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Il risorgimento italiano come prosecuzione del protestantesimo germanico (3)
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Napoleone invade l’Italia

Nel 1796 Napoleone Bonaparte invade l’Italia importandovi i princìpi della Rivoluzione francese, proclama che rispetterà la proprietà privata degli abitanti della Penisola, la sua religione, i suoi costumi, ma non mantiene le promesse fatte. L’unica speranza, per i “liber/ali” e i “liberi-muratori” nostrani, aventi il culto della “Libertà” assoluta di fare tutto ciò che si vuole anche e soprattutto il male, veniva allora dalla Francia e dallo spirito della Rivoluzione del 1789. In nome della “Libertà” (con la elle maiuscola) i liberali d’Italia si lasciano invadere, liberamente, da un despota che spoglia la loro Patria dei suoi tesori artistici (musei), sacri (chiese), culturali (biblioteche, università, archivio vaticano e conventi), dei suoi beni materiali (i soldi depositati dai piccoli risparmiatori nei Monti di Pietà, istituiti dai francescani del XV secolo per combattere l’usura ebraica) e delle sue tradizioni per trasportarli a Parigi, la nuova capitale mondiale e l’anti-Roma del XVIII secolo, ben presto soppiantata dalla Londra dei Rothschild, che verrà rimpiazzata dagli Usa, ossia la “nuova Gerusalemme”.

In realtà Napoleone ha “liberato” l’Italia dalla sua religione, dalle sue tradizioni, dalla sua cultura, dalla sua arte, che sono romane come la Chiesa di Cristo è romana. Egli che è reputato dai liberali risorgimentali essere l’artefice della libertà italiana, invece ne è il ladro, ma occorre anche dire che numerose furono le Insorgenze dei veri italiani (cattolici-romani) contro la Rivoluzione napoleonica calata in Italia. Analogamente il Risorgimento fatto dall’Inghilterra e dalla massoneria, tramite i Savoia, ha espropriato l’Italia di ciò che Napoleone non era riuscito a portare con sé a Parigi. Molti beni dello Stato pontificio, del regno delle Due Sicilie e degli Stati preunitari son finiti a Torino o all’estero, creando la questione meridionale e l’espatrio dei meridionali all’estero o al nord, diventato il “nuovo ricco”.

Certamente non era facile rimpiazzare il cattolicesimo in Italia col protestantesimo o il liberalismo; ciò che si sarebbe potuto fare era, come si auspicava la massoneria, corrompere, rendere viziosi, infiltrarsi ed erodere il cattolicesimo dall’interno. Il Risorgimento non vi è riuscito, il modernismo sì: quello politico (la Democrazia Cristiana) si è infiltrato nel seno della vita sociale e politica ed ha scristianizzato l’Italia, mentre il modernismo religioso (durante il Concilio Vaticano II) si è infiltrato nel vertice della Chiesa e ha trasformato la mentalità della maggior parte dei Pastori. Ora siccome “l’effetto non sorpassa la causa” (Aristotele), ci si domanda se la corruzione possa produrre qualcosa di buono e di positivo o sappia solo distruggere e depravare.

L’Inghilterra in morte di Cavour

Nel 1861 Cavour muore; a Londra lord Palmerston lo commemora nella Camera dei Comuni, violando la prassi che riserva le commemorazioni funebri in parlamento solo per i personaggi pubblici britannici. Il suo discorso è un’apologia del Risorgimento e un attacco feroce al Papato e alla Chiesa romana, che, secondo lui, avevano ostacolato per 1. 500 anni il progresso del popolo italiano, poi aggiunge: “dico che il potere temporale dei Papi cesserà e che Roma, presto o tardi, diverrà la capitale d’Italia” (A. Pellicciari, L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata, Casale Monferrato, Piemme, 2000, p. 14). Non era una profezia, ma l’annuncio di un programma da lungo tempo organizzato da due forze: il protestantesimo anti-romano, la massoneria anti-cristiana, che si servirono di casa Savoia come loro braccio armato.

Italia liberata dal Papato?

Come si può constatare sono quasi sempre degli stranieri che si rivolgono agli italiani, per “liberarli” dal Papato, il quale invece ha salvato la civiltà romana, convertito e abbellito l’Italia, innestandosi sulla Roma antica come la grazia si innesta sopra la natura (“gratia non tollit naturam sed supponit et perficit eam”, S. Th., I, q. 1, a. 8, ad 2), ma secondo gli stranieri di sangue, di suolo, di lingua e di religione gli italiani sono stati addormentati e abbrutiti dalla Chiesa romana. Quindi bisogna strappare Roma al Papa ed è ciò che avverrà nel 1870, appena 9 anni dopo il discorso di Palmerston.

