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Pensieri umani e Verbo divino
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Nel mio romanzo «Inventore tra gli uomini» il protagonista alla fine della sua vita travagliata perviene ad una visione stupefacente sulla realtà esistenziale.

«Poiché in questa terra, dall’intelligenza del più intricato pensiero filosofico alla più complicata soluzione di problemi fisici o aerodinamici, tutto preesiste nella realtà, sia della vita degli uomini che delle piante, sia nel pensiero dei santi che nelle ali delle colombe o nell’istinto dei castori, il fatto certo è che nessuno inventa niente, ma soltanto scopre cose già esistenti. Il principio della scoperta non dovrebbe essere allora soprattutto lo stupore? Uno stupore continuo nel capire che il vero pensiero umano, quello che attinge dalla verità esistente non è solo nostro? Il nostro è pensiero che si poggia sul Pensiero preesistente che tutto comprende, senza esclusione di quell’amore che mi pareva tutto mio per lei e per me stesso; un Amore di cui, ora so, non sono creatore ma creatura, non inventore, ma invenzione. Nello stupore trovo la soave armonia che è il solo riposo finale, la sola vera invenzione della mente. Qualcuno sa e capisce anche quanto questo pensiero mi allegra e mi basta. Ed eccomi allora povero di spirito, che spogliato dal peso dell’io, posso ora alzare beato il volo verso il Vero, che pensai scioccamente di poter inventare. Allora pensavo di sapere qualcosa della meccanica del mondo. Ora so che tutto, anche il mio pensare e amare, irradia dal disegno del creato, ‘città’ a cui appartengo anima e corpo. Sono fatto e il mondo umano, per questa sacra, divina, eterna meraviglia al cospetto del divino Inventore».

A questo punto la visione di questo inventore tra gli uomini potrebbe aggiungere solo parole diverse al pensiero di Aristotele o alla proiezione geniale di Sant’Agostino sulle due città.
L’idea della Città di Dio, descritta da Agostino, è per il pensiero cattolico, opposta a quella della città mondana.
Si presentano nella coscienza separati da una contrapposizione reale che pare virtuale: «Due amori hanno dunque fondato due città: l’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l’amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste. La prima si gloria di se stessa, la seconda in Dio, perché quella cerca la gloria degli uomini, questa considera sua massima gloria Dio, testimone della coscienza.[…] Nella città di Dio non vi è sapienza umana, ma pietà che rende al vero Dio il culto a lui dovuto, e che attende come ricompensa...‘che Dio sia tutto in tutti’ (1 Cr 15, 28)».
Ecco la Città di Dio (Sant’Agostino, XIV, 28), rappresentata dalla Sua Chiesa, dove Dio sarà tutto in tutti, secondo la Sua volontà.
Il culto divino è inerente alla coscienza umana e non si confonde con nessun altro; definisce un luogo spirituale irriducibile.
Chi ci può rivelare il nostro fine e colmare i nostri vuoti se non Colui che ci ha inventati e a cui dobbiamo credere, secondo la sua Parola?
Il culto a Dio nasce dalla coscienza del senso unico del Bene, rivelato da Dio all’uomo.
La visione agostiniana, psicologica e storica, dell’uomo che si porta nel cuore, inquieto, ferito dal peccato originale, la nostalgia delle ricchezze perdute, riecheggia i motivi della religiosità e filosofia pagane e dell’angoscia di tanta filosofia moderna.
Nella città cristiana l’uomo è chiamato a rispondere grato e devoto all’amore del divino Crocefisso, da cui deriva la più alta responsabilità.
E per seguire il fervore ascetico cristiano nel vero desiderio del Dio velato, si deve preservare la distinzione assoluta tra l’ordine soprannaturale e naturale, e tra le due realtà rappresentate dalle due città.

