Il risorgimento italiano come prosecuzione del protestantesimo germanico (2)
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Rivisitare il Risorgimento

Scrivere di storia spesso vuol dire rivisitarla e gettare nuova luce su un passato che si conosce malamente. Il Risorgimento è una di quelle epoche su cui la storiografia dei vincitori ha esercitato una specie di censura, che ha impedito ai posteri di conoscerne la vera natura.

Angela Pellicciari ha redatto numerosi libri sulla questione risorgimentale[1] ed è andata a riscoprire, studiando le fonti, ciò che in quei tempi si scrisse da parte liberal/massonica e da parte integralmente cattolica sulle vicende e sulle dottrine del Risorgimento e ciò che avvenne di cruentemente rivoluzionario, ma che non ci è stato tramandato dai vincitori, i quali si macchiarono di orribili delitti, e dai catto/liberali, i quali si sono appiattiti sull’ideologia risorgimentale.

In quest’articolo mi baso sul libro della Pellicciari L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata (Casale Monferrato, Piemme, 2000). L’autrice nota giustamente: “L’immagine del Risorgimento che ci è stata tramandata è quella voluta da coloro che lo hanno costruito: i governanti del Regno di Sardegna, innanzi tutto, ma anche tutti gli uomini che ne hanno appoggiato la politica, e, non ultimi, i governi delle potenze alleate [Inghilterra e Francia] che ne hanno reso possibile la realizzazione” (cit., pp. 9-10).

“Dicunt sed non faciunt”

Tuttavia si nota una evidente contraddizione tra ciò che i liberali hanno scritto e detto sul Risorgimento e ciò che hanno fatto durante il Risorgimento. Infatti i liberali e i Savoia sostenevano di avere il diritto di portare la libertà in tutta l’Italia perché il loro governo era liberale e costituzionale, mentre tutti gli altri regni d’Italia, secondo loro, erano incostituzionali e illiberali. Però il primo governo costituzionale dei Savoia rivela una evidente violazione del proprio Statuto. Infatti il governo piemontese, pur dichiarando che “la Religione cattolica, apostolica e romana è l’unica religione di Stato”, nel medesimo tempo “scatena la prima seria persecuzione anticattolica dopo l’epoca di Costantino, immediatamente estesa al resto d’Italia dopo l’unificazione” (cit., p. 10).

Si iniziò con la soppressione dei Gesuiti nel 1848 per arrivare a sopprimere progressivamente sino nel 1873 quasi tutti gli ordini religiosi in Italia; circa 60 mila fra uomini e donne, vennero messi sulla strada, cacciati dalle loro case religiose, privati del loro apostolato, dei libri, degli arredi sacri, delle biblioteche e del loro stile di vita, che avevano scelto liberamente e non forzatamente. È stato il liberalismo risorgimentale che li ha forzati a lasciare tutto ciò mentre non era stata la Chiesa romana a obbligarli ad abbracciare la vita religiosa. Tutto ciò il Risorgimento lo ha fatto in nome della libertà, conculcata - secondo i liberali - dalla Chiesa, e in nome della Costituzione liberale, calpestata - sempre secondo i liberali - dagli altri re della penisola italiana, che per questo falso motivo vennero privati del loro regno dai Savoia.

I limiti della storiografia post-risorgimentale

Il guaio, bene evidenziato dalla Pellicciari, è che la storiografia post-risorgimentale, sia laicista sia catto/liberale, ha rimosso le storture compiute dai liberali ed ha parlato solo delle buone intenzioni proclamate, ma non praticate, dai caporioni del Risorgimento cosicché oggi abbiamo una storia risorgimentale scritta dai vincitori e non si conoscono le ragioni degli sconfitti, ossia del Papa e dei re dei vari Stati preunitari italiani mandati in esilio dai Savoia.

Tuttavia basterebbe leggere gli Atti di Pio IX, in cui il Pontefice spiega le ragioni del suo agire e mette in luce le violazioni del diritto e della giustizia commesse dai governanti piemontesi, per capire che la storia vera è più complessa di quella che ci viene raccontata nei libri di testo, i quali osannano il Risorgimento e, pur professandosi cattolici o non anticristiani, accusano il Papa di non aver capito e di aver ostacolato il progresso risorgimentale.

Inoltre occorre andare a rivisitare i fatti cruenti perpetrati dai caporioni del Risorgimento dal 1848 al 1870 per comprendere che nella realtà esso è stato un fenomeno rivoluzionario, religiosamente simile alla riforma luterana e politicamente alla rivoluzione francese.

