraud (11 anni), piangendo con la testa tra le mani, e annunciò disgrazie imminenti che stavano per cadere sui popoli della terra e sulla Chiesa.
I due pastorelli, che conoscevano solo il dialetto locale, ricevettero allora il gran Messaggio sui pericoli che minacciavano la Francia e il mondo.
La causa principale era il grande decadimento del clero e della vita religiosa.
Inoltre, incombevano le insidie massoniche operate da Napoleone III, che avrebbero scatenato l’attacco diretto contro la Roma cattolica, preludio di un’invasione apocalittica e dell’apertura del “pozzo dell’abisso”.
Nel 1851 il messaggio fu inviato a Roma e Pio IX ne riconobbe l’estrema gravità: “Roma perderà la Fede e diverrà la sede dell’Anticristo”!
Nel messaggio figurava la data del 1858 per essere divulgato nel mondo cattolico.

Il dogma dell’Immacolata Concezione proclamato da Pio IX nel 1854, fu il modo in cui il Papa affrontò i pericoli del mondo secondo la saggezza divina.
La parte segreta del messaggio di La Salette poteva essere conosciuta nel 1858, secondo la richiesta della Madonna di farlo giungere a tutto il Suo popolo.
Il 1858 è l’anno che avrebbe potuto collegare la grande apparizione di La Salette a quella di Lourdes, con cui la Madonna confermò il dogma definito da Pio IX.
Che conseguenze straordinarie ci sarebbero state per la Chiesa se ai miracoli della Vergine si fossero aggiunti i Suoi Messaggi profetici, consegnati a
La Salette per essere conosciuti proprio allora!
Ma la storia della veggente di La Salette è strana; in quell’anno la pastorella era in clausura a Darlington, in Inghilterra, per ordine del vescovo di Grenoble, contro il suo volere e il parere del Papa che riconosceva l’importanza della sua missione.
In molti libri che trattano della storia di La Salette, risulta che membri della gerarchia e del clero francese non vollero che il messaggio di La Salette fosse diffuso a Lourdes.
Esso accusava, infatti, il raffreddamento e l’impurità dei consacrati, ragion per cui fu, ed è tuttora, censurato!
Un’altra profezia “uccisa”!

Nelle 18 apparizioni nella Grotta di Lourdes, la Madonna si limita a dare indicazioni brevi ed essenziali alla giovane Bernardette Soubirous: Rosario e penitenza; riparazione e penitenza.
Era l’annuncio della crisi della fede e del futuro regno del Sacro Cuore di Gesù e di Maria Immacolata.
L’ultima apparizione avvenne il 16 luglio, festa dello Scapolare di Nostra Signora del Monte Carmelo.
Il Messaggio di La Salette racchiude l’avviso dell’inizio delle profezie apocalittiche di San Giovanni.
Per averlo trasmesso, Melanie, uscita dal Convento di Darlington nel 1860, quando furono ascoltate le sue richieste di soccorso lanciate dalle finestre, fu perseguitata e visse esiliata in Italia, dove trovò l’accoglienza dei Papi Pio IX e Leone XIII; quest’ultimo la ospitò a Roma affinché scrivesse i particolari dell’Ordine degli Apostoli degli ultimi tempi, dettati dalla Madonna.
Melanie visse a Castellammare e a Lecce, i cui santi vescovi autorizzarono la pubblicazione integrale del messaggio, ciò che avvenne solo nel 1879.
Ma i pericoli interni alla Chiesa dovevano ancora avverarsi, come videro i Papi a conoscenza del segreto di La Salette: Pio IX, che lo denunciò nei suoi scritti, e Leone XIII, che, avvertendo i mali incombenti contro la Chiesa, stabilì degli esorcismi contro i poteri di Satana.