Vi sono dunque due città con due mentalità essenziali.
Una è rappresentata dalla Cristianità, l’altra dallo spirito della babele mondana.
La contrapposizione tra loro è irriducibile, metafisica, come tra la Chiesa e il mondo moderno.
Nella prima gli uomini sono orientati alla conversione al Vero; nella seconda alla liberazione e all’autonomia dai princìpi divini.
Entrambe impegnano l’umana volontà; le persone possono, in coscienza, traslocarsi da una all’altra città, ma la differenza fra esse è metafisica.
Se tale opposizione irriducibile è ignorata da una nuova classe clericale, che pianifica una conciliazione tra le rivendicazioni di diritti e di uguaglianza della città mondana con il culto della città di Dio, è segno che i falsi profeti, degli strani «maestri d’umanità», ormai imperversano al suo interno.
Trascurare le profezie, dissimulare la santità e le azioni decorrenti dalla forza della Fede, che è Pensiero divino, per mettere in rilievo l’operato umano, anche della Chiesa, per farla apparire quale semplice imperfetta società umana - in una parola - peccatrice, è demolire l’azione del soprannaturale, è ignorare il motore stesso della storia, che disegnata da Dio è scritta dagli impulsi interni dei cuori, da quanto dovrebbe essere scritto nelle coscienze degli uomini d’ogni tempo.

La Cittadella della Fede, intorno alla quale si aggireranno gli uomini sulla fine del mondo, per convertirsi e saziare la loro fame di verità e giustizia, è il Cuore di Maria, dove regna solo il Pensiero di Dio e che lo Spirito Santo chiama città e acropoli di Dio.
Si può, quindi, giustamente dire che quando questa Cittadella di Dio in terra è in pericolo nei tempi finali le apparizioni di Maria preparano il regno a venire.
Di ciò fu eccelso profeta San Luigi Maria Grignion di Monfort.

«La salvezza del mondo ebbe principio per mezzo di Maria; per mezzo di Maria deve avere anche il suo compimento. Nella prima venuta di Gesù Cristo, Maria quasi non comparve, perché gli uomini, ancora poco istruiti e illuminati sulla persona del suo Figlio, non si allontanassero da Lui, dalla verità, attaccandosi sensibilmente e grossolanamente a lei, come sarebbe probabilmente accaduto - se ella fosse stata conosciuta - a causa dell’incanto meraviglioso che Dio le aveva conferito anche all’esterno. Ciò è così vero che San Dionigi l’areopagita osserva che quando la vide, l’avrebbe certamente creduta una dea, per le segrete attrattive e l’incomparabile bellezza che aveva, se la fede, nella quale era ben fermo, non gli avesse insegnato il contrario».

Ma nella seconda venuta di Gesù Cristo Maria dev’essere conosciuta e rivelata dallo Spirito Santo, affinché per mezzo di lei Gesù Cristo sia conosciuto, amato e servito.
Non esistono più i motivi per cui lo Spirito Santo teneva nascosta la sua Sposa mentre essa viveva quaggiù, ed a manifestarla ben poco anche dopo la predicazione del Vangelo.
Nell’ultima fase dei tempi, Dio vuole rivelare e manifestare Maria.
Maria è il capolavoro delle sue mani, sia nell’ordine della grazia che nell’ordine della gloria, ma volle rimanere nascosta quaggiù con umiltà profonda, ottenendo da Dio e dai suoi Apostoli ed Evangelisti di passare inosservata.
Ma col decorrere dei tempi cristiani Maria è rivelata sempre più come l’aurora che precede e annunzia il Sole di giustizia Gesù Cristo, e quindi dev’essere conosciuta e svelata, se si vuole che lo sia Gesù; la conoscenza di Maria è sommo motivo perché gli uomini rendano lode e gloria a Dio.
Essendo la strada per la quale Gesù Cristo è venuto a noi la prima volta, è pure il mezzo sicuro e la strada diritta e immacolata ch’Egli seguirà nella sua seconda venuta, anche se in modo diverso; è la via per andare a Gesù e trovarlo perfettamente: per mezzo di Lei, dunque, devono trovare il Cristo le anime sante che devono risplendere in santità.

