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Euro-falliti
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«Ah, se gli europei dicessero: yes, we can», sospirava Tommaso Padoa Schioppa sul Corriere del 6 giugno. Macchè, sono «incapaci di pensare  europeo», si sconsolava Barbara Spinelli, la fidanzata di Padoa Schioppa, su La Stampa. Insomma, gli europei sono troppo cretini per questa bella elite eurocratica, che sa cosa è bene per loro meglio di loro. «La realtà, continuano a vederla attraverso l’unica lente che conoscono: quella dello Stato-nazione».

Barbara Spinelli è anche figlia di Altiero Spinelli, il dirigente del PCI, antifascista  e massone laicissimo: uno degli artefici, nel dopoguerra, del progetto illuminista-giacobino dell’europeismo anti-nazionale e burocratico, che Jean Monnet fabbricò su indicazione dei banchieri americani, che gli affidarono la distribuzione del Piano Marshall: una Europa senza sovranità. Sicchè è patetico che la Spinelli citi «Antonio Padoa Schioppa, studioso di diritto europeo», secondo cui «Non è vero che uno Stato per funzionare debba avere prima una nazione, un demos. L’analisi storica mostra che in Paesi come Francia, Inghilterra e Spagna l’identità nazionale si è formata dopo la nascita degli Stati, e non prima».

Patetico che la Spinelli citi il fratello del suo amante: il gran progetto illuminista è ormai un’utopia intra-familiare, coltivata in certi piccoli gruppi endogamici. Commissari europei, euro-economisti e euro-pensatori si perpetuano per coito e scambi delle mogli. Patetico che il fratello dell’amante della figlia del Venerato Maestro Altiero parafrasi, più burocraticamente pedante, una frase lapidaria di Mussolini: «E’ lo Stato che crea la nazione».

Solo che Mussolini riuscì a «nazionalizzare le masse» (poi la sconfitta in guerra ci ha fatto riperdere la patria), mentre tutta l’ammucchiata euro-massonica, con tutti i poteri che si è presa, con tutte le sovranità che ci ha sottratto, non riesce a formare un «demos» europeo.

Sarebbe veramente ora che questi compagni di letto e di Commissione, anzichè ripeterci le loro altezzose lezioni, prendessero atto che il loro progetto, studiato a tavolino con il giacobino intento di formare l’uomo nuovo europide, era destinato al fallimento: proprio perchè artificiale.

EU_FALLITI.jpgNon siamo noi gli «incapaci di pensare europeo», sono loro. Ed hanno sbagliato proprio sul piano in cui si credono superiori, quello intellettuale. Hanno scambiato la sovranità degli Stati con il loro potere, e gliel’hanno tolta a pezzi e bocconi, di nascosto dai popoli. Invece la sovranità non è questione di potere, ma di «autorità»: è la risposta alla domanda centrale della politica: «Chi ha diritto di comandare?». L’autorità è semplicemente il diritto che il popolo, soggetto a detta autorità, le riconosce di comandare (governare). E questo  diritto – che s’identifica con la libertà politica di sceglirsi l’autorità da cui farsi comandare – non può avvenire senza uno Stato. E uno Stato non può non avere precisi confini. Credere, come hanno fatto i giacobini sprezzanti, che i confini non contano più, è credere che la chiarezza e il rigore del diritto può essere sostituito da «normative» e «regolamentazioni» burocratiche. Costoro vedono nel conflitto fra persone e gruppi, che è il sano esercizio di libertà sotto legge di cittadini soggetti a uno Stato, una causa di disordine e discordia; esattamente allo stesso modo, le sovranità delle nazioni (ossia la loro indipendenza di persone giuridiche) per costoro sono un rischio permanente di guerra intra-europea,
e per questo hanno evirato gli Stati della sovranità, assoggettandoli ad un potere non-sovrano ma «amministrativo» – ossia dove il diritto non è chiaro nè rigoroso, e la formazione del diritto è sottratta al controllo dei governati, mentre è sotto il controllo di lobby che non rispondono a nessuno.