Nel 1858 la Madonna apparve a Lourdes, confermando il dogma definito da Pio IX nel 1854 sull’Immacolata Concezione.
In che modo questo grande intervento spirituale della Misericordia divina incise anche nella vita politica europea, in cui il mondo cattolico, dopo il colpo della Rivoluzione Francese, rischiava la demolizione anche del suo bastione centro europeo?
In quel periodo infuriava il confronto tra il potere della Francia di Napoleone III e il nuovo potere germanico che avanzava per rimpiazzare il Sacro Impero Austro-ungarico.
La Cristianità e Roma era in gran pericolo.
L’imperatrice Eugenia di Montijo, moglie di Napoleone III, era cattolica.
Spagnola di ascendenza americana e irlandese, simpatizzava, insieme al marito, per il movimento unitario italiano dei Carbonari, ma da quando fu sollevata la questione romana, spinse il marito a difendere la Roma papale.
L’evento di Lourdes l’aveva toccata profondamente a causa della malattia del principino.
Così, probabilmente dopo il 1859, si fece sentire la sua influenza affinché la Francia di Napoleone III fosse sempre più garante dello Stato pontificio.

Ma l’attività per la difesa di Roma da parte dell’imperatrice andava oltre, riprendeva l’idea di una grande alleanza cattolica per ricostituire l’ordine cristiano.
Perciò Eugenia si mise in contatto col Papa; ma poiché ciò andava contro il piano rivoluzionario messo in atto nel secolo precedente, tale idea sembrò una nuova crociata che, poggiata sulle naturali aspirazioni nazionali, aveva per meta il ritorno ad un ordine cristiano europeo.
Il piano dell’imperatrice ignorava lo stato della crisi della coscienza europea e anche il grado di infiltrazione nemica in Vaticano, dove fu violata perfino la sua corrispondenza con Pio IX.

La resistenza della Roma Cattolica

Durante i Pontificati di Gregorio XVI e Pio IX, era ancora chiaro per la coscienza cattolica che un piccolo cedimento della Chiesa avrebbe comportato sempre, nel futuro, danni inimmaginabili per tutto il mondo.
Pio IX fu considerato liberale per aver amnistiato dei rivoltosi degli Stati Pontifici all’inizio del suo mandato.
Ma, in poco tempo, lo stesso Papa deplorò la mancanza di parola d’onore da parte dei beneficiati del suo atto di tolleranza e si persuase che lo spirito di rivolta fosse un male incurabile, che la rivoluzione è incapace di transazioni e, se qualcuna ne ammette, non è che per riprendersi per il nuovo assalto.
Del resto, i Pontefici erano vincolati da un giuramento che vietava cedimenti o alienazioni negli Stati della Chiesa.
A Napoleone III, che aveva consigliato Pio IX a rinunziare a gran parte degli Stati ecclesiastici in pro di una nuova Italia, il Papa aveva risposto di non poter cedere ciò che non gli apparteneva, ma per cui era vincolato sia da ragioni gravi che da un giuramento (1).

Roma cattolica fu presa d’assalto in modo violento durante il Concilio Vaticano I.
Lo sarebbe stata poi in modo dissimulato, ma più profondo, col Vaticano II.
Mentre i massoni promuovevano l’anticoncilio di Napoli, dopo l’assalto di Porta Pia, Roma non era più la stessa e il Papa si considerava prigioniero in Vaticano.
Quell’assedio che era stato profetizzato per la storia della Chiesa, della Sede divina nella sfera materiale, era avvenuto!
Nel 1871, Pio IX, ricevendo una delegazione di cattolici francesi, diceva:
C’è un male più temibile che la Rivoluzione, più temibile che la Comune, con i suoi uomini scampati dall’inferno che hanno seminato il fuoco a Parigi. Quel che io temo è questa infelice politica; è il liberalismo cattolico ad essere il vero flagello!...”.
Lo Stato Pontificio rappresentava, come una nuova Gerusalemme, l’esempio della Città cristiana che ha la legge divina a fondamento di ogni legge, e si ergeva come un baluardo tra gli altri Stati, per contenere l’avanzata della ribellione e degli errori umani nell’ordinamento civile della cristianità.
Si argomentava allora che l’autorità morale del Papa può essere esercitata senza il dominio temporale, e anche il governo italiano di quel tempo negava con le parole di voler condizionare il governo della Chiesa, ma la realtà era ed è un’altra.
Tutto ciò che rivestiva carattere religioso o si riferiva al culto della Chiesa venne manomesso, vincolato o espropriato, condizionando pesantemente la vita religiosa dei cattolici.
Furono abolite le confraternite, proibita la monacazione, secolarizzata l’istruzione, sottomesse all’exequatur governativo le nomine dei vescovi, e perfino le proclamazioni papali furono censurate e sottomesse ad un permesso civile, il “regio placet”.