La distruzione della Cristianità con l’inganno

Ecco l’ascesa del potere dell’Anticristo come conseguenza dell’oscuramento dell’autorità cattolica e del Papato, fatta in nome di Cristo; prima con il sovvertimento della Fede, poi col potere delle armi e finalmente con il massimo inganno, che arriva a giustificare le rivoluzioni mondane precedenti.
Le prime tappe, della falsa Riforma della rivoluzione cruenta, furono visceralmente antimariane.
Si sappia allora che mentre si trascinava prigioniero il papa Pio VI fino alla sua morte in Francia, una sua richiesta a Maria era esaudita miracolosamente in Italia, anche se oggi quasi dimenticata, nei nostri giorni di profonda amnesia nell’irreparabile inganno conciliare.
Su questo devono ora meditare i veri cattolici in vista di quanto ci viene offerto dalla Madre di Dio in quest’ora tremenda per la Fede.
Quando la Rivoluzione Francese attaccò la Chiesa, il Papa Pio VI reagì chiedendo aiuto con la Lettera «Post peractam» (3 marzo 1792) al re Leopoldo d’Ungheria, imperatore romano.
Ma il Papa sapeva che il vero ricorso era un altro; alla potente Madre di Dio («Lettera Quae causa» 24 novembre 1792)…

«San Pio V ci ha dato l’esempio di questa generosa confidenza, in un suo Breve del 9 marzo 1566, che promulgava un Giubileo. ‘Ancorché le forze dei Nostri nemici siano ingenti, diceva, tuttavia Colui che è con Noi è più forte di chi è contro di Noi, ed il Signore può benissimo salvarCi con un piccolo numero, come con una grande moltitudine’. Il Signore comanda ai venti ed alle tempeste; Lui regola le sorti dei combattimenti, e da piccole cose ricava risultati grandissimi; Lui dirige o svia a suo piacimento i tiri micidiali. Rinfrancate il vostro coraggio, ascoltando questo monito di san Bernardo: ‘Se la causa per cui si combatte è buona, il successo del combattimento non può essere cattivo; similmente non ci si può attendere felici successi da una causa cattiva, e da intenzioni non rette’. E come potranno attendersi un successo cattivo coloro che, con tutte le forze, combattono per la dottrina di Gesù Cristo, per la religione, e per la causa stessa di Cristo? Bisogna perciò sempre affidarsi alla preghiera; ecco il principale Nostro mezzo di difesa; ecco le principali Nostre armi» (ibidem pagina 37). La lettura di questi documenti illustra il modo di agire del Papa cattolico, la cui prima preoccupazione è la difesa della Fede a Roma, come in Europa e nel mondo. Perciò richiama alla preghiera e alla penitenza, poiché in esse c’è già una forma di difesa, comunque vadano le cose. Infatti questo Papa, per non cedere alla Rivoluzione e a Napoleone, se non quanto a indennizzi materiali, fu fatto trascinare come prigioniero in Francia, a Briançon e poi a Valenza, dove morì nel 1799.
Ma prima Pio VI aveva fatto affiggere per tutta Roma un manifesto ufficiale, concedendo indulgenze straordinarie a chi nella preghiera avesse chiesto a Maria che «volgesse misericordiosa e amorevole i suoi occhi sopra la Città
».

Era il 7 luglio 1796.
Due giorni dopo lo sguardo della Madre di Dio si manifestò miracolosamente per sostenere i fedeli non solo di Roma in pericolo, ma di molte altre parti d’Italia (confronta Vittorio Messori, «Gli Occhi di Maria», Rizzoli, pagina 298).
Qual’era il piano rivoluzionario?