La Chiesa secondo Lutero, Napoleone e l’Inghilterra ha regalato agli italiani solo e soltanto 15 secoli di schiavitù, di ignoranza, di oppressione. Il Risorgimento è la messa in pratica di questi pregiudizi anti-romani, che non sono stati espressi principalmente dagli italiani, ma da potenze estere e oscure e da qualche rivoluzionario o ideologo nato in Italia (Cavour, Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele II) ma assoldato da queste potenze.

Purtroppo noi italiani siamo tendenzialmente estero-fili, se non estero-latri anche se lo straniero di turno è “estero-ladro”, siamo inclini a sminuirci mentre gli altri si auto-incensano appropriandosi del nostro patrimonio culturale e artistico unico al mondo, corrispondente a più della metà dei beni artistici del mondo intero. Prova evidente che il Papato non ha addormentato, abbrutito e resi ignoranti gli italiani, come vorrebbero i liberali.

Universalismo e nazionalismo

Certamente il nazionalismo esagerato (molto diverso dall’amor patrio) non aveva attecchito in Italia, che essendo la Sede del Papa si sentiva universale, mondiale, ossia cattolica e molto al di sopra di un singolo governo di un solo Stato. L’Italia era una culturalmente, linguisticamente, geograficamente, artisticamente, religiosamente ed era universale, ossia aperta a tutti gli uomini di tutto il mondo come faro di civiltà e Madre di tutte le chiese particolari (o Diocesi) già prima del 1870, ma non si sentiva una terra di conquista quale l’hanno resa i rivoluzionari liberali, che in nome dei lumi e della libertà l’hanno depredata di cultura e indipendenza politica.

L’Impero di Roma antica è stato continuato e cristianizzato da Costantino e dai Papi, da Carlo Magno, da Ottone di Sassonia assieme al Papato sino al 1804, quando Napoleone, impiantando un Impero illuminista francese, ha posto la prima pietra della fine del Sacro Romano Impero, definitivamente compiutasi con la Grande Guerra del 1914-1918.

La Pellicciari scrive: “abituati ad avere pochi rivali grazie all’Impero prima e all’universalità del potere spirituale poi, per quasi due millenni, al centro dello sviluppo culturale, economico e religioso, terra di santi che hanno cambiato la storia, gli italiani sempre hanno pensato alla grande, in visione mondiale. La stessa consapevolezza di una forte identità nazionale è stata da noi, sempre radicatissima: Dante e la letteratura italiana del Trecento insegnano. La mancanza dell’unità politica non ha mai inficiato la profonda libertà collettiva, fatta di lingua, di cultura, di storia, e, soprattutto di religione. Tutto cambia all’improvviso. Nel secolo scorso passiamo all’improvviso dall’impianto universalistico a quello nazionale, che nel nostro caso è sinonimo di provinciale” (cit., p. 18).

Pio IX aveva caldeggiato l’idea di una Confederazione italiana sotto la direzione spirituale del Papato, ma l’unità sostanziale propria del cattolicesimo nella diversità accidentale propria del federalismo non era tollerata dalla massoneria e dalla rivoluzione, che volevano l’omogeneità, l’appiattimento, il livellamento, l’identità rigida anche nelle cose accidentali. Quindi le usanze, le tradizioni, le diversità dei diversi luoghi, regioni, Stati erano destinati ad essere fatti scomparire e rimpiazzati dal nuovo internazionalismo socialista o dal mondialismo massonico. L’unità nazionale era vista dalla rivoluzione unicamente come una testa d’ariete per abbattere il cattolicesimo e la società cristiana. Il principio di autodeterminazione dei popoli e di unità nazionale è stato il primo passo verso la realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale.

Mazzini e il falso misticismo risorgimentale

Giuseppe Mazzini parla spesso di Dio, ma il suo Dio non è quello personale e trascendente, la cui esistenza è dimostrata dalla sana ragione e la cui natura è rivelata divinamente. Mazzini è un panteista, fortemente legato alle società bibliche protestanti inglesi e americane per protestantizzare anche l’Italia dopo aver eliminato il potere temporale del Papa e anche quello spirituale. Iniziato alle società segrete, egli “condivide l’odio anticattolico e anticristiano della carboneria, la sua missione religiosa consiste nella sostituzione del dogma del progresso a quello del peccato originale e della Redenzione per la grazia di Cristo” (A. Pellicciari, cit., p. 28); in breve Mazzini propugna l’emancipazione assoluta dell’uomo da ogni autorità spirituale: Dio e il Papa.

