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Gli «enigmatici» attentati intra-islamici
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Saad Hariri, attuale primo ministro libanese e figlio del premier Rafik Hariri, assassinato nel febbraio 2005 in un mega attentato, ha ammesso pubblicamente: «Abbiamo sbagliato ad accusare la Siria dellassassinio di mio padre, labbiamo fatto per motivi politici...».

Questa tardiva (ma rara) resipiscenza ha motivi politici. In realtà, il Tribunale Speciale sul Libano allestito dall’ONU, dopo aver tentato per anni e invano di provare che i siriani erano i mandanti dell’attentato, cambiato personale (il procuratore tedesco Detlev Mehlis s’è dovuto dimettere: aveva manipolato testimoni) oggi sotto la guida di Antonio Cassese si preparava a mettere sotto accusa, per l’attentato, Hezbollah (e dietro questo, l’Iran): il governo israeliano contava di provocare una guerra civile libanese (Hezbollah fa parte del governo di unità nazionale sotto Hariri jr.) o di avere il pretesto di interventire in Libano contro l’organizzazione sciita, ormai bollata dall’ONU come criminale internazionale.

Il tentativo è fallito. Il capo di Hezbollah, Sayyed Nasrallah, ha portato al Tribunale prove che Israele sarebbe implicato nell’attentato Hariri, come dimostrerebbero intercettazioni telefoniche: recenti arresti di spie in Libano (su indicazione di Hezbollah, che per sè ha installato una rete di telecomunicazioni autonoma, ed ha condotto proprie indagini sulla rete di spie ebraiche) hanno dimostrato che il Mossad aveva almeno un centinaio di uomini suoi nelle telecom libanesi. Adesso il Tribunale ha in mano queste prove e, come ha detto il generale Aoun (il capo dei cristiani libanesi) non può gettarle nel cestino senza screditarsi definitivamente.

Persino il re saudita ha mandato il capo dei suoi servizi segreti in Francia, con una lettera a Sarkozy in cui lo prega di trovare una via d’uscita per il Tribunale, nei guai perchè non riuscirebbe più ad incolpare Hezbollah... Sarko ha risposto che la cosa non dipende da lui, perchè sul Tribunale esercitano influenza solo gli americani.

John Bolton
   John Bolton
«Americani» è un po’ generico: meglio dire John Bolton, ambasciatore USA all’ONU sotto (o sopra) Bush jr., nonchè membro del Jewish Institute For National Security Affairs, dell’American Enterprise, del Project for a New American Century (la fondazione culturale che auspicò, nel 2000, «una nuova Pearl Harbor» per convincere gli americani a fare le guerre del nuovo millennio) insomma un neocon che è capace di tutto per amore di Israele, specie alimentare strategie della tensione nei Paesi musulmani. Del resto, Thierry Meyssan (Réseau Voltaire) ha rivelato che il procuratore Mehlis era da anni «consulente» strapagato di sedicenti centri di ricerca americani finanziati dall’AIPAC, American Israeli Political Committee. (La commission Mehlis discréditée)

Detlev Mehlis
   Detlev Mehlis
E’ anche noto che, avendo dovuto Mehlis ritirarsi, Bolton disse che per il Tribunale sul Libano cercava «un clone di Mehlis». Se l’abbia o no trovato in Cassese, ormai, sembra non faccia differenza: il piano di destabilizzazione del Libano pare sventato. Per il momento. La versione ufficiosa è che il regime saudita abbia fatto le dovute pressioni su Hariri, suo satellite: vuole staccare la Siria dall’abbraccio con l’Iran, obbligato finchè Damasco si sente sotto attacco internazionale ed isolata come Stato-terrorista secondo gli ordini israeliani.

Il fatto è che Hezbollah sciita non esce solo politicamente più forte, ma anche con il ruolo morale di audace bocca della verità nel mondo islamico. Giorni fa Sayyed Nasrallah ha reso una dichiarazione rivelatrice: «Se il livello delle attività spionistiche israeliane è così alto in Libano, che cosa si deve dire dello spionaggio israeliano in Iraq, sotto occupazione americana? Sappiamo tutti che un Iraq forte ed unito è anatema per Israele. Per questo Israele promuove giorno e notte conflitti fra iracheni».

