Ottusità teutonica, irresponsabilità italica
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Gentile Blondet,

leggo e condivido solo in parte le Sue critiche verso la Germania circa il ruolo di essa nel deprimere le economie degli stati del meridione d'Europa. Tenga presente che la Germania odierna è, come l' Italia, un satellite degli U.S.A. che cerca, come ogni nazione la cui base sociale e classe dirigente sono ancora provvisti d' un barlume di sensibilità verso l' interesse comune, di sopravvivere al nuovo ordine mondiale imposto dall' imperialismo anglosassone. In breve, quando giungono qui notizie come quella che ho di recente appreso e cioè che una signora calabrese sperperava in articoli di lusso, da tipica narcisista italica, i fondi che riceveva come eroina della lotta alla criminalità organizzata, la reazione del popolo tedesco, a cui i politici devono rispondere, è quella di rifiutarsi di dare il suo denaro, pagando interessi sul debito maggiori tramite creazione dei cosiddetti EuroBond, a gente simile. Anche qui in Germania ci sono sprechi di denaro pubblico, ma non arrivano alla bassezza, alla sfrontatezza e all' entità astronomica che assumono in Italia e abbiamo la sensazione che nessuno, nell' ambiguo "Bel Paese", voglia seriamente intervenire per ridimensionarli. Poi, i miei connazionali che vengono in vacanza in Italia, osservano e mi riferiscono le loro sensazioni: percepiscono un degrado, che sembra irreversibile, del paesaggio, dell' ambiente, dell' elemento umano, un' involuzione caotica, che li rende inconsciamente sempre più riluttanti a condividere il destino con gli Italiani. Come tedesco che, per parte di madre, ha radici italiane, mi spiace di dire queste cose, ma non si possono negare: spero solo di non attirarmi i Suoi strali e

La prego di perdonare l' asprezza delle mie parole, ma non sono riuscito a trattenerle.

Con Stima

Manfred Riemann
(Braunschweig, Bassa Sassonia)



Non avrà i miei strali, caro amico. Anzi, quel che dice lei degli italiani è una piccola parte di quel che denuncio io da anni. In modo, ahimè, sempre più disperato. Quando ho visto che il Nord Italia ha provato a dare al Paese una classe di governo, e con Berlusconi e Bossi ha prodotto l’ennesima e più caricaturale versione di incapaci furbastri, ignoranti ladri e familisti, insomma “terroni” nel peggio, mi sono cascate definitivamente le braccia. Questo Paese non sa auto-governarsi, e anzi: non vuole. Siamo stati, noi italiani, i più europeisti di tutti ,nella speranza che l’Unione ci avrebbe liberato dei nostri governati stupidi e corrotti, e invece (come ho già scritto in un articolo) è successo che i politici sono diventati ancora più corrotti, e persino più irresponsabili di prima: non devono rispondere a noi elettori ma a Bruxelles, e non hanno più bisogno di pensare politicamente, essendo la legislazione tutta indicata dalle normative europee (che loro si limitano a ratificare), avendo portato all’ammasso la sovranità e la libertà, e sgovernando, oggi, su mandato europoide. Si sono accomodati benissimo, ritagliandosi porzioni sempre più scandalose della ricchezza pubblica - 23 miliardi l’anno ci costa, la “politica” col suo milione e passa di mantenuti . E si sono resi inamovibili, governandoci (ossia tartassandoci) per conto della UE.

Del resto, il popolo italiano (ed io fra questi) li abbiamo votati. Chissà perché, da noi le persone serie non diventano mai popolari e mai il “popolo” affida loro la responsabilità di governo. Quel che le dicono i suoi amici turisti in Italia è purtroppo vero, ed anche questo ho già denunciato: degrado del paesaggio, dell’elemento umano, della legge, della classe amministrativa, di tutto.

