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Quando i cattolici sapevano additare l’Anticristo (parte I)
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Era il 1880. Nel numero di ottobre, il periodico cattolico francese La Croix (che poi sarebbe diventato quotidiano), già dedicava un articolo alla «grande probabilità politica del ritorno degli ebrei in Giudea in un tempo molto ravvicinato». Un articolo allarmato: perché, spiegava La Croix, il ritorno in massa degli ebrei in Terra Santa avrebbe configurato «ciò che la Scrittura chiama il Regno della Bestia, questo messia atteso dai giudei».

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Un articolo sorprendente, profetico. Che segnalava la nascita del Sionismo ben prima della sua creazione ufficiale, e ne illustrava lucidamente le tattiche e l’esito finale apocalittico, meta-storico.

Il titolo, a pagina 445 del numero 31 ottobre 1880 de La Croix, suona:

Costantinopoli e Gerusalemme. La Questione dOriente che finisce e quella che comincia

«Questione d’Oriente» si definiva, allora, la lunga disgregazione dell’Impero Ottomano («il Malato d’Europa») indebolito, indebitato con le banche europee, e perciò al centro delle mire delle potenze europee che se ne volevano dividere le spoglie, e si combatterono per strapparsele. La Russia voleva un accesso al Mediterraneo attraverso il Bosforo, che traversa Costantinopoli ed era controllato dal Sultano; per impedirglielo, gli anglo-francesi avevano scatenato la guerra di Crimea (1854) contro lo Zar. L’Austria sbocconcellava i possedimenti turchi nei Balcani, da cui nascevano la Serbia, il Montenegro, la Romania e l’Albania. La debolezza dell’Impero Ottomano era accuratamente mantenuta ed aggravata dalle banche occidentali, che l’avevano indebitato fino alla cifra stratosferica di 2,5 miliardi di lire-oro turche; con la minaccia della bancarotta e le «ricette di risanamento», di fatto la Sublime Porta era esautorata, e gestita – come da curatori fallimentari – dalle banche ebraiche. Un intrico di avidità, complicità e attività di destabilizzazione (condotte in gran parte dalle logge massoniche collegate con quelle occidentali, a creare «rivoluzioni colorate», allora di stampo nazionalista), che avrebbe portato alla Grande Guerra nel 1914. Eppure già nel 1880 La Croix vedeva albeggiare un’altra «questione dOriente»: la nascita dello Stato ebraico in Palestina, allora ancora territorio turco.

Così esordiva il periodico cattolico:

«Riunire nella sua antica patria i suoi membri dispersi, rientrare in possesso di questa terra e ricostituirvisi come nazione, è sempre stata per il popolo d’Israele la sua aspirazione suprema e lo scopo costante dei suoi sforzi.

Gli ebrei celebrano ogni 20 aprile il giorno anniversario della uscita dall’Egitto dei loro padri. La sera di quel giorno, questo popolo disperso in tutta la terra, alla stessa ora, si leva come un sol uomo; afferra la coppa di benedizione posta davanti a lui e, con una voce fortemente accentata, ripete tre volte il grande brindisi: “Lanno prossimo a Gerusalemme!” (Archives Israelites, 1864).

«Gerusalemme, dice il gran rabbino (di Francia) Isidore, è per noi la città del passato e dellavvenire. I nostri rituali sono tutti centrati sulla Madre Patria; quando ci alziamo, quando ci corichiamo, quando ci mettiamo a tavola, noi invochiamo il nostro Dio perché affretti il nostro ritorno a Gerusalemme, senza ritardo e ai giorni nostri!’».

Questa speranza, spiega La Croix ai suoi lettori, «è indissolubilmente legata all’attesa del Messia.