Nasrallah alludeva al documento, apparso nel 1982 sulla rivista Kivunim (Direttive) dell’Organizzazione Sionista Mondiale, dove un analista collegato ai servizi, Oded Yinon, indicava quanto fosse opportuno spaccare l’Iraq nelle sue componenti etnico-religiose, onde dividerlo in tre staterelli, uno sciita, uno sunnita, uno curdo. E non solo l’Iraq: lo studio-direttiva lumeggiava, per ciascuno Stato islamico, le «fragilità», ossia le minoranze etnico-religiose che si potevano eccitare l’una contro l’altra per il bene di Israele.

Ora, non passa giorno senza che i nostri media non riferiscano di sanguinosissimi attentati intra-islamici, sia in Afghanistan, Iraq o Pakistan. Ci viene detto che tali attentati sono rivendicati da sigle terroristiche come la ben nota Al Qaeda, o mai sentite; ci viene raccontato che si è trattato di attentati suicidi, senza fermarsi a spiegare come mai i terroristi di Allah trovino tanti martiri disposti a farsi a pezzi per uccidere altri musulmani, sicuri poi di andare in paradiso. Nessuna altra informazione ci viene data sui kamikaze autori delle stragi. Nessun corpo dei suicidi viene identificato, o almeno non ci vien detto dove hanno condotto le indagini – sicuramente pronte e approfondite – che sono seguite agli attentati. Nessuna rete viene mai smantellata seriamente. I kamikaze continuano ad imperversare, sempre più numerosi.

Ora Jonathan Azaziah, un benemerito ebreo d’origine marocchina che vive in USA, ha provato a fare un elenco dei casi di attentati islamici più sospetti. A cominciare dall’orrendo attentato esplosivo che uccise 125 fedeli sciiti nella moschea dell’Imam Ali il 29 agosto 2003 a Najaf, le bombe in serie che ne uccise 178 e ne ferì 500 nella festa di Ashura del marzo 2004, i due camion-bomba che fecero strage di 152 civili a Tel Afar (tra Mossul e Kirkuk) nel marzo 2007: le prime prospezioni rivelarono che erano stati usati esplosivi di tipo militare, addirittura proiettili all’uranio impoverito trovati sulla scena del crimine. Inoltre, si è appurato spesso che gli ordigni improvvisati o IED (Improvised Explosive Device) che colpivano automezzi americani non sembravano affatto improvvisati, visto che alcuni erano capaci di rivoltare un carro armato da 70 tonnellate. Il sistema di innesco elettronico, con segnale radio o laser, era sofisticato.




La strage di Tel Afar, 152 morti


I Marines fecero qualche indagine e, a farla breve, giunsero alle porte della ditta israeliana di armamenti Rafael, da cui pareva uscito l’uranio impoverito dei componenti esplosivi, e della Zapata Engineering, una ditta collegata alla Zapata Oil (la compagnia di George Bush jr.) con sede in North Carolina e a Tel Aviv, che ha ottenuto un contratto da 200 milioni per lo smaltimento delle munizioni in Iraq e l’assistenza ai motori dei veicoli USA e NATO. La Zapata Engineering ha assunto molti ex del Mossad.

Suscitò sospetti anche il fatto che gli insorgenti sapessero con troppa precisione da dove passavano i veicoli da prendere di mira, e chi ci fosse dentro, se un qualunque soldato o un importante ufficiale: informazioni piuttosto alla portata della Zapata e dei suoi ex-Mossad. Due ufficialesse dei Marines incaricate delle indagini sugli strani IED furono trovate con la gola tagliata e chiuse in sacchi della spazzatura. Omicidio islamico, naturalmente.

C’è stato, nell’autunno del 2005, il caso dei due soldati britannici fermati dalla polizia irachena mentre, nella sciita Bassora, guidavano un’auto caricata a bombe, ed erano mascherati da musulmani (e precisamente da elementi dell’Armata del Mahdi, il partito sciita maggioritario a Bassora) proprio nell’imminenza di un importante evento religioso. Per liberare i loro commandos arrestati, i britannici assaltarono la prigionein cui erano detenuti con tank ed elicotteri; incredibilmente, il ministero inglese degli Interni confermò la gravissima circostanza, mentre il ministro della Difesa la negò, sostenendo che il rilascio dei due era stato «negoziato». Erano proprio militari britannici? (British "Undercover Soldiers" Caught driving Booby Trapped Car)

Nel marzo 2005, è accaduto che i Marines arrestarono ben 19 agenti del Mossad che avevano sparato due volte ad un posto di blocco degli stessi Marines. I soldati americani pestarono ben bene i diciannove, strappando loro le stelle di David che tenevano al collo. A quanto pare, erano impiegati della Zapata.

