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Il vero pericolo islamico
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Il direttore Blondet risponde a questa lettera e ad altre simili che ha ricevuto.
 
«Caro Direttore,
in questo articolo vengono al pettine i nodi della suo «doppiopesismo».
Lei giustamente combatte l’invadenza giudaico-americana, però è portato a sottovalutare drasticamente il pericolo islamico.
Tratta sempre gli islamici come dei bonaccioni un poco impulsivi, che - poverini - soffrono tanto e perciò sono da giustificare, per le loro azioni, per i loro pensieri.
E’ vero, gli islamici soffrono per mano degli americani, per mano degli ebrei.
E tuttavia la loro arroganza sarebbe la stessa, con o senza l’esistenza di Israele.
Ma si rende conto di quanto lei ha scritto???
Il battesimo di un convertito come una «terribile provocazione».
Che farebbe infuriare gli islamici radicali...
Beh allora che fare? Sottomettersi?
Leggendo l’articolo su Magdi Allam mi confermo nella mia idea: non tutti i mali vengono da Giuda...
E se per combattere gli ebreo-americani bisogna essere così accondiscendenti fino al limite del servilismo verso gli islamici (bonaccioni aggressivi... da non provocare), beh allora non sono così sicuro che le bombe del cristianista Bush siano la cosa peggiore al mondo.
Questo è ciò che penso
».

 
Sento che Magdi Allam è invitato in tutte le TV, ha l’agenda piena di appuntamenti, faccia-a-faccia, dibattiti.
Ha raggiunto il suo scopo, rilucidare la sua un po’ stanca popolarità.
«Parigi val bene una Messa», è il caso di parafrasare.

Sento insospettabili anti-cattolici, radicali come Paolo Panella, o i tizii di Radio 24 (una delle più anticristiane che esistano), la stessa gente che fino a ieri chiamava Ratzinger «il Papa oscurantista»,  lodare il Papa per la «voluta provocazione alla Sharia».
Perché sembra che il Papa stesso abbia voluto dare questo risalto mediatico al battesimo del «celebre giornalista»: a Pasqua, in piazza San Pietro.

Dunque, se è così, è una deliberata «provocazione», caro lettore.
Non si può chiamare in altro modo.
Una provocazione rivolta solo e specificamente contro i musulmani.
«Che fare allora, sottomettersi?».

Ma evidentemente il Papa è già «sottomesso»; solo è sottomesso alla «sola religione rimasta» obbligatoria.
Non ha battezzato un ebreo convertito.
Eppure ce ne sono, e numerosi, che si convertono.
Vengono battezzati, ma non in piazza San Pietro a Pasqua.
Perché?

Perché la provocazione susciterebbe le più furiose proteste della comunità ebraica.
Tutti, da Di Segni a Gad Lerner, griderebbero alla «provocazione», all’«antisemitismo».
Il Vaticano ha evidentemente molto riguardo per la «sensibilità» degli ebrei.
Per non offenderli, fin dal Concilio ha espunto dalla liturgia eucaristica la preghiera per la conversione dei giudei,pronunciata per secoli.
L’ha espunta su loro richiesta arrogante.

Ciò, per molte ragioni, alcune di tipo neo-teologico: la movenza giudaizzante è egemone nella Chiesa, e ci sono cardinali e teologi che dicono che gli ebrei non hanno bisogno di riconoscere Cristo, perché l’Antico Patto è sempre valido.

Bene: dopo il battesimo pubblico e provocatorio di Magdi Allam, lo pseudo musulmano (in realtà probabilmente di famiglia copta, comunque mai praticante), è l’occasione per la Chiesa di chiarire questo punto, d’importanza teologica primaria.

Pietro, Paolo e Giovanni erano di diverso parere, pensavano che gli ebrei dovessero riconoscere Gesù come Messia.
Dica la Chiesa che i tre capostipiti della Chiesa originaria, tre ebrei, si sbagliavano: lo dica finalmente con chiarezza.
Esplicitamente.

Ho sentito un prete, da Gad Lerner, dire: «Bisogna avere il coraggio di ammettere che i Vangeli contengono passi antisemiti».
E’ l’idea che ha anche il cardinal Martini, il vescovo Forte e chissà quanti altri porporati.