Colpirò il Pastore, e le pecore del gregge saranno disperse!” (Matteo 26, 31; Marco 14, 27).
Ecco il momento notturno in cui tutti si scandalizzeranno della debolezza di Gesù, della sua Chiesa e del cristianesimo.
Ma il mistero risiede nel fatto che il Signore che colpisce s’identifica
col Pastore colpito e perciò fa capire il castigo che rappresenta per la fede che il pastore inviato sia colpito; significa in pratica che il rappresentante terreno dell’autorità divina rimarrà ritirato per un tempo.
Un interregnum su cui si dovrà meditare in vista del Segreto di Fatima.
Poiché quest’assenza non pare reale nell’ordine storico, al contrario, non sembra che sia mancata la presenza di un pastore in Vaticano, allora in che modo si può capire che il Pastore è stato colpito e dove si udiva la Sua voce ci sia silenzio?
Quando da lì procede un’altra voce che ripete temi grati ai nemici della Chiesa di Cristo.
Inoltre, dato che con il Pastore colpito il gregge si disperde, la nuova voce è confusa a tal punto con la vera da far ritenere possibile e perfino conveniente che possa rappresentare quella del Signore.
In tal caso Lui è anche assente di tal gregge.
Più che l’assenza umana si tratta del silenzio della voce divina che chiama a conversione.
Al Suo posto suona un’altra voce per la riconciliazione col mondo e il conseguente disarmo delle difese dei pascoli tradizionali.
Essi sono allora preda dei lupi che divorano il gregge.

Da Pio IX e Pio XII la voce del Signore non fu colpita, ma, al contrario, ha fatto la Chiesa resistere proprio con le armi della dottrina e dei principi tradizionali che non hanno la vulnerabilità umana, ma la forza dei diritti divini.
Contro il naturalismo rivoluzionario, carico degli errori moderni, Pio IX rispose col Sillabo, il cui ultimo articolo testualmente condanna l’idea che il Papa possa e debba riconciliarsi e andare d’accordo col progresso e con il liberalismo della civiltà moderna.

Cavour giustificò tale impresa addirittura come una “purificazione” della Chiesa dal fardello del potere temporale, non diversamente da quello che oggi si crede vero nel Vaticano conciliare che ha voluto il Concordato del 1984.
Ma, allora come oggi, l’applicazione pratica dell’abbattimento dell’influenza temporale risulta solo a favore delle idee di Garibaldi e del Ricciardi che combattevano la Chiesa anche con l’alfabeto, cioè con l’istruzione secolarizzata che inculca l’idea dell’incompatibilità della Fede con la libertà civile.
Cosa è cambiato oggi in questo campo?