Di fatto, questi antifascisti illuminati hanno cercato di replicare – come rivela la frase di Antonio Padoa Schioppa (il fratello) – qualcosa come un super-Stato corporativo senza Stato, un fumoso «fascismo burocratico» che hanno provveduto ad evirare come si fa coi tori, perchè non desse cornate. In altre parole, hanno ridotto la statualità, da corpo giuridico che garantisce la libertà d’azione ai membri dello Stato, in una struttura di comando e di obbedienza a livello europeo. Anzi extra-europeo: per svirilizzare sempre più i sentimenti nazionali dei grandi Stati europei, contro la volontà popolare ripetutamente espressa, hanno proceduto ad un allargamento ad Est insensato, e ancor più insensatamente verso l’Asia – dalla Turchia alla Georgia: per scoprire che non hanno fatto altro che imbarcare nazionalismi litigiosi e irriducibili benchè minimi (Polonia, Lettonia, Ungheria, e Shakasvili e Israele in attesa d’imbarco), suscitando rigurgiti identitari ed etnicisti, e voglie di secessione. Per la prima volta, credo, hanno all’europarlamento il British National Party.

L’ambizione della famigliola massonico-intragametica non ha avuto limiti. Volevano formare un superStato europoide, sovrano con loro come sovrani, e con lo Stato un popolo: cominciando con escludere i popoli, di cui hanno paura. Per decenni, nel modo fraudolento («nell’ombra») di Monnet; da ultimo hanno ripetutamente imposto una Costituzione studiata a tavolino con le loro lobby, che è stata bocciata ogni volta che un popolo ha avuto la possibilità di votarla con referendum. Non importa: la rivogliono imporre. Senza  prendere atto che quel che manca alla Costituzione europea fraudolenta  è la legittimità; ossia che essi non hanno il diritto di comandare.

Ci comandano lo stesso, per via di direttive. E si lamentano pure: l’Europa «declina», perde «competitività», non è produttiva, non ha entusiasmo... ovviamente. E’ ciò che accade quando dei popoli sono governati da una potenza straniera o estranea. Lavorano meno, fanno meno figli perfino, perchè  l’entità estranea li ha privati del loro futuro autonomo, li porta dove essi – nel profondo del cuore collettivo – non vogliono andare. Sono loro, gli illuminati, i colpevoli del declino d’Europa.

Ci dicono: l’Europa  conta sempre meno nel mondo, perchè non ha politica estera, «non parla con una sola voce». Ovvio anche questo: gli europei non hanno la politica estera che vuole Tommaso con Barbara. Ne vogliono, palesemente, una diversa. E nella misura in cui gli Stati non più sovrani hanno ancora potere, la cominciano a fare.

Stati sovrani europei possono benissimo agire in concordia e in accordo. Negli anni '30, spiace dirlo, una dozzina di Stati autoritari fascisti, dalla Spagna all’Ungheria, avevano dato forma ad un’Europa fraterna. Più consonante di quanto siano mai riusciti a fare i massoni talamici e i loro «fratelli». Ovviamente non era «democratica»: per renderla democratica, gli illuministi hanno cominciato con l’escludere i popoli dalla scelta del loro futuro – e dei loro vicini. E persino del loro presidente. Ce ne avevano già scelto uno – Toni Blair, l’americano, di un Paese che è nella UE solo a metà – il cui partito ora si scioglie ed è prossimo alla scomparsa.

Classico esempio di eterogenesi dei fini. Del resto ve n’è uno più grande, enorme, perfettamente visibile ad occhio nudo. Monnet e i suoi finanziatori USA crearono quell’Europa nell’ombra allo scopo di annullare la forza tedesca, per questo procedettero alla castrazione.

Il risultato: ci hanno dato la moneta tedesca che ci ha rovinato come mediterranei (l’euro che è il marco) lasciata nelle mani di una banca Centrale emasculata, che esce dai suoi automatismi solo per rispondere alle pressioni tedesche. La Germania si è riunificata (contro la loro volontà: ma i fatti sono ostinati), ed ora gravita ogni giorno di più dove la tira il suo destino manifesto: verso il Volga, in pieno processo di integrazione economica con Mosca, con l’Est. Praticamente, hanno fatto nascere la Germania di Bismarck, quel semi-impero dove la Prussia dominò senza doversi annettere Stati tedeschi, solo dominandoli con l’unione doganale (Zollverein). Il pericoloso Stato impolitco, forte di fatto, ha ripreso il suo Drang nach Osten.