Perfetto: allora la Santa Chiesa vaticana ci esponga, finalmente, quali sono questi passi.
Ci inviti a cancellarli dalle vecchie edizioni dei Vangeli, col pennarello nero.
Non ci lasci nel dubbio: quali parti di questi testi, creduti di divina ispirazione, sono «antisemite»? Non vorremmo, per il fatto di leggere i Vangeli, peccare gravemente contro l’unica religione rimasta.
Purghino i Vangeli, se ne hanno il coraggio.
Li censurino.

Magdi Allam, nella sua veste di convertito con investitura papale (mica tutti i convertiti vengono battezzati, comunicati e cresimati dal Pontefice), va dicendo, nei suoi numerosi appuntamenti TV, che l’Islam è «strutturalmente violento», e che non esiste un «Islam moderato».
Ha ragione: nel senso che «Islam moderato» è un’espressione propagandistica inventata dalle centrali di guerra psicologica occidentali.

Ma «strutturalmente violento» è anche l’ebraismo rabbinico oggi egemone, coi rabbini che incitano ad uccidere i palestinesi senza risparmiare donne e bambini.
Dirò di più: ci sono stati tempi in cui anche il cattolicesimo era strutturalmente violento.
In cui le conversioni di cristiani all’Islam venivano punite con supplizii, come apostasie.
Come mai la Chiesa non è più strutturalmente violenta?

Temo che la risposta sia una, anzi due: perché oggi è debole - era violenta quando era forte, quando dominava la Cristianità - e perché la durezza della fede s’è stemperata nella generale incredulità che è lo stigma dell’Occidente.
I cardinali che dicono la loro sui passi «antisemiti» dei Vangeli, quelli che elucubrano se l’Antica Alleanza sia ancora valida e dunque che gli ebrei non abbiano bisogno di conversione, sono semplicemente increduli, scettici, «relativisti».
In tempi di fede forte sarebbero finiti al rogo.

Oggi, siamo «tolleranti».
Crediamo ai «diritti umani».
Nessuno è disposto a morire né a uccidere per la sua fede, non almeno quanti sono disposti a morire per i cocktail di droghe ed alcol il sabato sera.
I musulmani sono credenti - credono all’assoluta verità della loro fede - e perciò prendono molto sul serio ciò che chiamano «apostasia».
La differenza è tutta qui.

Naturalmente è possibile che Dio, dopo il battesimo, illumini l’anima di Magdi Allam.
Ma l’esibizione di una «conversione» del genere è, per chi crede in Cristo crocifisso, un tristo spettacolo, con un elemento di falsità che allega i denti.
Credo nella buona fede del Pontefice.
Come molti buoni cattolici, vede nell’Islam un pericolo imminente.
Forse, come tanti buoni cattolici «tradizionalisti», spera che un clima di scontro aperto possa ravvivare la fede morta tra noi.

Ora, io sono convinto che questa sia una fatale illusione.
Sono convinto anche che esista un pericolo islamico, ma non nel senso di un terrorismo islamico (che in Italia non ha ancora commesso un solo attentato), bensì in un senso più decisivo.
Il pericolo islamico è dovuto alla demografia.

La demografia è il dato più decisivo della storia: se l’America parla inglese anziché francese, è perché la natalità dei francesi tragicamente bassa già nel ‘700 (grazie a vari metodi
di contraccezione o prevenzione della gravidanza, ben poco cristiani), non riuscì a popolare l’America.
Napoleone finì per regalare a Washington i territori francesi, un terzo degli attuali Stati Uniti.

Ora, la natalità dell’area musulmana, rispetto alla denatalità europea, è talmente sproporzionata, che il problema si porrà: entro venti o trent’anni, i musulmani immigrati saranno la metà della popolazione, forse già maggioranza.
Probabilmente, imporranno la loro fede e i loro modi di vita.
E’ colpa loro?

La denatalità, il rifiuto della fertilità, è tutta nostra, non abbiamo figli per nostra deliberata volontà. E la nostra demografia calante è dovuta appunto alla perdita della fede, che è anche fede nella Provvidenza e nel futuro; è l’effetto dell’edonismo secolarizzato, del nostro adagiarci nell’illusione che l’uomo abbia un destino zoologico, tutto chiuso fra il parto e la cassa da morto.

