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Da una civiltà superiore
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NEW YORK - «Ladro, farabutto, delinquente!», gridò il Premio Nobel per la Pace, il famosissimo Elie Wiesel. Con chi ce l’aveva, il più celebre testimonial della Shoah, il primo e più venerato dei ‘sopravvissuti all’olocausto’?  Con un negazionista? Un antisemita ariano? Il vescovo Williamson?

No. Il grande uomo che ha dedicato la vita a combattere l’odio e l’intolleranza, in conferenza all’esclusivo «Club 21» di New York, ce l’aveva con un ebreo. Per la precisione, con Bernard Madoff, il finanziere che, promettendo grassi profitti, ha truffato centinaia di ricchi clienti ebrei  facendo sparire 50 miliardi dei loro dollari.

«Psicopatico è una parola troppo gentile per lui!», urlava il venerato maestro fuori di sè, invano trattenuto da Joanne Lipman, direttrice di «Portfolio», la rivista esclusiva della Condè Nast dedicata ai miliardari: «Psicopatico implica una patologia, ma quello sapeva quel che faceva. Ladro, farabutto, criminale!».

La biblica ira di Wiesel ha un motivo soggettivo: avendo affidato a Madoff i capitali della sua propria fondazione senza-scopo-di-lucro, la «Elie Wiesel Foundation for Humanity», ha perso tutto. Per l’esattezza, 15,2 milioni di dollari.

«I risparmi di una vita, la mia e: una tragedia scoprire che quel che avevamo messo insieme in 40 anni - i miei libri, le mie conferenze, tutto - era sparito di colpo».

Fremente di giusto sdegno, Elie Wiesel ha raccontato d’aver visto Madoff sì e no due volte. E di avergli affidato i risparmi della vita su consiglio di un amico che non ha voluto nominare («Anche lui ha perso 50 milioni di dollari»: alta società ebraica, evidentemente) e s’era fatto convincere dopo che Madoff gli aveva giurato che lui, quei profitti, li faceva trattando azioni tranquille.

«Comprava 100 azioni Coca Cola e ne vendeva 55 di Pfizer», ha detto col pianto in gola il gigante dell’Umanità; «abbiamo chiesto a gente che faceva affari con lui, le più belle menti di Wall street, genii della finanza. Io sono solo un filosofo, un letterato...».

Il New York Times ha riportato la tragica serata al «Club 21» con fedeltà cronistica, ma non senza un filo di «chutzpah», o se vogliamo, di Schadenfreude.

(Stephanie  Strom,  Elie Wiesel Levels Scorn at Madoff», New York Times, 26 febbraio 2009).



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Elie Wiesel (C) in Brussels with Avi Tawil (L), director of the European Jewish Community Centre, and Yossi Lempkowicz, director of the European Jewish Press (EJP).



PARIGI - «L’assimilazione, ecco la più grave minaccia per gli ebrei». Su questo si sono trovati d’accordo circa 300 rabbini venuti da tutta Europa e da Israele per discutere le varie persecuzioni che insidiano l’esistenza stessa dei giudei. La conferenza è stata organizzata nella capitale francese dal Rabbinical Centre of Europe (RCE), alla presenza dei due rabbini-capi di Israele, Shlomo Amar e Yona Metzger.

«La RCE», si legge nella convocazione ufficiale, «considera che l’assimilazione è in assoluto la più grave minaccia che pende sugli ebrei in Europa, molto più dell’antisemitismo e del terrorismo».

Interessante affermazione, di cui sarà bene prendere nota quando i media ci informeranno della prossima indagine sull’«antisemtisimo in Europa»,  trovando - come sempre - che «sta crescendo».

In realtà, il vero pericolo in Europa, per i rabbini, è l’assenza di discriminazione razziale. Nessuna donna goy esita a sposare un giovanotto ebreo, e parecchi ebrei non si fanno scrupolo di coniugarsi con non-ebrei, confondendo il loro sangue eletto con quello degli altri; e finendo per «assimilarsi» con la comune umanità.

