Perché soffrono i bambini? Il Papa non lo sa
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Caro Maurizio, a proposito del tuo articolo “La  Chiesa è seme o pianta?”,  ho paura che la risposta sia già nel Catechismo, Ti ricopio il punto  675:

L’ultima prova della Chiesa  -  675
Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti [Cf ⇒ Lc 18,8; ⇒ Mt 24,12 ]. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra [Cf ⇒ Lc 21,12; ⇒ Gv 15,19-20 ] svelerà il “Mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne [Cf ⇒ 2Ts 2,4-12; 675 ⇒ 1Ts 5,2-3; ⇒ 2Gv 1,7; ⇒ 1Gv 2,18; ⇒ 1Gv 2,22 ].

Quanto a Bergoglio: hai sentito l’incontro in Vaticano alla “fabbrica della pace” presente la Bonino con 7 mila bambini? Di fronte alla domanda di una piccola handicappata: perché i bambini soffrono, si è ben guardato dal nominare Gesù Cristo o la Croce, anzi ha confessato l’impossibilità di trovare una spiegazione alla sofferenza. Credo che abbia ragione chi dice che questo Papa non è cattolico.

Fabio B.



Sì, è impressionante. Sia il passo del Catechismo che mi ricordi, sia la non-risposta di Bergoglio al bambino malato (l’ho sentita anch’io a Radio Radicale): “Perché i bambini soffrono?”,

“Questa domanda è una delle più difficili a cui rispondere. Non c’è risposta” ha detto Francesco a un bambino malato che gli chiedeva per quale ragione si viene al mondo con problemi di salute come i suoi e cosa si possa fare. “C’è stato un grande scrittore russo, Dostoevskij, che aveva fatto la stessa domanda: ‘perché soffrono i bambini?’ E lì, si può solo guardare al cielo e aspettare risposte che non si trovano”.   Le agenzie aggiungono: “Francesco però ha detto di poter rispondere alla seconda parte della domanda: “Cosa posso fare io perché un bambino soffra di meno: stargli vicino, la società dia aiuti anche palliativi per le sofferenze dei bambini, si sviluppino l’educazione dei bambini verso le malattie. Lavorare tanto”. La risposta da ONG.

Terribile davvero, un credente che non sa rispondere: è un mutismo che diffonde disperazione.

Oltretutto, se la sofferenza non ha senso
è giustificabile l’eutanasia.

Il non invitare i bambini a dare senso alla loro sofferenza come intercessione per i peccatori, come definirlo?

La Vergine di Fatima chiese ai tre pastorelli, di 7, 9, e 10 anni: “Volete offrirvi al Padre del Cielo, pronti ad accettare tutte le sofferenze che vorrà mandarvi, per la pace nel mondo e per la conversione dei peccatori?”.  “Sì, lo vogliamo”, risposero. Giacinta e Francesco soffrirono di una malattia inguaribile e misteriosa, che accettarono “per i peccatori”, con l’eroico coraggio che solo ai bambini si può chiedere. Giacinta aveva una ferita aperta sul petto  che non rimarginò; morì in un ospedale  di Lisbona, lontana dai genitori e dalla mamma, in una solitudine estrema e crudele per una bambina così delicata.

Ebbene: le  ultime parole di questa bambina malata  e sola, fra i rumori e gli odori di un ospedale    dei poveri, furono: “Mio Gesù  ora puoi convertire molti peccatori, perché questo sacrificio è molto grande…”.

La cara, eroica bambina, che   ha convertito chissà quanti di noi,  sapeva la risposta — la risposta che manca a Papa  Bergoglio. Ché poi, intendiamoci: non si può pensare che il papa gesuita non “sappia il suo catechismo”. E difatti in altra occasione il 27 novembre 2013, in una udienza generale, Bergoglio ha affrontato meglio la  questione:

“A me  ha sempre colpito la domanda ‘perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini?’. Se viene intesa come la fine di tutto”, ed ha continuato: “Nei momenti più dolorosi della nostra vita, – ha detto – quando abbiamo perso una persona cara, i genitori, un amico, un figlio, ci accorgiamo che anche lacerati, e nel cuore del distacco, che non può essere tutto finito, che il bene non è stato inutile, c’è un istinto potente dentro noi che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte”.

Questa “sete di vita”, ha osservato il Papa, “ha trovato risposta nella resurrezione di Cristo, che non dà solo certezza della resurrezione, ma illumina anche il mistero della morte: se vivremo con Gesù, uniti a lui, saremo capaci di affrontare anche il passaggio della morte  (...) Se la mia vita è stata di fiducia nel Signore - ha affermato il Papa - sarò pronto a accettare la morte come definitivo abbandono nelle sue mani confidenti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto”.  E come si sta vicini a  Gesù?, si è domandato. E si è risposto: oltre che con i sacramenti e  la preghiera, “con la con la pratica della carità: Lui stesso – ha spiegato – si è identificato con poveri e sofferenti nella parabola del giudizio finale”.

E tuttavia, anche in questa risposta, migliore dell’ultima, mi pare manchi qualcosa. Ed è la nozione  – certo durissima da comunicare – della croce da accettare e persino amare, per espiazione e per intercessione; il senso ultimo che il cristiano può dare alla sua sofferenza (il motivo per cui, dice san Paolo, “noi stravinciamo”:  in Cristo, possiamo trasformare la disfatta in vittoria), e a quella dei bambini innocenti: è quel che gli innocenti sanno, che ai bambini si può chiedere (come fece la Donna splendente  di Fatima, che certo  non è meno buona del Papa…).

Questo angolo cieco del Papa argentino è, credo, un effetto del  modernismo. Bergoglio ne è un prodotto più ancora che un esponente.  Oltre che uno che dovrebbe parlare meno a braccio...

Maurizio Blondet