Perché secondo gli insegnamenti del Talmud, sarà il Messia stesso, da loro sempre atteso, che avrà la missione di liberare Israele disperso e riscattarlo dalla prigionia delle nazioni, per ricondurlo ‘nella Terra Santa dopo aver disfatto Gog e Magog’, ossia, come è detto a tutte lettere nei commenti dei savi della sinagoga, ‘dopo aver sterminato i cristiani e i gentili’». Allora il popolo eletto riedificherà Gerusalemme e il suo tempio, e il suo Messia ristabilirà «un regno temporale la cui durata sarà quella del mondo». Tutte le nazioni saranno assoggettate agli ebrei, e gli ebrei disporranno a loro piacimento degli individui della nazioni che lasceranno vivere, e naturalmente di tutti i loro beni.

«A questo solo si riduce la redenzione che attende Israele dal suo messia; perché l’ebreo, che perpetua l’infedeltà farisaica e l’odio di Cristo Dio, crede che il messia sarà un semplice mortale venuto dal sangue di Davide che fra altre virtù ‘sarà dotato dun odorato così fine che discernerà ogni cosa grazie a questo senso... anche se non giungerà alla perfezione di Mosè’. Questo per il suo naso. Quanto ai suoi costumi, (assicurano i talmudisti) ‘prenderà molte mogli’, eccetera».

Dopo questa canzonatura della «sapienza» talmudica, La Croix torna al tono serio:

«Fatto notevole, l’idea che gli ebrei si fanno del loro futuro messia è, sotto molti aspetti, quella che la Scrittura ci dà dell’Anticristo. Siamo infatti avvertiti (Vangelo di Giovanni, V, 13) che la maggioranza di loro accetterà l’Anticristo come vero Cristo. Tali sono ancora, vivaci come ai primi secoli, la loro fede e l’attesa che forma il nucleo indistruttibile della nazione nella sua schiacciante maggioranza».

Vero, oggi – dice il giornale cattolico – gran parte degli ebrei moderni sembra aver abbandonato questa fede, e si è data al razionalismo, ad una forma di «protestantesimo filosofico» o a un’indifferenza assoluta.

«Ma non si equivochi sui sentimenti dell’ebreo che vive nel razionalismo o nell’indifferentismo. Non si dovrà grattare troppo per ritrovarvi il vero ebreo pronto ad ergersi e ad accorrere alla voce di qualche potente ambizioso che gli offrisse la speranza di ‘riscattarsi’, ed acclamarlo come suo Messia».

Il secondo paragrafo ha come titolo

«Pellegrinaggi ebraici, la nuova questione orientale che inquieta la politica inglese».

Vi si segnala come vengano organizzati «pellegrinaggi ebraici sempre più affollati e frequenti» in Palestina, che comprano terreni e case a Gerusalemme e vanno ad abitarci «in masse considerevoli». Il Foreign Office britannico è anche venuto a sapere che, «stanti i problemi pecuniari in cui è piombata la Turchia (ottomana) dei finanzieri israeliti avrebbero proposto alla Sublime Porta di acquistare la Palestina. Tuttavia la realizzazione di questo piano incontra seri ostacoli; le difficoltà politiche essendo meno grandi che le religiose. Fra cui la ripugnanza dei turchi di rinunciare alla moschea di Omar (costruita dove sorgeva il tempio di Salomone), il più venerato dei loro templi dopo la Kaaba».

Questa informazione, nel 1880, è quasi incredibilmente anticipata. Evidentemente esistevano profferte dai banchieri ebrei al Sultano, di risanare le sue finanze in cambio di Gerusalemme; profferte che diventavano sempre più generose, di fronte all’accanito rifiuto della Sublime Porta.

Noi ne conosciamo solo una, forse l’ultima e la più ghiotta, avvenuta un ventennio dopo: nel 1901 il «banchiere Mizrahi, a nome di un consorzio di banchieri, offrì al sultano, il debole Abdul Hamid, di ripianare lintero debito, più il rammodernamento della flotta da guerra, in cambio dellinsediamento di colonie ebraiche attorno a Gerusalemme. Il sultano si rifiutò di discuterne». (Maurizio Blondet, «Cronache dell’Anticristo», Effedieffe).

