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Ateismo scientifico. Cenni
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La campagna anticlericale, conclamata a livello mediatico dai successi di Hollywood, ritrova un background di capillare diffusione per ogni gusto e per ogni livello culturale, ma l’infondatezza delle argomentazioni sottese resta un fragile domino dai mobili tasselli; il crollo di uno provocherà l’ecatombe di tutti. Lo spunto ci viene da un lettore che, indirizzando una lettera a Blondet, svela il diffondersi pervicace di percorsi «culturali» dalle pretese ambiziose, ma dalle fragili fondamenta: come si dice a Roma: «Non si possono fare le nozze coi fichi secchi!!!»; ogni studio scientifico deve essere debitamente argomentato e motivato; non ci si può tuttavia lamentare, se questo è il partito del mondi laicista, se in ambito cattolico, gli stessi teologi e biblisti, superbamente e senza alcuna prova, pretendono di smontare i Vangeli, soppesandone indebitamente le singole parole.

Alcuni sostengono addirittura che unica fonte certa della storicità di Gesù, sarebbe la Sindone, la quale, tra l’altro, dimostrerebbe la falsità dei Vangeli. Essa paleserebbe, niente meno, che Gesù fu un ribelle sobillatore del primo secolo; un attivista politico che voleva liberare la Palestina dall’oppressione romano-giudaica (dei giudei conniventi col potere). La versione mediorientale del prototipo comunista.

Citiamo dal sito (1) e commentiamo:

«In principio era Cascioli
E Cascioli era presso il web
E Cascioli era ateo
Si potrebbe iniziare questa recensione al libro di Giancarlo Tranfo, ‘La croce di spine’, Chinaski editore, 2008, parafrasando in maniera scherzosa il Prologo giovanneo. Da tempo vado affermando che l’unica fonte ‘certa’ che abbiamo di Cristo è la Sindone, la cui attendibilità è la riprova che i vangeli e tutto il Nuovo Testamento mentono. L’intera impostazione evangelica che vede in Cristo un pacifico redentore morale universale è falsa, e la Sindone sta proprio lì a dimostrare che il Cristo era in realtà un leader politico-nazionale che lottava per la liberazione della Palestina dai romani. Si può anche non credere nella Sindone - la stessa chiesa romana, non a caso, la ritiene ufficialmente un falso medievale -, ma non si può non partire oggi, per fare un’indagine un minimo seria e meritevole di ulteriori sviluppi, dalla tesi secondo cui il Cristo è stato crocifisso proprio in quanto costituiva una pericolosa minaccia per gli equilibri di potere che Roma aveva costruito nella Palestina col giudaismo collaborazionista
».

La Chiesa non si è pronunciata negativamente sulla Sindone. Questa affermazione è falsa ed è capzioso sostenere che la crocifissione avvenne a seguito di una rivolta o presunta tale, di cui Cristo sarebbe stato sobillatore. Ma continuiamo a leggere.

«La realtà viene falsificata dai redattori anonimi dei vangeli e di tutto il Nuovo Testamento per una serie di ragioni. Anzitutto la falsificazione viene fatta quando non si può prescindere da una determinata realtà: questa è la prima fondamentale motivazione. Nel senso che i redattori devono dare per scontata l’esistenza di una realtà ad essi precedente, di cui devono necessariamente tener conto, proprio perché loro stessi fanno parte di quella realtà. Questa realtà, che in origine era quella umana e politica del Cristo, contiene un messaggio di vita, una proposta rivolta alle contraddizioni antagonistiche, conflittuali, della società schiavistica, nei cui confronti non ci si può porre in maniera neutrale: o la si accetta o la si rifiuta. Se la si accetta bisogna essere coerenti e rischiare quello che il Cristo ha rischiato; se la si rifiuta e si vuole continuare a definirsi ‘cristiani’, bisogna necessariamente intervenire con una revisione dei fatti o appunto con una falsificazione. Siccome la linea ufficiale, quella che per noi risulta storicamente prevalente, è stata la seconda, occorre che, nell’esame di queste fonti letterarie, si parta dal presupposto che dietro vi sono state pesanti manipolazioni volte a giustificare una determinata scelta di campo. Il Cristo storico, non quello della fede, non si poneva come un profeta disarmato, ma come un leader politico intenzionato a liberare la Palestina dai romani e dai loro collaborazionisti ebrei, creando una società basata sulla giustizia sociale e sulla libertà per tutti. Questo tentativo rivoluzionario fallì perché tradito e perché, nonostante il tradimento e la morte del suo leader, il movimento nazareno non fu sufficientemente unito e determinato nel proseguire il messaggio originario. Ciò che si portò avanti, dai seguaci del Cristo, guidati in primo luogo da Pietro e successivamente da Paolo, le cui idee ad un certo punto risultarono dominanti, fu un’altra cosa».

Ecco la contraddizione di fondo del pensiero di tali farneticazioni: si combatte per difendere un ideale e si arriva anche alla morte per questo (il martirio degli Apostoli è cosa certa storicamente), ma l’ideale difeso all’atto del supplizio, la causa dell’uccisione degli Apostoli non fu la liberazione della Palestina, ma la testimonianza di Gesù Signore incarnato, morto e risorto. Fu quello il motivo del martirio; questo il messaggio che passava all’epoca. Perché se è vero, come si sostiene, che gli Apostoli e gli Evangelisti furono dei mistificatori e dei falsificatori, allora la loro propaganda fu completamente fallace: non quella di una rivolta politica, ma quella di una divulgazione di un messaggio di pace e di amore.

