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Una società di teppisti
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Il lettore Durando: «Ma parlate ogni tanto del casoItalia!».

E’ che non si sa da dove cominciare. Vediamo. Una cosa mi ha colpito nello scandalo Fastweb dell’evasione dall’IVA e del loro ricilaggio: gli interlocutori non sapevano più come spendere quelle centinaia di milioni. Ferrari, Porsche, diamanti, yacht, ma la fantasia a un certo punto  s’esaurisce. «Moce tocca de spendelli tutti sti sordi», dice uno preoccupato.

Il vuoto pneumatico di quelle teste. Giulio Cesare rubò miliardi dalle casse pubbliche, si riempì di debiti, ma sapeva a cosa il denaro gli serviva, aveva un progetto. Nel piccolo, anche Craxi sapeva perchè. Questi, essendosi impadroniti di una cellula della immane macchina estrattiva di miliardi (di euro) che è la leva fiscale dello Stato, si accorgono con deliziato spavento che è «troppo». Troppo per chi non ha un’idea sul futuro collettivo.

Da qui l’aggancio con la criminalità. Gennaro Mokbel apriva a tutto spiano ristoranti, gioiellerie, palestre tra i Parioli e Prati, controllava decine di aziende internazionali che non facevano nulla, intestate a prestanome, per riciclare i 2,2 miliardi dell’introito fiscale accaparrato. Perchè Mokbel almeno sapeva come si fa. Che personaggio: «Già esponente dell’organizzazione eversiva di destra ‘Terza Posizione’, amico degli ex NAR, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. Tra le sue vecchie frequentazioni figura Antonio D’Inzillo, killer della Banda della Magliana e dei NAR».

E anche questo passato «politico» la dice lunga sul presente. «Terza Posizione» dovrebbe alludere ad un qualche progetto, a una qualche idea di patria, sia pure storta. Adesso, per dirla con un titolo di Dagospia, «Eia! Eia! Alalà! Onore al camerata Mokbel e ai suoi amici, grandi organizzatori dell’elezione truffa di Di Girolamo e i vecchi amici di Ale-danno (Alemanno) e Augello... La galassia nera che pulisce il proprio passato» lavando i capitali in combutta con la ‘Ndrangheta. E’ Mokbel che mette a frutto le sue passate conoscenze tecniche, diciamo così; è lui che falsifica l’elezione di Di Girolamo con schede preparate dalla criminalità organizzata calabrese.

Bell’idea, nata dalla testa di un subnormale con la lacrima facile, quella di far votare «gli italiani all’estero», supposti patriottici e missini.

Guardate come si presentavano nel loro manifesto di fondazione del movimento «Italiani nel Mondo»: come padrini di malavita, per chi sapeva capire il messaggio: «La ‘Ndrangheta fascista», dice sempre Dago.



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Per tutti gli altri coglioni, valeva lo slogan: «‘Italiani nel mondo’ - Un movimento rivolto a tutti gli italiani che credono nella bandiera, nella lingua, nella cultura e nella Patria».

Ah già, la Patria. La bandiera. E la cultura, si capisce, non può mancare. Quanto agli italiani che credono «alla lingua», s’è visto con che lingua apostrofava il senatore Di Girolamo il suo creatore Mokbel:

«Nun me ne frega un c., a me di quello che dici tu, per me Nicò, puoi diventà pure presidente della repubblica, per me sei sempre il portiere mio, (…)  tu sei uno schiavo mio, per me conti... scusa, conti come il portiere, capito Nicò? (...) però ricòrdate, Nicola, che per le sfumature me faccio ammazzà, e faccio del male...».

Il senatore si fa piccino, capisce d’essere minacciato da uno che «faccio del male». Manco un vero criminale, il senatore, ma un subordinato di criminali. Del resto, deve tutto al Mokbel.

«E’ stato lui, si legge nelle cronache, a reclutare i voti dei calabresi in Germania vicini ai clan di Fabrizio Arena e Franco Pugliese. Una persona di sua fiducia con cui fa affari è Paolo Colosimo, avvocato vicino alla destra, difensore di Niccolò Accame, figlio dell’ex deputato Falco ed ex portavoce di Francesco Storace, nel processo Laziogate. Anche per Colosimo, ex legale anche dell’immobiliarista Danilo Coppola, viene chiesto l’arresto».