Il 16 ottobre 2006, la CNN mandò in onda un video (che disse di aver ottenuto da un innominato « rappresentante dei ribelli») che mostrava soldati americani uccisi da cecchini. Il video era stato evidentemente ripreso da una telecamera-mirino montata sulla carabina dell’assassino: un aggeggio sofisticatissimo, prodotto dalla israeliana Rafael Advanced Systems che ha perfezionato questi apparecchi «in corpore vili» di palestinesi, nella repressione dell’insorgenza. (www.rafael.co.il)

Centinaia di israeliani circolano liberamente in Iraq, spesso sotto divise americane, coperti da alte protezioni. Fino al luglio 2003 il capo delle forze americane in Iraq è stato il generale Tommy Frank, un ebreo ultrasionista (oggi nella direzione della Bank of America) e dal 2006 c’è addirittura un ufficiale di collegamento tra le forze USA e quelle del Mossad in Iraq: il generale dei Marines Richard Natonsky, ufficialmente vice-comandante per i plans, policies and operations.

Nell’inverno 2004, durante il feroce attacco americano a Falluja, l’uccisione di un ufficiale israeliano portò alla casuale scoperta, per dirla col quotidiano Al-Hayat, di « un grande numero di ufficiali, franchi tiratori e parà israeliani» che stava prendendo parte all’attacco. Secondo la stampa israeliana, v’erano allora almeno mille militari e ufficiali israeliani sparsi nelle forze armate USA in Iraq; ma il numero di rabbini operanti come cappellani militari (37) fa pensare che il numero fosse, almeno ai tempi di Falluja, ancora superiore. All’epoca un rabbino, Irving Elson, di New York, pronunciò un infiammato discorso in cui invitava «rabbini combattenti» ad arruolarsi nelle forze armate americane.

Al novembre 2009, almeno 950 agenti israeliani risultano operanti a Kirkuk come consiglieri del governo separatista curdo, con uffici d’intelligence, magazzini e luoghi di costruzione di ordigni. Proprio nel territorio curdo avvengono i più feroci attentati islamici alle persone e alle chiese della minoranza cristiana, con l’evidente (e riuscito) scopo di indurre col terrore alla fuga quella minoranza, in vista di un futuro referendum secessionista: Aziaziah ci ricorda che la minoranza cristiana, attiva, colta e modernizzante, è stata storicamente la promotrice della Rivoluzione del 14 luglio che liberò l’Iraq dal giogo coloniale britannico, che da sempre propugnava l’unità del Paese, e i cui scienziati hanno fatto dell’Iraq il paese con le migliori università del Medio Oriente.

Non sono certo sciiti nè sunniti i terroristi che dal giorno dell’occupazione hanno compiuto l’elimininazione sistematica, andandoli a cercare nelle loro case, di 530 scienziati e docenti universitari iracheni, e fatto sparire molti loro familiari. In compenso si sa che uno dei maggiori fornitori di armamenti per gruppi terroristici in Iraq dal 2005 è un ex agente dell’intelligence israeliana di nome Shmoel Avivi; che specialisti in interrogatori e tortura operano nelle carceri note (tipo Abu Ghraib) e segrete, torturando civili com’è stato occasionalmente scoperto dalla Polizia collaborazionista irachena; e che è in atto un sistematico ritorno di israeliani di origine irachena nel Curdistan, dove comprano terreni nei pressi di pretesi luoghi santi ebraici (spesso abbandonati dai cristiani in fuga) essenzialmente le tombe presunte di patriarchi biblici onorate anche dai musulmani – il profeta Daniele a Kirkuk, il biblico Giona a Mpssul, il profeta Nahum ad Al-Qush – che i fanatici espansionisti reclamano come parte di Eretz Israel, dunque proprietà da mettere sotto il controllo del ministero del Turismo israeliano. Elementi di Israele stanno anche reclamando come proprietà ebraica altri luoghi santi fuori dal Curdistan, come la pretesa tomba di Ezechiele (Al Kifl, presso Najaf) e la tomba di Esdra ad Al Uzair presso Bassora, nel territorio dove l’assoluta maggioranza è sciita.

Il che fa intuire che lo smembramento dell’Iraq nelle sue etnie non è lo scopo finale; esisterebbero piani di annessione al Grande Israele delle porzioni dell’antica Babilonia citate nella Bibbia o come inizio della storia sacra abramitica, o come sedi dell’esilio babilonese ai tempi di Nabucodonosor (597 avanti Cristo – 515 avanti Cristo).