Il Dio di Mazzini è il Progresso con la “p” maiuscola. Tutto ciò che è progressivo e progressista è il bene, ciò che non lo è il male, ma egli si guarda dal definire il termine Progresso, poiché, essendo per lui la fine della Rivelazione divina, urterebbe il buon senso di molti italiani, che non si lascerebbero irretire dalle sue idee misticoidi, ripiene di “Dio, Patria e Famiglia” a parole ma prive di essi nei fatti.

Il suo sogno è riunire gli uomini liberi in una grande associazione, la quale poco a poco dovrà rimpiazzare tutte le religioni positive e rivelate, in primis quella cattolica, per costituire la “Religione dell’Umanità”.

Mazzini vuol portare sotto di sé il popolo italiano, ma questo è ancora profondamente cattolico, né il Risorgimento, che è stato un fenomeno di élite, lo ha potuto scristianizzare. Per giungere alla secolarizzazione del popolo italiano occorrerà attendere la Democrazia Cristiana, che è stata un fenomeno di massa ed ha scristianizzato la società civile italiana inoculandole il veleno del laicismo e del catto/liberalismo o del modernismo sociale. Quindi Mazzini ammanta la sua ideologia repubblicano/rivoluzionaria di un velo di vago spiritualismo sentimentaloide per ingannare i cattolici ingenui e farli cadere nel suo trabocchetto. Tuttavia il mazzinianesimo avrà poco séguito in Italia; il vero artefice del Risorgimento è stato Cavour, che ha saputo far agire sia Garibaldi sia Vittorio Emanuele II come a lui piaceva, evitando ogni eccesso, che avrebbe potuto scatenare una reazione e mettere in crisi il processo rivoluzionario.

L’essenziale per il liberalismo era sciogliere i popoli e i singoli individui da ogni vincolo di soggezione a qualsiasi autorità (umana e divina: “Né Dio né padrone”), liberarli da ogni dogma, da ogni legge oggettiva (naturale e divina). Il maestro del liberale è il massone o il “libero-muratore” per il quale “la massoneria non riceve da nessuno alcuna legge, ma la stabilisce lei, in maniera più estesa e universale della religione positiva e rivelata, specialmente quella cattolica” (cfr. J.-M. Ragon de Bettignies, Cours philosophique et interprétatif des initiations anciennes et modernes, Parigi, 1842).

Mazzini voleva che la Roma degli Imperatori e dei Papi diventasse “la terza Roma risorgimentale”, quella del “risorgimento del paganesimo”, come Leone XIII aveva definito il Risorgimento liberale dell’Ottocento in Italia, ossia quella del “mondo libero e liberato dall’influenza del cattolicesimo”. Mazzini in ciò è emulo di Machiavelli.

Siccome il Papato, secondo Mazzini, ha perso la sua universalità e la sua unità dopo la riforma protestante, che gli ha sottratto mezza Europa, esso ha cessato di esistere in quanto potere universale e deve essere rimpiazzato dalla nuova religione dell’Umanità e del Progresso (con le iniziali maiuscole), universalmente accettata. Come si vede il pensiero di Mazzini coincide con quello protestantico e massonico/liberale. Tuttavia nella realtà il Papato continuava a durare e con la scoperta delle Americhe la metà dell’Europa sottrattasi alla obbedienza romana veniva abbondantemente recuperata nel “nuovo mondo” convertitosi in gran parte al cattolicesimo romano. Ma per Mazzini l’ostinazione del Papato a non liberare il campo ostacolava la formazione del nuovo universalismo liberal/massonico. Quindi egli ritiene sia suo dovere “rovesciarlo dal seggio ove dorme l’Italia rinata”. La questione romana e italiana per Mazzini sono il problema principale della sua epoca. Quindi per fondare la nuova unità e il nuovo universalismo, che debbono rimpiazzare le due note della Chiesa romana “una e cattolica”, che è la nuova ideologia mondialista ossia massonica e non universale ossia cattolica, bisogna distruggere il potere temporale dei Papi e poi anche quello spirituale. Questo è l’ideale del Risorgimento, portato avanti da Mazzini in maniera radicale, utopistica e troppo accelerata, ma da Cavour con molta prudenza, attendismo, realismo, mascherando le reali intenzioni dietro apparenze di ordine pubblico, di amor patrio e di unità nazionale. Il primo ha fallito la sua missione, mentre il secondo l’ha conseguita in pieno.