Vediamo gli ordini dati dal Direttorio rivoluzionario a Napoleone: «Cittadino generale, ... la religione romana sarà sempre la nemica inconciliabile della Repubblica... il Direttorio vi invita perciò a fare tutto il possibile per distruggere il governo papale».
A quel punto Napoleone aveva già autonomia sufficiente per applicare un suo piano che, come si vedrà, consisteva nel preparare un concordato per ridurre il Papato ad un mezzo con cui soggiogare la Cristianità.
Ma tornando alla Roma cattolica, è importante ricordare gli eventi straordinari allora avvenuti per sostenere la fede dei cattolici perseguitati.

Si può descrivere l’evento anche seguendo due autori, Joachim Bouflet e Philippe Boutry, in «Un segno nel cielo. Le apparizioni della Vergine», Genova, 1999, citato da Messori, opera citata pagine 68-69.
Essi sintetizzano così la cadenza degli avvenimenti che portarono all’inchiesta ufficiale sui miracoli romani: «Il 28 giugno, il cardinale Della Somaglia, vicario (e vescovo effettivo) di Roma, ha invitato a celebrare il fragile armistizio concluso con i francesi; il 7 luglio, scongiura i Romani di recitare le litanie della Vergine ‘affinché con gli occhi frequentemente levati al Cielo verso la nostra affettuosissima Madre, Ella voglia degnarsi di manifestare la sua misericordia e il suo amore verso di noi’; l’8 luglio, egli presiede alla ricognizione giuridica del corpo di Benedetto Labre, il pellegrino mendicante deceduto in odore di santità nella Città Eterna nel 1783 e la cui causa di beatificazione viene aperta. Il 9 luglio 1796, il popolo di Roma grida al miracolo davanti a una delle Madonne delle strade più popolari della città».
I due autori, commentando i prodigi del 1796, parlano di «dimensione nuova che la devozione mariana assume all’epoca delle Rivoluzioni: l’espressione di una resistenza emozionale e devozionale di larghi settori delle popolazioni cattoliche agli sconvolgimenti politici e religiosi».
Il libro di Messori racconta questa serie impressionante di miracoli documentati da molti e finalmente riconosciuti anche dalla Chiesa dopo autentici Processi compilati in Roma.
Dunque, quando un Papa e un dignitario della Chiesa, come il cardinal vicario Della Somaglia, che sarebbe divenuto nel 1823 Segretario di Stato di Leone XII, chiesero, l’affettuosissima Madre rispose ai Romani «con gli occhi levati al Cielo».
Undici giorni dopo l’appello, Ella manifestò il suo amore verso la Chiesa che riviveva la passione di suo Figlio.

La passione del Cristianesimo

La persecuzione non si è più fermata nel suo intento di colpire a morte il Papa cattolico romano come autorità divina ridimensionata ai tempi ecumenistici.
Viviamo oggi questo tempo, dell’eccidio papale, di cui non si vuole parlare, ma che è figurata nella visione del Terzo Segreto di Fatima.
Essa è stata censurata per decenni ed è tuttora raggirata.
Perché?
Prelude l’inganno finale?
Già questa lunga censura e contraddittorio raggiramento sembrano indicarlo.
Come capire oggi il modo come Dio si manifesta per prevenire ed affrontare gli eventi nefasti che pendono sulla Cristianità e la Chiesa?
Sul rapporto esistente tra la Profezia di Fatima e questa situazione, dopo quanto previsto dal Santo e dai Papi, si desume che sarà attraverso Maria che si potrà vedere la situazione fatale in cui si trova il Papato cattolico.
I Papi della richiesta di Fatima l’hanno trascurata e a loro sono subentrati i pastori ecumenisti.
E ciò è chiaro attraverso la comunicazione intima del Signore a Suor Lucia di Fatima, che ella scrisse al suo vescovo nell’agosto del 1931: «Fa sapere ai miei ministri che siccome essi hanno seguito l’esempio del Re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia domanda, lo seguiranno nella disgrazia».
Ciò perché la richiesta divina inoltrata affinché la Russia fosse consacrata all’immacolato Cuore di Maria rimaneva ancora inascoltata alla morte di Pio XII.
La comunicazione propone ai cattolici un paragone tra alcuni re del passato - i Borboni di Francia - e i loro ministri cristiani e i Papi del nostro tempo circondati da grandi mali.
Il segno non fu riconosciuto allora dai re e nei nostri tempi in modo ancora più grave dai Papi; riguardava il mondo e la salvezza delle anime.
 