Se Dio non è, tutto è possibile all’uomo, diceva Dostojevski: soprattutto, non si negherà alcun godimento, anche se per questo deve abortire milioni di bambini.
Può darsi che nel Papa, intellettuale tedesco e perciò invincibilmente «impolitico», ci sia la vaga speranza che gli europei e gli italiani, invasi da immigrati etnicamente diversi e poco integrabili, trovino le loro «radici» identitarie, fra cui il cristianesimo come prima radice.

Certamente lo scontro etnico ci sarà, ma non sarà uno scontro fra cristiani e musulmani.
Sarà uno scontro di tipo teppistico.
Sarà uno scontro fra musulmani e frequentatori di feste rave, fra musulmani e abortisti, fra musulmani e i più grandi consumatori di cocaina ed eroina d’Europa; fra credenti in Dio e flaccidi edonisti secolarizzati, fra islamici con mullah rigidi e cristianisti con vescovi dubitosi dei loro Vangeli, tanto da leggervi passi «antisemiti»…
Fra una gioventù numerosissima e una scarsa, intossicata dallo stile delle discoteche,  incapace di darsi un compito e persino una dignità nella vita, che non si mantiene nemmeno sana in vista del futuro, perché del futuro non gli importa nulla.

Inevitabilmente, salvo un intervento della Provvidenza, la metà islamica dell’Italia imporrà il suo stile di vita, il suo rigore, anche le sue ipocrisie.
E non è escluso che i pochi che allora avranno ancora una dignità, non vedano questa imposizione di un ordine religioso e morale come una salvezza.
Accadde lo stesso quando i cristiani imposero il loro ordine, fecero finire la schiavitù e i giochi sanguinosi del circo, spezzarono le statue nude e imposero la castità o almeno, la decenza ipocrita.
Quella fu una rinascita, una civilizzazione di un mondo che era marcito.

Questo è il vero pericolo islamico: un pericolo per noi flaccidi e non-credenti realmente in nulla, e perciò tolleranti, e perciò piagnucolosi docenti di «diritti umani» che non pratichiamo in proprio.
Un pericolo che ci siamo creati da soli, noi i massimi consumatori di coca in Europa, noi campioni del turismo sessuale.
I nostri nipoti o bisnipoti saranno musulmani e forse vivranno la Sharia come una liberazione da quelle catene.
Salvo, ho detto, un intervento della Provvidenza: ma lo meritiamo?
 
Infine, mi consenta il lettore di sentirmi offeso dal suo ridurre tutto ad un mio preteso «filo-islamismo» (per di più «servile») e «anti-ebraismo» o «anti-americanismo».
Questo modo di polemizzare rivela una rozzezza e una superficialità, che sono essi stessi sintomo della nostra degenerazione come occidentali ed (ex)cristiani.

E’ questo lo stesso livello per cui si è «di destra» o «di sinistra», pro-Berlusconi o anti-Berlusconi: il livello non solo della superficialità, perché «la politica» è lo strato più superficiale del vivere umano, ma anche della inautenticità.

Non caro lettore, non s’illuda, quel che mi divide da lei non è «la politica», che se mai è solo la manifestazione superficiale di un dissenso molto più profondo.
Prima che l’anti o il filo-islamismo, ci dividono i principii stessi del pensare e del sentire; ci divide una filosofia della storia, un’etica e una logica, forse perfino una fisica e una biologia.

Lei è uno dei molti, dei troppi, che oggi in Occidente preferiscono militare senza fede sotto bandiere scolorite, piuttosto che compiere il faticoso sforzo di rivedere le idee ricevute, per mettersi in sintonia con il proprio intimo sentire.

Il destino della nostra generazione non consiste nell’essere pro o contro l’Islam, come non consiste nell’essere pro-Veltroni o pro-Berlusconi, ma precisamente nel capire che questi problemi falsi ci fanno andare indietro, che occorre finalmente disinteressarsi di quel che è propagandistico, e liberarsi dei limiti del discorso che la propaganda, i media, i Magdi Allam, vogliono imporci come attuale.


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