Insomma, ci sono tutti quelli che credono nella Patria e nella bandiera.

Ancora dalle cronache: «Nelle carte dell’inchiesta che ha coinvolto i vertici di ‘Fastweb’ c’è un particolare che racconta il legame del senatore con i vertici della ‘ndrangheta crotonese. Franco Pugliese, il riciclatore della cosca Arena, è un appassionato di barche di lusso; per 200mila euro compra uno yacht ‘Franck One’ da una ditta di Trapani, il senatore lo aiuta ad intestarlo alla ‘Adv & Partners’, una società romana».

Ma mica è solo Di Girolamo. Il Mokbel, negli interrogatori, si apre: «Io i politici li tratto male. Nel precedente governo Berlusconi li ho anche presi a schiaffi: Alemanno, per esempio». «A Forza Italia gli ho procurato 1.300 schede soltanto nel mio territorio. E loro? Niente».

Vedete che la valanga si sta ingrossando, non si sa se basterà la Bandiera (di Davide) a coprire l’Alemanno e i suoi ex-pariolini e picchiatori diventati chi banditi, chi funzionari comunali, e magari l’uno e l’altro.

William Boykin
   Guido Rossi
Ah, ma nella faccenda c’è anche una personalità della cultura e della sinistra: il professor Guido Rossi, in vari anni capo della Consob, senatore della sinistra indipendente, da sempre vicino alla famiglia Agnelli, presidente di Telecom e sempre Venerata e Venerabile «riserva della repubblica», aveva dato parere favorevole all’inghippo che ha reso possibile la frode.

Qui siamo di fronte non solo a un Grande Venerato Maestro, ma ad un letterato e pensatore, a cui nemmeno Adelphi o Laterza osano rifiutare la pubblicazione. Fra le opere di Guido Rossi, tutte in tema: «Capitalismo opaco», Laterza, 2005, «Il mercato d’azzardo», Adelphi, 2008. E anche «Perché filosofia», stavolta però con la casa editrice del noto don Verzé.

Adesso il professor Guido Rossi sta giusto tenendo un ciclo di conferenze all’Università di Bologna sul tema «Regina Pecunia». Ecco La saggezza che lì impartisce: «La vera ricchezza non è mai il denaro, cioè la pecunia cui Agostino in una predica superba nella sua Ippona, dà le vesti di un’amante volubile e spietata e che solo nel dono al povero può diventare strumento di salvezza. Ma nel desiderio di accumularla si annida invece la perdizione del ricco e la continua volatilità della ricchezza che fugge a chi la possiede».

Ma no, professore, chieda a Mokbel. Il patriota nero della ‘Ndrangheta sa come si fa.

Esemplare anche la deposizione di Angelo Balducci, il capo del consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, coinvolto nello scandalo Protezione Civile - Beretolaso: «Tangenti io? Ma se sono ricco. Prendo 2,5 milioni l’anno» (e nessuno che chieda come mai un funzionario pubblico faccia tanti soldi). Eppure brigava per far avere al quasi quarantenne figlio scemo e fancazzista (per sua ammissione) consulenze pubbliche da 40 mila euro a botta. E, ricco com’era, «utilizzava fra le altre una scheda telefonica pagata dall’imprenditore Diego Anemone (un suo imprenditore amico in appalti) e intestata a un poliziotto in forze al SISDE».

Meno male che c’entra anche il SISDE: la Bandiera, la Patria.


Come ho già detto più volte, qui non si tratta di fare moralismo, nè quelli sono singole persone immorali e corrotte: sono le «istituzioni repubblicane» nonchè «democratiche» ad averli resi così. Anzi, ad averci reso così tutti, nessuno escluso. S’intende, sono istituzioni che tutta la «politica» ha creato, nei decenni, proprio per darsi spazi di malversazione. E’ la cosiddetta «intromissione pubblica» nell’economia e nella società, la pletora indecente e insensata di «controlli» e «competenze» sovrapposte e laterali, che servono solo, ed obbligano, a pagare tangenti per  poter fare cose lecite.

E’ questo che ci sta rendendo quello che siamo, un popolo di teppisti.