«Ci sono parti d’Europa dove l’assimilazione avviene su così larga scala che intere comunità stanno scomparendo», si allarma la EJP (European Jewish Press).

I rabbini sono riuniti per cercare il rimedio a questa deplorevole situazione.

«Solo il ritorno ai valori ebraici può frenare l’emorragia» del meticciato. Una ritrovata coscienza della superiorità razziale, ecco quell che occorre. I rabbini d’Israele hanno molto da insegnare.

(Joseph Byron, «European rabbis to discuss assimilation, ‘greatest threat to the Jews’», EJP, 27 febbraio 2009).



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The conference will open on Monday in Paris in the presence of the two chief rabbis of Israel, Rabbi Shlomo Amar (R) and Rabbi Yona Metzger.




WASHINGTON - Il presidente Obama  avrebbe bisogno di una lezione in politica estera; per esempio, se la sua Chicago fosse distrutta da una bomba atomica…

Lo ha detto John Bolton, l’ex-ambasciatore all’ONU di George W. Bush - uno dei massimi esponenti neocon - parlando alla Conservative Political Action Conference (CPAC), il più grosso raduno annuale degli ultra-conservatori USA.

Obama «è ingenuo» in politica estera, ha detto Bolton, e Russia, Nord Corea e Iran lo manipoleranno come un burattino.

«Il fatto è che Obama non crede che la politica estera sia una priorità», ha aggiunto sarcastico Bolton, «durante la campagna ha detto che per lui l’Iran è una piccola minaccia. Quanto “piccola”, dipende da quante bombe atomiche sarà capace di spedire sui bersagli. Sì, è piccola rispetto all’Unione Sovietica, ma sarebbe piccola la distruzione di una città americana - prendiamone una a caso - Chicago?».

Il pubblico è scoppiato in una risata. Bolton è famoso per certe battute. Una volta disse del palazzo dell’ONU, di cui era ambasciatore: «Il palazzo ha 38 piani. Se ne perde dieci, non fa molta differenza». E ancora: «L’ONU è un posto dove l’anti-americanismo è superato solo dall’antisemitismo».

Il che fa meno ridere, se si pensa che Bolton è uno dei firmatari del famoso documento del Project for a New American Century che, nel 2000, auspicava «una nuova Pearl Harbour»; oltre ad essere membro dell’American Enterprise e del Jewish Institute for National Security Affairs: un gruppetto di pensatori politici che gli attentati li chiama, e li fa avvenire.

«Il presidente Obama è il più sinistrorso dei presidenti mai eletti in questo Paese», ha continuato fra gli applausi, «e il suo sinistrismo è superato solo dalla sua mancanza di spina dorsale. Non ha le palle per tener testa ai cattivi del mondo».

E a causa della pusillanimità di Obama, l’America diventa «una nazione più debole e meno sicura».

Standing ovation.

«Vladimir Putin», che invece le palle le ha, ha continuato il neocon, sta manovrando Obama. «L’amministrazione vuol tornare a una relazione con la Russia basata sul controllo degli armamenti»; ciò significa che «Obama desidera fare degli Stati Uniti un Paese di seconda classe».

Applausi vivissimi. Gli orwelliani 15 minuti dell’odio neocon contro il neo-presidente; dalla platea sono giunti incitamenti alla «rivolta». Continuati così:

«La Corea del Nord sta sperimentando un missile che può colpire l’Alaska e probabilemnte le Hawaii» (scroscio di applausi).

«Abbiamo perso la corsa nucleare con l’Iran, adesso quelli padroneggiano completamente del ciclo del combustibile nucleare. Sì, la soluzione migliore sarebbe il cambio di regime a Teheran, ma non abbiamo tempo prima che raggiunga la capacità  atomica» (ovazioni).

«Purtroppo, il presidente Bush ha mancato di colpire l’Iran» (fischi, strilli, buuh buuh). 

Conclusione: «E’ chiaro che l’attuale amministrazione mette a rischio la sicurezza nazionale».

Un’altra profezia di quelle che i neocon fanno avverare?

(Jonathan Stein, «John Bolton at CPAC: The Benefits of Nuking Chicago», Mother Jones,
26 febbraio 2009).