Ma il più grave è che, dopo 150 anni di storiografia filo-risorgimentale, essendo stati noi deformati dalla propaganda liberale, non capiamo il significato di ciò che ha detto Pio IX, il quale viene scambiato per un retrivo o un testardo, che non ha compreso nulla di ciò che succedeva attorno a lui; mentre Pio IX ha inteso benissimo ed esposto chiarissimamente lo spirito che animava la lotta risorgimentale, la quale è stata essenzialmente anti-romana e anti-cattolica.

Il pericolo catto/liberale

Il cattolicesimo liberale dei risorgimentali è stato il grimaldello che ha potuto scalfire il deposito storico consegnatoci dal Papa e dagli storici integralmente cattolici contemporanei del Risorgimento (che hanno raccontato le sue gesta così come sono avvenute) per giungere a falsare il racconto dei fatti e dei programmi, che animarono la rivoluzione risorgimentale. Come i modernisti, e prima di loro, i catto/liberali risorgimentali hanno combattuto, assieme alla massoneria, la Chiesa, però professandosi esteriormente cattolici, non rompendo con la Chiesa, (come fece Lutero per combatterla dal di fuori), ma fingendo di esser restati in essa per poterla erodere dall’interno. Purtroppo questa è stata la tattica vincente, che ha cambiato le carte in tavola e ci ha reso difficile, essendo passati circa 150 anni, capire la vera natura della rivoluzione risorgimentale.

Il vero fine del Risorgimento

I Papi (Pio IX e Leone XIII) hanno spiegato costantemente che il Risorgimento è stato “un tentativo di sterminare la religione di Gesù Cristo, voluto e promosso dalla massoneria nell’intento di distruggere il potere spirituale usando come grimaldello la fine del potere temporale” (cit., p. 11).

Il vero fine del Risorgimento era la fine della Chiesa e la distruzione del potere temporale era solo un mezzo per arrivare a questo perverso fine, nascondendo le proprie reali intenzioni dietro un paravento che le rendesse più accettabili e meno odiose.

Il merito della storiografia rivisitatrice o revisionista del Risorgimento è quello di far chiarezza sulle sue intenzioni e sui fatti e misfatti perpetrati durante il suo svolgimento. La storiografia non può non essere ricerca e revisione dei testi e dei fatti giunti a noi.

Nazionalismo contro universalismo romano

Il risveglio del sentimento dell’unità nazionale era altresì un pretesto. L’Italia era una, anche se non aveva un governo centrale perché era una per religione, per cultura, per lingua, per arte, per 1.500 di storia. Sicché l’unità di governo, sotto i Savoia, della penisola italiana aveva di mira “la distruzione dell’universalismo cattolico per soppiantarlo con un potere internazionale [Italia, Francia e Inghilterra, ndr] di tipo nuovo, al passo coi tempi, radicalmente anticattolico” (cit., p. 11).

Questo lato del Risorgimento lo accomuna al protestantesimo. Infatti Studiando il Risorgimento italiano ci si accorge che esso è caratterizzato dallo stesso odio di Lutero contro Roma, contro il Papa e la Chiesa di Cristo, la quale è romana e universale per volontà di Dio. Questo è l’elemento anti-romano, anti-cattolico e ultimamente anti-cristiano (poiché Cristo ha voluto la sua Chiesa petrina e quindi “romana”) del Risorgimento “italiano”, o meglio liberal/massonico, in cui la casa Savoia è stata la longa manus dell’Inghilterra protestante per distruggere il potere temporale della Chiesa romana e “se fosse possibile” la stessa Chiesa di Cristo fondata su Pietro. Inoltre come Lutero ha combattuto Roma come la Babilonia, la gran prostituta (descritta nell’Apocalisse di San Giovanni), depredando e incamerando i beni della Chiesa in mezza Europa del nord, così il Risorgimento ha fatto con la Chiesa romana e  i suoi beni in Italia.

Motivazioni economiche

I Papi hanno insegnato che Risorgimento in senso stretto significa “risorgimentodel paganesimo persecutore della Chiesa di Cristo. Infatti i liberali non solo perseguitarono i cattolici cruentemente, col carcere e le uccisioni come vedremo negli articoli seguenti, ma incamerarono per pochi denari i beni espropriati della Chiesa in nome della libertà e del progresso.

“La massoneria ha scatenato in Italia una guerra senza quartiere contro la Chiesa cattolica utilizzando i Savoia e i liberali come testa di ponte”. Quindi “gli artefici de Risorgimento sarebbero non i primi italiani, ma i primi anti-italiani” (cit., p. 12).

d. Curzio Nitoglia

(Fine della seconda parte)



[1] A. Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & massoni contro la Chiesa, Milano, Ares, II ed., 2010; Id., L’altro Risorgimento, Casale Monferrato, Piemme, 2000; Id., I panni sporchi dei Mille, Siena, Cantagalli, II ed., 2011.