È per questo che l’unità d’Italia è stata fatta in maniera sbagliata, non come una confederazione di Stati sotto la guida morale e spirituale del Papato e la protezione di quel che restava del Sacro Romano Impero, che è stato definitivamente abbattuto nel 1918 con la fine della Grande Guerra. Il Risorgimento è stato una dichiarazione di guerra alla Croce di Cristo ed è passato sul cadavere del potere temporale dei Papi, ma non è riuscito a infrangere quello spirituale.

Pio IX era favorevole all’ipotesi neo-guelfa di un’unificazione nazionale della penisola italiana con la partecipazione dei cattolici riuniti attorno ad un progetto di unificazione confederale, che non avrebbe comportato una lotta fratricida tra i diversi Stati italiani. Invece ebbe inizio la rivoluzione “italiana” o piemontese contro lo Stato del Papa, gli Stati preunitari e l’Impero austriaco (cfr. M. Invernizzi, I cattolici contro l’unità d’Italia?, Casale Monferrato, Piemme, 2002).

Roma per i massoni e i liberali rappresentava un ideale, una meta da raggiungere, distruggere e rimpiazzare. In realtà Roma è un’Idea che significa l’universalismo cattolico, che ha continuato e spiritualizzato quello della Roma antica e pagana, è la Città Santa del Nuovo Testamento, è la Città di Dio contro la quale non cessa di ergersi la Città di Satana (S. Agostino De civitate Dei).

Roma per i mazziniani e i liberali/risorgimentali in genere doveva esser rimpiazzata anche localmente e precisamente da Torino, la capitale del Regno dei Savoia, che si erano resi disponibili a scardinare, come braccio armato dell’Inghilterra e della massoneria, il potere temporale dei Papi. E così fu, almeno per un certo tempo. Solo quando si tolse definitivamente Roma al Papa (1870) ella divenne la capitale della nuova “Italia”, il nuovo faro della luce del Progresso, ove si parlava più francese che italiano. Torino, in ogni caso, nel Risorgimento e nel periodo post-unitario ha rappresentato, per i massoni, la capitale civile contro la Roma dei Papi della barbarie medievale (di S. Benedetto, di S. Agostino, del canto gregoriano, di Dante, di S. Tommaso d’Aquino, di Giotto, delle cattedrali…). Essa rappresenta agli occhi dei liberali la capitale della nuova religiosità, una religiosità civile e laica.

Stato nazionale o confederazione di Stati?

Sono legittimi gli Stati sovrannazionali? Le confederazioni di più Stati riuniti attorno alla lingua, alla religione, ma senza unità di governo? È legittima l’esistenza di un Impero sovrannazionale, che riunisce in sé più Nazioni e le governa rispettando le loro peculiarità? La risposta data dalla filosofia sociale naturale e cristiana è che una Nazione non è schiava anche se non ha un suo governo ed è soggetta ad un Principe straniero, purché egli garantisca il bene comune della società che dirige e governa, le conservi la sua esistenza e la sua natura, la sua lingua, le sue tradizioni. Lo schiavo è un uomo non libero ordinato al bene di un altro. Ora l’Italia preunitaria, senza un solo ed unico governo, ma composta di più Stati sottomessi ai loro re ed alcuni all’Imperatore austro-ungarico, che le garantiva il suo bene comune temporale subordinatamente a quello spirituale, non poteva dirsi schiava, lo sarebbe stata qualora fosse stata sottomessa ad un tiranno che la governasse per il suo tornaconto personale e non per il bene comune dei suoi sudditi. Ma il liberalismo ha collegato sofisticamente Cattolicesimo e Impero austriaco a schiavitù dei popoli loro soggetti. La conclusione di questa premessa è che il potere del Papa e quello dell’Imperatore erano tirannici ed andavano abbattuti. Il principio di autodeterminazione dei popoli è stato un’invenzione dei liberali per abbattere i troni, compreso quello del Papa e poi anche la religione e la Chiesa di Cristo.

Ora il primo ad aver l’idea di una Lega federativa fra gli Stati italiani è stato “Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie. Nel 1833 ha invitato papa Gregorio XVI a farsi promotore di una Lega difensiva e offensiva fra i vari governi della penisola. Si tratta di unire le forze per difendere la religione, i troni e l’ordinamento sociale, minacciati dal liberalismo, vale a dire dalla rivoluzione. […]. L’idea della Lega si fa strada all’interno della Chiesa e nel cuore di Pio IX, successore di Gregorio XVI. Papa Mastai Ferretti appoggia la costituzione di una Lega doganale, punto di partenza per un’unione federale. […]. La Lega non si realizza perché sulla sua strada si frappone un ostacolo insormontabile: Carlo Alberto di Savoia. Il re di Sardegna ha un progetto ambizioso: vuol fare da sé. Vuole diventare re d’Italia lui solo” (A. Pellicciari, cit., pp. 54-55-56).