PITTSBURGH - Gli iraniani hanno i piani dettagliati del «Marine One», l’elicottero del presidente Obama: lo ha annunciate una ditta che controlla le attività di «file-sharing» sul web. La ditta si chiama Tiversa.

Il suo direttore, Bob Boback, ha spiegato: «Abbiamo scoperto un file contenente tutti i disegni e i piani dell’avionica del Marine One. Un contractor della Difesa che sta a Bethesda (Maryland) ha un programma di file-sharing in uno dei suoi sistemi; lo ha scaricato un addetto, senza capire il rischio potenziale. Quando si scaricano questi programmi di file-sharing, magari per condividere musica, si consente di fatto ad altri l’accesso al proprio disco fisso».

Il generale a riposo Welsey Clark (una vecchia conoscenza alla NATO, ai tempi del Kosovo) è oggi un consulente della Tiversa: «Siamo risaliti all’origine della informazione, e sappiamo dov’è andata». In Iran, naturalmente. Ma non solo: «Anche in Pakistan, Yemen, Katar e Cina. Cercano attivamente informazioni per file-sharing, è una grossa fonte di intelligence».

Ecco che la «profezia» di John Bolton comincia ad avverarsi. E sia chiaro, l’attentato, se e quando sarà, avrà matrice «islamica».

Strana ditta, la Tiversa. Nel suo sito offre «servizi d’intelligence P2P ad aziende, agenzie governative e a privati», consistenti nel «monitoraggio di oltre 450 milioni di utenti (del web) che compiono 1,5 miliardi di ricerche al giorno... Tiversa è in grado di localizzare i files esposti, fornirne copie, determinare le fonti dei files e assistere nella riduzione del rischio».
(«Possible Threat To Obama’s Security Discovered - Sensitive Information About President’s Helicopter Found In Iran, wpki.com, 28 febbraio 2009).

civilta_superiore.jpgGERUSALEMME - Gesù era «troppo grasso» per camminare sulle acque; così grasso, che «si vergognava di presentarsi in costume da bagno sul mare di Galilea». Quanto a Maria, «s’è fatta mettere incinta a 15 anni da un compagno di classe».

Sono le note battute di spirito di Lior Shlein, l’ebreo-comico (diciamo così) di Channel 10, che hanno suscitato le proteste del Vaticano presso lo Stato di Israele.

Ora Shlein il comico l’ha rifatto, stavolta contro Maometto: «Ecco Maometto», ha detto Schlein indicando una sua scarpa (in Sion ci si diverte così).

A protestare è stata la Organizzazione della Conferenza Islamica: «I musulmani nel mondo sono feriti dalla malvagia campagna che insulta il Profeta e una religione con un miliardo e mezzo di credenti», ha detto Ekmeleddin Ihsanoglu, segretario generale dell’Organizzazione.

«Questa condotta vergognosa viene poco dopo gli insulti contro il profeta Gesù e la sua vergine Madre Maria, sia pace su di loro».

Shlein non si è scusato. Ha detto che le sue battute di prima erano «una lezione per quei cristiani che negano l’olocausto» (con riferimento al vescovo Williamson). Quanto ai musulmani, non c’è ragione di scusarsi con questi inferiori.

Domenica scorsa uno studente di una yeshiva (scuola talmudica) ha sputato sulla croce che un arcivescovo armeno stava portando in processione al Santo Sepolcro.

Poco dopo è accaduto a un sacerdote greco-ortodosso, che non ha voluto sporgere denuncia. Era appena salito in macchina quando un tizio in kippà gli ha bussato sul finestrino. Quando il prete ha tirato giù il vetro, il tizio gli ha sputato in faccia.

«Questo tipo di incidenti diventa sempre più frequente, come parte dell’atmosfera generale di intolleranza del Paese», ha ammesso Daniel Rossing, già consulente del ministero Affari Religiosi e direttore del Centro per il dialogo ebraico-cristiano. Secondo lui, i rabbini e maestri delle yeshivot incoraggiano questi atti.