Basta poco per capire l’attrattiva di una simile offerta. Già solo il rammodernamento della flotta sarebbe bastato a cedere: era la debolezza militare marittima a mettere l’impero ottomano alla mercé, quasi inerme, della marina britannica e di quella francese, potentissime, e delle minacce e spoliazioni che costoro operavano. Ma l’offerta di ripianare totalmente il debito è quasi incredibile: allora, come ho detto, ammontava ad una cifra inimmaginabile, 2,5 miliardi di lire turche.

Non solo la Porta era schiacciata dal servizio del debito; essa era in mano ad un consorzio di banche straniere creditrici, tedesche, francesi e inglesi (ma tutte ebraiche) che avevano scelto come loro agente a Costantinopoli... la Banca Commerciale Italiana. Che non era affatto italiana ma ebraica, fondata come fu dai giudeo-tedeschi Otto Joel e Federico Weil, e successivamente guidata dal loro fidatissimo delegato, l’ebreo polacco Giuseppe Toepliz. Più precisamente, i due mandarono come gestore del debito pubblico ottomano, e agente pignoratore, il fidato emissario cristiano Giuseppe Volpi (futuro conte di Misurata). Costui era in stretti legami con Emmanuel Carasso, ebreo veneziano, ricco mercante di grani, massone e mazziniano, ed animatore delle cellule sovversive che i dunmeh (pseudo-musulmani, ebrei turchi) avevano creato nell’armata turca.

Come l’impero ottomano aveva potuto indebitarsi fino a tale astronomico livello, da perdere la sua sovranità cedendola di fatto ai banchieri-creditori?

All’epoca, basterà ripetere con lo storico Giacomo Saban (su La Rassegna Mensile di Israel, 8 aprile 1983, pagina 74) «tutte le funzioni importanti delle finanze pubbliche erano in mano agli ebrei». Ecco perché. Nella sola Salonicco, come si sa, gli ebrei erano la maggioranza della popolazione: 75 mila; senza contare i dunmeh cripto-giudei, che si dichiaravano turchi nei censimenti. (Financial Integration, Disintegration and Emerging Re-Integration in the Eastern Mediterranean, c.1850 to the Present)

Dunque, nel 1880 La Croix dava l’allarme: presto, le manovre e le trame ebraiche rischiano di far sorgere uno Stato ebraico. E «gli uomini di Stato d’Inghilterra, nonostante la gran perspicacia che li distingue, non si pongono davanti a questa questione ad un livello più elevato di quello dell’interesse nazionale», mentre la posta in gioco è meta-storica e spirituale. La Croix ha il coraggio di delinearla così:

«Il giorno in cui i giudei potessero completare il loro disegno, e chiamando le loro innumerevoli falangi disperse nel mondo intero, riunirsi di nuovo in corpo nazionale nella Palestina, e ricostruire Gerusalemme, l’equilibrio politico delle nazioni che è già appeso ad un filo sarebbe completamente rotto. Tutto si precipiterebbe attratto da una forza invincibile verso questo nuovo centro del mondo, da cui si vedrebbe presto sorgere l’impero universale degli ebrei, ossia l’impero anti-cristiano per eccellenza, che riunirà nel pugno di un uomo solo tutto il potere politico e religioso, e tenendo sotto il suo tallone i popoli sedotti o schiacciati» (pagina 446).

L’unificazione del potere politico con quello religioso, del potere temporale con l’autorità spirituale, è il carattere «imperiale e pontificale» del Sovrano Universale, del Cristo Re che verrà.

L’Anticristo, Simia Dei, lo scimmiotterà: imperatore e pseudo-papa insieme, seduttore o oppressore dei popoli che non si lasceranno sedurre.

Ma il periodico cattolico francese nell’anno 1880, non si limita a questa profezia. Illustra anche come ciò sarà realizzato: con il potere finanziario, con la «giudaizzazione dei popoli» moderni, con la Massoneria. Di questo, alla prossima puntata.

(Continua)



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