Nel giugno 2003 una delegazione israeliana ha visitato Mossul dichiarando, con l’appoggio del capo separatista curdo Massud Barzani, l’intenzione di prendere il controllo dei santuari di Giona e di Nahum; un affare con risvolti finanziari in cui si dice i figli di Barzani abbiano le mani in pasta. Non a caso, i miliaziani curdi peshmerga espellono col terrore non solo i cristiani, ma gli arabi e i turcomanni turcofoni, liberando case e terreni, con l’assistenza israeliana. (Israel hopes to colonize parts of Iraq as ‘Greater Israel’)

Nel colossale saccheggio dei tesori d’arte e archeologici scatenato fin dai primi giorni dell’occupazione americana, non sono mancate le sottrazioni di antichità ebraiche ed antichi manoscritti del Talmud di Babilonia, operazione a cui è stata addetta una speciale unità dell’esercito USA, la MET Alpha Unit.

Diane Feinstein
   Diane Feinstein
Inoltre, almeno 55 aziende israeliane fanno affari in Iraq, spesso sotto falso nome: fra cui la ditta Perini, proprietà di un ebreo-americano di nome Richard Blum, che è – per caso – il marito della senatrice ultra-sionista Diane Feinstein: la ditta ha ricevuto contratti di costruzione per mezzo miliardo di dollari.

Il Mossad vi opera anche attraverso la Kurdish Lending Bank, con sede a Sulaymaniyah, creata per acquistare vaste estensioni di terreni agricoli vicini ai campi petroliferi dell’Iraq del Nord, che i separatisti intendono annettersi (e già si sono praticamente annessi).

Tempo fa Netanyahu in persona annunciò che presto petrolio iracheno sarebbe arrivato in Israele con un oleodotto attraverso la Giordania, facendo di Haifa un importante hub per le petroliere e di Israele una potenza petrolifera. Uno dei maggiori businessman nel settore, secondo l’agenzia araba Yaqen, è Amnon Lipkin-Shahak, che è stato capo di Stato Maggiore, e poi ministro delle Comunicazioni in Israele. L’Iraq occupato è adesso aperto alle esportazioni da Israele: i sionisti vi vendono ogni anno merci per 300 milioni di dollari.

Israele dunque trae guadagni da un Paese pieno di rovine, dove (scrive Azaziah)

«ventanni fa le sanzioni ONU già hanno portato via un milione e mezzo di vite innocenti, fra cui 500 mila bambini; e i sette anni di occupazione hanno prodotto il massacro di un altro milione e mezzo di iracheni. Tre milioni di esseri umani, di martiri, i cui nomi non sapremo mai (...) Dove la devastazione ha ridotto 5 milioni di iracheni alla condizione di profughi interni o allestero. Dove decine di migliaia di ragazze sono state inserite nelle reti dello sfruttamento sessuale gestite da curdi e israeliani in tutto il Medio Oriente. Dove la mortalità infantile è cresciuta del 150% dal 1990, anno di inizio delle sanzioni ONU, risoluzione 661. Dove solo il 5% dei bambini in età scolare va a scuola, dove il 70% della popolazione non ha accesso allacqua potabile, dove il 70% è disoccupata e il 43% vive in povertà estrema. Dove 5.800 iracheni sono detenuti in prigioni americane per nessuna ragione e senza nessuna prova, e altri 30 mila sono detenuti dal governo fantoccio nelle condizioni più inumane».

« Dove, in aggiunta ai saccheggi, distruzioni, assassinii e stupri, le armate anglo-americane hanno ridotto lIraq a una discarica tossica, in cui sono sparse 1.700 tonnellate di uranio impoverito, 5 mila tonellate di altri materiali pericolosi, ed oltre 14.500 tonnellate di petrolio che contaminano i suoli. Falluja è stata squarciata da fosforo bianco emark-77’ (il neo-napalm usato dai Marines, ndr) fra cui le sue 133 belle moschee. Dove la gente muore di cancro e di infezioni prima socnosciute, madri si suicidano per le malformazioni dei loro neonati, dove lacqua è imbevibile, dove lagricoltura è distrutta»
...

... E dove, nonostante tutto ciò, ignoti terroristi islamici hanno ancora abbastanza energia da scagliarsi l’uno contro l’altro, sunniti contro sciiti e viceversa, in incomprensibili attentati-strage. (The Zionist Murderers Of Iraq)



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