L’arretrato Stato pontificio?

Uno dei luoghi comuni della propaganda liberal/risorgimentale è che solo il Piemonte era uno Stato avanzato, mentre gli altri Stati preunitari erano tutti arretrati e poveri. Ora “per quanto riguarda il Piemonte, lo sviluppo ferroviario [all’epoca di Cavour] è ancora un progetto illuminato, nel regno delle Due Sicilie e nel Lombardo-Veneto le cose non stanno così. Ferdinando II di Borbone ha già realizzato le tratte Napoli-Castellammare e Napoli-Capua ed ha deciso il loro prolungamento. Il Lombardo-Veneto, con l’aiuto dell’Impero austro-ungarico, è stato il primo Paese italiano a prendere sul serio la questione ferroviaria. Dal 1838 esiste la linea Milano-Monza, mentre il tratto Milano-Venezia si è potuto realizzare solo per l’intervento generoso del governo austriaco” (A. Pellicciari, cit., p. 51).

Inoltre Angela Pellicciari, con le statistiche dell’epoca alla mano, dimostra che Pio IX compì “il risanamento del bilancio, la diminuzione del prezzo del pane, grano e sale, un nuovo impulso all’istruzione. Si fondano scuole di tutti i tipi: scuole professionali, collegi per orfani e poveri, scuole popolari (anche serali), asili infantili, una scuola agraria nei pressi di Roma. Il 7 novembre del 1846 viene decisa la costruzione di una grande rete ferroviaria: è prevista la tratta da Roma a Civitavecchia, da Roma a Ancona, da Ancona a Bologna, da Anzio a Roma, da Roma al regno delle Due Sicilie” (cit., p. 61).

1860 la Lettera pastorale del card. Gioacchino Pecci

Nel 1860 il cardinal Pecci, arcivescovo di Perugia, che sarà il futuro papa Leone XIII dal 1878 al 1903, invia alla sua Diocesi una Lettera pastorale in cui espone chiaramente la macchinazione della massoneria nell’ordire il Risorgimento mediante la distruzione del potere temporale e poi anche spirituale della Chiesa. Infatti egli vi descrive “la nefanda opera di distruggere quel civil principato che in ogni tempo fu l’augusto ateneo delle scienze e delle belle arti […] quel baluardo che salvò l’Europa dalla barbarie d’Oriente; quella potenza che ristorati gli avanzi dell’antica grandezza fondò la Roma cristiana. […]. Il Primato spirituale di Roma su tutta la Chiesa porta seco il concetto di ripugnanza ad una soggezione temporale. […]. E come mai potrebbe il capo della Chiesa essere libero nell’esercizio del suo Primato spirituale senza l’aiuto della sovranità temporale che lo renda indipendente dall’altrui influenza? […]. Odiano essi quella corona, perché vedono quel giovamento arreca alla Religione di cui hanno giurata la morte. Anzi ne sono persuasi sino all’errore: poiché credono che, tolto una volta di mezzo l’appoggio del potere umano […], anche il cattolicissimo verrà ad indebolirsi per gradi sino a giungere un giorno al totale suo disfacimento. […]. Il piano della cospirazione non è più dubbio per chiunque non voglia volontariamente accecarsi […] qua si riduce l’indipendenza, il risorgimento, il progresso, la libertà come essi l’intendono: abolire il culto cattolico, sterminare la Religione di Gesù Cristo”.

Il cardinal Pecci già nel 1860 ha riassunto in poche righe l’essenza del Risorgimento: una cospirazione per abolire il culto cattolico e sterminare la religione di Cristo.

Studiando senza paraocchi il Risorgimento non può non balzare agli occhi tale evidenza tranne per coloro che volontariamente si ostinano a negarla. Lo studio di quest’epoca storica, condotto sulle fonti storiche (liberali e integralmente cattoliche) di essa e non deformato dalla lente del cattolicesimo liberale, “che vorrebbe conciliare Dio e satana” (Pio IX), ci aiuta a vedere sempre meglio la natura anticristiana e diabolica del “Risorgimento del paganesimo anticristiano” (Leone XIII).

d. Curzio Nitoglia


 
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