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Le mille bolle... boom
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A dispetto di quanti disciplinatamente e ragionevolmente se ne stanno ai margini del mercato perché non vedono una correlazione tra prezzi e valori, i mercati azionari e delle materie prime volano giorno dopo giorno inesorabilmente verso nuovi record.

Borsa specchio dell’economia, questo ci insegnavano tanti anni fa esimi cattedratici nelle università e forse lo insegnano i loro epigoni ancor oggi. Ma nel mondo di fuori le cose vanno in tutt’altro modo. Quello che governa i mercati azionari, non è il valore delle aziende ma la forza della speculazione, creata in misura paritetica dalle Banche Centrali tramite il denaro facile offerto alle banche, denaro che però non si trasmette all’economia produttiva. L’ha detto anche il ministro Tremonti (che non perde occasione per picchiare sulle banche) che siamo ritornati nella stessa situazione speculativa del pre-Lehman Bothers.

Vediamo da dove prende le mosse questa speculazione. I tentativi di stimolare le decotte economie occidentali vengono tutti fatti a suon di debito tramite l’immissione di liquidità nei vari sistemi economici; il problema è che nessuno vuole restare indietro in questa gara e quindi a rotazione si stampa e si deprezza la propria valuta. Che ci fosse in atto una guerra delle valute prima che ne parlassero i giornali ce ne eravamo già accorti almeno dalla scorsa primavera quando lo yen giapponese cominciò a guadagnare posizioni che non si vedevano da anni. Che questa guerra stia, a mio modesto parere, per andare fuori controllo è un altro fatto, se non nel breve e medio periodo, sicuramente nel lungo.

Il quantitative easing sul dollaro deprezza questa valuta e qui c’è la prima bolla. Le valute di alcuni Paesi meno indebitati e ricchi di materie prime, di popolazioni giovani e invia di espansione demografica ed economica, attirano i capitali in dollari, che non costano niente, per essere investiti in una crescita dei mercati finanziari che è stimolata solo dal massiccio afflusso di capitali esteri in cerca di investimenti ad alto rischio e ad alto rendimento.

Se non cambia qualcosa, ad esempio un’imposizione fiscale sui capitali esteri, la crescita della valuta di questi Paesi, per lo più esportatori, renderà meno competitive le loro esportazioni e potrebbe portare ad una severa contrazione anziché ad una crescita dell’economia e questo provocherebbe uno sgonfiamento violento di quei mercati.

Si sente spesso dire che la crescita inarrestabile della Cina trascinerà l’economia mondiale. Anche qui però la valuta è tenuta artificiosamente bassa e la politica del partito unico è tesa solo a favorire l’export, ma certamente non crea crescita altrove. Il vantaggio dei cinesi è dato dal fatto che rispetto ad altri Paesi essi possono governare il valore della loro moneta legandola al valore del dollaro USA. Se la Cina dovesse accorgersi che il volume delle sue esportazioni cala in maniera considerevole, anziché assistere alla tanto auspicata rivalutazione del renminbi, ne vedremo addirittura la svalutazione, con conseguenze nefaste per i produttori occidentali.

Altre bolle però incombono sul nostro futuro, o meglio sul nostro presente.

Non mi stancherò mai di ripetere, finchè non vedrò dei numeri coerenti, che la bolla dell’immobiliare americano non è ancora terminata ed è stata solo spostata con trucchi contabili di vario genere. E’ notizia fresca quella sullo scandalo dei pignoramenti, meccanismo attraverso il quale le banche riuscivano a rivendere case pignorate senza avere il titolo esecutivo; non stiamo parlando di qualche villetta, stiamo parlando di un sistema messo in atto in maniera sistematica.

A questa notizia, di per sé già spaventosa, aggiungiamo che dall’altro verso le banche non hanno effettuato tutti i pignoramenti che avrebbero potuto e dovuto effettuare, nell’intento di non provocare un’ulteriore discesa dei prezzi. In questo modo nei prossimi mesi, tra blocco delle vendite immobiliari, blocco delle esecuzioni fallimentari, revoca di vendite senza i titoli legali e stock in attesa di essere immesso sul mercato, ci aspetta un altro shock immobiliare negli USA con prezzi che potrebbero calare di un altro 20-25%. Quali potrebbero essere le conseguenze non sono in grado di prevederlo, ma certo non contribuiranno alla ripresa di quell’economia.

Non sono nemmeno convinto che sia in atto un vero e proprio distacco degli andamenti e della correlazione tra i vari mercati finanziari, e una caduta sostanziosa di Wall Street coinvolgerebbe necessariamente anche le altre Borse mondiali e con esse le materie prime che hanno nella presunzione di una crescita mondiale il loro driver di prezzo.

Fino a quando però questi fenomeni non dispiegheranno per intero i loro effetti, la speculazione al rialzo continuerà felice a brindare con le sue bollicine deridendo noi poveri fessi che ci preoccupiamo dell’andamento del mercato del lavoro e della povertà in cui questa crisi sta spingendo vasti strati delle popolazioni occidentali.

Giovanni Sicola


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