E’ il ritorno ai valori ebraici caldeggiato dai rabbini adunati a Parigi: nessun pericolo di assimilazione.

(Amiram Barkat, «Christians in Jerusalem want Jews to stop spitting on them «Haaretz, 2 marzo 2009).

NAZARETH - E’ il cimitero dov’è sepolto dal 2005 André Soussan. Chi era costui? Un mediocre scrittore, ma un importante uomo del potere ebraico - quello dietro le quinte - come spiega Miguel Martinez. E nei suoi libri si riflettono le volontà e le fantasie paranoico-politiche dei fratelli maggiori.

Prendiamo ad esempio «Il mistero del candelabro», uscito per la prima volta in Francia nel 1993, e pubblicato in italiano da Sperling & Kupfer.

Il testo è un compiaciuto racconto di olocausti atomici, omicidi e stermini (...). In un prossimo futuro, l’autore si immagina che Israele abbia già adoperato la bomba atomica contro i propri vicini, «ricacciando indietro di cinquant’anni» Giordania, Siria e Iraq («Non era forse stato detto e scritto che il Messia avrebbe cacciato gli occupanti prima di ristabilire il regno di David?» ).

Il Messia altri non è che David Ben Zion, il capo del Mossad, che scopre, in una visione sul monte Sinai, che la Menorà, «l’anima del popolo ebraico», si trova nascosta in un cenotafio nel Cimitero Teutonico del Vaticano: una tesi infondata, ma assai diffusa sia in ambienti ebraici che evangelici.

E’ l’era delle guerre di Magog, cui fa cenno Ezechiele, ma sviluppate solo molti secoli dopo.

Il crollo del comunismo sconvolge il pianeta, mentre gli ebrei si lasciano sedurre in massa dal giudeocristianismo, accettando Gesù come un loro profeta.

Consci di essere l’ultimo resto d’Israele, gli agenti del Mossad si fanno strada verso il nascondiglio della Menorà avvelenando chiunque si trovi sulla loro strada - un commissario di polizia italiano viene risparmiato soltanto perché si scopre una sua lontana ascendenza ebraica.

Per portare la Menorà a Gerusalemme, «il capo del Mossad, ex-generale dell’aviazione israeliana, che non aveva esitato a fare uso delle armi nucleari per salvare Gerusalemme, era pronto a bruciare la Città eterna», cosa che fortunatamente non diventa necessaria.

Il romanzo descrive anche lo sterminio degli amaleciti, ripetutamente ordinato nell’Antico Testamento; gli amaleciti - una tribù rea di aver opposto resistenza a Mosè durante i tentativi di penetrare nella Terra Santa - vengono qui però attualizzati, in un brano di straordinaria non poeticità:

«Il Mossad era passato all’azione contro i movimenti neonazisti e antisemiti. La rappresaglia era esplosa come un terremoto. Decine di morti negli Stati Uniti, in Germania, in Russia, in Francia. Danni materiali valutati diverse centinaia di milioni di dollari (…). In un solo giorno, alla stessa ora, i centri nervosi dell’odio erano stati distrutti, i loro simpatizzanti più attivi soppressi».

La riscoperta della Menorà liquida il cristianesimo: «i cristiani sanno che, se ce la restituissero, sarebbe la fine del loro Gesù e delle sue false profezie» riguardanti la totale distruzione del Tempio. Nel romanzo, sarà il Papa stesso a far suicidare il cristianesimo, facendo ritrovare la Menorà.

A questo punto, diventa possibile realizzare il progetto messianico di costruzione del Terzo Tempio a Gerusalemme, dove potranno riprendere gli antichi sacrifici animali. E per capire l’ispirazione di certi fondamentalismi moderni, è interessante notare che per André Soussan, questa costruzione avviene davanti alle «telecamere di tutto il mondo».

Un altro suo fanta-romanzo si intitola Messiada, fusione tra Messia e Masada.

«Il protagonista è sempre David ben Zion, capo del Mossad, che ‘somiglia a Paul Newman’», ci spiega un riassunto della trama.