L’artificiosa costruzione europea non ha potuto far nulla per impedire il processo. Ed è logico: proprio perchè le sovranità nazionali sono state castrate, la Germania conta di più, non di meno. Conta come puro potere, come forza bruta economica, impolitica, guidata dalle sue  prospettive di crescita e di affari ad Est. E «comanda» l’Europa di fatto, non di diritto.

Il che è peggio, perchè un potere che si esercita senza un preciso piano giuridico, è senza limiti. Si veda l’affare Opel-Magna: la visione europea giusta era quella di Marchionne (che è canadese), formare una impresa da 6 milioni di auto; Berlino, con atto di forza, ha dato Opel a un consorzio Magna finanziato da oligarchi russi in crisi. Un piano votato al fallimento. L’Europa non avrà la sua industria automobilistica; in compenso, ora sappiamo che la Germania è «forte» e che ci trascina dove vuole, ancorchè senza «comandare» giuridicamente. Forse, presto, svincolerà gli ormeggi che la tengono legate alla UE, ormai di ostacolo, per andare in deriva verso il nuovo Lebensraum che da sempre l’attrae.

E’ l’ennesima conferma che la sovranità, tanto temuta dagli illuministi, non è un fatto di potere, ma di autorità legittima. Costoro ci ripetono che oggi i singoli Stati sono deboli e impotenti di fronte alla «competizione globale», e per questo non sono più «sovrani». Con ciò, ammettono – senza nemmeno capirlo – che gli Stati più forti sono «più sovrani» degli altri, deboli.

Attenzione: in uno Stato debole, se sovrano, il popolo e il parlamento possono ancora decidere cosa fare, tenuto conto della propria debolezza. Essere sovrani vuol dire, essenzialmente, essere «persone giuridiche». Come un individuo anche povero e di pochi mezzi può impegnarsi in un contratto perchè è giuridicamente persona autonoma e responsabile, così gli Stati deboli possono legarsi in alleanze e accordi firmati con altri Stati. Confondendo il potere con la legge, gli euro-massoni oscurano la primaria funzione del diritto, che è di porre sullo stesso piano il debole e il forte. Un’Europa delle patrie, come la voleva De Gaulle, avrebbe  potuto meglio garantire la coesione europea nel futuro che ci attende, quello della fine dei blocchi. Accordi liberi fra capi di Stato e di governo sono più razionali e attivi di «Bruxelles».

Un’Europa delle patrie sarebbe – com’è stata per secoli – un’Europa delle guerre europee? Per favore. Gli europei non faranno più guerre tra loro, per molte ragioni indipendenti dal progetto giacobino: dalla demografia in calo, all’impraticabilità  della guerra nucleare, fino al fatto di non essere più il centro del mondo. E poi, in questi anni di perdita della sovranità, non abbiamo forse dovuto fare le guerre di Wahington? Non abbiamo soldati in Afghanistan e in Iran? Le guerre si continuano a fare, solo che non dipendono più da noi.

E poi, il rischio – anche di guerra – è parte integrante della libertà e dell’indipendenza. Gli illuministi da letto dovrebbero leggere Immanuel Kant:

«L’idea di diritto delle nazioni presuppone l’idea di Stati indipendenti. Benchè questo sia uno Stato di guerra (potenziale) è pur sempre, secondo ragione, meglio che la fusione di questi Stati... Leggi varate per una grande area perdono vigore, e tale dispotismo senz’anima, dopo aver svuotato il nocciolo di bene che ha, finisce per collassare nell’anarchia».

E’ proprio quel che succede. L’Europa, sotto un dispotismo senz’anima, sta già cadendo nell’anarchia, da quando è stata «allargata» a Polonia e a Bulgaria senza alcun esame, e tende ad allargarsi a Turchia, Israele, Georgia e  Ucraina. E ciò, proprio per il motivo che candidava questi Stati all’entrata in Europa: la loro «sovranità» è incerta da settant’anni, erano satelliti sovietici; ne sono usciti, e sono incapaci di autonomia responsabile. La Polonia ha preteso di regolare i suoi conti con Berlino e Mosca, l’Ucraina di metterci in collisione con la Russia, la Georgia addirittura ci voleva in guerra al suo fianco; ridicole entità fin troppo «identitarie», con la loro nuova nuova identità anti-russa.

Il piano illuminista si sfalda tanto più, quanto più viene applicato ed esteso. E’ esattamente quel che accadde al comunismo: più rigorosamente veniva applicato, più la gente e i popoli morivano, la loro vita era resa impossibile dalla teoria. L’essenza del comunismo è di essere nemica dell’esistenza; l’essenza dell’europeismo ha la stessa natura.