Una ghigliottina introdotta in Vaticano?

Se si considera il Magistero dei Papi cattolici e i Segni divini, non vi è dubbio su questa presenza virtuale.
Il Magistero fu sinuosamente invertito sull’unità e unicità della Fede divina e sulla libertà della Chiesa e della sua missione e culto.
Che altro hanno fatto con la parola dei Papi sulla persecuzione della Fede, per esempio: «si permette la libertà di culto e di coscienza...; per ciò stesso si confonde la verità con l’errore, e si pone al pari delle sètte, eretiche, e anche della perfidia giudaica, la Sposa santa e immacolata di Cristo, la Chiesa, fuori della quale non vi è salvezza. Inoltre, promettendo favore e appoggio alle sètte eretiche e ai loro ministri, si tollerano e favoriscono non solo le persone, ma anche i loro errori. E implicitamente la disastrosa e deplorevolissima eresia che Sant’ Agostino ricorda con queste parole: ‘Afferma che tutti gli eretici sono nella buona via e dicono il vero, assurdità tanto mostruosa che non posso credere che qualche sètta la professi realmente’... «Sotto l’uguale protezione d’ogni culto, si nasconde la più pericolosa persecuzione, la più astuta che sia possibile immaginare contro la Chiesa di Gesù Cristo e, purtroppo, la meglio attrezzata per lanciarvi la confusione e anche distruggerla, se fosse possibile, con il prevalere delle forze dell’inferno contro la Chiesa».

E che hanno fatto con i Sacramenti e con la Santa Messa?
La sovversione eretica è nei documenti conciliari, dalla «Lumen gentium» alla «Dignitatis humanae», dalla «Gaudium et Spes» alla «Nostra aetate».
Per la Tradizione e i suoi fedeli fu preparata la ghigliottina clericale; per quanti non sarebbero pronti a professare i dogmi rivoluzionari della libertà, uguaglianza e fraternità ecumenista.
Pende da allora una lama omicida sulla vita ecclesiale di chi accoglie le profezie di La Salette e Fatima sui poteri di Satana sopraggiunti alla Sede di Roma, anche se specialmente esorcizzati da Leone XIII nel seguente brano: «Le orde astuziosissime hanno riempito di amarezza la Chiesa, Sposa Immacolata dell’Agnello, e l’hanno inebriata con l’assenzio; si sono messi in opera per realizzare tutti i loro empi disegni. Là, dove è costituita la Sede del Beatissimo Pietro e Cattedra della Verità per illuminare i popoli, là, hanno collocato il trono dell’abominazione della loro empietà, affinché, ferito il Pastore, le pecore fossero disperse!».

Sarebbe la rivoluzione dell’inganno interno alla Chiesa e al Papato descritto nel libro «Le infiltrazioni massoniche nella Chiesa» del padre E. Barbier, sul piano della Massoneria di corrompere il clero e gerarchia con i fumi della Rivoluzione; piano descritto nel documento del «profeta apostata», l’ex canonico Roca.
Tutto in vista di un Vangelo evoluto verso una Cristianità innovata da un culto universale dove tutti i culti saranno incorporati... un nuovo ordine per l’organizzazione una nuova Chiesa che riceverà a Roma «la consacrazione canonica» da un Concilio indetto da un Papa «secondo i nostri bisogni».
Così il culto divino e i precetti della Chiesa Romana soffrirono con tale «concilio ecumenista» la mutazione voluta per essere al passo con la civiltà moderna.