Gli arabi hanno lanciato la «Opération Ismaël» (in riferimento al loro mitico antenato) per annientare Israele: nel condurla, gli arabi si rifanno esplicitamente al precedente dell’imperatore romano Tito che distrusse il Secondo Tempio. Il complotto è assai improbabile: cinquemila agenti segreti iracheni, travestiti da soldati israeliani, si sarebbero infiltrati in Israele, pronti a colpire, senza che nessuno se ne sia accorto... Ma gli ismaeliti hanno minato la Cupola della Roccia e la moschea di al-Aqsa, da far saltare in un attentato di cui incolpare gli israeliani.

Per invogliare i lettori, chi pubblicizza il libro chiede:

«La sesta potenza del mondo si lascerà morire da sola o trascinerà nella propria caduta tutto il Medio Oriente, Parigi, Mosca, Londra, Berlino, Roma, Washington, New York ?! Messia per tutto il mondo o un Masada planetario, cioè l’Apocalisse!».

Deliri di onnipotenza, si dirà. Ma che diventano allarmanti quando si apprende che il defunto Soussan nato in Marocco, è emigrato in Israele, dove si è associato giovanissimo ad Ariel Sharon. Sconvolto dal razzismo ashkenazita contro i sefarditi, André Soussan si è trasferito in Danimarca, dove ha svolto ruoli importanti nei media. Allo stesso tempo, a Parigi, ha diretto la rivista African Geopolitics/Geopolitique Africaine.

Nel 1995 lo ritroviamo nel ruolo di «consulente politico» del dittatore dello Zaire, Mobutu. Soussan affittò i servizi della società Erickson and Associates, specializzata nel lobbying, in un tentativo (non riuscito) di convincere il governo e il congresso degli Stati Uniti a concedere un visto al suo assistito.

Negli Stati Uniti, il polimorfo André Soussan invece, è stato vicepresidente - con incarichi per il Vicino Oriente - del Global Policy Council, a sua volta il gruppo consulente di tre importanti associazioni, la National Security Caucus, la National Security Caucus Foundation e l’American Security Council.

Il National Security Caucus, di cui André Soussan era il direttore, e che aveva prima il nome orwelliano di Coalition for Peace Through Strength («Coalizione per la pace attraverso la forza»), - è un’organismo cui appartenevano, almeno alcuni anni fa, oltre la metà dei senatori e dei deputati statunitensi.

Il National Security Caucus stabiliva come propri obiettivi, la promozione di «intelligence e di sicurezza ambientale»; l’impegno a «non accettare alcun accordo che in alcun modo mettesse in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti e dei suoi alleati»; la difesa del libero mercato globale; e «la protezione delle fonti energetiche e di altre materie prime vitali provenienti da oltremare».

Scopo dichiarato dell’associazione, sul suo sito internet, è tenere la «politica», intesa come libera discussione, fuori dalle questioni della «sicurezza nazionale»: «In matters of national security, the best politics is no politics».

La National Security Caucus Foundation, invece, finanziata dal British Petroleum e dalla misteriosa Naftasib russa, aveva tra i propri direttori, oltre ad André Soussan, anche il famigerato Jack Abramoff .

Il figlio di André Soussan, Michael Soussan, andò a lavorare proprio per Jack Abramoff; e pochissimo tempo dopo, si trovò appena ventiquattrenne nel ruolo di Coordinatore di Programma per il progetto Oil-for-Food: fu lui a far scoppiare il famoso scandalo che permise di screditare le Nazioni Unite dopo l’invasione statunitense dell’Iraq.

Di lui, alla sua morte, ha scritto Guy Senbel, direttore dell’agenzia Guisen Israel News:

«Di quest’uomo dell’ombra, non conosceremo probabilmente mai la portata delle sue azioni. Ma oggi è permesso affermare che è stato un grandissimo servitore dello Stato d’Israele. Ad Andrea, è riuscito il tour de force che consisteva nell’essere onnipresente senza mettersi mai in primo piano».

Le fantasie di sterminio di Sousssan possono dunque non essere i deliri di un isolato impotente. E se fossero «il Progetto»?



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