Hanno ben ragione, i tedeschi, a non voler condividere il destino con noi. Ma è qui appunto che si mostra – ahimè – la doppia morale tedesca. Se nella UE ormai non esiste più una volontà di destino comune, Berlino soltanto ha il peso, la forza e la energia intellettuale di denunciarlo, e di trarne le conclusioni: separare la moneta – che è l’immagine stessa del “destino comune” – e mantenere una lasca integrazione economica. Perché non lo fa? Perché sta godendo della svalutazione che l’euro porta all’export tedesco, simmetrica alla iper-valutazione che soffrono le nostre industrie. Con tutta la confusione e pressapochismo noi italiani, eravamo concorrenti dell’industria tedesca, più temibili che la Francia ad esempio. Nelle macchine utensili, per esempio, eravamo in tre o quattro: Stati Uniti, Giappone Germania, Italia. Sotto la moneta non nostra e sopravvalutata, la nostra industria migliore sta morendo. E solo quando saremo tutti morti come concorrenti, Berlino – temo – ci lascerà come un guscio secco. Come ha fatto con la Grecia, dopo che le banche tedesche l’hanno indebitata in modo delirante...

Guardi che non accuso la Germania, la compiango. La doppia morale che le ho descritto è il motivo vero e profondo per cui questo popolo splendido, di eccezionali qualità, vince tutte le battaglie e perde le guerre; per cui la sua strategia si riduce alla sua tattica. È lo spirito di bottegaio, che in fondo alberga ad ogni tedesco, che ostacola la sua grandezza, e le fa perdere tutti gli appuntamenti con la storia. Non si può “comandare”, con lo spirito del pizzicagnolo.

Hitler perse la guerra perché, per non farne sentire il peso economico ai cittadini tedeschi, ne mise a carico la spesa ai popoli occupati ed invasi. Fu un bel risparmio, ma ciò gli impedì di porsi come “liberatore” dei popoli oppressi; li si doveva considerare in modo permanente come “nemici”, per poterli tenere “legalmente” sotto occupazione, con i marchi d’occupazione e le requisizioni dell’oro nelle Banche Centrali, delle materie prime… È questo il motivo profondo per cui i tedeschi hanno suscitato tanta ammirazione quanto odio e revulsione. E loro, oggi, se la raccontano battendosi il petto per un altro motivo...non quello giusto.

E ripetono lo stesso errore oggi: sono chiamati a “comandare” l’Europa, che ha un disperato bisogno di “comando” (nel senso di Ortega y Gasset: “La chiamata di genti diverse e potenzialmente ostili a fare qualcosa di grande insieme”), e il tedesco non ne è capace, perché – con la matita all’orecchio come il salumiere, o col ditino alzato come il maestro di scuola – fa i conti di quel che le conviene. É una parte di quella “impoliticità” del tedesco, che Thomas Mann riconosceva così magistralmente.

Personalmente, vi direi: venite qui a governarci. Spazzate via i politici da cui non sappiamo liberarci. Datevi un compito, magari facendovi compensare con una parte delle tasse che paghiamo ai farabutti nostrani: rendere di nuovo vivace e produttivo questo paese che ha perso la strada per colpa sua. Ma non lo fareste mai: non vi conviene contabilmente, ridare vita a un concorrente. Del resto, ahimè, vi abbiamo già provati: nell’occupazione dopo l’8 settembre, eravate inappuntabili, perfetti, giusti anche nelle rappresaglie, avevate i “tecnici” che ci volevano per farci cooperare alla vittoria (certi tecnici con le mostrine nere) e per sedare gli insubordinati e fancazzisti...ebbene, è stato forse il solo momento della storia in cui gli italiani sono stati uniti – nel detestarvi.

Abbiate almeno il coraggio di dire: basta, l’euro non funziona, l’Europa può essere salvata solo con un preordinato smantellamento della superfetazione illuministica (francese, unità tedesca, di una “unità” studiata a tavolino e imposta dietro le quinte). Ma sapete chi lo denunciò? Il generale De Gaulle, mica voi, Voi, allora, eravate sotto occupazione e senza alcun peso; De Gaulle coprì il vostro Adenauer , se lo fece alleato nella battaglia contro il potere transnazionale e oligarchico, finanziario (“apatride, una sinarchia”, diceva il Generale) che voleva questa Comunità Europea a-sovrana. Insomma, fu De Gaulle a indicare la politica, che voi eravate incapaci di esprimere. Allora non avevate la forza. Oggi, non avete l’audacia e la grandezza. Peccato.

Maurizio Blondet