Tale rivoluzione voleva assorbire il Papato con l’erezione di Pontefici che avessero l’idea di battezzare le idee sulla libertà, uguaglianza e fraternità della «religione dell’uomo che si fa dio», come lo ha fatto Paolo VI alla chiusura del Vaticano II; di esaltare la «profonda religiosità di Lutero», come lo ha fatto Giovanni Paolo II in molteplici occasioni, e come fa Benedetto XVI, per avanzare con la sua evoluzione ecumenista.
Ora, poiché non c’è in noi una sola facoltà che non rimandi al suo termine spirituale, e quindi alla verità delle cose, dobbiamo guidare la nostra vita personale e seguire una politica universale all’intensa luce dei segni soprannaturali.
Se è impossibile all’uomo conoscere da solo e nella sua totalità la natura e il destino umano, si deve ricorrere all’ausilio della luce rivelata e ai suoi segni.
Essi sono nella Chiesa e per la difesa della Chiesa sino alla fine dei tempi.
A questo punto i cristiani dovrebbero ricordare che il Cristianesimo è la verità completa; è la religione dell’intervento «politico» di Dio nella città dell’uomo.
Il suo nemico non la può distruggere, ma può far sì che gli uomini passino a vederla dove sussiste una gerarchia che disperde i fedeli tradizionali benedicendo i controvalori del mondo, ritoccando il Vangelo, riciclando il Culto divino e censurando i veri segni straordinari portati dalla Madre di Dio.
Se questo non è il grande segno dei falsi profeti descritto nei Vangeli, cosa ancora ci dobbiamo aspettare?
Un nuovo prodigio del sole che questa volta bruci una grande parte della nostra terra?

Gli interventi divini sono spesso velati, per rispetto all’umana libertà, creata ad immagine di Dio, ma poiché ordinati alla redenzione di anime, richiedono da esse un’attenzione rispettosa e grata.
Una volta riconosciute, come è il caso delle visioni di Fatima, vanno accolte come un inestimabile aiuto per la fede cattolica, che non prescinde dei termini di ragione nella conoscenza della realtà attuale.
Ebbene, chi può negare che la visione del Terzo Segreto versa sull’abbattimento del vero ostacolo che impediva la scalata del subdolo potere anticattolico che devasta la vita spirituale e anche politica di questo mondo?
Poiché questo potere devastante ormai domina la vita umana nel pianeta e con esso convivono i capi vaticani, come si è visto nei loro viaggi, dal Brasile delle mille sette all’Africa del Vodu, dall’Oriente dei mille culti all’America della religione democratica, si deve razionalmente capire che il Pastore-ostacolo di cui parla il Signore e i Suoi Apostoli è ormai stato tolto di mezzo.
Quindi, il Terzo Segreto si rende chiaro alla luce della grande apostasia dall’autorità di Dio; il mistero d’iniquità di quei capi che, in nome di Cristo, demoliscono la «politica di Cristo» e i Suoi segni, per favorire il disordine dell’ONU.

La Profezia di Fatima diviene allora un richiamo di ritorno alla vera fede della vera Chiesa che segue la passione del Suo unico Capo e Salvatore.
Il pensiero umano naviga nell’ombra e in mezzo ad incertezze col rischio di abbandonare la realtà e apostatare la verità se non accoglie la Parola divina.
Solo il Verbo non muta e ha già disegnato il futuro al quale possiamo aderire, o dal quale rischiamo di allontanarci per sempre, vantandoci in vano d’essere stati liberi inventori della nostra dignità!
La nostra forza e dignità è nella Parola e nella Profezia di Dio, a cui possiamo aggiungere solo il nostro devoto stupore... perché il Verbo si fece carne... e abitò tra noi.

Arai Daniele



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