Poniamo: il «valore legale del titolo di studio» è precisamente ciò che ha ridotto le nostre università alla qualità che sappiamo: laureati incapaci di leggere un foglietto illustrativo e docenti di «Scienze della  toelettatura-per-animali-da-cortile». Dal momento in cui i parlamentari si sono dati emolumenti da 18 mila al mese, era ovvio che la ‘Ndrangheta cominciasse ad interessarsi di come creare senatori suoi, con lo stampino. E’ inutile incolonnare altri esempi.

Ma c’è di peggio, ed è un fatto che stranamente nessuno dei grandi media rileva: Formigoni si ripresenta per la quarta volta a governatore della Lombardia. Il che è vietato per legge. Ma le sinistre tacciono, perchè anche Errani si ripresenta per l’ennesima volta contra legem.

Non solo si sono dati (ma ce le siamo dati noi, tutti) istituzioni e regole in sè corruttrici, per cui il malaffare è reso «legale»; a loro comodo, poi, questi violano le loro stesse leggi, le norme che si sono dati.

E’ ovvio che questi esempi educhino il resto della società a diventare teppisti: se se ne infischiano delle leggi «loro», perchè «noi» dovremmo rispettarle?

Dietro questa conclusione, ci sono tutte le conseguenze del nostro degrado: dallo spaccio universale della coca alla passione per i trans, dai vandalismi al bullismo delle scolarette contro le loro amichette povere («Non parlo con te perchè i tuoi non vanno allo shopping-center», sentito in una scuola milanese della media borghesia) fino ai graffiti sui muri, gli sgorbi che segnalano che qualche sfigato, che non ha altro modo di ritagliarsi una fetta di potere di fatto, si prende questa usurpazione minima del bene pubblico.

In fondo, entra nella categoria dei graffitari anche la mano ignota che ha aperto i bocchettoni della Lombarda Petroli, facendone uscire ottomila metri cubi di morchia nera, versandola nel Lambro e da qui nel Po. C’è dietro, come le cronache ci lasciano vagamente indovinare, «un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli (...). Su quell’impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. In una parola, Ecocity: così lo ha battezzato la Addamiano Engineering di Nova Milanese, che vuole realizzare tutto ciò. Un progetto che da qualche tempo sembra segnare il passo, frenato da una serie di difficoltà economiche, e sul quale ora la catastrofe del Lambro si abbatte con la forza di un ciclone. E le indagini dei carabinieri, della polizia provinciale e del NOE, il nucleo ecologico dell’Arma, sembrano avere già imboccato una direzione precisa: quella del sottobosco dei subappalti (...). Sparsi da Nord a Sud, gli Addamiano hanno disseminato l’Italia di quartieri ecosostenibili».

D’accordo, è una storia di speculazione edilizia come quelle che infuriano su Milano e la losca fioritura immobiliare originata dal comune. Subappalti significa mafia, ndrangheta, camorra. Ma qui, la mano ignota non s’è accontentata, che so, di appiccare il fuoco ai serbatoi, ha voluto lasciare il suo segno, un graffito di dimensioni  geografico: interi bacini idrografici tinti di nero, il Po e probabilmente l’Adriatico puzzolenti per anni. Così non lo dimenticherà, la Lombardia ecosostenibile.

E’ la «peste italiana» così bene denunciata da Pannella e Bonino: «Le regole democratiche che i padri costituenti intesero porre alla base della Carta fondamentale dello Stato sono state, da subito ed in maniera ampia, disattese dai partiti, che si sono impadroniti del sistema politico-istituzionale del nostro Paese. Nei decenni successivi il processo degenerativo ha investito tutti gli organi e le istituzioni repubblicane, via via erodendo lo Stato di diritto per finire ai giorni nostri, dove il processo di svuotamento e di svilimento della Costituzione viene a compimento in maniera così eclatante, oltre che condivisa. (...) storia sessantennale di distruzione dello Stato di diritto, della democrazia, della legalità, un regime neo-totalitario».

E’ detto benissimo, se si è disposti a dimenticare che i radicali usufruiscono per parte loro della Peste Italiana, essendosi accaparrati 20 milioni di euro l’anno di denaro pubblico per la loro radio, e i supposti «servizi parlamentari» che svolge, cosa a cui nello Stato di diritto non avrebbero diritto alcuno, o se mai dovrebbero averne diritto tutti i partiti.