Solo l’estensione del danno compiuto contro la stessa società italiana.
Gli Stati pontifici avevano allora il ruolo di mantenere l’autonomia e
L’indipendenza della Suprema Cattedra universale, eretta dal Signore per la difesa della Verità.
Ma sembra che la secolarizzazione raggiunta allora, ancora non basti per le sinistre clericali!
Nella società civile sarebbe ottimale l’unione ed armonia dei due poteri, religioso e civile, che in quegli Stati erano uniti nella persona del Papa, come modello di un principio assoluto: l'’unione tra la Chiesa e lo Stato come l’unione tra l’anima e il corpo, facendo che l’ordinamento civile abbia per fondamento la Legge divina.
Si noti che Parigi, capitale della Francia che non onorava il suo battesimo fu assediata dai Prussiani il 19 settembre 1870, anniversario dell’Apparizione di La Salette, il cui Messaggio la richiamava alla Fede.
Un anno dopo, il 20 settembre 1871, Roma cattolica era colpita.
Tutto ciò preparava l’assalto finale a quanto rimaneva fedele alla Chiesa nel XX secolo.
Ecco gli ingredienti per la gestazione della tragica guerra del 1914-18.
Ed ecco allora anche la profezia della Madonna di Fatima per soccorrere la Chiesa e la cristianità in mezzo a quei distruttivi frangenti.

La questione dell’interregnum nella visione del Terzo Segreto

Si può dire, quindi, che c’era una sequenza storica di aiuti divini dati attraverso Maria Mediatrice, ordinata anche se velata, per rimediare i guasti crescenti della rivoluzione che scalava l’ “atrio” della Chiesa (vedi Apocalisse 11, 2).
Già questo discredita un apparizionismo caotico che ignora il chiaro motivo storico di crescente intervento divino nella cristianità in pericolo, dal tempo di Luigi XIV alla morte di Pio XII.
Dopo quanto svelato a La Salette e a Fatima sarebbe possibile un messaggio di Maria che ignorasse tali pericoli e riducessi i suoi avvisi a cosa superata, quasi il degrado umano fosse risolto con una nuova Pentecoste dei nuovi tempi?
Assurdo.
Allora abbiamo anche un primo tempo e un successivo riguardo al Segreto.
Dove si situa il momento che li separa?
Poco prima del 1960, perché allora esso sarebbe più chiaro.
Parole sentite e ripetute niente meno che dal cardinale Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio e “carabiniere della fede”.
Qui il “più chiaro” non può che riferirsi a quanto svelato e che oggi sappiamo essere l’eccidio papale.

Per capire la politica papale che ha condotto a tale situazione, facendo dire a Pio XII in letto di morte “dopo di me il diluvio”, è necessario conoscere i suoi legami con Benedetto XV, che lavorò in Segreteria di Stato e fu segretario del cardinale Rampolla, per la consonanza con gli orientamenti di questo importante prelato nel senso di una politica diplomatica di aperture internazionali.
Si tratta dei “raillement” che preferivano le nuove potenze liberali, specialmente la Francia repubblicana e anticlericale, in rapporto alle alleanze “cattoliche” in Europa.
Fu la politica che portò al quel rovinoso ralliement civile in Francia, suscitata dallo spirito di conciliazione ad oltranza, che non tiene conto dell´indebolimento politico del mondo cattolico; spirito già condannato da Pio IX.
Come si sarebbe potuto salvaguardare la Fede della Chiesa nel piano clericale con una nuova classe desiderosa di intese proprio con i poteri rivoluzionari che, accomunanti da una radicale avversione verso Roma, volevano il totale isolamento della Sede cattolica?
Tale spirito di conciliazione, che punta ad una gestione degli opposti, che è in extremis tra bene e male, è tipicamente lo spirito della massoneria.

Il dilemma di Papa Benedetto XV

Dalla sua elezione al pontificato, il 6 settembre 1914, Papa Della Chiesa fu cosciente che l’azione diplomatica vaticana in quell’ora tragica per l’umanità non poteva che limitarsi ad invocare la pace tra quanti si massacravano senza pietà su tutti i fronti.
Il Papa conosceva i limiti della diplomazia e sapeva che le vittime della guerra attendevano altre parole.
Non bastava fare appelli irenici alla fraternità, che si esaurivano dopo il primo fremito emotivo.
C’era urgente bisogno dell’invocazione al Cielo; del coinvolgimento esistenziale dei popoli nella preghiera.
Ecco l’origine dell’appello alla “Regina della Pace”, che ha segnato il Pontificato di Della Chiesa.
Lo seguiremo alla luce di due influenze:
- dello Spirito di pietà;
- dello spirito conciliatore ed innovatore.
Si è visto che il secondo è finito per prevalere, nonostante proprio in questo Pontificato il Papa, mosso dallo Spirito di pietà, abbia invocato l’intervento della Madre di Dio, che rispose al suo appello a Fatima.