Ed allora? Che senso aveva morire per una menzogna? Varrebbe qualcosa se la menzogna (Gesù risorto, appunto) fosse un mezzo efficace per ottenere un fine (liberazione politica della Palestina); ma così come stanno le cose (diffusione di un messaggio di amore, di perdono e di pace, di remissione di peccati e di riconciliazione), dove risiederebbe tale efficacia? Come se alcuni marxisti si fossero fatti ammazzare per un ideale opposto: per difendere il libero mercato.

«La seconda mistificazione, conseguente a questa, è stata quella di Paolo di Tarso, secondo cui se il Cristo era risorto, allora era ‘figlio di dio’ e se non era ritornato in Palestina da trionfatore, allora non aveva senso continuare a lottare contro l’oppressore straniero. Con Pietro e soprattutto con Paolo il cristianesimo s’è trasformato da messaggio politico di liberazione nazionale e di giustizia sociale, a messaggio spiritualistico di redenzione morale e universale dal peccato d’origine. Di colpo il cristianesimo diventava politicamente conservatore. Solo nella sua fase iniziale il cristianesimo arrivò a chiedere una certa separazione di chiesa e Stato, finché poi con Costantino e soprattutto con Teodosio fu imposto a tutto l’impero un nuovo Stato confessionale, vietando le manifestazioni del culto pagano o comunque non cristiano».

La «divinizzazione» di un personaggio storico è un processo possibile, certamente, ma necessita di un lungo periodo di tempo: San Paolo non avrebbe mai potuto ottenere questo risultato in così poco tempo nei confronti di un mondo che conobbe il personaggio storico Gesù: immaginate che qualcuno venga a dirvi che Reagan fu un uomo di colore; lo credereste? L’idea dell’interpolazione successiva è smentita dalle numerosissime corrispondenze testuali e documentali; pensate alla possibilità attuata dall’abate Gainet di ricostruire la Bibbia senza la Bibbia, partendo dalle sole citazioni degli autori antichi (I, II secolo dopo Cristo). Come sarebbe stato possibile sbugiardare le migliaia di citazioni di autori diversi, che hanno testimoniato la verità del messaggio evangelico, citandolo fino al dettaglio? Mi spiego meglio: se riesco a ricomporre tutto il santo Vangelo dalle sole citazioni (del secolo I e II secolo), come credere all’ipotesi di successive manipolazioni? Esse, se fossero state apposte, avrebbero necessariamente smentito queste ricostruzioni. Dalla successiva lettura, appare evidente la deficienza (etimologicamente) intellettuale di un simile ragionamento; il Vangelo è attendibile solo nella misura in cui «serva» alla lettura che di Esso si voglia ottenere.

«Ora facciamo un esempio di falsificazione preso direttamente dal vangelo di Giovanni (13,27). Durante l’ultima cena Gesù commissionò a Giuda un compito molto importante, caratterizzato da un certa urgenza (non dimentichiamo che si era alla vigilia dell’insurrezione antiromana), e usò le parole: ‘Quello che devi fare,  fallo presto’. Il significato di queste parole, nel contesto semantico in cui sono collocate, è inequivoco, anche se Giovanni scrive che risultò incomprensibile ai discepoli: ‘Se mi devi tradire, sbrigati, assumiti le tue responsabilità e adempi così al disegno divino secondo cui il Cristo deve morire’. Il Cristo infatti deve morire per salvare l’umanità dal peccato d’origine, deve essere sacrificato come una sorta di ‘agnello pasquale’. Il tradimento è parte integrante del progetto salvifico di dio. Questa è FALSIFICAZIONE. Nel senso cioè che la frase può anche essere stata detta così, ma sicuramente aveva un significato opposto a quello che ci è stato tramandato. Qui si possono solo ipotizzare delle varianti interpretative: ‘Verifica se possiamo contare su questo o quell’alleato, poiché l’insurrezione è imminente’; oppure ‘Avvisa gli alleati di tenersi pronti questa notte all’insurrezione armata’; oppure ‘Avvisa il tuo partito di riferimento di tenersi pronto’ (supponendo - e di alcuni lo sappiamo anche - che i Dodici provenissero da diversi ambienti politici e non fossero semplicemente dei pescatori). Esempi come questi sono numerosissimi in tutto il Nuovo Testamento».

Interessante, quanto ridicolo!, smontare l’attendibilità dei Vangeli, partendo da affermazioni che sarebbero vere «a priori», rispetto ad interpretazioni ecclesiastiche (anzi, paradossalmente, deducibili dalle medesime pagine del Santo Vangelo) che sarebbero invece false! Come è possibile, nella fattispecie, pensare ad un’affermazione vera messa in bocca a Gesù (da parte di San Giovanni) «quello che devi fare fallo subito», susseguita da una spiegazione falsa di tale affermazione? Non sarebbe stato più facile - nell’ipotesi di una reale interpolazione - la totale eliminazione della perifrasi incriminata?! Se si ha veramente il potere di cambiare il testo, perché lasciar cadere l’equivoco?

In conclusione, perché rendere testimoni della Resurrezione, delle donne giuridicamente inattendibili, moralmente dubbie (per il loro trascorso, attestato dai Vangeli stessi)?
Perché nessun segno sarà dato a questa generazione perversa, se non il segno di Giona: la Resurrezione di Cristo è la vera prova, certa e scientifica, della Verità del Cristianesimo. Di questo, ancora, se Dio vuole.


Stefano Maria Chiari



1) http://www.homolaicus.com/teoria/ateismo/ateismo30.htm



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