Ad ogni nuovo Di Girolamo o Bertolaso, tutti a parlare di «riforme» delle «istituzioni». Ma naturalmente non s’è mai visto nella storia che le caste di potere, che godono dei privilegi parassitari che si sono dati e con cui nutrono le clientele disoneste che danno il loro al potere (col voto o con le schede-ndrangheta) vi rinuncino spontaneamente. I sistemi non si auto-riformano, senza un cambio di regime. E del resto, forse è tardi anche per ripensare le istituzioni.

Oggi, il problema di fondo è in quel vuoto pneumatico di progetti. Non abbiamo una vaga idea del futuro, e questo non disturba chi si becca 18 mila euroal mese o 2,5 milioni di euro l’anno nelle poltrone alte.

Ma c’è tutta una parte della società che sta lavorando di più, fa più turni, si sbatte per presentare i suoi prodotti in un mercato che si è ristretto paurosamente per la depressione globale; che rinuncia agli aumenti che merita («Non possiamo, adesso c’è la crisi»), che s’affanna per tener duro di fronte alla competizione globale... e non le viene dato nessuna prospettiva di uscita.

Nessuno è in grado di dire: remate ancora, fate ancora un sacrificio, e domani sarà meglio. Non si rema come matti solo con la prospettiva che, se la ripresa mondiale riappare, anche i lavori di quest’Italia che sta dannandosi l’anima per salvare il sistema dal collasso totale, andranno a finire in Cina o in India.

«Oggi stiamo facendo sacrifici per garantirci un altro giorno di sacrifici, o più sacrifici», dice un blogger che è nell’informatica di alto livello.

A queste elites sociali e intellettuali vere, le sole che portano davvero avanti la baracca, la classe politica non ha alcuna visione da dare, alcuna speranza da offrire. Il massimo che riescono a pensare è qualche «snellimento», magari un po’ più di «flessibilità» (loro che non ne hanno nessuna)  qualche estensione della protezione sociale e della cassa integrazione, qualche pia esortazione alle banche di «allargare il credito»: ma s’intende che se la recessione dura ancora sette anni (come valuta Confidustria), tutti questi sono cerotti su una piaga purulenta.

Persino Keynes aveva compreso che non solo le economie, ma le società umane, funzionano solo se si proiettano nell’avvenire, se si danno dei traguardi: ed è questo lo scopo della politica. E’ una buona idea anche contro la corruzione: la conquista collettiva dell’avvenire purifica. Ma i nostri politici (destra e sinistra, Italia ed estero) non ne hanno la minima idea. Non sanno rispondere alle domande più ovvie: sacrifici perchè? Remare verso dove? Quale idea per un futuro migliore che non sia solo accelerare il ritmo o venire licenziati perchè poco competitivi?

Nessuno che proponga la Fortezza Europa, come De Gaulle. O il «regime change» come Giulio Cesare, con le legioni ad occupare il quartier generale. O magari la decrescita, e un’educazione al trascendimento di sè per affrontare con dignità lo storico tramonto dell’Occidente. Nessuno che indichi un traguardo, sperano che ci penseranno gli americani e loro si accoderanno, come hanno fatto da settant’anni. E intanto, il cervello all’ammasso non lo sanno mettere in funzione.

Il vuoto pneumatico dei criminal-senatori di cui dicevamo all’inizio, quando i soldi sono troppi e non sanno come spenderli, viene da qui. Alleviamo bulletti, e bambini viziati di 50 anni o più. Segnamo il passo da fermi, e intanto la società ci marcisce sotto, in tutte le sue giovani generazioni ignoranti, senza scrupoli, sommarie e regredenti a vista d’occhio.

Ah, mi correggo. Berlusconi s’è stufato di Forza Italia e del Pdl, li vuole disfare. Ha ordinato alla Brambilla di costruire un «nuovo movimento», un «esercito del bene» formato da «promotori della libertà» che risponderanno direttamente ed esclusivamente a lui, un «Partito dell’Amore contro il Partito dell’Odio».

Remate, elites sociali e intellettuai, verso il partito dell’Amore! Un programma preciso, una grande visione politica, finalmente! Vaste programme, direbbe De Gaulle. Ma il Salame ha un’idea concreta, riempirà il nuovo di femmine, veline; imbarca anche l’odontotecnica procace che gli ha curato la mascella. E «risponderanno solo a lui».

Ecco qui il grande traguardo collettivo: le guardie femminili di Gheddafi, con il Salame in mezzo sotto la tenda. Avanti verso la Jamaihria libica. Un vero programma di civiltà.



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