Lo Spirito di pietà muoveva Benedetto XV

Lo si può riconoscere principalmente attraverso la sua devozione a Maria Mediatrice; questione intimamente legata ai disegni divini per quel momento storico: la devozione alla “Mediatrix Mediatorum” e “Regina Pacis”.
Ricorderemo qui, non solo la Lettera papale al Cardinale Gasparri del 5 maggio 1917, chiedendo per gli “afflittissimi figli” della “gran Madre di Dio” la sua intercessione per la pace “in quest’ora tremenda”, ma anche il suo discorso “Il Nous serait difficile”, ai pellegrini presenti all’approvazione dei miracoli per la canonizzazione di Giovanna d’Arco - 6 aprile 1919:

Raccogliamo innanzitutto il fiore della gratitudine verso Dio e verso l’augusta Vergine, poiché noi dobbiamo riconoscere che è solo a Dio che siamo debitori dei due miracoli attribuiti alla beata Giovanna d’Arco, e la cui autenticità è stata oggi proclamata… E se in ogni prodigio bisogna riconoscere la mediazione di Maria, per mezzo della quale, secondo la divina volontà, ci proviene ogni grazia ed ogni favore, non si può negare che, in uno dei miracoli ora approvati, questa mediazione della Santissima Vergine si è manifestata in una maniera specialissima. Noi pensiamo che il Signore ha cosi disposto per ricordare ai fedeli che non bisogna mai escludere il ricordo di Maria anche quando un miracolo sembra doversi attribuire alla intercessione o alla mediazione di un beato o di un santo. […] Da un lato
il Signore ci mostra che, sulla terra stessa affidata al dominio della
santissima sua Madre, egli può operare dei miracoli per intercessione di uno dei suoi servitori; dall’altro lato ci ricorda che, anche in tali casi, bisogna presupporre l’intervento di Colei che i santi Padri hanno salutata come la Mediatrix mediatorum omnium
”.

Questi testi sono importanti per approfondire il modo di intendere la Mediazione divina di Maria Santissima, da parte del Sommo Pontefice.
In quell’ora in cui imperversava sulla terra un’ondata d’odio come mai prima nella storia umana, “in così tremenda rovina”... “bisogna presupporre l’intervento di Colei che,... sempre intervenuta a scampo della gemente umanità nell’ora del pericolo, più celere precorrerà ora al nostro dimandare...”.
Fu per questi superiori intendimenti, non meno che per meglio orientare il pensiero e la fiducia cristiana al potente ministero insito nella Divina Genitrice...” segue l’istruzione affinché si rivolgesse alla Vergine l’invocazione “Regina della pace”.
Si può quindi dire che il modo con cui Benedetto XV intendeva la Mediazione di Maria includeva l’intervento miracoloso nella storia umana, come è avvenuto con Giovanna d’Arco nella storia di Francia.
Ma seguiamo il corso dell’interminabile crisi del pensiero segreto.

La Rivoluzione che stava per scoppiare in Russia, durante il suo Pontificato avrebbe superato di molto tutto quello che Benedetto XV descriveva come fatti del passato, e - diciamolo chiaramente - aveva pervaso il mondo clericale già allora!
Il 1917 fu l’anno cruciale del XX secolo nella storia della Chiesa e del mondo, verificabile proprio attraverso il pontificato di Benedetto XV.
Poiché uno dei principali processi intellettuali della rivoluzione, per mutilare la vita religiosa dei popoli consiste nel boicottare il senso cristiano della storia, il nostro intento sarà di risvegliarlo alla luce di una realtà storica divenuta palese e condizionante dell’ora presente.
E niente può farlo meglio che il faro acceso dalla Madonna di Fatima con il suo messaggio e il miracolo del sole, profezie temute dalle legioni di potere preternaturale, come dalla massa di sprovveduti nella fede e nella carità disposta ad assecondarle.
Il 1917 è quindi l’anno in cui si scatenò la lotta metafisica della fine dei tempi.
E’ l’anno in cui il virus della rivoluzione fu iniettato in Russia con l’aiuto della finanza massonica alle persone dei suoi capi carismatici, Lenin e Trotski.