Non è un modo di dire. Nel 1994, quando – nel disgregamento dell’URSS – le ex repubbliche sovietiche abbandonarono l’area del rublo, l’europeista Jacques Delors se ne lamentò con un alto dirigente russo: «Come avete potuto abbandonare una cosa simile? Non sapete che noi, con l’introduzione dell’ECU, abbiamo tratto ispirazione dal vostro sistema? Il nostro ECU è un adattamento europeo di quanto voi avevate realizzato nel COMECON».

Illuminante confessione: il «sistema monetario comune» europeo fu creato sul modello dell’«area di prosperità» (e del razionamento) sovietico. Con il disegno finale di fondere UE e COMECON – esattamente come si fondono due aziende per fusione-acqusizione, Chrysler e Fiat – in una struttura di «comando e di obbedienza», senza libertà politica. I due sistemi burocratici aspiravano, è noto, ad adottarsi l’un l’altro. A Delors corrispondeva Gorbaciov.

Che questo fosse il disegno è comprovato dagli eventi successivi, del tutto imprevisti dagli illuminati: oggi che la Russia è uno Stato nazionale, con una chiara visione del suo interesse nazionale, la UE non la vuole più abbracciare. Piuttosto la Turchia, piuttosto la Georgia; la Russia no. Non vogliono patrie, accettano solo burocrazie, oppure «entità etniche» sub-statali, oppure estranei tout-court.

Ma la forza delle cose ha superato costoro e i loro disegni da tavolino. L’attrattiva, il vero legame di fatto dell’eurocrazia, era la sua promessa di aumentare la prosperità, a quelle nazioni che in cambio cedevano la loro sovranità a Monnet e Spinelli, a Padoa Schioppa e Delors (e Gorbaciov). La crisi epocale che ci ha colpiti rende impossibile mantenere la promessa; i nuovi arrivati dall’Est sono in collasso per aver applicato le lezioni del liberismo finanziario, il «Club Med» è in crisi, la Germania non vuole pagare per le cicale mediterranee, ma  è in una crisi non meno profonda. L’area euro può spaccarsi, il disordine aumenta, il centro non tiene. Che convenienza c’è a restare in questa Europa che non distribuisce ricchezza ma bolle speculative e disoccupazione, e truppe da mettere al servizio del Pentagono?

E’ ora di dire chiaro alle Spinelli-Padoa-Schioppa-Kostoris che la «loro» Europa ci ha portato a questo, che sono loro i colpevoli. E che un’altra Europa è possibile, a cui loro sono di ostacolo. Sempre che siano rimasti popoli come quelli cui pensava Edmund Burke riflettendo sulla rivoluzione illuminista francese: «Una nazione valida certamente prefererirà la libertà politica (liberty) insieme ad una virtuosa povertà, piuttosto che una ricca e corrotta servitù».

La servitù non ci arricchisce più. Sarebbe il momento di riprendersi la libertà, la sovranità in una Europa di nazioni eguali.

Post Scriptum. So che i lettori si aspettano un commento sulle elezioni in Italia. Dico solo questo: che il Salame è riuscito a perdere vincendo, perchè aveva proclamato che gli italiani gli avrebbero dato il 45%, ed ha avuto il 35%. Ringrazi se stesso, e Fini. Il Kippà ha detto negli ultimi mesi più «cose di sinistra» di quante ne abbia dette D’Alema in una vita: sì ai clandestini, ai diritti dei gay, no alla Chiesa, eccetera, eccetera. E’ evidente il risultato: gli elettori di AN hanno votato nel Nord, la Lega, e nel Sud, Di Pietro – che almeno è di destra. AN non c’è più fusa nel PDL; ma non ci sono più nemmeno i suoi elettori. Mi domando perchè ci dobbiamo tenere Fini, con quel che ci costa in stipendi e privilegi. Il suo posto è il Partito Radicale, quello dell’eterno 2%. Vero è che in Zona 1 a Milano Pannella ha avuto il 10%: la Zona Uno si stende fra piazza Cavour e San Babila e via dei Giardini: ci abitano i ricchi-ricchi, gli sfondati solidissimi da generazioni, con nomi spesso ebraici o stranieri. Prima, votavano in massa Bertinotti.



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