Nel campo internazionale, i princìpi massonici, nella veste di diritti umani, si affermavano con la formazione della “Società delle Nazioni”, precorritrice dell’attuale “ONU”.
Inoltre, l’intervento americano in Europa avrebbe portato alla coalizione di tutte queste forze anche col patrocinio “cristiano”.
Anche il Sionismo ottenne una vittoria importante per la formazione dello Stato di Israele con l’avallo della dichiarazione del ministro inglese Balfour.
E ricordiamoci che il ritorno in Gerusalemme del dominio ebraico, avvenuto 50 anni dopo con la guerra dei sei giorni (1967), rievoca la fine del tempo delle nazioni, predetta da Gesù (Luca 21, 24).
Dopo la descrizione di questi eventi politici e sociali, decisivi per la vita del mondo - e oggi sappiamo quanto pesano! - possono i cattolici non pensare che ad essi sarebbero corrisposti altrettanti eventi silenziosi nella vita della Chiesa e del Papato?

Una risposta indiretta a questo interrogativo la potrà trovare Nell’atteggiamento di una gran parte del clero verso l’evento di Fatima e la profezia della Madonna, annunciando le incombenti tragedie storiche dovute alla scristianizzazione complessiva.
Era un aiuto divino.
Perché gli uomini della Chiesa non l’hanno accolto?
Pensavano di avere la loro ricetta illuminata per una pace secondo i tempi operando un’attenuazione delle verità cattoliche che dividono (vedi Giovanni XXIII)?
Si può dire allora che il risultato è stato il trasferimento in massa dei chierici dal Luogo Sacro all’atrio dei temporeggiatori e dei mercanti.
Lì avrebbero potuto aggiornare la fede, la Messa e i sacramenti secondo i bisogni dei tempi e all’offerta e richiesta definite dalla piazza, di New York, di Bruxelles o di Rimini.
Per farlo avevano solo bisogno di una nuova dottrina e di qualche aiuto d’ordine “mistico”, carismatico o pentecostale capace di sopperire ai vuoti teologici.
Gli aiuti mistici sono arrivati proclamandosi perfino continuazione di Fatima e confidando perfino segreti sul futuro del mondo, come se la vertiginosa scristianizzazione del mondo e la grande apostasia fosse un segreto riservato.

No.
Non si tratta del futuro ma del passato recente e del presente che vive la Chiesa di Gesù Cristo; si tratta dell’“interregnum” che fa capire la visione del Terzo Segreto di Fatima.
Che altro segno può seguire un virtuale eccidio papale?
Certo è che oggi si vorrebbe far scordare alla cristianità il richiamo del vero segreto avvallato dal gran miracolo del sole.
Quanti falsi segreti ci vorranno per ridurre l’unico vero segreto che svela lo stato rovinoso in cui è stata ridotta la Chiesa a un segreto in mezzo a tanti altri?
Quanti segreti sono necessari per fare lo stesso anche con la religione della Rivelazione divina, ridotta dall’omologazione ecumenista a una tra tante altre?

Ecco l’interregnum della tribolazione cronica, per non aver accolto quell’unico segreto del disegno divino.
Per uscirne una cosa è certa, bisogna riconoscere lo stato lamentevole a cui è stata portata la Chiesa e l’umanità.

Arai Daniele




1) E’ pensabile che questo giuramento non fosse fondato su una questione
di principio, cioè la libertà e l’indipendenza della Sede Apostolica?


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